Pubblico
questi appunti a carattere storico seguendo la linea degli incontri
organizzati dalla Scuola di Cultura Costituzionale dell' Università
degli Studi di Padova, nell' anno 2015/16, liberamente arricchiti e problematizzati.
Scuola costituzionale dell' Università degli Studi di Padova 2016. E adesso?
Scuola costituzionale dell' Università degli Studi di Padova 2016. E adesso?
Primo
incontro, 29 gennaio 2016: Stefano Rodotà e l' Arco costituzionale
come sublimazione delle differenze politiche
Secondo
incontro, 5 febbraio 2016: Umberto Allegretti.
Oggi
siamo in presenza di un passaggio costituzionale in un periodo di
tempi bui (nel linguaggio storico i tempi bui erano i secoli del
Medievo mentre ora possiamo dire che i veri tempi bui sono i tempi
del Novecento dei razzismi e dei totalitarismi e quelli di oggi,
delle povertà, della condizione di irrilevanza della persona e delle
guerre combattute senza dichiarazioni di guerra).
Oggi
siamo a 70 anni dall' Assemblea costituente riunitasi per elaborare
una Costituzione nata per unire mentre oggi, per decisione del
Governo, si è in attesa di un referendum confermativo una riforma
costituzionale, all' insegna delle divisioni:
- divisione della Costituzione;
- divisione dell' elettorato.
- Sconfitte belliche e riunione del Gran Consiglio.
- La Monarchia si era distinta per la sua responsabilità nell' ascesa al potere di Mussolini ed ora si distingue per una condotta imperfetta in occasione dell' Armistizio.
- Il popolo italiano si organizza nella Resistenza armata e il Popolo è si dimostra in grado di organizzare l' appoggio esterno agli Alleati.
- Gli Anglo-americani faticano a dare fiducia alle nuove strutture di potere italiane e tendono a tenerle sotto tutela. Contemporaneamente, ancora una volta nella Storia italiana, non viene riconosciuto il valore del Popolo. Nel 1946/47 avviene il riconoscimento dell' Italia al mondo occidentale. Ricordiamo sempre che, dagli Alleati siamo stati considerati, dopo la dichiarazione di guerra alla Germania, co-belligranti e mai alleati.
- La Costituzione della Repubblica italiana è il frutto di una scelta consapevole ed autonoma degli italiani, un progetto originale e ispirato allo spirito globale.
- La Costituente era sicuramente formata da un gruppo avanzatissimo ma in rappresentanza di una porzione di italiani mentre il resto era annichilito, inerte e ancora fascista e monarchico.
- I partiti del Cnl hanno saputo agire in maniera unitaria e lungimirante.
- La Costituzione ha segnato un salto di qualità da un punto di vista morale e politico rispetto alla Storia italiana precedente
Nella
notte fra il 24 e 25 luglio 1943 cade il regime fascista con l'
“Ordine del giorno Grandi”, con molti prodromi (fatti
precedenti).
Quali
erano i prodromi?
Gli
italiani stavano perdendo la guerra, i territori e le città erano
devastati, gli uomini e le donne erano alla fame e circondati dalla
morte mentre gli Alleati
erano sbarcati in Sicilia. Era
il 10 luglio del 1943, poco dopo la mezzanotte, mentre ancora era in
atto la Seconda Guerra Mondiale, quando un corpo di spedizione
formato da soldati americani, inglesi e canadesi, le cosiddette forze
alleate, sbarcò sulle coste della Sicilia prendendo contatti anche
con l' organizzazione mafiosa in funzione anti-tedesca.
Un plotone di circa 180mila soldati dislocati lungo 160 km di costa tra Licata e Siracusa per quella che fu una grande operazione (il più grande della storia per numero di uomini sbarcati nel primo giorno e per dimensioni della costa) tesa a liberare l’ Italia dal nazifascismo. ‘Husky’, questo il nome dell’operazione di sbarco sulle coste della Sicilia ancora controllata dalle forze dell’Asse, fu un successo e ci mise solo 39 giorni per giungere a buon fine).
Un plotone di circa 180mila soldati dislocati lungo 160 km di costa tra Licata e Siracusa per quella che fu una grande operazione (il più grande della storia per numero di uomini sbarcati nel primo giorno e per dimensioni della costa) tesa a liberare l’ Italia dal nazifascismo. ‘Husky’, questo il nome dell’operazione di sbarco sulle coste della Sicilia ancora controllata dalle forze dell’Asse, fu un successo e ci mise solo 39 giorni per giungere a buon fine).
Nella
notte fra il 24 e 25 luglio 1943, il Gran Consiglio vota l' invito al
re a riassumere i suoi poteri statutari. Mussolini si reca dal re per
dare le dimissioni. Il re incarica del Governo il generale Badoglio e
Mussolini viene arrestato.
Viene
esercitato bene il potere in quel periodo? No!
Agosto
1943. Il gruppo di potere della corte sabauda abroga le strutture
fasciste mentre il governo Badoglio inizia a reprimere i moti
popolari e mantiene la censura; tutto mentre la guerra continuava.
Contemporaneamente il 3 ottobre 1943 si dichiara guerra alla
Germania senza fare nessuna dichiarazione di cessazione della guerra
e nonostante la resa incondizionata dichiarata il giorno 8 settembre
1943 dal generale Dwight D. Eisenhower.
Nessun
proclama ha riguardato i soldati!
Alcuni
dati riguardo i soldati italiani secondo uno studio ANPI
Al
momento dell'armistizio, v erano, circa 600.000
prigionieri
nelle mani degli Alleati.
Soldati per lo più caduti nelle mani del nemico a seguito
dell'offensiva in Nord Africa (1940-'41) alla resa in Tunisia ed al
tracollo del luglio agosto 1943 in Sicilia. Per lo più, tranne i
10-12.000 soldati in mano all'URSS, erano in mano anglo-americana.
Nel capovolgimento delle alleanze questi soldati poi collaborarono
con gli “Alleati”.
Nel
mese di settembre del 1943 morirono 87.000 soldati che si sono
trovati allo sbando in tutti i fronti di guerra. Chi sfuggì alla
cattura tedesca nei
Balcani, in Francia, in Grecia, in Albania,
in Polonia,
nelle isole, partecipò
ai movimenti di liberazione nazionali,
unendosi ai partigiani locali. Fra questi 87.000 morti vi sono 42.
000 morti nei campi di concentramento, in 20 mesi, su un totale di
altri 600.000 mila prigionieri in mano ai tedeschi, definiti IMI
(Internati Militari Italiani).
Chiusi
nei lager nazisti, in un primo tempo furono semplici prigionieri di
guerra. Poi, il 1° ottobre 1943 furono definiti IMI (-il
regime nazista non considera i nostri soldati catturati come
prigionieri di guerra, ma li classifica presto come “internati
militari italiani” (IMI), privandoli così delle tutele garantite
ai prigionieri dalla Convenzione di Ginevra, sottraendoli alla
protezione della Croce Rossa Internazionale e obbligandoli al lavoro.
È il lavoro-sfruttamento per il Reich, infatti, l'obiettivo
principale della politica tedesca nei confronti degli italiani
catturati, un lavoro che verrà svolto in condizioni disumane, in
totale spregio delle norme di guerra e di quelle umanitarie- con
provvedimento arbitrario di Hitler. Un modo per sviare la Convenzione
di Ginevra del 1929 sulla tutela dei prigionieri di guerra. Essendosi
rifiutati di collaborare con il nazifascismo, furono destinati come
forza lavoro per l’economia del Terzo Reich. Sottoposti a un
trattamento disumano, subirono umiliazioni, fame e le più tremende
vessazioni. Decine di migliaia di essi persero la vita nel corso
della prigionia per malattie, fame, stenti, uccisioni. Chi riuscì a
sopravvivere rimase segnato per sempre.
La maggior parte degli arruolati nel Regio esercito italiano erano giovani chiamati alle armi poco più che ventenni, o richiamati alle armi (dai 18 ai 44/45 anni), uomini educati sia all’obbedienza fascista che agli ideali del Risorgimento. La maggior parte di loro durante l’internamento nei lager, per la prima volta, con una scelta volontaria di coscienza dissero No! a qualsiasi forma di collaborazione con il Terzo Reich e con la Repubblica di Salò, affrontando venti mesi di sofferenze e privazioni. Loro, che avevano sempre detto “Sissignore!”.
La maggior parte degli arruolati nel Regio esercito italiano erano giovani chiamati alle armi poco più che ventenni, o richiamati alle armi (dai 18 ai 44/45 anni), uomini educati sia all’obbedienza fascista che agli ideali del Risorgimento. La maggior parte di loro durante l’internamento nei lager, per la prima volta, con una scelta volontaria di coscienza dissero No! a qualsiasi forma di collaborazione con il Terzo Reich e con la Repubblica di Salò, affrontando venti mesi di sofferenze e privazioni. Loro, che avevano sempre detto “Sissignore!”.
Con
l' 8 Settembre il re lascia Roma, ripara a Brindisi, fonda il Regno
del Sud e si mette sotto il controllo degli Anglo-americani. Il Nord
rimaneva sotto occupazione tedesca. Mussolini viene liberato dal Gran
Sasso e fonda la Repubblica Sociale Italiana (di Salò) il 23
settembre 1943. Formalmente questo tentativo di mantenimento del
potere di Mussolini fu disciolto il 29 aprile 1945. Il giorno prima
il suo capo, Benito Mussolini, era stato ucciso.
Nel
frattempo i partiti si erano già ricostituiti e organizzati nel CNL
accanto alla Resistenza che è iniziativa di Popolo.
A
gennaio 1944 i Partiti antifascisti e la Corona avviano dei colloqui
che sfociano nel Patto di Salerno,
non un vero patto formale ma un patto di convergenza e di
responsabilità per uscire dalla criticità politica con precisi
impegni del re e di Togliatti.
Il
Patto di Salerno (primavera 1944) e la c.d. prima Costituzione
provvisoria –
I
partiti antifascisti e la Corona stipulano una “tregua
istituzionale”. In forza di tale Patto,
(a)
il Re si ritira a vita privata, abdica e nomina suo figlio Umberto
Luogotenente del Regno e delega al Governo la potestà legislativa;
(b)
al Governo Badoglio subentra il Governo Bonomi, espressione dei
partiti del CLN;
(c)
è sospesa ogni contesa politica attorno alla questione se l’Italia
debba essere una monarchia o una Repubblica (la c.d. questione
istituzionale) e si concorda di rimettere la decisione alla futura
Assemblea costituente.
Il
Patto di Salerno registra un indebolimento della Corona e l’emersione
del CLN come principale detentore del potere di indirizzo politico.
I contenuti del Patto di Salerno sono recepiti nel d.l. Lgt. (decreto
legislativo luogotenenziale) n. 151 del 1944
Nel
decreto si prevede, inoltre, che invia provvisoria la funzione
legislativa sarà esercitata dal Governo attraverso decreti
legislativi sanzionati dal Luogotenente del Regno. Per il rilievo
politico dei suoi contenuti, il d.l.lgt. n. 151/1944 rappresenta una
vera e propria Costituzione provvisoria.
Il
territorio italiano era in preda all' odio razziale, ideologico e al
terrorismo stragista e di genere. (Vennero
a combattere in Italia da tutti gli angoli del mondo: americani,
francesi, inglesi, tedeschi, neozelandesi, indiani, polacchi,
senegalesi, marocchini, algerini, tunisini, nepalesi. Per
quasi due anni, dal luglio del 1943 al maggio 1945, subimmo una
durissima legge del contrappasso: il fascismo che aveva inseguito i
suoi deliri imperiali in terre lontane, portò la guerra sull’uscio
e dentro le nostre case, in un turbinio di stragi naziste (15 mila vittime
civili), bombardamenti (65 mila vittime civili), rappresaglie,
battaglie campali. Invasori, liberatori, occupanti, comunque si
chiamassero, le truppe straniere guardarono all’Italia come a un
paese vinto.
Seconda guerra mondiale: occasione di emancipazione ma anche emersione della donna-vittima in quanto donna
Alle donne italiane, mai emancipate dallo Stato, tocco subire il destino di vittime. I vincitori si appropriarono del loro corpo materiale attraverso le violenze e gli stupri.
Per approfondire: Donne guerra e politica, a cura di D.Gagliani, E. Guerra. L.Mariani e F.Tarozzi, Clueb, 2001): gli stupri diventano per gli eserciti vittoriosi l’occasione per l’esercizio di un potere anche simbolicamente straripante, in grado di espropriare gli sconfitti non solo della loro dimensione pubblica (il loro Stato, il loro territorio nazionale) ma anche di quella privata, penetrando nelle loro case, squarciandone gli interni domestici, spezzandone i legami di cittadinanza insieme a quelli familiari e parentali.
Per approfondire: Anna Bravo, Donne e uomini nelle guerre mondiali, Laterza, 1991. In questo libro c' è un saggio di Ernesto Galli della Loggia contenente la riflessione che la seconda guerra mondiale è stata una straordinaria occasione di protagonismo per le donne, chiamate a interpretare ruoli inediti (per esempio sul lavoro), a svolgere compiti difficili, con il peso sulle spalle della salvezza dei propri uomini e della sopravvivenza delle proprie famiglie. Il lato oscuro di questa visibilità fu l’ondata di violenza della quale furono vittime. Durante la Seconda guerra mondiale la donna fu in grado di rompere e uscire dal modello vittimistico.
Tra il 1943 e il 1945 sulle donne, anche bambine, italiane si scatenarono violenze di tutti i tipi e su tutti i fronti a iniziare dagli Alleati quando sbarcarono in Sicilia per continuare sulla «linea gotica» dove i tedeschi infierirono soprattutto nei dintorni di Marzabotto, quasi a voler reiterare la strage in altre forme (Dianella Gagliani, La guerra totale e civile: il contesto, la violenza e il nodo della politica ); sull’appennino ligure-piemontese, nel 1944, in sei mesi, si registraroono 262 casi di stupro ad opera dei «mongoli» (i disertori dell’Asia sovietica arruolati nell’esercito tedesco). Ma niente può eguagliare l’orrore che investì le «marocchinate»: è una brutta parola, ma allora la usavano tutti e si capiva subito di cosa si parlava.)
Seconda guerra mondiale: occasione di emancipazione ma anche emersione della donna-vittima in quanto donna
Alle donne italiane, mai emancipate dallo Stato, tocco subire il destino di vittime. I vincitori si appropriarono del loro corpo materiale attraverso le violenze e gli stupri.
Per approfondire: Donne guerra e politica, a cura di D.Gagliani, E. Guerra. L.Mariani e F.Tarozzi, Clueb, 2001): gli stupri diventano per gli eserciti vittoriosi l’occasione per l’esercizio di un potere anche simbolicamente straripante, in grado di espropriare gli sconfitti non solo della loro dimensione pubblica (il loro Stato, il loro territorio nazionale) ma anche di quella privata, penetrando nelle loro case, squarciandone gli interni domestici, spezzandone i legami di cittadinanza insieme a quelli familiari e parentali.
Per approfondire: Anna Bravo, Donne e uomini nelle guerre mondiali, Laterza, 1991. In questo libro c' è un saggio di Ernesto Galli della Loggia contenente la riflessione che la seconda guerra mondiale è stata una straordinaria occasione di protagonismo per le donne, chiamate a interpretare ruoli inediti (per esempio sul lavoro), a svolgere compiti difficili, con il peso sulle spalle della salvezza dei propri uomini e della sopravvivenza delle proprie famiglie. Il lato oscuro di questa visibilità fu l’ondata di violenza della quale furono vittime. Durante la Seconda guerra mondiale la donna fu in grado di rompere e uscire dal modello vittimistico.
Tra il 1943 e il 1945 sulle donne, anche bambine, italiane si scatenarono violenze di tutti i tipi e su tutti i fronti a iniziare dagli Alleati quando sbarcarono in Sicilia per continuare sulla «linea gotica» dove i tedeschi infierirono soprattutto nei dintorni di Marzabotto, quasi a voler reiterare la strage in altre forme (Dianella Gagliani, La guerra totale e civile: il contesto, la violenza e il nodo della politica ); sull’appennino ligure-piemontese, nel 1944, in sei mesi, si registraroono 262 casi di stupro ad opera dei «mongoli» (i disertori dell’Asia sovietica arruolati nell’esercito tedesco). Ma niente può eguagliare l’orrore che investì le «marocchinate»: è una brutta parola, ma allora la usavano tutti e si capiva subito di cosa si parlava.)
25
Aprile 1945, gli Alleati entrano a Roma.
Marzo
1946, II Costituzione provvisoria e referendum Monarchia/Repubblica
con insediamento della Repubblica.
1947,
firma del Trattato di pace.
Pr.
Enzo Cheli
I
partiti della Costituente
Polo
cattolico-Marxista: le
forze politiche protagoniste
–Democristiani,
socialisti e comunisti sono i principali artefici della Costituzione
repubblicana con la presenza di liberali e Uomo qualunque. Poi l'
insieme di questi partiti verrà definito Arco costituzionale.
L'Assemblea
Costituente della Repubblica italiana, composta di 556 deputati, fu
eletta il 2 giugno 1946 e si riunì in prima seduta il 25 giugno nel
palazzo Montecitorio. L'Assemblea continuò i suoi lavori fino al 31
gennaio 1948. Durante tale periodo si tennero 375 sedute pubbliche,
di cui 170 furono dedicate alla discussione e all'approvazione della
nuova Costituzione.
All’
Assemblea costituente si sommano insieme circa i tre quarti dei voti
e dei seggi. Buona parte della Costituzione è il frutto di
compromessi che coinvolgono principalmente i democristiani e le
sinistre senza trascurare le altre forze politiche ad opera di
uomini e donne competenti e lungimiranti.
Democrazia
cristiana– Partito di ispirazione cattolica, composito e
“pluriclasse”. Ha una forte componente moderata, impersonata dal
Presidente del Consiglio De Gasperi.
È
presente, però, una vivace sinistra interna, di cui fanno parte
Dossetti (che ne è sostanzialmente il leader), Fanfani, La Pira,
Moro, Mortati (insignecostituzionalista).
Partito
Socialista di Unità Proletaria e Partito comunista – uniti da
un Patto di
unità
d’azione- portano hanno come progetto un programma di
trasformazione economica e sociale del Paese. Tra i personaggidi
rilievo, emergono Pietro Nenni, segretario dei socialisti, e Palmiro
Togliatti, segretario dei comunisti, nonché Ministro della
giustizia del governo De Gasperi fino al 1947.
Altri
esponenti di rilievo dell’Assemblea costituente Benedetto Croce e
Luigi Einaudi - Intellettuali di ispirazione liberale
(rispettivamente filosofo ed economista), il primo fu un tenace
oppositore del regime fascista, il secondo sarà il primo Presidente
della Repubblica nel 1948.
Piero
Calamandrei – Insigne giurista, autorevole membro del Partito
d’Azione.
Meuccio
Ruini (gruppo dei liberali) - Presidente della commissione dei
75
Giuseppe
Saragat – Esponente dell’ala moderata del gruppo socialista,
Presidente dell’Assemblea costituente fino alle dimissioni nel 1947
in occasione della scissione interna al PSIUP. La scissione porta
alla fondazione del Partito socialista dei lavoratori italiani (poi
Partito socialdemocratico italiano), di cui Saragat diventa
segretario. Subentra alla Presidenza dell’Assemblea l’ on.
Terracini (gruppo dei comunisti)
Vittorio
Emanuele Orlando, liberale-monarchico che richiama al Risorgimento
La
Costituzione era uno spazio vuoto sul quale costruire un progetto per
l' Italia anche sull' onda di una palingenesi etica necessaria. Nel
territorio si consumavano ancora vendette private in seguito a odi
ideologici!
Il
Governo non intevenne mai sull' Assemblea costituente, sulla
Commissione dei 75 presieduta da Meuccio Ruini, sulle
sottocommissioni al lavoro e sul Comitato di coordinamento e
redazione dei 18, tutti al lavoro sulle tre parti:
- Diritti e Libertà
- Rapporti economici
- Costituzione e organizzazione dello Stato e del potere.
Calamandrei
parlava di tante piccole officine.
Oltre a questa
organizzazione formale molto si è svolto anche attraverso incontri
informali e tutti erano concordi senza mai avere firmato un patto
scritto sul fatto che tutti dovevano lavorare per il bene dell'
Italia e del Popolo indipendentemente dalle esigenze di consenso dei
vari partiti nella realizzazione di un ragionamento imparziale. Vedi
Rawls.
Le
Piramidi di Aldo Moro
Aldo
Moro che allora era il più giovane dei Costituenti pensava alla
Costituzione secondo un modello di “piramide rovesciata”
presente in una conversazione privata tra i membri
della Sottocommissione, conversazione che viene ricordata da Meuccio
Ruini nel suo diario. Scrive Ruini che in questa conversazione Moro
configurò l’impianto dei diritti fondamentali come una “piramide
rovesciata” alla base della quale si doveva porre la persona che,
nei livelli successivi della piramide che si andava allargando verso
l’alto, si veniva a sviluppare progressivamente nelle formazioni
sociali dove la persona opera: prima nella famiglia, poi nella
scuola, nella confessione religiosa, nella comunità del lavoro e nel
sindacato, fino a salire verso le formazioni politiche (i partiti),
che nella visione di Moro venivano a rappresen‐tare l’anello di
raccordo della persona e delle formazioni sociali con l’apparato
pubblico (con lo Stato al centro e gli Enti espressione di autonomie
territoriali alla periferia), regolati nella seconda parte della
Costituzione.
L'
impianto delle Istituzioni invece era rappresentato come una piramide
convenzionale.
Da
Luglio 1946 a Febbraio 1947 finì il lavoro preparatorio che poi
passo all' Assemblea per la discussione generale. Interessante
leggere gli atti per capire l' attenzione su ogni singola parola e la
riflessione intorno alle ragioni storiche della Costituzione. La
stesura definitiva risente degli interventi critici dei Liberali, di
Benedetto Croce, di Nitti e dei rappresentanti dell' Uomo qualunque.
Dopo
la discussione generale molto si discusse sulle singole parti:
rapporti Stato/Chiesa, bicameralismo, Corte costituzionale. A
dicembre 1947 la Costituzione è pronta e Ruini lo presenta all'
Assemblea. Interessante il discorso che fa Ruini per capire le
motivazioni principali dei Costituenti:
- evitare il pericolo di aprire a regimi autoritari e antidemocratici
- evitare il primato dell' esecutivo
Ruini:
si
è d’altra parte evitato il pericolo di mettersi sul piano
inclinato del governo di Assemblea. Ha l’apparenza di un sillogismo
la tesi che, poiché la sorgente di sovranità è unica nel popolo,
ed unica deve esserne la delegazione, ogni potere si concentra nel
parlamento, e gli altri organi, il governo, il capo dello Stato, la
magistratura, ne sono il comitato o i commessi ed agenti
d’esecuzione. Si nega con ciò la possibilità di forme molteplici
e diverse di espressione della sovranità popolare; e si lascia
cadere quel tessuto costituzionale di ripartizione ed equilibrio dei
poteri, che –anche se la formula di Montesquieuè in parte superata
–ha costituito una conquista ed un presidio di libertà.
Gli
assi portanti della Costituzione sono i primi 12 articoli. La Carta
si presenta in una forma nuova ed inedita in Europa e nel
mondo presentando uno Stato costituzionale che supera lo Stato
Liberale di Diritto. La Costituzione viene approvata con una
maggioranza del 90%.
Nei
18 mesi di lavoro della Costituente il quadro di politica interna ed
estera era cambiato:
- Guerra fredda (1947-1991)
- Il III governo De Gasperi -2 febbraio1947 – 31 maggio 1947 (DC - PCI – PSI) entra in crisi De Gasperi annuncia a Nenni e Togliatti che la formula di governo che vede collaborare DC- PSI e PCI non è più adeguata alle esigenze del Paese. Il 6 maggio la DC propone l’allargamento della coalizione di governo.Lo stesso giorno incontra il governatore della Banca d’Italia Luigi Einaudi per proporgli di entrare nel governo come ministro del Bilancio. Le sinistre verranno escluse dal governo nazionale: IV Governo De Gasperi - 31 maggio 1947 – 23 maggio 1948 (DC - PLI - PSLI - PRI)
Si può dire che
questi avvenimenti non incisero sula volontà etica dei costituenti i
quali agirono in base al Velo d' ignoranza senza
sapere chi avrebbe vinto le elezioni del 1948. I costituenti e il
Governo procedettero entrambi con responsabilità e separatamente
ognuno per perseguire i propri obiettivi. Al Governo la competenza
sulle leggi ordinarie per leiferare su problemi gravissimi perlopiù
legati alla crisi economica perchè la Costituzione doveva guardare
oltre, a creare una nuova Patria. Il Governo non presentò il
progetto ed entrambi procedettero su binari separati perchè i
governi cambiano mentre la Costituzione dura nel tempo.
Non
bisogna mai dimenticare che in politica estera l' Italia e Roma erano
isolate mentre in politica interna erano presenti tutte le fratture:
Monarcia/Repubblica, marxisti/liberali, cattolici/laici, Nord/Sud. La
Costituzone aveva dei compiti ardui:
- garantire l' unità
- scongiurare la guerra civile
- evitare ricadute autoritarie.
Costruire
una Democrazia è difficile e ancora di più costruire una Democrazia
in uno Stato diviso.
I
costituenti portarono avanti questo compito attraverso l'
elaborazione di un sistema di garanzie: abbondare in garanzie per
tutte le forze in campo.
Vezio
Crisafulli
Crisafulli,
con Carlo Esposito e Costantino Mortati, è stato tra i più grandi
costituzionalisti, e ha offerto a tutta la cultura giuridica del
nostro Paese (non solo, quindi, agli studiosi di diritto positivo) un
contributo notevole, che presenta tratti di profonda attualità.
Crisafulli definiva le garanzie come i sistemi di limiti alla
maggioranza. La Repubblica è democratica perchè appartiene al
popolo ma al di sopra c' è la Costituzione che deve essere
presidiata:
- dal Presidente della Repubblicana
- dalla Corte costituzionale
Diceva
Pietro Calamandrei: la Costituzione “Dev’essere presbite, deve
vedere lontano, non essere miope”.
Limitazione
di sovranità
Articolo 11
L'Italia
ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri
popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali;
consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle
limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri
la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le
organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo
19/2/2016.
Pr. Ugo De Siervo: Il pensiero politico; come si è arrivati alla
Costituzione?
I
rappresentanti dei partiti politici sono arrivati alla ideazione e
redazione della Costituzione dopo molti travagli, fatiche, sforzi,
buona volontà da parte di ciascuna parte politica. La discussione è
avvenuta all' interno della propria area e poi con le altre aree. I
conflitti nell' una e nell' altra discussione sono stati molto aspri
ma tutti sapevano che dovevano servire per arrivare in porto. Tutti
furono all' altezza del compito dimostrandosi capaci di sottoporre ad
autorevisione le proprie idee a tal punto da riuscire ad approvare la
Costituzione con il 90% di voti a favore nonostante l' inizio della
Guerra fredda e nonostante il Governo non fosse rappresentativo di
tutti i partiti. Prevalsero Saggezza, volontà, lungimiranza e
calma in quanto la Costituzione non era necessaria per governare ma
era indispensabile per stabilire quelle regole a rifondare lo Stato
in una situazione che più tragica non poteva essere e dopo che lo
Statuto aveva rivelato i limiti dell' incapacità di governare la
dialettica politica a tal punto da non riuscire a contenere il
fascismo. Occorreva rifondare tutte le convivenze e tutti
sentivano la necessità di una palingenesi etica. Tutte le idee, le
ideologie, ogni cultura compresa la cultura politica composta dalle
diverse correnti, dagli uomini esiliati e incarcerati per motivi
politici, dai partiti del C.N.l., dai cattolici, dai monarchici e da
coloro che erano cresciuti durante il fascismo e magari lo avevano
sostenuto per poi prendere una nuova consapevolezza, tutto si
confrontò anche nella forma dell' un contro l' altro armato. Le
ideologie erano forti anche provenienti dalla politica estera: il
Marxismo e il Costituzionalismo americano.
In
Italia occorreva fare i conti con la tradizione democratica
pre-fascista: la liberal democrazia sostenuta da un costituzionalismo
elitario incentrato sull' idea dell' immaturità e inadeguatezza di
contadini e operai. L' Italia nasce tardi come Stato unitario da
storie e culture differenziate e sedimentate, quando nasce si impone
i modello di potere sabaudo a guida piemontese. Ancora nel 1882
avevano diritto al voto un milione e mezzo di cittadini, maschi
ricchi. Tutto questo ha comportato una fragilità statuale, aggravata
dal fascismo che i nuovi costituenti dovevano rimediare. Dopo la
Grande guerra e la caduta degli imperi si erano formati nuovi stati
con nuove regole supportati da costituzioni della nuova Europa.
Nella
Storia dell' uomo europeo non c' erano esempi di democrazie popolari
a suffragio universale che sono complicate e hanno bisogno di molto
denaro ma occorreva partire anche fra discussioni aspre sulla forma
di potere emerse dal confronto fra le varie costituzioni.
Tra
le due guerre erano stati fatti molti tentativi ed esperienze di
democratizzazione degli stati ma in presenza di troppe forze
antagoniste che facevano riferimento: al modello sovietico, al
modello fascista, al modello nazista, ai partiti liberal-borghesi, al
sindacato, ai pluralismi culturali. Per fare un esempio di conflitti
culturali in Italia:
Giorgio
la Pira faceva riferimento a San Tommaso D' Aquino, Palmiro Togliatti
al Comintern e poi c'era l' idealismo di Croce, i senatori liberali e
i sopravissuti del regime fascista. Le idee erano confuse ma gli
uomini sono stati capaci di cambiarle perchè bisognava farlo per
arrivare a realizzare il Principio di giustizia, anche confrontando
le varie costituzioni degli altri stati.
Presidenzialismo.
Meuccio Ruini, Presidente della Costituente, socialdemocratico di DX,
di fronte alla proposta presidenzialista metteva in guardia contro il
potere “Cesarista”.
Costituzione
di Weimar. Era stata molto importante ma non era stata capace di
porre un argine al nazismo.
Costituzione
austriaca: razionalizzata, federale con garanzie provenienti dalle
corti costituzionali.
I
tentativi francesi sono indeboliti dal parlamentarismo.
Quali
erano e come sono cambiate le idee?
Il
PSIUP E IL PCI risentivano delle idee del marxismo-leninismo
realizzato e non ancora inquinato dalle conoscenze di quanto accaduto
durante lo Stalinismo (epoca e regime politico in cui si affermò in
Urss la dispotica dittatura di Stalin e l'ideologia a essa connessa.
Iniziò alla fine degli anni venti e terminò con la morte del
dittatore nel 1953. Fu in questo periodo che si costituirono i tratti
fondamentali del sistema sovietico, segnato dall'ispirazione dello
stato-partito ad assumere il controllo totale su tutti gli aspetti
della vita del paese (politica, economica, sociale e culturale).
La
tendenza a una Costituzione di sinistra era molto sviluppata ma, in
Italia, non si procedette in base a singole proposte dei partiti come
si fece in Francia e a causa di ciò una Costituzione molto
influenzata dalla sinistra giacobina fu respinta da un referendum!
Una seconda costituzione invece fu approvata da un referendum.
In
Italia i partiti non presentarono singoli progetti di Costituzione,
solo pochi sapevano ciò che accadeva in URSS e, pur essendo molto
forte l' ideologia marxista e la lontananza dal modello dell' Europa
occidentale, tuttavia la sinistra italiana seppe percorrere una
propria via e lavorare in comune con tutti. Terracini teorizza la
Costituzione microrigida con spazio all' assemblea e la presenza di
tutti i diritti sociali.
IL
MONDO CATTOLICO-DEMOCRATICO. I
rappresentanti politici del mondo cattolico democratico avevano una
idea diversa della Costituzione ed erano molto chiaramente portati
verso una Costituzione importantecon tutti i meccanismi di garanzia e
rappresentanza per la costruzione delo Stato sociale.
CATTOLICI
PURI. Il
mondo cattolico, durante il fascismo si era astenuto dalla vita
politica preferendo impegnarsi nella società e non nello Stato.
I
cattolici puri teorizzavano uno Stato cristiano con una evidente
riduzione del pluralismo. Il confronto fra le varie posizioni fu
molto duro anche perchè questi uomini e donne, dopo quanto accaduto
allo stato italiano durante il fascismo, non erano più disposti ad
astenersi dalla vita politica abbandonando lo Stato. Aldo Moro che
faceva parte del gruppo dei giovani laureati cattolici (il
Movimento laureati di Azione cattolica è fondato nel 1933 da Igino
Righetti e Giovanni Battista Montini, all’epoca presidente e
assistente della Federazione universitaria cattolica italiana: giunge
così a compimento il progetto di dare continuità alla formazione
religiosa e intellettuale dei giovani fucini, dopo gli anni
universitari, attraverso una specifica associazione). Alla ripresa
della vita democratica, i Laureati cattolici, guidati da Aldo Moro
nel biennio 1945-1946, promuovono l’istituzione delle unioni
professionali, che intendono manifestare un’attenzione specifica
nei diversi ambiti della cultura. L’associazione costituisce un
serbatoio importante per la «classe dirigente» cattolica alla guida
del paese. Al centro della riflessione, si collocano ora i grandi
temi della vita politica e della ricostruzione dello Stato:
significativo, in questo senso, è il tema del X Congresso del 1948
incentrato su «Verità e libertà nella convivenza democratica». In
questo periodo Aldo Moro scrive: Il
valore dello Stato.
DON
LUIGI STURZO. Bisogna
soffermarsi su questa figura. Don Sturzo fonda il
Partito Popolare Italiano
(PPI), nel 1919, dopo il Non expedit conseguente alle vicende dell'
unificazione nazionale. L' attenzione è verso la persona e la
società direttamente ispirato alla dottrina sociale della Chiesa.
Don Sturzo ha sempre scritto stato con la s piccola a testimonianza
del fatto che aveva più fiducia nella persona e nella società più
che per lo stato. Per
Mussolini, Don Sturzo, era un "sinistro prete", un
pericoloso concorrente, da esiliare. Nel dopoguerra. Don Sturzo
cambiò idea riguardo lo Stato abbandonando la sua diffidenza però
lo Stato andava valorizzato e non bisognava più lasciare lo Stato a
sé stesso per evitare il pericolo di guerre, dittature e liste di
proscrizione. Per Don sturzo tutto questo doveva avvenire attraverso
una forma di laicità originata dall' attaccamento alla tradizione
cattolica. Per la DC del dopoguerra e per i cattolici anacquati Don
Sturzo diventerà un "rompiscatole" un "catto-comunista",
da isolare per poter aprire - con la partitocrazia- quella strada
dello statalismo endemico, figlio dell'assenza di un concreto
ricambio di potere.
Don
Sturzo non aveva ancora visto (morì nel '59) l'"allegro"
Stato imprenditore (delle partecipazioni), quello assistenziale
(degli industriali però, pubblici e privati), quello Stato che andrà
a creare lo spaventoso "buco nero" del debito pubblico;
senza moralità, senza trasparenza, senza responsabilità personale.
In una sola generazione ha sperperato denari che forse non
riusciranno a pagare nemmeno le prossime quattro generazioni di
Italiani.
Queste
critiche sono, a distanza di anni, pagine di una grande modernità, o
meglio delle profezie. E Don Sturzo non aveva ancora visto (morì nel
'59) l'"allegro" Stato imprenditore (delle partecipazioni),
quello assistenziale (degli industriali però, pubblici e privati),
quello Stato che andrà a creare lo spaventoso "buco nero"
del debito pubblico; senza moralità, senza trasparenza, senza
responsabilità personale. In una sola generazione ha sperperato
denari che forse non riusciranno a pagare nemmeno le prossime quattro
generazioni di Italiani.
GIUSEPPE DOSSETTI. Nel 1940, anno dell'entrata in guerra dell’Italia, Dossetti vinse il concorso per assistente di ruolo alla cattedra di diritto canonico, ma iniziò anche, sia pure inizialmente in sordina, una riflessione sul significato della guerra che stava sconvolgendo il mondo. Nell’ottobre 1941 un gruppo di persone, moderate da Dossetti, tra le quali Amintore Fanfani, Amorth, Lazzati, il gesuita Carlo Giacon, Sofia Vanni Rovighi, poi Carlo Colombo, occasionalmente Giorgio La Pira e altri, iniziò a radunarsi tutti i venerdì in casa di Umberto Padovani, docente di filosofia alla Cattolica, per riflettere sulla crisi indotta dalla guerra e sulla inevitabilità, e sulla auspicabilità, di un regime democratico a cui i cattolici avrebbero dovuto dare il loro apporto convinto. Da queste discussioni Dossetti registrò una serie di posizioni in un documento che andò perduto durante la sua azione nella resistenza.
In un primo momento Dossetti ritenne che i cattolici, di fronte a una guerra civile, avrebbero dovuto schierarsi certamente a favore di un regime democratico ma non partecipare alla lotta armata. Presto però si rese conto della difficile pratica di questa scelta e si lasciò coinvolgere, insieme con il fratello Ermanno, nel movimento di resistenza: entrò prima nel Comitato di Liberazione Nazionale (CLN) della sua Cavriago e poi, nel dicembre 1944, nel CLN provinciale di Reggio Emilia, di cui fu eletto presidente.
La scelta di essere
un 'partigiano disarmato' derivava semplicemente dalla sua personale
posizione di uomo 'consacrato' (era terziario francescano), ma dal
febbraio 1945 fu in montagna con le formazioni armate partigiane e
partecipò ad azioni militari come la battaglia di Ca’ Marastoni
(1° aprile 1945) da lui rievocata nel suo discorso alla Costituente
del 21 marzo 1947. Nell’azione partigiana Dossetti si impegnò a
dare contenuto politico alla presenza cattolica, inquadrandola nel
nuovo partito in formazione della Democrazia Cristiana Il contributo
di Dossetti e del suo gruppo alla Costituente fu notevole. Si deve a
lui l’orientamento del lavoro della Commissione incaricata di
preparare la bozza di Costituzione (la Commissione dei 75 presieduta
da Meuccio Ruini) per un lavoro su tre sottocommissioni: sui diritti
e i doveri dei cittadini; sull’organizzazione costituzionale dello
Stato; sui diritti e i doveri in campo economico e sociale. I
dossettiani (Dossetti, La Pira, Moro) si concentrarono sulla prima,
che in realtà si occupò di disegnare il sistema di valori a cui si
ispirava il nuovo testo. Fanfani agì solitario nella terza
ottenendovi però una posizione centrale, mentre nella seconda
Dossetti stabilì un buon rapporto con il costituzionalista
Costantino Mortati, che si fece propugnatore di alcune istanze molto
sentite dal gruppo. Accanto agli interventi personali, costanti in
sede di prima sottocommissione, Dossetti si dedicò a un delicato ma
importantissimo lavoro di regia degli interventi nel suo gruppo,
lasciando una forte impronta sulla scrittura della Carta:
l’impostazione personalistica del riconoscimento dei diritti di
cittadinanza, la definizione della Repubblica come «fondata sul
lavoro», i limiti costituzionali al potere dello Stato, il rilievo
dato ai moderni partiti come pilastri del sistema democratico. Si
fece carico del lavoro più delicato: come dar corso alla richiesta
perentoria del Vaticano di un riconoscimento costituzionale dei Patti
Lateranensi, e in specie del Concordato del 1929, aggirando
l’ostilità verso un accordo ritenuto strumento di consolidamento
del fascismo e dal contenuto illiberale in alcune norme del
Concordato. Su questo terreno giocò una partita quasi spericolata.
Dossetti appariva emarginato. Lo richiamò sulla scena politica la
grave crisi sociale tra la fine del 1949 e l'inizio del 1950, che
comportò una forte presenza ideologica capace di mobilitare (e
nobilitare) la politica nazionale degasperiana. Era l’esigenza di
dare risposta a quella che La Pira definì in un famoso articolo
L’attesa della povera
gente (Cronache
sociali, 15 aprile 1950):
una politica di impronta in senso lato keynesiana, che superasse
l’egemonia esercitata dagli economisti liberali devoti al
monetarismo classico.
Durante la
Costituente si riuscì a scendere a compromessi di valore ma poi la
DC dovette sottostare a esigenze di una politica bassa. Don Sturzo
morì e Dossetti si autoemarginò perchè
sdegnato: famosa la sua frase a un latifondista che si lamentava
degli scioperi; "...
ma chi spinge i braccianti a scioperare? I comunisti, o voi altri,
col vostro sporco egoismo, col vostro desiderio di fare sempre più
soldi sulla pelle degli altri?"
Nonostante il suo ritiro veniva sempre chiamato quando c' era la
necessità di sentire parole preziose favorevoli alla persona umana.
GIORGIO
LA PIRA. Chiamato
a mediare con i quadri cattolici attraverso UNA SERIE DI conferenze spiega anche
cosa si intende per Costituzione
XIX
SETTIMANA SOCIALE Firenze, 22 - 28 Ottobre 1945
Costituzione
e costituente
PROLUSIONE:
ELIA DALLA COSTA, I cattolici e la Costituente
LEZIONI:
•GIUSEPPE
GRANERIS, La Costituente e i fini dello Stato
•GUIDO
GONELLA, Vitalità e decadenza delle Costituzioni
•FERRUCCIO
PERGOLESI, Orientamenti e tendenze delle Costituzioni contemporanee
•CAMILLO
CORSANEGO, Il problema religioso nelle Costituzioni moderne
•AMINTORE
FANFANI, Il problema sociale contemporaneo e le Costituzioni
•EGIDIO
TOSATO, Garanzia delle leggi costituzionali
•ANTONIO
AMORTH, Essenza e funzioni della Costituente
•ANTONIO
MESSINEO, Fonte del potere costituente
•ANTONIO
LANZA, Estensione e limiti del potere costituente
CHIUSURA
DEI LAVORI:
•ADRIANO
BERNAREGGI, Democrazia e Costituente
CONFERENZE
SERALI:
•MARIO
MARSILI LIBELLI, Nel Centenario della nascita di G. Toniolo
•GIORGIO
LA PIRA, Il nostro esame di coscienza di fronte alla Costituente
La
Pira: Le
Settimane sociali, interrotte per un periodo, riprendono
dopo la caduta del fascismo e la fine della seconda guerra mondiale.
L’obbiettivo di questo incontro è quello di indicare agli italiani
delle linee guida per costituire una società ispirata ai principi
religiosi e morali cristiani e il tema è quello della Costituzione e
della Costituente. La prima questione che viene affrontata è quella
di stabilire quali siano i limiti, le competenze, i fini, la natura
dello Stato, considerato non come arbitro della vita dei suoi
cittadini o, al contrario, come semplice tutore di un ordine esterno,
estraneo alla possibilità di porre un freno all'iniziativa
privata,ma come una realtà importante, imprescindibile. Per
costruire una Costituente bisogna tener conto delle esperienze
costituzionali degli altri Paesi, soprattutto quelli europei, e
formare spiritualmente le nuove classi dirigenti.
L’augurio
espresso da tutti i partecipanti è che la nuova la Costituente
italiana ispiri democraticamente la nuova Costituzione dello Stato
alla coscienza catto lica della Nazione. In particolare che in essa
sia espresso il rispetto della dignità della persona umana, che la
religione cattolica sia considerata elemento essenziale della
civiltà della Nazione, che sia posto un particolare riguardo alla
famiglia, alla scuola,alla giustizia sociale concepita secondo l’idea
cristiana, che sia rispettato il principio della pace e della
cooperazione e della giustizia internazionale realizzata sulla
fraternità ad uguaglianza dei popoli. I cattolici affermano qui il
loro contributo per attuare queste finalità e l’adempimento al
dovere elettorale
HANS
KELSEN. Durante
il dibattito della settimana
sociale
è molto presente la
riflessione di Hans Kelsen, considerato uno dei più grandi giuristi
del ventesimo secolo.
Kelsen
è noto come il capostipite novecentesco della dottrina
liberal-democratica del diritto su base giuspositivista:
- "La dottrina pura del diritto è una teoria del diritto positivo. Del diritto positivo semplicemente, non di un particolare ordinamento giuridico. È teoria generale del diritto, non interpretazione di norme giuridiche particolari, statali o internazionali. Essa, come teoria, vuole conoscere esclusivamente e unicamente il suo oggetto. Essa cerca di rispondere alla domanda: che cosa e come è il diritto, non però alla domanda: come esso deve essere o deve essere costituito. Essa è scienza del diritto, non già politica del diritto" (Lineamenti di dottrina pura del diritto, Einaudi, Torino 1967, p. 48).
EMMANUEL
MOUNIER.
Le idee di Emmanuel
Mounier sintetizzate nella Democrazia personalista erano molto
presenti nei costituenti D.C.. Essere democratici significava
innanzitutto rivendicare la dignita’ di una presenza politica per
cambiare la condizione sociale e far maturare la coscienza morale dei
cittadini. E’ il solidarismo cristiano di cui la Chiesa Cattolica
e’ maestra e guida, valido ancora oggi. Solo l' attenzione alla
persona mantiene lo spessore etico e la stessa validità della
politica anche se non vuole essere etica. Essere “personalisti”
significa non essere individualisti ma persone impegnate fattivamente
per una cultura della partecipazione e un unita’ dei valori
affinche’ l’uomo sia sempe piu protagonista della vita sociale
come persona con la sua irripertibile e singolare creaturalita, per
creare una reale “democrazia della partecipazione” che valorizzi
i corpi internedi dello stato, cosi’ come sarà garantito dalla
Costituzione della Repubblica Italiana!
Il
maggior numero di giuristi chiamati a riflettere sulla Costituzione
appartenevano alla D.C. (la Democrazia Cristiana è stata un
partito politico italiano di ispirazione democratico-cristiana e
moderata, fondato nel 1942 e attivo sino al 1994) e si fecero
portavoce del modello costituzionalista europeo.
ALCIDE
DE GASPERI. Il lavoro della
costituente fu il frutto di un impegno corale e De
Gasperi ebbe un ruolo decisivo nel garantire il clima necessario ai
lavori della Costituente: neutralizzò nella fase preparatoria spinte
giacobine, in nome del potere assoluto della sovranità popolare,
allora presenti nella sinistra e oggi riemergenti, paradossalmente a
destra, e garantì il quadro politico del lavoro costituente, anche
dopo la crisi dell’unità antifascista nel maggio 1947. Rese
possibile quella approvazione quasi unanime del 27 dicembre che fa
della Costituzione un elemento cardine della
convivenza civile nel nostro paese». De
Gasperi non intervenne mai in costituente lasciando il Governo al di
fuori dei lavori. De
Gasperi, Presidente del Consiglio per tutta la durata dell’
Assemblea, apparve come estraniato dal lavoro di formazione del testo
costituzionale (con l’eccezione per il voto dell’art. 5 – ora
art. 7– del progetto elaborato dalla Commissione Ruini sui
rapporti Stato-Chiesa). L', on. Palmiro Togliatti ebbe a
sottolineare, ma a torto, una sorta di indifferenza di De Gasperi per
i problemi costituzionali. In realtà, l’allora Presidente del
Consiglio scelse di proposito
una linea
di non interferenza governativa ma non di indifferenza. De Gasperi
nonostante il banco del Governo fosse
riservato al Comitato direttivo della Commissione dei 75, non
intervenne in base a una linea di riguardo giustificato anche dall’
eterogeneità delle componenti partitiche dell’esecutivo. L' unica
occasione nella quale intervenne fu per parlare dell’art. 7 e
intervenne dal suo seggio di deputato come leader della Democrazia
Cristiana e non come Presidente del Consiglio. Questo scrupolo di non
mescolare attività di governo ed attività costituente si rivelò
particolarmente avveduto dopo la svolta del maggio 1947, realizzata
con l’avvento del Ministero De Gasperi-Einaudi, per meglio
affermare la distinzione dei due livelli di azione dell’Assemblea,
garantendo la continuità di clima collaborativo nella fase
conclusiva del lavoro dedicato alla nuova Costituzione. La crisi di
Governo non influì ne affrettò in alcun modo i lavori dell'
Assemblea. Giulio Andreotti, ci ha detto
che De Gasperi era quotidianamente informato sull’andamento dei
dibattiti nelle Sottocommissioni, nella Commissione dei 75, in sede
plenaria, incaricata della stesura del progetto, e, successivamente,
nelle discussioni e nelle deliberazioni di assemblea: la discrezione
e il riserbo da lui mantenuto a livello ufficiale non gli impedirono
certo alcuni incisivi interventi a monte e nel corso dell’attività
propriamente costituente, anche se conosciuti molto più tardi della
loro realizzazione.
De
Gasperi, senza essere un giurista e un costituzionalista, aveva idee
molto chiare di politica costituzionale, come risulta già da Idee
ricostruttive della DC del 1943 presenti nel discorso
al congresso di Napoli (27 giugno 1954):
- «Noi abbiamo una costituzione deliberata in base ai risultati del plebiscito: essa è l’unica esistente sulla quale oggi possa vivere e operare l’unità nazionale ... mettete in forse la Costituzione in una sua parte essenziale e voi farete vacillare tutto: la legittimità, l’autorità, l’unità, il diritto storico e quello formale».
Il
compromesso di tutte le forze politiche, il mettere insieme ha
permesso la scrittura della Costituzione in previsione della pace
sociale anche in presenza di posizioni divaricate ma espresse e messe
in comune per poi fare le scelte.
A
coordinare il gruppo dei giuristi ci fu Giuseppe Dossetti
Costantino
Mortati delineò la linea: libertà e diritti per poi passare all'
assetto parlamentare
Pietro
Calamandrei (vedi: Discorso
agli studenti milanesi (1955) sosteneva
apprezzava il modello Nord-americano con sistema bi-partitico.
In
sintesi:
- nessun partito presenta un progetto scegliendo il confronto
- i partiti scelsero di lavorare insieme discutendo duramente fino ad arrivare alla comprensione
Dopo
varie discussioni emersero due filoni di idee
LELIO
BASSO. Uomo politico italiano, deputato e senatore in più
legislature e per più raggruppamenti (PSI, PSIUP, sinistra
indipendente), per tutta la vita si dedicò al progetto di una
società socialista e alla battaglia per i diritti umani, dando vita
a fondazioni politico-culturali di grande peso e facendosi promotore
di importanti iniziative internazionali.
Avvocato,
antifascista, più volte in carcere e al confino, partecipò alla
Resistenza e all'insurrezione di Milano. Membro della Costituente, fu
Segretario generale (1948) e poi membro della direzione (1949-51;
1957-64) del Partito socialista italiano, in seno al quale
rappresentò la tendenza a una politica di collaborazione con il PCI.
Alla costituente Lelio Basso raccolse la linea delle sinistre
ispirata al costituzionalismo democratico europeo ma anche a tendenze
che derivavano dall' ammirazione per il maresciallo Stalin e Giorgio
la Pira portò le idee della D.C. Anche impregnate di corporativismo,
dalla Dottrina sociale della chiesa, dal Tomismo e dal Mounierismo.
Il dibattito fu
aspro, duro con Giuseppe Dossetti in difesa di la Pira che erano
stati insieme nella Resistenza e che si richiamavano ai valori di
fondo: personalismo e valore assoluto della persona e della società.
CONCETTO
MARCHESI. Nel 1946 venne eletto nell'Assemblea Costituente e
partecipò alla scrittura della Costituzione italiana. Nota è la sua
dissidenza con Togliatti perché rifiutò l'inserimento dei Patti
Lateranensi nell'articolo 7 della Costitizione e quando si trattò di
votare il relativo articolo, uscì dall'aula con un gruppo di
deputati comunisti intransigenti, tra i quali Teresa Noce. Nonostante
le divergenze rimase sempre amico personale di Togliatti. Sarebbe
stato proprio Togliatti nel dicembre 1947, a suggerire al presidente
Terracini una pausa dei lavori dell'Assemblea costituente, prima
della votazione finale della Costituzione, affinché Marchesi avesse
due settimane di tempo per dare una revisione finale, sotto il
profilo della pulizia linguistica e della coerenza sintattica e
stilistica, al testo della Costituzione della Repubblica Italiana.
Per conoscere meglio Marchesi si propone un appello agli studenti
di Padova, post-datato al 1º dicembre e che verrà diffuso il 5
dicembre.
Nella
seconda parte Marchesi chiamò gli studenti all'insurrezione.
Alla
fine abbiamo i due articoli: 2 e 3 e poi il cuore del cuore: l'
art. 1
Tutti
concorsero alla volontà di costruire una Democrazia piena,
progressiva, radicale e fatta per durare. Il compromesso
costituzionale non ci sarà sempre. I partiti di sx si portano
dietro il modello giacobino basato sulla concentrazione del potere
e la D.C. Si allea con i laico-liberali. Il modello pluralista,
articolato e progressista nasce dall' alleanza fra la D.C. E i
Liberali.
IL
RUOLO DETERMINANTE DEI LIBERALI. Nella
fase cruciale di fondazione della Repubblica gli interventi della
famiglia liberale fu determinante. Furono 41 i Costituenti eletti
nella lista denominata “Unione democratica nazionale” e fra di
loro nomi illustri quali Benedetto Croce, Francesco Saverio Nitti,
Vittorio Emanuele Orlando, Luigi Einaudi, Arturo Labriola, che
erano stati fra i protagonisti dell’Italia prefascista, ed i più
giovani Aldo Bozzi, Epicarmo Corbino, Giuseppe Grassi, Gaetano
Martino. A loro, come a tutti gli altri componenti liberali della
Consulta nazionale, alcuni dei quali in seguito eletti alla
Costituente, si deve un approfondito e generoso impegno, volto a
disegnare la Carta costituzionale secondo i principi del
liberalismo, quali da molto tempo professavano e praticavano
grandi nazioni come la Gran Bretagna e gli Stati Uniti d’America.
Sulla riuscita di questo tentativo, la recente valutazione
storiografica appare più aperta che nel passato. I liberali
fecero molti interventi accorati a favore o contro le tendenze che
loro consideravano non idonee ed ebbero anche paura che il
prodotto potesse rivelarsi non idoneo alle libertà personali e d'
impresa. Tutte le forze posero molta attenzione alla lingua e alle
parole usate e tutti avevano un' idea non arrogante del potere
rispettando il prodotto dell' Assemblea avendo precisa cognizione
dell' importanza storica del lavoro e della responsabilità che ne
derivava sapendo distinguere ciò che deve servire a tutti.
Il
progetto si rivelò vivo e vitale valido ancora oggi. In certi
periodi storici la Costituzione è stata tradita ma poi, come un
fiume carsico, riemerge perchè per uscire dalle difficoltà ci si
rifà alla Costituzione che lentamente è entrata nella mentalità
delle persone ed è un' argine alla violenza permettendo la lotta
politica con metodi democratici. Le democrazie europee più
recenti hanno copiato la nostra Costituzione! .
25/2/2016.
Lorenza Carlassare: Le madri costituenti. Libro consigliato:
IL GENIO FEMMINILE DELLE “MADRI COSTITUENTI” Il
contributo delle donne all’ Assemblea Costituente 1946 a cura di
Laura Serantoni – Presidente regionale C.I.F. Emilia Romagna
L'Assemblea
Costituente della Repubblica italiana, composta di 556 deputati,
fu eletta il 2 giugno 1946 e si riunì in prima seduta il 25
giugno nel palazzo Montecitorio. L'Assemblea continuò i suoi
lavori fino al 31 gennaio 1948. Durante tale periodo si tennero
375 sedute pubbliche, di cui 170 furono dedicate alla discussione
e all'approvazione della nuova
LE
21 MADRI DELLA COSTITUZIONE
Ma perché si
parla sempre di padri della Costituzione e della Repubblica ?!
Ci sono, anche, le MADRI DELLA COSTITUZIONE E DELLA REPUBBLICA, donne di valore, coraggio e intelligenza che riuscirono a far capire agli uomini l'importanza di inserire le donne nei processi democratici, come elemento fondamentale di sviluppo per un popolo. PREMESSA IL DIRITTO DI VOTO PER LE DONNE, AVVALLATO CON IL DECRETO LUOGO-TENENZIALE DEL 1 FEBBRAIO 1945, era composto da quattro articoli: Art. 1- il diritto di voto è esteso alle donne che si trovino nelle condizioni previste dagli articoli 1 e 2 del testo unico della legge elettorale politica, approvato con regio decreto 2 settembre 1919, n. 1495: Art. 2 - è ordinata la compilazione delle liste elettorali femminili in tutti i Comuni. Per la compilazione di tali liste, che saranno tenute distinte da quelle maschili, si applicano le disposizioni del decreto legislativo luogotenenziale 28 settembre 1944 n. 247, le relative norme di attuazione approvate con decreto del Ministro per l’Interno in data 24 ottobre 1944. Art. 3 - oltre quanto stabilito dall’art. 2 del decreto del Ministro per l’Interno in data 24 ottobre 1944, non possono essere iscritte nelle liste elettorali le donne indicate nell’art. 354 del Regolamento per l’esecuzione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 6 maggio 1940, n. 635. Art. 4 - Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta del Regno. Dopo le prime consultazioni amministrative (parziali, perché per i consigli comunali e provinciali le elezioni si tennero in due tornate, nella primavera e nell’autunno del ‘46), alla votazione simultanea del 2 giugno 1946, per il Referendum istituzionale tra monarchia e repubblica e per le elezioni all’Assemblea costituente, LA PRESENZA DELLE ELETTRICI FU ALTISSIMA, con interessanti differenziazioni: Nord: 91,3% uomini e 90,3% donne; Centro: 89,7 % uomini e 88,0% donne; Sud 84,8% uomini e 86,2% donne; Sicilia: 84.8% uomini e 86,2% donne; Sardegna: 84,4% uomini e 87,3% donne. AL SUD E NELLE ISOLE L’ELETTORATO FEMMINILE FU PIÙ NUMEROSO DI QUELLO MASCHILE.
Costituzione.
Le
nostre MADRI COSTITUENTI sono le 21 donne elette il 2 giugno 1946
( 21 su 556 componenti l'Assemblea Costituente cioè il 3,78%):
La prima donna della Consulta a parlare in un’assemblea democratica fu Angela Guidi Cingolani che condivideva con altre elette trascorsi di prigione e di confino. Tutte le Madri lottarono e furono attente alle speranze delle italiane, per non deludere le migliaia di donne partigiane, staffette, donne antifasciste che in mille modi avevano contribuito alla Liberazione. Il primo successo delle Madri della Consulta fu quello di ottenere che il premio della Repubblica, di £ 3000, fosse esteso anche alle vedove di guerra e alle mogli dei prigionieri. Tra le Madri Costituenti, nove erano comuniste, tra cui cinque dell’UDI (Adele Bej, Nadia Gallico Spano, Nilde Jotti, Teresa Mattei, Angiola Minella, Rita Montagnana, Teresa Noce, Elettra Pollastrini, Maria Maddalena Rossi ) Nove democratiche cristiane (Laura Bianchini, Elisabetta Conci, Filomena Delli Castelli, Maria De Unterrichter Jervolino, Maria Federici, Angela Gotelli, Angela Guidi Cingolani, Maria Nicotra, Vittoria Titomanlio). Due socialiste ( Angelina Merlin e Bianca Bianchi) e una della lista ”Uomo Qualunque” (Ottavia Penna Buscemi).
Nella Commissione dei 75
furono elette 5 donne:
Maria
Federici (D.C.), Teresa Noce (P.C:I.), Angelina Merlin (PSI),
Nilde Iotti (PCI) e Ottavia Penna Buscemi (UOMO QUALUNQUE)
entrarono a far parte della Commissione Speciale incaricata di
elaborare e proporre il progetto di Costituzione da discutere in
aula, divenuta nota con il nome di Commissione dei 75 In
particolare lavorarono nella Prima Commissione (Diritti e doveri
dei cittadini) Nilde Iotti, e nella Terza Sottocommissione
(Diritti e doveri economici e sociali) Maria Federici, Angelina
Merlin Teresa Noce Longo (cfr. allegati con date delle riunioni e
argomenti a cui parteciparono le donne elette come da resoconti
originali dell'Assemblea Costituente disponibili sul sito della
Camera dei Deputati all'indirizzo http://legislature.camera.it/.
Provenienti
geograficamente da tutta la penisola, erano in maggioranza sposate
– 14 su 21 – ed avevano figli, a testimoniare che l’impegno
politico non è un fatto solo per suffragette senza famiglia.
Avevano tutte studiato – fra loro c’erano ben 14 laureate. La
loro formazione politica si era svolta principalmente accanto al
marito e al padre. Conquistarono il diritto alla cittadinanza
partecipando attivamente alla Resistenza Quasi tutte laureate,
molte di loro insegnanti, qualche giornalista-pubblicista, una
sindacalista e una casalinga; tutte piuttosto giovani e alcune
giovanissime.
Molte
avevano preso parte alla Resistenza, pagando spesso personalmente
e a caro prezzo le loro scelte, come Adele Bei (condannata nel
1934 dal Tribunale speciale a 18 anni di carcere per attività
antifascista), Teresa Noce (detta Estella, che dopo aver scontato
un anno e mezzo di carcere perchè antifascista venne deportata in
un campo di concentramento nazista in Germania dove rimase fino
alla fine della guerra) e Rita Montagnana (che aveva passato la
maggior parte della sua vita in esilio).
“Delle
venti donne elette fu prima la on. Bianca Bianchi, socialista,
professoressa di filosofia che a Firenze ha avuto 15.000 voti di
preferenza
Della
prima delle elette si legge sulle colonne del “Risorgimento
liberale” del 26 giugno: “Vestiva un abito colore vinaccia e i
capelli lucenti che la onorevole porta fluenti e sciolti sulle
spalle le conferivano un aspetto d’angelo. Vista sull’alto
banco della presidenza dove salì con i più giovani colleghi a
costituire l’ufficio provvisorio, ingentiliva l’austerità di
quegli scanni. Era con lei (oltre all’Andreotti, al Matteotti e
al Cicerone) Teresa Mattei, di venticinque anni e mesi due, la
più giovane di tutti nella Camera, vestita in blu a pallini
bianchi e con un bianco collarino. Più vistose altre colleghe: le
comuniste in genere erano in vesti chiare (una in colore tuorlo
d’uovo); la qualunquista Della Penna in color saponetta e
complicata pettinatura (un rouleau di capelli biondi attorno alla
testa); in tailleur di shantung beige la Cingolani Guidi, che era
la sola democristiana in chiaro; in blu e pallini rossi la
Montagnana; molto elegante, in nero signorile e con bei guanti
traforati la Merlin; un’altra in veste marmorizzata su fondo
rosa”. Nel gruppo delle comuniste c’era anche la giovanissima
Nilde Iotti, che era stata durante la Resistenza prima
responsabile dei Gruppi di Difesa della Donna e poi porta-ordini
(verrà nominata nel 1979 Presidente della Camera, prima donna
nella storia della Repubblica e confermata fino al 1992);
tra
le democristiane Elisabetta Conci, figlia di un senatore del
vecchio Partito Popolare, la partigiana Angela Gotelli che aveva
partecipato alla Resistenza nel parmense e Angela Guidi Cingolani,
la prima donna che sarà chiamata al governo, come
sottosegretario, nel VII governo De Gasperi-
Madri
costituenti.
Si
è deciso di chiamarle madri costituenti perchè si parlava solo
dei padri costituenti. E' sempre utile e necessario parlare di
loro soprattutto in questo momento storico non certo favorevole ai
popoli tutti e nello specifico alle donne. Giustizia ed
uguaglianza non sono più Principi da ricercare primariamente ma
devono soccombere ad esigenze della finanziarizzazione
neo-liberista. Le donne costituenti furono, nonostante il n.
esiguo, protagoniste della ideazione della Costituzione e pensare
che fino a quel momento le donne non avevano mai votato e che il
fascismo aveva assegnato loro solo il compito di mogli e madri.
Provenivano da un tempo storico nel quale, per le donne, la legge
non c' era. Questo dovrebbe farci rifllettere molto perchè loro
riuscirono a portare la legge dove non c' era! Furono loro con la
loro intelligenza perchè gli uomini non hanno mai avuto quell'
intuizione morale di farlo spontaneamente! Attenzione perchè una
caduta di attenzione e di intelligenza può distruggere tutto.
Loro si sono fatte trovare pronte come le 5 vergini sagge della
parabola attuando un comportamento saggio in vista della salvezza.
(La parabola delle
vergini sagge e stolte è propria di Matteo. Con ogni probabilità
fu pronunciata da Gesù come appello urgente a prepararsi per la
venuta imminente del regno. Il primo evangelista l'ha poi
collocata nel contesto escatologico (cioè relativo ai "tempi
finali della storia") dei capp.24-25, all'interno di una
sezione in cui ritorna più volte l'invito alla vigilanza e ad
un'adeguata preparazione all'incontro definitivo con il Signore
Gesù). Seppero
parlare a voce alta e bene con parole forti che hanno pesato
soprattutto nel campo dei diritti sociali apportando un pensiero
capace di sostanziare i Principi di uguaglianza e differenza che
sono alla base del riconoscimento della dignità umana forti anche
di un pensiero giusnaturalista (corrente filosofico-giuridica
fondata su due principi: l’esistenza di un diritto naturale
(conforme, cioè, alla natura dell’uomo e quindi intrinsecamente
giusto) e la sua superiorità sul diritto positivo -diritto
prodotto dagli uomini-). Ricordiamoci che fino a quel momento in
Italia il Diritto positivo era stato scritto dagli uomini per gli
uomini.
E'
di Teresa Mattei l' intervento dell' ’8 marzo del 1947, quando
prese la
parola in aula e chiese di apportare una correzione a un articolo
della Costituzione. Chiese l’inserimento dei termini «di fatto»
nell’articolo 3:
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. Lina Merlin fu particolarmente attiva nella stesura dei Principi costituzionali. I suoi interventi nel dibattito costituzionale risulteranno determinanti per la tutela dei diritti delle donne. A lei si devono infatti le parole dell'articolo 3: "Tutti i cittadini...sono uguali davanti alla legge, senza distinzioni di sesso", con le quali veniva posta la base giuridica per il raggiungimento della piena parità di diritti tra uomo e donna, che fu sempre l'obiettivo principale della sua attività politica. È inoltre degna di nota l'opera di mediazione da lei esercitata tra opinioni contrapposte riguardo alla stesura dell'articolo 40, concernente il diritto di sciopero, proponendo una formulazione analoga a quella presente nel preambolo della Costituzione della IV repubblica francese. Anna Maria Guidi Cingolani fu Nominata alla Consulta nazionale del 1945 e la prima donna ad intervenire nelle discussioni con un forte intervento a favore della parità uomo-donna allacciandosi al ruolo delle donne nella Resistenza della quale quasi tutte loro erano state protagoniste. Nel 1947 la deputata, partigiana e antifascista dc Maria Federici Agamben si rivolse in Aula il 26 novembre 1947 ai colleghi. “Ma insomma, di cosa avete paura?” Nilde Iotti fu molto attiva negli articoli relativi al lavoro
Art.
36.
Il
lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla
quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad
assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e
dignitosa.
La
durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge.
Il
lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali
retribuite, e non può rinunziarvi.
Art.
37.
La
donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le
stesse retribuzioni che spettano al lavoratore.
Le
condizioni di lavoro devono consentire l’adempimento della sua
essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino
una speciale adeguata protezione.
La
legge stabilisce il limite minimo di età per il lavoro salariato.
La
Repubblica tutela il lavoro dei minori con speciali norme e
garantisce ad essi, a parità di lavoro, il diritto alla parità
di retribuzione.
Attenzione però perchè le donne intevennero su tutti gli argomenti! Tutte avevano una attenzione straordinaria al concreto pensando alla formulazione dei principi ma anche a come sostanziarli per restituire alla persona il suo valore partendo dal principio che lo Stato è uno strumento per la persona. Lo Stato deve rimuovere gli ostacoli e lo deve fare: deve farlo di fatto come insistette Teresa Mattei. L' Italia in quel momento storico, attraverso le donne, era collegata al pensiero del mondo di Franklin Delano Roosevelt e del progresso sociale che si auspicava. Nel pensiero di Lina Merlin è presente il reddito di cittadinanza ed è presente in Costituzione perchè l' uomo e la donna devono avere il minimo necessario all' esistenza attraverso il Diritto al lavoro o all' assistenza quando il lavoro viene perso. Articolo 4La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società. Articolo 38Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all'assistenza sociale.I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria. Gli inabili ed i minorati hanno diritto all'educazione e all'avviamento professionale. Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato. L'assistenza privata è libera. Le donne intervennero anche nella parte della Costituzione relativa alla programmazione del potere ben sapendo che occorreva scongiurare il potere nelle mani di un uomo solo e furono abili a lavorare insieme per raggiungere quei compromessi necessari a valorizzare tutte le differenze e non provocare esclusioni radicali: di retribuzione (attiva Nilde Iotti), di condizioni irregolari (maternità al di fuori del matrimonio, attiva Lina Merlin, Maria Federici e Teresa Noce)
Art.
29.
La
Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società
naturale fondata sul matrimonio.
Il
matrimonio è ordinato sull'eguaglianza morale e giuridica dei
coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell'unità
familiare.
Art. 30.
È
dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i
figli, anche se nati fuori del matrimonio.
Nei
casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano
assolti i loro compiti.
La
legge assicura ai figli nati fuori del matrimonio ogni tutela
giuridica e sociale, compatibile con i diritti dei membri della
famiglia legittima.
La
legge detta le norme e i limiti per la ricerca della paternità.
Art. 31.
La
Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la
formazione della famiglia e l'adempimento dei compiti relativi,
con particolare riguardo alle famiglie numerose.
Protegge
la maternità, l'infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti
necessari a tale scopo.
E che dire dei diritti politici? E delle Pari opportunità?
IL
DIRITTO ALLE alle PARI OPPORTUNITÀ è in Costituzione!
Teresa
Mattei, Maria federici e Maria Maddalena Rossi dovettero battersi
come delle leonesse per arrivare a questo articolo fondamentale.
Partendo infatti dagli artt. 3 e 51, nel 1960 la Corte
costituzionale dichiarò illegittimo il divieto posto della legge
del 1919, che impediva l' accesso alle donne alle alte cariche
pubbliche, aprendo la strada della Magistratura al sesso femminile
. Un cammino che concluse poi il legislatore nel 1963.
E
la rappresentanza politica? Il potere politico è ancora in mano
agli uomini. Va meglio per le aziende pubbliche dopo La legge
120/2011 Golfo-Mosca sulle “quote rosa”: dal 12
agosto 2012
dovranno essere rinnovati riservando una quota pari ad almeno un
quinto dei propri membri al genere meno rappresentato: le donne.
Le
parole sono importanti e questa lezione dobbiamo impararla dalle
costituenti. Le stesse donne usano il termine rosa non pensando
che parlare in rosa fa pensare alla richiesta di un privilegio per
un solo sesso, confondendo così una norma antidiscriminatoria con
un privilegio. Allo stesso modo, allora, bisognerebbe parlare di
‘quote celesti’ quando la legge prevede una presenza pari,
cioè metà candidature maschili e metà femminili. La questione
della non rappresentanza paritaria è molto grave perchè non è
soltanto una questione delle donne, ma un problema della
democrazia che mal si concilia con l’assenza di rappresentanti e
dunque non la si può ignorare, in tutti i campi.
Articolo
51
Tutti
i cittadini dell'uno o dell'altro sesso possono accedere agli
uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di
eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge [cfr.
artt. 56
c. 3, 58
c. 2, 84
c. 1, 97
c. 3, 104
c. 4, 106,
135
cc. 1, 2, 6, XIII
c. 1].
A tale fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le
pari opportunità tra donne e uomini.
La
legge può, per l'ammissione ai pubblici uffici e alle cariche
elettive, parificare ai cittadini gli italiani non appartenenti
alla Repubblica.
Chi è
chiamato a funzioni pubbliche elettive ha diritto di disporre del
tempo necessario al loro adempimento e di conservare il suo posto
di lavoro.
Nella
discussione in costituente, Calamandrei era favorevole all'
ingresso delle donne in magistratura.
Bisogna
fare attenzione perchè il calo di cultura democratica riguarda
tutti.
E la
Conciliazione?
I
dati ISTAT lo confermano da anni, in Italia le donne lasciano o
perdono il lavoro dopo la nascita del primo figlio o a causa dei
carichi di lavoro legati alla famiglia. Come conferma L' ultima
indagine ISTAT lasciare o perdere il lavoro dopo il primo figlio
riguarda soprattutto le lavoratrici del mezzogiorno, mentre al
nord e al centro il fenomeno aumenta con l’aumentare del numero
dei/delle figli/e. Le motivazioni della scelta sono legate proprio
alla difficoltà di conciliare famiglia e lavoro, oltre
all’insoddisfazione per il tipo di lavoro svolto in termini di
mansioni, posizione lavorativa e retribuzione. Insomma, mentre da
un lato si parla di responsabilità sociale d’impresa (rsi)
che valorizzi le pmi e il territorio di riferimento,
dall’altro le donne sono costrette a farsi da parte.
Le difficoltà
dovute al doppio
ruolo di madre e lavoratrice
permangono e sono in aumento. Dai dati del 2012 emerge che il
52,5% delle lavoratrici dipendenti lamentano problemi di
conciliazione, rispetto al 48% del 2005. Anche le lavoratici
dipendenti, con orario a tempo parziale, non esauriscono con
questo istituto le loro difficoltà di conciliare: ad avere
problemi sono il 29,4% nel 2012 rispetto al 22,1% nel 2005. C’è
allora da chiedersi se effettivamente l’istituto del part time
possa essere considerato uno strumento efficace nell’ambito
della conciliazione tra famiglia e lavoro.
Non da ultimo è
interessante notare come le motivazioni principali che inducono le
donne a rinunciare a entrare nel mondo del lavoro, in un momento
della vita, siano legate alla necessità di far fronte a carichi
di cura legati
alla famiglia in
senso ampio. Per le stesse ragioni, un quinto delle donne (contro
l'8,6% degli uomini) ha rinunciato nel corso della propria vita
lavorativa a un particolare incarico che avrebbe voluto accettare.
E le pensionate
donne? Hanno una pensione inferiore al pensionato uomo e la
medicina di genere ci dice che avranno una vita più lunga ma con
qualità di vita inferiore a quella dell' uomo. Entrambi sono
messi ai margini insieme ai soggetti più deboli.
|
Articolo
di Michele Ainis (Corriere 15.2.15): Magna
Charta Libertatum: i diritti della persona calpestati ancora oggi.
“”Ha
otto secoli, però non li dimostra. Anzi: per certi versi il suo
linguaggio è più fresco, più diretto e colloquiale, rispetto alle
contorsioni semantiche con cui ci allieta la «Gazzetta ufficiale» .
Eccola dunque, la Magna Charta Libertatum , la Dichiarazione dei
diritti che illumina l’alba della nostra civiltà giuridica.
Concessa da un re debole — Giovanni Senzaterra — ai suoi baroni
il 15 giugno 1215, rimane ancora valida nell’ordinamento inglese,
benché modificata e integrata da altre leggi, da altre dichiarazioni
normative. Tre soprattutto, battezzate nel corso del Seicento: il
Petition of Rights (1628), l’ Habeas Corpus Act (1679), il Bill of
Rights (1689).
Poi, certo, otto secoli non trascorrono invano. A curiosare fra i 63 articoli della Magna Charta , ti cadono gli occhi su enunciati che oggi suonano bizzarri, figli d’un tempo ormai concluso. Per esempio, l’ordine di rimuovere tutti gli sbarramenti per catturare pesci nel Tamigi. L’obbligo di pagare il frumento in contanti. Il divieto di costringere chicchessia a costruire ponti sui fiumi. O ancora la norma secondo cui gli eredi dei nobili non possono sposare persone d’estrazione sociale inferiore. Quell’altra che tutela i debitori degli ebrei. Infine la regola che proibisce di procedere per il reato di omicidio su accusa d’una donna, a meno che non sia la vedova.
Ma dopotutto non è per tali aspetti che celebriamo questo anniversario. Né, in realtà, perché il diritto cominci dalla Magna Charta . Prima vengono il Codice di Hammurabi (XVIII secolo a.C.), il Cilindro di Ciro il Grande (VI secolo a.C.), le leggi dei Greci e dei Romani. Non il diritto, bensì i diritti — nel senso in cui li concepiamo adesso — trovano nella Magna Charta la propria scaturigine. O meglio i diritti di libertà, dalla libertà dei commerci a quella religiosa. E soprattutto la libertà personale, che concettualmente le precede tutte, tanto che nel 1947 gli stessi costituenti italiani v’aprirono il catalogo dei diritti fondamentali. Usando parole che riecheggiano l’articolo 39 della Magna Charta : «Nessun uomo libero sarà arrestato, imprigionato, privato dei suoi diritti o dei suoi possedimenti, messo fuori legge, esiliato o altrimenti rimosso dalla sua posizione, né Noi useremo la forza nei suoi confronti o demanderemo a ciò altre persone, se non per giudizio legale dei suoi pari e per la legge del territorio».
Da qui il doppio strumento che ancora adesso ci difende dagli arresti arbitrari: riserva di legge e riserva di giurisdizione. Da qui l’ Habeas corpus , che alla lettera significa «abbi il corpo». Ossia l’atto ( writ ) col quale s’ingiunge a chi detenga in custodia una persona di presentarne il «corpo» davanti a un giudice legittimo. In quel testo forgiato nel Medioevo s’affaccia per la prima volta una tutela contro gli abusi del potere, e la tutela opera anche al di fuori del campo penale (per esempio nei riguardi dei malati di mente). Di più: v’è l’embrione del «giusto processo», come lo chiamiamo oggi. Sicché le prove devono apparire convincenti. I giudici vanno reclutati in base alla loro professionalità, e non possono trovarsi in conflitto d’interessi. Le pene devono essere proporzionate ai delitti.
Dall’ Habeas corpus all’ Habeas mentem , dalla libertà personale alla libertà morale. Nella giurisprudenza della Corte suprema americana così come di quella italiana (a partire dalla sentenza n. 30 del 1962), questa garanzia ha finito per proteggere, oltre alla libertà fisica degli individui, anche il processo di formazione della loro volontà, delle loro convinzioni. Dunque stop alla pubblicità subliminale, al siero della verità, e ovviamente a ogni forma di tortura poliziesca. Insomma, in otto secoli la Magna Charta ha dimostrato una potente capacità generativa. Ma l’esperienza, in Italia e nel resto del pianeta, è spesso degenere, segna un regresso della nostra libertà. Quanta ne abbiamo in circolo? In che misura possiamo disporre del nostro corpo, del nostro essere fisico? E siamo davvero tutelati dal sopruso, dall’invadenza dei poteri pubblici e privati?
Qualche dato alla rinfusa. Nelle carceri italiane (al 31 dicembre 2014) soggiornano 53.623 detenuti; fra questi, 19.590 non hanno mai ricevuto una sentenza definitiva di condanna. Presunti innocenti, per la Magna Charta e anche per la Carta costituzionale; ma puniti in via di fatto. E meno male che l’Italia bandisce la pena di morte, praticata tuttavia da 58 Stati al mondo (con 2.400 esecuzioni in Cina nell’arco del 2013). Dopo di che, dentro e fuori dei nostri confini, preme il terrorismo, una minaccia che oscura l’ Habeas corpus . È già successo dopo gli attentati alle Twin Towers dell’11 settembre 2001, sta per succedere di nuovo.
D’altronde non è solo di questo che si tratta. Nei rigori di legge contro gli obesi e i fumatori, nelle restrizioni che colpiscono la fecondazione assistita, la transessualità, il rifiuto dell’accanimento terapeutico, aleggia la sinistra evocazione di Michel Foucault: lui ci insegnò come il potere miri a controllare innanzitutto il corpo delle persone, e come un potere dispotico in conclusione lo confischi, se ne renda padrone. Oggi come ieri, c’è quindi bisogno di liberare i nostri corpi, per liberarci l’anima. E possiamo farlo anche riscoprendo la lezione d’un testo normativo che ha 800 anni sul groppone.”"
Poi, certo, otto secoli non trascorrono invano. A curiosare fra i 63 articoli della Magna Charta , ti cadono gli occhi su enunciati che oggi suonano bizzarri, figli d’un tempo ormai concluso. Per esempio, l’ordine di rimuovere tutti gli sbarramenti per catturare pesci nel Tamigi. L’obbligo di pagare il frumento in contanti. Il divieto di costringere chicchessia a costruire ponti sui fiumi. O ancora la norma secondo cui gli eredi dei nobili non possono sposare persone d’estrazione sociale inferiore. Quell’altra che tutela i debitori degli ebrei. Infine la regola che proibisce di procedere per il reato di omicidio su accusa d’una donna, a meno che non sia la vedova.
Ma dopotutto non è per tali aspetti che celebriamo questo anniversario. Né, in realtà, perché il diritto cominci dalla Magna Charta . Prima vengono il Codice di Hammurabi (XVIII secolo a.C.), il Cilindro di Ciro il Grande (VI secolo a.C.), le leggi dei Greci e dei Romani. Non il diritto, bensì i diritti — nel senso in cui li concepiamo adesso — trovano nella Magna Charta la propria scaturigine. O meglio i diritti di libertà, dalla libertà dei commerci a quella religiosa. E soprattutto la libertà personale, che concettualmente le precede tutte, tanto che nel 1947 gli stessi costituenti italiani v’aprirono il catalogo dei diritti fondamentali. Usando parole che riecheggiano l’articolo 39 della Magna Charta : «Nessun uomo libero sarà arrestato, imprigionato, privato dei suoi diritti o dei suoi possedimenti, messo fuori legge, esiliato o altrimenti rimosso dalla sua posizione, né Noi useremo la forza nei suoi confronti o demanderemo a ciò altre persone, se non per giudizio legale dei suoi pari e per la legge del territorio».
Da qui il doppio strumento che ancora adesso ci difende dagli arresti arbitrari: riserva di legge e riserva di giurisdizione. Da qui l’ Habeas corpus , che alla lettera significa «abbi il corpo». Ossia l’atto ( writ ) col quale s’ingiunge a chi detenga in custodia una persona di presentarne il «corpo» davanti a un giudice legittimo. In quel testo forgiato nel Medioevo s’affaccia per la prima volta una tutela contro gli abusi del potere, e la tutela opera anche al di fuori del campo penale (per esempio nei riguardi dei malati di mente). Di più: v’è l’embrione del «giusto processo», come lo chiamiamo oggi. Sicché le prove devono apparire convincenti. I giudici vanno reclutati in base alla loro professionalità, e non possono trovarsi in conflitto d’interessi. Le pene devono essere proporzionate ai delitti.
Dall’ Habeas corpus all’ Habeas mentem , dalla libertà personale alla libertà morale. Nella giurisprudenza della Corte suprema americana così come di quella italiana (a partire dalla sentenza n. 30 del 1962), questa garanzia ha finito per proteggere, oltre alla libertà fisica degli individui, anche il processo di formazione della loro volontà, delle loro convinzioni. Dunque stop alla pubblicità subliminale, al siero della verità, e ovviamente a ogni forma di tortura poliziesca. Insomma, in otto secoli la Magna Charta ha dimostrato una potente capacità generativa. Ma l’esperienza, in Italia e nel resto del pianeta, è spesso degenere, segna un regresso della nostra libertà. Quanta ne abbiamo in circolo? In che misura possiamo disporre del nostro corpo, del nostro essere fisico? E siamo davvero tutelati dal sopruso, dall’invadenza dei poteri pubblici e privati?
Qualche dato alla rinfusa. Nelle carceri italiane (al 31 dicembre 2014) soggiornano 53.623 detenuti; fra questi, 19.590 non hanno mai ricevuto una sentenza definitiva di condanna. Presunti innocenti, per la Magna Charta e anche per la Carta costituzionale; ma puniti in via di fatto. E meno male che l’Italia bandisce la pena di morte, praticata tuttavia da 58 Stati al mondo (con 2.400 esecuzioni in Cina nell’arco del 2013). Dopo di che, dentro e fuori dei nostri confini, preme il terrorismo, una minaccia che oscura l’ Habeas corpus . È già successo dopo gli attentati alle Twin Towers dell’11 settembre 2001, sta per succedere di nuovo.
D’altronde non è solo di questo che si tratta. Nei rigori di legge contro gli obesi e i fumatori, nelle restrizioni che colpiscono la fecondazione assistita, la transessualità, il rifiuto dell’accanimento terapeutico, aleggia la sinistra evocazione di Michel Foucault: lui ci insegnò come il potere miri a controllare innanzitutto il corpo delle persone, e come un potere dispotico in conclusione lo confischi, se ne renda padrone. Oggi come ieri, c’è quindi bisogno di liberare i nostri corpi, per liberarci l’anima. E possiamo farlo anche riscoprendo la lezione d’un testo normativo che ha 800 anni sul groppone.”"
Libertà
personale
Da un
punto di vista storico, la libertà personale, intesa come libertà
negativa di non subire ingerenze altrui sul proprio corpo (c.d.
libertà dagli arresti), è la prima e la più importante tra le c.d.
libertà civili (Diritti costituzionali), essendo prevista (e
tutelata) già nella Magna
Charta Libertatum
del 1215 (art. 39) e nei documenti costituzionali successivi (Habeas
Corpus Act
1679; IV e V Emendamento Cost. U.S.A. 1787; artt. 7 ss. Dichiarazione
dei diritti dell’uomo e del cittadino francese 1789; art. 4 Cost.
Francia 1814; art. 4 Cost. Francia 1830; art. 7 ss. Cost. Belgio
1831; art. 2 Cost. Francia 1848; art. 138 Cost. Francoforte 1849;
art. 114 Cost. Germania 1919; art. 2 Legge fondamentale Germania
1949; artt. 15 e 17 Cost. Spagna 1978; artt. 10 e 31 Cost. Svizzera
1999).
Lo
Statuto albertino, al riguardo, parlava di libertà
individuale
(art. 26), ricomprendendo in essa non solo la libertà personale, ma
anche la libertà di circolazione e soggiorno. La Costituzione
repubblicana, invece, ha voluto distinguere queste due libertà anche
dal punto di vista delle garanzie, disciplinando la libertà
personale all’13 Cost. e la libertà di circolazione all’art. 16
Cost. e qualificando come «inviolabile» solo la prima e non la
seconda.
Due
sono le garanzie che l’art. 13 Cost. pone a tutela di questa
libertà: la riserva di legge, in base alla quale soltanto la
legge o un atto ad essa equiparato (Decreto legge e Decreto
legislativo) possono stabilire i casi ed i modi attraverso cui si può
procedere alla restrizione di questa libertà, e la c.d. riserva
di giurisdizione, in base alla quale qualunque restrizione della
libertà personale può avvenire solo per atto motivato dell’autorità
giudiziaria.
Riserva
di legge
La
riserva
di legge
è intrinsecamente legata al Principio
di legalità
e si ha laddove una disposizione di rango costituzionale prescrive
che la disciplina di una determinata materia (o di un determinato
settore) sia riservata a una fonte di rango legislativo, con
esclusione delle fonti subordinate. Nell’ordinamento italiano,
seppur con qualche contrasto dottrinario, la riserva di legge si
ritiene soddisfatta non solo da una legge vera vera e propria, ma
anche da uno degli atti ad essa equiparati (Decreto legge e Decreto
legislativo). La preferenza per la legge (o gli atti equiparati) si
giustifica in base a considerazioni di ordine garantistico: a
differenza dei regolamenti governativi, la legge si caratterizza per
un procedimento pubblico e dialettico, cui concorre non soltanto la
maggioranza politica, ma anche le minoranze parlamentari. Inoltre,
nella Democrazia costituzionale la legge (o gli atti equiparati) è
soggetta a una serie di controlli diversi e non meno incisivi di
quelli che investono le fonti secondarie, posto che essa soggiace al
sindacato della Corte costotuzionale e su di essa si può richiedere
altresì un referendum abrogativo ex
art. 75 Cost.
La
Dottrina suole distinguere tre diverse tipologie di riserva di legge:
la riserva di legge
assoluta,
la riserva di legge
relativa
e la riserva di legge
rinforzata.
Si parla di riserva di legge assoluta quando la Costituzione (o una
legge costituzionale) impone esclusivamente alla legge di
disciplinare una materia, con la conseguenza che le sole fonti
secondarie ammissibili sono quelle di stretta esecuzione. Le materie
tipiche dove opera la riserva di legge assoluta sono quelle
riguardanti i diritti di libertà, come la libertà personale di cui
all’art. 13 Cost., la libertà di domicilio di cui all’art. 14
Cost. ecc. Per riserva di legge relativa si intendono quei casi in
cui la Costituzione riserva alla legge la disciplina dei principi
della materia, laddove alle fonti secondarie spetterebbe la normativa
attuativa e integrativa di essi (secondo la giurisprudenza
costituzionale, si avrebbe una riserva di legge relativa agli artt.
23 e 97 Cost.). Si parla, infine, di riserva di legge rinforzata
quando è la stessa disposizione costituzionale a predeterminare in
parte il contenuto della stessa legge, come in materia di libertà di
circolazione e soggiorno, ove un’eventuale legge limitativa può
intervenire solo «per motivi di sanità o di sicurezza» (art. 16,
co. 1, Cost.).
Tornando
alle idee della costituente: le linee generali di come doveva essere
la Costituzione c' erano nei programmi dei partiti ma non c' era un'
idea pronta. La Costituzione nasce proprio dentro l' Assemblea dall'
unione e dall' accordo di intenti dei costituenti nel rispetto delle
Costituzioni che devono essere dei progetti per la vita e la società
del futuro: progetti normativi e di vita reale. La Costituzione
traccia un percorso che i politici devono realizzare. Questo non
sempre succede; a volte i partiti politici hanno faticato o hanno
rifiutato di seguire la Costituzione facendo prevalere la logica
dell' interesse. La nostra Costituzione ha indicato la via maestra
per dei pezzi di cammino ma non è mai stata realizzata
compiutamente! Passare dai Principi alle norme disturba perchè si
dovrebbe andare a guardare nell' accumulo delle ricchezze per pensare
a una possibile redistribuzione pensiero che non è mai passato. Il
pensiero dei costituenti si è dimostrato lucido e coerente nel farsi
guidare da dei cardini.
Uno
dei cardini è l' idea base della dignità della persona: tutto
parte da questo valore che non è mai stato messo in discussione da
nessun costituente nonostante fossero fortemente divisi su altri
punti. Questo valore proveniva sia dalla cultura cristiana che dalla
cultura laica anche perchè avevano assistito allo Stato autoritario
che aveva abbandonato la persona facendo prevalere lo Stato. La
persona e le libertà erano state compresse. I costituenti erano
anche uniti nel considerare la persona e non l' individuo.
Ricadute
della distinzione tra individuo e persona.
Nella
Dottrina sociale della Chiesa si parla di persona.
Nella
società liberale poi fondata sul capitalismo si parla uomo come
individuo.
Nella
elaborazione ideologica seguita agli scritti di Marx si parla di uomo
inserito nelle classi sociali.
Nella
Dichiarazione dei diritti dell'uomo (1789) si parla di
DICHIARAZIONE DEI DIRITTI DELL'UOMO E DEL CITTADINO, (Versailles
26 agosto 1789)
- I Rappresentanti del Popolo Francese, costituiti in Assemblea Nazionale, considerato che l'ignoranza, la dimenticanza o il disprezzo dei diritti dell'uomo sono le uniche cause delle sventure pubbliche e della corruzione dei governi, hanno stabilito di esporre, in una solenne Dichiarazione, i diritti naturali, inalienabili e sacri dell'uomo, affinché questa Dichiarazione, costantemente presente a tutti i membri del corpo sociale rammenti loro continuamente i loro diritti e i loro doveri; affinché gli atti del Potere legislativo e quelli del Potere esecutivo, potendo essere in ogni momento paragonati con il fine di ogni istituzione politica, siano più rispettati; affinché i reclami dei cittadini, fondati d'ora innanzi su principi semplici e incontestabili, si rivolgano sempre alla conservazione della Costituzione e alla felicità di tutti.In conseguenza, l'Assemblea Nazionale riconosce e dichiara, in presenza e sotto gli auspici dell'Essere Supremo, i Diritti seguenti dell'Uomo e del Cittadino.
Nello
Statuto albertino si parla di sudditi e regnicoli mentre il termine
persona è riservato al re: Art. 4. - La persona del Re è
sacra ed inviolabile.
I
costituenti usarono il termine persona termine insieme neutro
rispetto al genere e di significati etico-morali alti rispetto ad
individuo.
La
scelta del termine è stata ponderate e poi scelta responsabilmente e
consapevolmente perchè non si voleva l' astrattezza e la neutralità
basata anche sull' idea di egualità perchè noi non siamo uguali ma
siamo appunto persone ognuna diversa dall' altra: tutti uguali ma
diversi nelle singole esistenze e siccome non siamo uguali ma abbiamo
tutti bisogno di diritti/doveri lo Stato deve intervenire per
rimuovere gli ostacoli che impediscono alle libere personalità
di dispiegarsi.
Quali
ostacoli deve rimuovere lo Stato?
L'
ignoranza attraverso la scuola e la lotta all' analfabetismo
La
malattia attraverso la prevenzione e la cura
La
mancanza di informazioni attraverso la libertà di stampa con media
pluralisti e critici (sapere è fondamentale per la democrazia e un
voto informato è un voto democratico). Cosa è necessario alla
libertà di stampa? Il pluralismo delle fonti ma anche il pluralismo
delle voci.
La
libertà attraverso l' organizzazione della sicurezza
Attenzione!
Tutti questi diritti sono definiti inviolabili nell' art. 2 e
non a caso perchè i costituenti avevano proprio come linea guida l'
idea che i diritti devono essere tutelabili anche contro il
legislatore; neanche il legislatore li può violare e sono stati
messi come limite alla revisione costituzionale impedendo, di fatto,
la rivoluzione per vie legali.
La
parola d' ordine era pluralismo interno alla Costituente per poi
portarlo all' esterno
La
dignità non si riceve ma si ha in quanto essere umani e, fino a quel
momento, i diritti naturali non erano riusciti a sostanziarla
concretamente perchè ci si era concentrati molto nella parità ma
non nelle differenze! Oggi le idee di solidarietà sociale a
salvaguardia della dignità sembrano lettera ma in Costituzione ci
sono.
I
due grandi gruppi politici della Costituente: PCI e PSIUP da una
parte e la DC dalla' altra non sono mai entrati in conflitto sull'
idea fondamentale della ricerca di una legge fondamentale a tutela
della dignità di uomini e donne anche perchè partivano da una
esperienza totalitaria che aveva perseguito il controllo totale sulla
persona con la compressione delle libertà per cui tutti erano
concordi nel porre dei limiti al potere per realizzare le libertà.
Sulla trama liberale si inserirono i Principi cristiani e di sx a
ordire un sistema di tutele, garanzie possibili con il bilanciamento
dei poteri nella consapevolezza che il potere tende a prevaricare ma
deve trovare l' argine del giudice, un giudice costruito
indipendente. La riserva di giurisdizione oggi è garantita dal CSM
il quale, solo lui, può intervenire sui magistrati.
I
nostri costituenti pensarono a un ordinamento
liberal-democratico-costituzonalista.
Il
cuore del costituzionalismo è caratterizzato dall' evitare che il
potere si concentri su un solo organo dello Stato ma venga diviso in
più organi!
La
legge è fatta dai rappresentanti del popolo ed eccezionalmente dal
Governo e i giudici giudicano applicando le leggi.
La
nostra non è una democrazia presidenzialista: il Presidente è un
organo di garanzia.
Anche
negli Stati Unito dove c' è il presidenzialismo, il presidente ha un
freno nel Congresso. Il Congresso degli Stati Uniti
d'America è l'organo legislativo del Governo federale ed
equivalente al Parlamento nella maggior parte dei sistemi
democratici. Esso ha sede a Washington nel Campidoglio e si compone
di due camere: il Senato e la Camera dei rappresentanti. Il Congresso
degli Stati Uniti rappresenta il potere legislativo, secondo quanto
stabilisce la Costituzione degli Stati Uniti che lo disciplina
all'art. I, sezioni da 1 a 10, così come il Presidente degli Stati
Uniti rappresenta il potere esecutivo. Anche in questa situazione
presidenzialista il Presidente viene bloccato da congresso e ne è un
esempio la fine della guerra in Vietnam fermata perchè il Congresso
(Senato) non ha dato i fondi.
Sui
diritti solo il legislatore può intervenire perchè si presuppone
sia pluralista e poi il pluralismo deve trovare un punto d' incontro
nel compromesso senza distruggere particolarità e ricchezze!
Senza
la cultura del compromesso prevale la volontà del più forte e la
cultura italiana è vocata al pluralismo. Per questo era bene
mantenere il bicameralismo che esprime molte voci senza la
prevaricazione. Oggi la maggioranza non è pluralistica e con l'
Italicum sarà peggio. Non è possibile che, come oggi, Governo e
Parlamento siano la stessa cosa.
E'
utile ricordare che la politica inglese non perdonò neanche al Re la
noncuranza verso il Parlamento. La concezione di Carlo I secondo cui
il re era responsabile solo di fronte a Dio, e a lui un buon suddito
doveva obbedire come all'unto del Signore, comportò la sua condanna
a morte. Carlo I d' Inghilterra non avendo ottenuto i fondi richiesti
per le sue guerre, sciolse nuovamente il parlamento il 2 marzo 1629 e
ne fece arrestare i capi. Da allora, per undici anni, C. governò
senza convocare il parlamento, mentre si provvedeva dei fondi
necessari ricorrendo a nuovi e vari tipi di tributi e alleanze con i
nemici dell' inghilterra. Cromwell, disgustato dalla sua doppiezza,
rinunciò allora a ogni compromesso, e, battuti gli Scozzesi a
Preston (17 ag. 1648), fece dichiarare il re reo di alto tradimento.
Processato dall'alta Corte, fu condannato a morte e decapitato.
Dal
Medioevo chi detiene il potere non può essere la legge, idea già
presente da sempre nella nostra cultura!
1)
la teoria
medievale sulla sovranità popolare, di derivazione romanistica (e il
cui principale esponente fu Marsilio da Padova), che distingue tra
una concezione ascendente e una discendente di sovranità. Nella
prima, riferibile appunto alla democrazia, il potere supremo deriva
dal popolo ma viene poi concretamente esercitato dai rappresentanti
(o delegati) di quest’ultimo;
2)
la teoria moderna, o machiavellica, elaborata
con la nascita dello Stato moderno, che dopo aver individuato due
forme storiche di governo, la monarchia e la repubblica, qualifica la
democrazia come una forma di repubblica (insieme all’aristocrazia).
Nella
Costituzione della Repubblica Italiana c' è una grande attenzione al
sociale perchè un' altra idea che avevano in comune i costituenti
era la contrarietà allo statalismo di tipo sovietico o fascista e
all' individualismo liberista.
Piero
Calamandrei fu
nominato membro della Consulta nazionale e dell'Assemblea
Costituente in rappresentanza del Partito d'Azione e quando il PdA
si sciolse, entrò a far parte del Partito socialdemocratico, per il
quale fu eletto deputato nel 1948. Calamandrei alla Costituente
espresse pensieri raffinati e articolati contrari allo slogan e li
espresse, in particolare, in favore della laicità dello Stato
convinto che lo Stato non può farsi portatore di un solo pensiero
religioso.
In
conclusione
Ignoranza
e miseria sono i peggiori ostacoli alla libertà e al raggiungimento
della dignità della persona. Nessuno deve essere lasciato solo: vedi
art. 38.
Il
pluralismo illumina tutta la nostra Costituzione e la scuola pubblica
accanto alla privata ne è un esempio.
La
persona non deve essere ghettizzata o rinchiusa.
Gli
artt. 1, 4 e 38 non sono retorica. La sovranità al popolo dopo il
fascismo non esisteva più.
Costantino
Mortati, considerato
unanimemente uno dei più importanti costituzionalisti del nostro
Novecento partecipò ai lavori della Costituente e fu giudice
costituzionale. Vero e proprio ‘classico’ del pensiero
giuspubblicistico, il suo studio La
Costituzione in senso materiale
(1940) rappresenta ancora oggi un punto di riferimento obbligato, non
solo per il cultore del diritto pubblico ma anche per il giurista
tout court. Mortati era profondamente convinto di quanto enunciato
nell' art. 1:
L'Italia è
una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.
La sovranità appartiene al
popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.
Non
più atti fondativi basati sulla famiglia, sul censo o sulla nobiltà
ma sul lavoro! Tutti i lavori e poi molta discussione sulle parole
appartiene
ed
emana per poi scegliere appartiene.
Attualmente
la parola appartiene
non
è
sostanziata
e c'
è molta discrasia fra il Popolo e il Parlamento perchè da molti
anni la pubblicità politica seduce gli elettori prima del voto e poi
li dimentica. Questo potrebbe essere motivo di scioglimento delle
Camere!
La
nostra Costituzione non prevede la democrazia immediata,
attraverso la quale si affida al corpo elettorale l’investitura
diretta dell’esecutivo grazie a particolari sistemi elettorali ma
prevede una Democrazia rappresentativa con alcune possibilità di
democrazia diretta e non si basa sul Principio di maggioranza!
Nella
nostra Democrazia, delineata dalla Costituzione, vi sono tutti gli
elementi costitutivi delle democrazie compiute:
—il
suffragio universale maschile e femminile;
—la
libertà di espressione;
—elezioni
libere e competitive;
—la
pluralità di partiti e libertà di costituire organizzazioni
(politiche e non) e di aderirvi;
—diverse
e alternative fonti di informazione;
—istituzioni
che colleghino l’attribuzione dei poteri di governo alle risultanze
del voto o ad altre forme democratiche di preferenza politica.
Noi
oggi siamo chiamati a vigilare perchè i Principi enunciati sono
stati sostanzialmente intaccati dalla leadercrazia
cioè la posizione di
primato di un capo politico considerato fortemente carismatico che i
media appoggiano e incoraggiano. Dopo Berlusconi e ancora di più con
Renzi vi è il fastidio e il rifiuto degli impacci del metodo
liberale del confronto e del «conoscere per deliberare».
18/3/2016
Pr. Gaetano Azzariti dell' Università La
Sapienza: L’unità
della Costituzione: dalla prima alla seconda parte. Direttore
della rivista: Costituzionalismo.it. Libri: Contro
il revisionismo costituzionale, Costituzionalismo, modello per
sopravvivere?.
Premessa
dall' archivio de:
la Repubblica del 1991.
Ci
"CI VUOLE il miracolo", è il titolo di un fondo di Gustavo
Zagrebelski su La Stampa del 22 luglio. L' autore, da par suo,
sottolinea il fatto che i politici (Cossiga in testa) stanno
distruggendo di fatto le istituzioni esistenti: "Non le si è
eliminate ufficialmente, ma è come se fossero ormai spente".
Cioè, la responsabilità dei nostri governanti non sarebbe tanto
quella di non aver fatto le riforme annunziate, quanto quella di
"aver iniziato sconsideratamente a distruggere le (istituzioni)
esistenti, senza sapere se ne fossero possibili di nuove". Per
cui l' alternativa ormai è: "Autoriforma o autodistruzione".
Ma occorrerebbe un miracolo perché i partiti trovassero un accordo.
E IL MIRACOLO, aggiungo io, non si è verificato, neppure in
occasione del dibattito parlamentare sul messaggio presidenziale. Di
tale messaggio solo pochi si sono soffermati sul nocciolo, che è
costituito dal metodo dei previsti mutamenti costituzionali. Esiste
in Costituzione l' articolo 138, che ne prevede la revisione, ma con
una procedura aggravata, esigendo la doppia approvazione nelle due
Camere dello stesso testo e, qualora non si sia raggiunta nelle due
aule la maggioranza dei due terzi, l' eventuale intervento del corpo
elettorale a mezzo di un referendum "approvativo". Questo è
il passaggio obbligato verso ogni riforma, piccola o grande, della
Costituzione. Zagrebelski dice che al rispetto dell' articolo 138 il
presidente della Repubblica "ha richiamato tutti con fermezza".
Ma non è proprio così: ed è su questo intricato nodo del messaggio
che intendo soffermarmi. A pagina 35 dell' edizione senatoriale, si
legge invero che "l' articolo 138. rappresenta l' unica via
legittimamente percorribile per riformare la nostra Carta
fondamentale". Ma segue una frase sibillina: "Ciò anche
nell' ipotesi che la portata delle riforme da introdurre induca a
ritenere necessaria una vera e propria fase costituente". La
spiegazione è contenuta nelle pagine successive, nelle quali si
legge che (in contrasto con la prima affermazione) vi sarebbero tre
strade "conformi alla Costituzione" per giungere alla
riforma: a) l' utilizzazione integrale del meccanismo previsto dall'
articolo 138; b) l' attribuzione alle Camere di "veri e propri
poteri costituenti, e cioè del potere non vincolato nel suo
esercizio dalla procedura dell' articolo 138", adottandosi
quindi procedure "più snelle"; c) l' elezione di un'
assemblea costituente senza limitazione di poteri. E' dunque chiaro
che le due strade proposte sub b) e c) presuppongono la totale
pretermissione, o almeno la previa parziale o totale abrogazione
dell' attuale articolo 138, che non consente simili fantasie
giuridiche. Escluso che l' articolo 138 possa considerarsi
tranquillamente come non scritto, non resta che l' ipotesi della sua
modificazione per mezzo del potere di revisione, con le procedure
previste nell' articolo stesso. Ma il potere di revisione
costituzionale può giungere fino a travolgere la Costituzione, o
incontra invece limiti impliciti che lo impediscono? Il Presidente li
ricorda, correttamente, subito dopo, ma sembra che li ritenga
superabili in base al "principio della sovranità popolare".
Così, con un semplice emendamento all' articolo 138 che rendesse
sempre obbligatorio il referendum confermativo sulla riforma adottata
dal Parlamento, questo potrebbe statuire "anche in deroga ai
limiti espressi o inespressi che si ritenessero essere contenuti
nella Costituzione del 1948": il tutto in omaggio al popolo
sovrano. Ma il discorso è totalmente inaccettabile: l' articolo 138,
sia pure con la previsione dell' intervento obbligatorio del
referendum, continuerebbe ad incontrare quei limiti che fanno parte
integrante del nostro sistema costituzionale. Il popolo, dice l'
articolo 1, esercita la sua sovranità nelle forme e nei limiti della
Costituzione. E il potere di revisione costituzionale, dicono tutti
gli scrittori, non ha l' ampiezza del potere costituente, non
permettendo altro che revisioni che lascino intatta la forma di
governo, il regime, nella sua sostanza fondamentale. Rasenta l'
incredibile poi la terza strada, quella di far eleggere dal corpo
elettorale un' assemblea costituente. Qui siamo fuori della storia:
l' assemblea costituente del 1946 nacque da una guerra perduta, da
una Resistenza vincente e dalla necessità di creare una nuova
Costituzione, monarchica o repubblicana che fosse, dopo il referendum
istituzionale, che inaugurava comunque un nuovo regime di democrazia.
Lo stesso messaggio, a pagina 36, ricorda come "il progetto e il
sogno dell' assemblea costituente nel corso del Risorgimento"
veniva visto "come strumento della fondazione della Nazione in
Stato unitario", quindi, in altre parole, come un fatto
rivoluzionario. Basta
rileggere le pagine che nel 1945 scriveva Costantino Mortati nel suo
celebre libro sulla assemblea costituente per rendersi conto del
fatto che l' elezione di una tale assemblea si accompagna sempre ad
un fatto rivoluzionario: per ultimo, in Francia, fu l' Algeria a
produrre la Costituzione attuale.
Ma oggi in Italia siamo forse nelle condizioni storiche che preludono
alla cestinazione della Costituzione del 1948, "cementata dal
popolo italiano con le sue lacrime e con il suo sangue" (come
scrisse Piero Calamandrei e Francesco Cossiga ricorda in apertura nel
suo messaggio) e alla nascita di una seconda Repubblica, totalmente
diversa dalla prima, quando si intendono tener fermi i principi di
libertà e incidere solo sul rapporto di rappresentanza politica fra
corpo elettorale, Parlamento, governo e capo dello Stato? Giustamente
Andrea Manzella ha scritto che, "in un paese come il nostro, che
ha potuto ricostruire la sua identità nazionale solo sul '
patriottismo della Costituzione' ", sarebbe un' idea a rischio
prendere in esame l' ipotesi di una "discontinuità
costituzionale". Si tratta chiaramente di un' ipotesi della
irrealtà, quella di convocare i comizi elettorali per l' elezione di
un' assemblea costituente: se ciò avvenisse, governo e presidente
della Repubblica si assumerebbero gravissime responsabilità. Tali
responsabilità diventerebbero poi clamorose (e si potrebbe ventilare
l' alto tradimento e l' attentato alla Costituzione) se si seguisse
l' originale idea di Gianfranco Miglio, che suggerisce (l' Unità del
25 luglio) spregiudicatamente di "violare la Costituzione"
con un colpo di Stato. La verità è che sussistono solo limitate
zone di correzione della Costituzione quasi tutte relative al
problema del rapporto fra organi costituzionali (Miglio vi aggiunge
giusti ritocchi alla Costituzione economica; io aggiungerei la
riscrittura dell' articolo 81 in punto di bilancio dello Stato), e
per far questo l' articolo 138 è più che sufficiente. Ogni
emendamento che si voglia apportare ad esso non potrà mai cancellare
la rigidità della Costituzione, che - accompagnata dalla presenza
della Corte costituzionale - rappresenta la maggior garanzia delle
libertà democratiche e il vanto della nostra Repubblica. Ben può
trasformarsi il referendum approvativo da eventuale in obbligatorio,
ma l' articolo 138 non può certo essere stravolto come nelle ipotesi
b) e c). Nel messaggio (pagina 41) si parla disinvoltamente di
"affievolire" la rigidità della Costituzione: una
qualunque legge costituzionale che osasse attentare ad essa cadrebbe
sotto la scure della Corte costituzionale che anche recentemente
(sentenza numero 1146/88) ha detto testualmente: "La
Costituzione italiana contiene alcuni principi supremi che non
possono essere sovvertiti o modificati nel loro contenuto essenziale
neppure da leggi di revisione costituzionale o da altre leggi
costituzionali. Non si può negare che questa Corte sia competente a
giudicare sulla conformità delle leggi di revisione costituzionale e
delle altre leggi costituzionali anche nei confronti dei principi
supremi dell' ordinamento costituzionale". Chiedo scusa per la
lunga citazione: ma ad argomenti fatti propri in sedi così elevate
occorre opporre argomenti incontrovertibili addotti in sedi non meno
elevate. Caro Zagrebelski, come vedi il miracolo non avviene: ma la
nostra fede nella libertà ci impone di opporci, da cittadini, allo
sfascio delle istituzioni, e così anche a riforme che non ci
tirerebbero fuori dalla corruzione che ormai regna sovrana tramite l'
occupazione partitica (a ciò non servirebbe né la Repubblica
presidenziale né la semipresidenziale, dice giustamente Leopoldo
Elia). Certo, di fronte a questi comportamenti politici l' amarezza è
profondissima: quando il richiamo di rito alla Resistenza in apertura
del messaggio si pone a confronto con l' appello finale (pagina 53)
ad "un nuovo patto nazionale", da stipulare abbandonando il
"feticcio" che ormai sarebbe la nostra Costituzione,
appello puntualmente raccolto da coloro che si dichiarano tuttora
fascisti, il pensiero va agli anni in cui avevamo preso le armi
contro il fascismo repubblichino e il tedesco invasore, lottando per
una patria migliore e per una Costituzione che non è da stracciare.
Non era questa la classe politica che ci immaginavamo dovesse
governarci all' alba del Duemila. Ma, con Piero Calamandrei, diciamo
ancora che la Resistenza non è finita. E noi siamo ancora vivi e
(per caso e per fortuna) anche vegeti.
di
PAOLO BARILE
27 luglio 1991
Ora
ci siamo. Siamo in un periodo storico determinante perchè il
progetto di riforma costituzionale è già decisamente avviato verso
la definitiva approvazione di Senato e Camera per poi avviarsi verso
il Referendum confermativo. In questo momento occorre essere chiari:
sono in discussione 41 articoli della nostra Costituzione: nuovo
Senato e ulteriori modifiche al Titolo V.
A
parere di molti costituzionalisti il Ddl Boschi non è una revisione
costituzionale come pretenderebbe ma fuoriesce dalla previsione
dell'Articolo 138 della Costituzione, che nell'ipotizzare la
possibilità e l'opportunità di apportare modifiche al testo delle
disposizioni costituzionali, ne disciplina il procedimento. Nel
farlo, nello scegliere un tipo di procedimento, tra i tanti che
potevano essere adottati, il Costituente definì le modifiche
ammissibili, e le definì come puntuali, specifiche, attinenti cioè
a un determinato istituto, a un singolo tema. Il che non significa e
non comporta che si possa procedere a modificare soltanto una
disposizione, un solo articolo. Significa e comporta che si possa
procedere a rivedere anche più disposizioni ed articoli, purché
riguardino una sola delle materie, una specifica istituzione.
Esemplificando: la conformazione del Parlamento (monocameralismo o
bicameralismo e, per la seconda di queste due conformazioni, quale
tipo), il procedimento di formazione delle leggi, il sistema delle
fonti normative (da specificare ed eventualmente da arricchire con
l'aggiunta delle leggi organiche), la distribuzione del potere
legislativo e amministrativo tra lo Stato e le entità territoriali
minori, il controllo di costituzionalità delle leggi (se accentrato
o diffuso), l'unicità o articolazione della giurisdizione, il ruolo
del capo dello Stato, la revisione costituzionale, eccetera.
Si appropria di una veste non sua, questo progetto, non soltanto per la quantità e diversità delle norme e degli istituti che pretende di sopprimere, sostituire, distorcere, ma perché mira al rovesciamento della Costituzione, del suo spirito oltre che della sua lettera. Tende cioè a sostituirne la specifica ragion d'essere, quella di legittimare costituzionalmente la costruzione di una democrazia avanzata, che conformi i rapporti economici e sociali ai principi della libertà e dei diritti umani, della dignità sociale, della giustizia e dell'eguaglianza sostanziale, del pieno sviluppo della persona umana.La verità è che l'approvazione del progetto in questione non modificherebbe soltanto la Seconda parte del testo costituzionale, inciderebbe profondamente sulla Prima, quella che statuisce i princìpi che qualificano l'ordinamento e riconosce i diritti delle cittadine e dei cittadini e di tutti gli esseri umani. Certo, le due parti della Costituzione sono distinte, ma connesse, la seconda è funzionale alla prima. Il rapporto che collega l'una all'altra, i principi e i diritti alle istituzioni che definiscono e regolano il potere, nell'ammettere la possibilità di innovazioni, anche significative, pone almeno due condizioni. Le modifiche devono essere rigorosamente e inequivocabilmente coerenti con la finalizzazione intangibile dell'ordinamento, dettata dai princìpi fondamentali e dalle norme sui diritti inviolabili; devono altresì risultare dotate di una funzionalità credibile e condivisa, non inferiore a quella offerta dalle disposizioni che si intendono sostituire. Dal che consegue che non sono ammissibili normative strumentali per altre finalità istituzionali. Non è quindi costituzionalmente legittimo modificare direttamente la Seconda parte della Costituzione e surrettiziamente, ma efficacemente e ineluttabilmente, la Prima parte.
Valga l'esempio dei `livelli essenziali' (Artt. modificati 117, secondo comma, 120 secondo comma) la cui introduzione riduce il significato e la portata del principio di eguaglianza (primo e secondo comma dell'Art. 3). Ai diritti sociali si assicura una garanzia minimale, il sistema che ne risulta ammette la differenziazione, consentirà programmaticamente non l'eguaglianza ma la disparità di trattamento che viene riconosciuta, addirittura sancita, … `costituzionalizzata'. Un vulnus, molto grave, quindi, è stato già inferto alla Costituzione dalla irresponsabilità e dalla stupidità, politica e giuridica, della maggioranza (risicata) di cui disponeva l'Ulivo nella scorsa Legislatura con l'approvazione del `nuovo' Titolo V, approvazione che è ora motivo di autocritica e suscita intenti riparatori. Sappiamo però che su di esso può comunque cadere ed è sperabile che cada al più presto la mannaia di qualche declaratoria di incostituzionalità (e non ne merita una sola) da parte della Corte costituzionale.
La perversa tendenza che produsse quel monumento di insipienza politica e giuridica eretto col nuovo Titolo V della Costituzione prosegue, si conferma, si estende e si incrementa nel progetto di trasmutazione della Costituzione che la Camera dei deputati sta esaminando. Ha ad oggetto, tale progetto, sia la conformazione del Parlamento, sia il procedimento di formazione delle leggi, sia la distribuzione della potestà legislativa tra Stato e Regioni, nientemeno che la forma di governo e quindi il ruolo di tutti e tre gli organi politici supremi della Repubblica, Parlamento, governo, presidente della Repubblica, il rapporto tra tali organi, e, come se non bastasse, la forma di Stato, cioè il tipo di Repubblica, inoltre la Corte costituzionale, quanto a derivazione dei componenti e quanto a posizione dei suoi organi, e anche la revisione costituzionale. In tal modo, questo progetto non si configura solo come esempio da manuale di appropriazione di una veste giuridica altrui, cioè di uso illegale di un potere legale, ma rivela la propria profonda e univoca natura, definisce l'azione che, suo tramite, si sta perpetrando e la presenta in tutta la sua proterva evidenza come usurpazione, l'usurpazione del potere costituente.
Si appropria di una veste non sua, questo progetto, non soltanto per la quantità e diversità delle norme e degli istituti che pretende di sopprimere, sostituire, distorcere, ma perché mira al rovesciamento della Costituzione, del suo spirito oltre che della sua lettera. Tende cioè a sostituirne la specifica ragion d'essere, quella di legittimare costituzionalmente la costruzione di una democrazia avanzata, che conformi i rapporti economici e sociali ai principi della libertà e dei diritti umani, della dignità sociale, della giustizia e dell'eguaglianza sostanziale, del pieno sviluppo della persona umana.La verità è che l'approvazione del progetto in questione non modificherebbe soltanto la Seconda parte del testo costituzionale, inciderebbe profondamente sulla Prima, quella che statuisce i princìpi che qualificano l'ordinamento e riconosce i diritti delle cittadine e dei cittadini e di tutti gli esseri umani. Certo, le due parti della Costituzione sono distinte, ma connesse, la seconda è funzionale alla prima. Il rapporto che collega l'una all'altra, i principi e i diritti alle istituzioni che definiscono e regolano il potere, nell'ammettere la possibilità di innovazioni, anche significative, pone almeno due condizioni. Le modifiche devono essere rigorosamente e inequivocabilmente coerenti con la finalizzazione intangibile dell'ordinamento, dettata dai princìpi fondamentali e dalle norme sui diritti inviolabili; devono altresì risultare dotate di una funzionalità credibile e condivisa, non inferiore a quella offerta dalle disposizioni che si intendono sostituire. Dal che consegue che non sono ammissibili normative strumentali per altre finalità istituzionali. Non è quindi costituzionalmente legittimo modificare direttamente la Seconda parte della Costituzione e surrettiziamente, ma efficacemente e ineluttabilmente, la Prima parte.
Valga l'esempio dei `livelli essenziali' (Artt. modificati 117, secondo comma, 120 secondo comma) la cui introduzione riduce il significato e la portata del principio di eguaglianza (primo e secondo comma dell'Art. 3). Ai diritti sociali si assicura una garanzia minimale, il sistema che ne risulta ammette la differenziazione, consentirà programmaticamente non l'eguaglianza ma la disparità di trattamento che viene riconosciuta, addirittura sancita, … `costituzionalizzata'. Un vulnus, molto grave, quindi, è stato già inferto alla Costituzione dalla irresponsabilità e dalla stupidità, politica e giuridica, della maggioranza (risicata) di cui disponeva l'Ulivo nella scorsa Legislatura con l'approvazione del `nuovo' Titolo V, approvazione che è ora motivo di autocritica e suscita intenti riparatori. Sappiamo però che su di esso può comunque cadere ed è sperabile che cada al più presto la mannaia di qualche declaratoria di incostituzionalità (e non ne merita una sola) da parte della Corte costituzionale.
La perversa tendenza che produsse quel monumento di insipienza politica e giuridica eretto col nuovo Titolo V della Costituzione prosegue, si conferma, si estende e si incrementa nel progetto di trasmutazione della Costituzione che la Camera dei deputati sta esaminando. Ha ad oggetto, tale progetto, sia la conformazione del Parlamento, sia il procedimento di formazione delle leggi, sia la distribuzione della potestà legislativa tra Stato e Regioni, nientemeno che la forma di governo e quindi il ruolo di tutti e tre gli organi politici supremi della Repubblica, Parlamento, governo, presidente della Repubblica, il rapporto tra tali organi, e, come se non bastasse, la forma di Stato, cioè il tipo di Repubblica, inoltre la Corte costituzionale, quanto a derivazione dei componenti e quanto a posizione dei suoi organi, e anche la revisione costituzionale. In tal modo, questo progetto non si configura solo come esempio da manuale di appropriazione di una veste giuridica altrui, cioè di uso illegale di un potere legale, ma rivela la propria profonda e univoca natura, definisce l'azione che, suo tramite, si sta perpetrando e la presenta in tutta la sua proterva evidenza come usurpazione, l'usurpazione del potere costituente.
Occorre
rimboccarsi le maniche e reagire, prendere posizione contro e non
credere quando, per esempio la ministra Boschi dice che la prima
parte non viene intaccata quindi non c' è pericolo per la
Democrazia!
Ma
la Costituzione può dividersi in parti? No la Costituzione è stata
pensata in funzione di armonizzazione fra le due parti. Fino al 1993
l' idea della divisibilità della Costituzione non era nemmeno
pensabile mentre l' indivisibilità della Costituzione era centrale.
La Costituzione è costitutiva della Repubblica e sustanziale della
Democrazia
Tra
il 1997 vi sono stati due tentativi revisione costituzionale
attraverso procedimenti in deroga dell'art. 138, che si articolavano
intorno a due momenti: a) la istituzione di una sede parlamentare ad
hoc nella quale mettere a punto una proposta di “riforma organica”;
b) la trasformazione della natura del referendum, che da facoltativo
ed oppositivo dovrebbe divenire obbligatorio ed approvativo. La prima
è stata nella XI legislatura, con la proposta di legge
costituzionale 1/1993, il cui iter è stato interrotto a causa
anticipata conclusione della legislatura; la seconda è stata recata
dalla legge costituzionale n. 1/1997 durante il governo D' Alema, il
cui iter parlamentare si è nuovamente interrotto a causa della
rottura dell'accordo tra maggioranza e opposizione
L'
idea stessa di Costituzione è legata all' idea dell' unitarietà e
del' indivsibilità delle sue parti e questo fin dalle idee del mondo
antico come risulta dalla lettura di Aristotele: La
Costituzione degli ateniesi. Con
il termine politeia si indicava la Costituzione e la struttura
politica di Atene: politeia è l' ordine politico-organizzativo della
Polis. Successivamente questo grecismo è stato usato
come equivalente del latino res publica, per indicare
l’organizzazione come bene comune di tutti i cittadini e, quindi,
la costituzione politica ottimale, con particolare riferimento al
mondo classico. Cicerone rifletteva sulla Costituzione nella
convinzione che dovesse essere un insieme di indicazioni finalizzate
a formare il popolo.
Le costituzioni moderne diventano
leggi e veri progetti di degli stati e dei cittadini. Il
costituzionalismo moderno rafforza l' idea dell' unitarietà e
indivisibilità della Costituzione che diventa anche idea di natura
prescrittiva:
dalla
DICHIARAZIONE DEI DIRITTI DELL’UOMO E DEL CITTADINO DEL
26 AGOSTO 1789, art. 16 si trova la formula fondativa della
Costituzione:
- Ogni società in cui la garanzia dei diritti non è assicurata, né la separazione dei poteri stabilita, non ha una costituzione.
COSTITUZIONE
DEGLI STATI UNITI D'AMERICA, 15
settembre 1787
Noi, Popolo degli
Stati Uniti, allo Scopo di realizzare una più perfetta Unione,
stabilire la Giustizia, garantire la Tranquillità interna,
provvedere per la difesa comune, promuovere il Benessere generale ed
assicurare le Benedizioni della Libertà a noi stessi ed alla nostra
Posterità, ordiniamo e stabiliamo questa Costituzione per gli Stati
Uniti d'America.
La
Costituzione
francese del 1791
è la carta costituzionale approvata il 3 settembre 1791 in
ottemperanza a quanto previsto dalla Dichiarazione dei Diritti del'
uomo e del cittadino del 1789.
Qui
c' è già l' idea della legge suprema limitativa del potere regio
iniziata con l' uso, dai monarcomachi francesi dell'
espressione «lex fundamentalis», che si ricollega alla distinzione
introdotta in Francia nel XVI sec. fra le «lois du royaume» e le
«lois du roi», la cui garanzia veniva ritrovata in consuetudini
immemorabili che sottraevano determinatematerie (il dominium
politicum, contrapposto al dominium regale) ad ogni disciplina
unilaterale.
Elementi costitutivi del
concetto di costituzione.
La
denominazione di «costituzione», quale risulta al termine
dell'evoluzione storica cui si è accennato, appare contrassegnata da
tre caratteri che concorrono nel conferirle la supremazia che essa
vuole esprimere:
- il primo, relativo al momento formativo, alla cui perfezione appare essenziale la partecipazione del popolo, configurato non già nella veste di parte di un rapporto avente quale altro termine il sovrano, bensì quale titolare unico del potere di dar vita, con atto unilaterale, all'ordine costituzionale perché fornito di una potestà di volere sopraordinata su ogni altra;
- il secondo, di carattere formale, consistente nella redazione per iscritto, attraverso un procedimento particolarmente solenne, di un complesso di norme, coordinate fra loro in modo organico, regolanti i princìpi ritenuti essenziali all'assetto statale;
- l'ultimo attinente al fine politico della tutela delle libertà dei cittadini di fronte allo Stato
Costantino Mortati nel
1945 scrive un libro dove analizza le varie costituzioni della Storia
in previsione della scrittura di quella italiana e definisce la
Costituzione un insieme di articoli legati fra di loro e fra le parti
a formare un organismo vivente e armonico non certo divisibile in
parti. Se la Costituzione viene divisa si parla di rottura della
Costituzione e dell' ordine costitutivo.
Dice
Mortati che:
- i lineamenti tracciati degli aspetti più caratteristici della prima parte della Costituzione sembrano sufficienti a mostrare l'infondatezza delle tesi che, in tanto hanno potuto contestarne l'organicità raffigurandola quale mera giustapposizione di princìpi e di orientamenti diversi o addirittura confliggenti fra loro, in quanto hanno trascurato le esigenze dell' interpretazione sistematica, e rigettato nel pregiuridico le enunciazioni poste dal costituente a base della sua costruzione. Si è visto invece come l'adozione di corretti canoni ermeneutici consenta di cogliere le linee direttive che riescono a collegare le varie parti in un sistema sufficientemente armonico, perché offrono i criteri necessari a graduare le norme secondo la loro diversa posizione gerarchica risolvendo così i dubbi che alcune norme, se isolatamente considerate, potrebbero far sorgere.
In
Italia dal 1991 con la costruzione della categoria mediatica della
Seconda Repubblica (1992-1994) si è affermato il contrario iniziando
a costruire l' idea che sia possibile dividere una prima parte
intangibile da una seconda parte caratterizzata “solo” da un
valore organizzatorio.
Questa
idea si afferma anche con le picconate del Presidente Cossiga
(1985-1992) Da un articolo
di Marzio Breda, 02
agosto 2009
: Cossiga
vent’anni dopo le picconate «Potessi tornare indietro starei
zitto» -
Corriere della Sera http://goo.gl/gs6dSv
Qualcuno
definì «enigmatico» il messaggio...
Invece era chiarissimo. Spiegavo che il Muro era caduto addosso pure a noi. Che bisognava abolire la conventio ad excludendum verso i comunisti, chiudere la 'guerra fredda interna' ed emancipare il cosiddetto arco costituzionale. Denunciavo che il sistema non reggeva più. Che serviva una rigenerazione istituzionale, un secondo tempo per la Repubblica. E lasciavo intendere che, se non avessimo fatto nulla, ci avrebbero preso a pietrate per le strade.
Presidente
Cossiga, se lei ha contribuito a emancipare gli ex comunisti, ha
visto però cadere nel vuoto la sua richiesta di grandi
riforme.
E' così. Sono stati vent'anni sprecati e la mia storia resta soltanto una testimonianza a uso degli storici. Le riforme non hanno voluto farle. Il giorno in cui Berlusconi mi anticipò che voleva presentare la sua riforma della Costituzione, quella bocciata dal referendum, gli dissi: perché non prendi la proposta uscita dalla Bicamerale di D'Alema e la presenti tale e quale? Lì dentro c'è tutto: l'assetto semipresidenziale dello Stato, l'elezione diretta del presidente della Repubblica, la divisione delle carriere in magistratura, la riforma della stessa Corte costituzionale... tu presentala e voglio vedere come farà il centrosinistra a non votarla.
Dopo Cossiga si elegge Oscar Luigi Scalfaro (1992-19999) e poi Carlo Azeglio Ciampi e Giorgio Napolitano tutti Presidenti che non sono riusciti a proteggere la Costituzione contribuendo all' eclissi della ragione costituzionale non riuscendo a contrastare le bieche esigenze politiche.
Il
1993 è un annus horribilis per la Costituzione. Si afferma la
democrazia maggioritaria e in nome della governabilità politica si
verifica un distaccamento dall' armonia costituzionale che contempla
il pluralismo. Siamo negli anni '90, anni di Tangentopoli, definiti
dai giornalisti gli anni della fine della Prima Repubblica. La D.C.
corrotta e incapace tenta una giustificazione lasciando nel dibattito
pubblico l' idea che la colpa sia della Costituzione.
Nel
1993, per la prima volta si istituisce, con la legge
costituzionale n. 1 del 6 agosto 1993,
una Seconda Bicamerale, (Commissione De Mita Iotti 1992-94),
bicamerale istituita già nel 1992, formata da 30
deputati e 30 senatori e
presieduta inizialmente (dal 9 settembre 1992) dal democristiano
Ciriaco
De Mita,
che a marzo del 1993 viene sostituito dalla Ds Nilde
Iotti
che resta fino alla conclusione dei lavori il 7 aprile 1994. Questi
Commissari avevano l' obiettivo di modificare la seconda parte della
Costituzione. Da allora l' idea della separatezza fra le due parti si
afferma definitivamente anche se la Bicamerale si conclude con un
nulla di fatto.
1994:
sulla scena politica si afferma Silvio Berlusconi
Terza Bicamerale, Commissione D'Alema 1997-1998. Frutto dell'attività della Bicamerale del '97-98 è in parte considerata la legge Bassanini sulla semplificazione amministrativa, inoltre le viene riconosciuto il merito di aver quantomeno indirizzato il dibattito su temi che sono stati poi al centro della riforma del Titolo V della Costituzione che poi non si è rivelato un merito!.
Oggi
il Ddl Boschi Titolo breve: revisione della
Parte II della Costituzione, Disposizioni per il superamento
del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei
parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle
istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del Titolo V
della parte II della Costituzione, ha concluso il suo iter
bicamerale e siamo in attesa del referendum confermativo.
Dalla
seconda bicamerale la separatezza fra la prima e la seconda parte
della Costituzione si è interiorizzata e una ragione politica debole
ha contribuito a questa interiorizzazione.
Con
la l. Cost. 3/2001, è stata data piena attuazione all’art. 5 della
C., che riconosce le autonomie locali quali enti esponenziali
preesistenti alla formazione della Repubblica riformando il
titolo V riconoscendo che i Comuni, le Città metropolitane, le
Province e le Regioni sono enti esponenziali delle popolazioni
residenti in un determinato territorio e tenuti a farsi carico dei
loro bisogni. L’azione di governo si svolge a livello inferiore e
quanto più vicino ai cittadini, salvo il potere di sostituzione del
livello di governo immediatamente superiore in caso di impossibilità
o di inadempimento del livello di governo inferiore (principio di
sussidiarietà verticale; ➔ sussidiarietà, principio di). La
riforma è stata necessaria per dare piena attuazione e copertura
costituzionale alla riforma denominata ‘Federalismo a C. invariata’
(l. 59/1997).
Le
Regioni.
Alle Regioni è stata riconosciuta l’autonomia legislativa, ovvero
la potestà di dettare norme di rango primario, articolata sui 3
livelli di competenza: esclusiva o piena (le Regioni sono equiparate
allo Stato nella facoltà di legiferare); concorrente o ripartita (le
Regioni legiferano con leggi vincolate al rispetto dei principi
fondamentali, dettati in singole materie, dalle leggi dello Stato);
di attuazione delle leggi dello Stato (le Regioni legiferano nel
rispetto sia dei principi sia delle disposizioni di dettaglio
contenute nelle leggi statali, adattandole alle esigenze locali).
Lo
Stato.
Allo Stato compete solo un potere esclusivo e pieno, circoscritto
alle materie di cui all’elenco del 2° co. dell’art. 117 della
Costituzione. Il 3° co. dell’art. 117 Cost. individua i casi di
potestà legislativa concorrente tra lo Stato e le Regioni. Per tutte
le altre materie, non indicate e non rientranti in quelle
indicate nel 2° e 3° co. dell’art.117 Cost., le Regioni hanno
potestà legislativa piena.
I
Comuni.
Sono enti territoriali di base, con autonomia statutaria,
organizzativa, amministrativa, impositiva e finanziaria. Essi
rappresentano, curano e promuovono lo sviluppo della comunità locale
e sono i principali destinatari delle funzioni amministrative, in
quanto più vicini al cittadino e ritenuti più idonei a esercitare i
compiti amministrativi (municipalismo d’esecuzione).
Le
Province.
Sono enti intermedi tra i Comuni e le Regioni, rappresentativi di
proprie comunità, con funzioni di cura degli interessi, ma anche di
programmazione delle attività delle comunità locali che rientrano
nel proprio territorio.
Le
Città metropolitane.
Sono tipi speciali di Province, con poteri notevolmente più ampi e
molto vicini a quelli comunali, soprattutto in ambito urbanistico.
Sono istituite, su iniziativa dei Comuni interessati, in aree
metropolitane individuate nelle zone comprendenti i Comuni di Torino,
Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Roma, Bari, Napoli, Reggio
Calabria, Cagliari, Catania, Messina, Palermo, Trieste. Con la
costituzione della Città metropolitana, la città originaria cessa
di esistere.
Le
Comunità montane.
Sono unioni di Comuni montani e parzialmente montani, anche
appartenenti a Province diverse, con funzione di valorizzazione delle
zone montane, per l’esercizio di funzioni proprie conferite, nonché
per l’esercizio associato di funzioni comunali.
L’autonomia
finanziaria.
Regioni, Province, Città metropolitane e Comuni hanno autonomia
finanziaria di entrata e di spesa. La finanza locale (art. 119 Cost.)
si fonda su 3 pilastri: autonomia impositiva; compartecipazione al
gettito di tributi erariali, riferibili al territorio (territorialità
dell’imposta); fondo perequativo per colmare eventuali squilibri
tra le Regioni, derivanti dalla diversa capacità fiscale dei
territori, e per assicurare gli stessi standard nell’erogazione di
alcuni servizi. A questi si aggiunge la finanza straordinaria,
costituita da risorse aggiuntive destinate dallo Stato a zone
specifiche per sviluppo, crescita, coesione, solidarietà sociale e
rimozione di squilibri economici e sociali.
E' stata
una buona riforma? Oggi possiamo dire di no perchè l' art. 118 è
andato a incidere sulla sostanzialità dell' Art. 2
Articolo 118
Le
funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per
assicurarne l'esercizio unitario, siano conferite a Province, Città
metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei princìpi di
sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza.
I Comuni, le
Province e le Città metropolitane sono titolari di funzioni
amministrative proprie e di quelle conferite con legge statale o
regionale, secondo le rispettive competenze.
La legge statale
disciplina forme di coordinamento fra Stato e Regioni nelle materie
di cui alle lettere b)
e h)
del secondo comma dell'articolo 117,
e disciplina inoltre forme di intesa e coordinamento nella materia
della tutela dei beni culturali.
Stato, Regioni,
Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l'autonoma
iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di
attività di interesse generale, sulla base del principio di
sussidiarietà.
Articolo 2
La
Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo,
sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua
personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di
solidarietà politica, economica e sociale.
E che dire del
Pareggio in bilancio messo in Costituzione con la modifica degli
artt.:
A partire dal 2011
l’Unione economica e monetaria è stata investita da turbolenze
finanziarie causate principalmente dai debiti sovrani di alcuni Stati
membri. Questi problemi hanno toccato anche l’Italia, che ha deciso
di introdurre nella Costituzione norme più severe per risanare la
finanza pubblica.
Il
principio del pareggio del bilancio entra in Costituzione con
l’approvazione della legge costituzionale 20 aprile 2012, n.1,
Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta
costituzionale (d’ora in poi l. cost. n. 1/2012), pubblicata
sulla Gazzetta Ufficiale del 23 aprile 2012 ed entrata in vigore l’8
maggio 2012. Va detto che la l. cost. n. 1/2012 non poteva essere
soggetta al referendum confermativo, perchè è stata approvata, in
seconda lettura, con la maggioranza qualificata dei due terzi dei
componenti sia alla Camera dei deputati sia al Senato della
Repubblica.
art.138
Cost.
Il
contenuto della l. cost. n. 1/2012 modifica gli articoli 81, 97, 117
e 119 della Costituzione. Analizziamo le modifiche intervenute
articolo per articolo.
art
81 Cost.
Lo
Stato assicura l’equilibrio tra le entrate e le spese del proprio
bilancio, tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli
del ciclo economico: è il primo comma del nuovo art. 81 Cost.
La
Costituzione esclude tassativamente la possibilità di un
indebitamento? No. Proseguendo nella lettura dell’articolo
scopriamo che “il ricorso all’indebitamento è consentito”,
ma“solo al fine di considerare gli effetti del ciclo economico”
e “al verificarsi di eventi eccezionali”, che possono consistere
in gravi recessioni economiche, crisi finanziarie e gravi calamità
naturali.
Per
limitare e rendere davvero straordinaria tale deroga, si dispone che
il ricorso all’indebitamento possa avvenire solo a seguito
dell’autorizzazione delle due Camere “adottata a maggioranza
assoluta dei rispettivi componenti”(comma 2). Non dovrebbe quindi
essere possibile un ricorso all’indebitamento “a colpi di
maggioranza”, perché anche una parte dell’opposizione dovrà
votarlo in sede parlamentare per raggiungere la maggioranza
assoluta.
Non
ci sono dubbi. La nuova legge di bilancio modificherà sensibilmente
l’impianto normativo, attualmente basato sulla “legge di
stabilità e avrà ripercussioni negative sulla sostanzialità dei
diritti.
art.
97 Cost.
Con
il nuovo art. 97 Cost. l’obbligo del rispetto del principio del
pareggio dei bilancio e “della sostenibilità del debito
pubblico” viene esteso a tutte le pubbliche amministrazioni, il
cui agire deve essere “in coerenza con l’ordinamento
dell’Unione europea”.
art
117 Cost.
Va
ricordato che nel 2001 è stato modificato l’intero Titolo V
della Costituzione (Le Regioni, Le Province, i Comuni). In
particolare l’art. 117 Cost. afferma che “la potestà
legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto
della Costituzione, nonchè dei vincoli derivanti dall’ordinamento
comunitario e dagli obblighi internazionali”.
Dopo
la revisione del 2001 si distingue quindi fra:
- la legislazione esclusiva affidata allo Stato;
- la legislazione concorrente affidata alle Regioni, che devono attenersi a principi determinati dallo Stato;
- la legislazione sussidiaria di competenza delle Regioni.
Con
la riforma del 2012 l’“armonizzazione dei bilanci pubblici”
diventa di competenza della legislazione esclusiva statale e viene
sottratta alla legislazione concorrente delle Regioni.
Si
tratta di un aspetto di enorme importanza, che è stato però
sottovalutato da gran parte degli studiosi.
art.
119 Cost.
Per
quanto riguarda la disciplina di bilancio degli enti territoriali,
viene modificato l’art. 119 Cost., in modo da specificare che
l’autonomia finanziaria di Comuni, Province, Città metropolitane
e Regioni, è assicurata “nel rispetto dell’equilibrio dei
relativi bilanci”. Nel nuovo testo viene anche inserito il
principio del concorso di tali enti “ad assicurare l’osservanza
dei vincoli economici e finanziari derivanti dall’ordinamento
dell’Unione europea”.
Il
nuovo art. 119 Cost. precisa che il ricorso all’indebitamento,
previsto solo “per finanziare spese di investimento”, è
subordinato alla “contestuale definizione di piani di
ammortamento e a condizione che per il complesso degli enti di
ciascuna Regione sia rispettato l’equilibrio di bilancio”.
Tutto
questo è avvenuto in un clima di regressione culturale ed
economica. Decidendo di lasciare da parte Keines accogliendo Smith
si è deciso di interrompere lo sviluppo e di accantonare il
compromesso, la pluralità e la complessità che era la cifra
culturale dei costituenti fermamente convinti che non bisognasse
escludere nessuno. Togliatti, Einaudi e De gasperi non
avrebbero mai imposto, ognuno, la propria ideologia ad alcuno e ne
è un esempio l' art. 7 della Costituzione scritto da Togliatti in
compromesso con Dossetti:
I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi.
Le modificazioni dei Patti, accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale.
L'
art. 81 è stato scritto senza dibattito in breve tempo e senza
nessun voto contrario in una camera e in un' altra pochissimi
contrari, perchè: l' Europa lo chiede. In realtà il fiscal
compact non chiedeva questo ma i parlamentari agirono accecati
dall' ignoranza e dall' ignavia.
Il 25 e 26 giugno 2006 gli italiani chiamati a votare sul referendum costituzionale si schierarono contro lo stravolgimento della Costituzione definito riforme con la modifica di 50 articoli della seconda parte. E' stato un referendum particolare, che si svolgeva per la prima volta nella storia dell'Italia repubblicana: infatti non era, come tutti i precedenti, abrogativo di una legge statale; si chiedeva al contrario di "confermare" la legge di revisione costituzionale in quanto la modifica della costituzione non venne approvata con la maggioranza dei 2/3 (secondo quanto stabilito dall'art. 138 della costituzione stessa).
- della
governabilità;
- della
riduzione delle spese.
Sono
giustificazioni che daranno risultati aberranti poiché, protetti,
da queste false argomentazioni, continueranno sprechi e corruzioni.
Se bastasse la riduzione dei parlamentari tanto varrebbe scegliere
un uomo solo. E poi perchè riformare solo il Senato? L' onorevole
Boschi ci spiega che che la riforma costituzionale serve a
semplificare la macchina democratica ma la Democrazia è complessa
e la semplificazione la riduce perchè produce inevitabilmente
degli squilibri fra i poteri. Se aumenta il potere del Governo il
Parlamento viene messo da parte!
Anche la
semplificazione è uno slogan a partire dal' idea che la prima
parte è intangibile e la seconda parte è nella disponibilità dei
revisori!.
La più importante
conquista del Novecento è stata proprio la democrazia
costituzionale e la giurisprudenza costituzionale che ribadisce con
forza l' eguale valore di tutta la Costituzione unitaria nei suoi
valori e principi supremi comprese le disposizioni
transitorie e finali fra
le quali si distingue la disposizione XII:
E' vietata la
riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito
fascista.
In deroga all'articolo 48, sono stabilite con legge, per non oltre un quinquennio dalla entrata in vigore della Costituzione, limitazioni temporanee al diritto di voto e alla eleggibilità per i capi responsabili del regime fascista.
In deroga all'articolo 48, sono stabilite con legge, per non oltre un quinquennio dalla entrata in vigore della Costituzione, limitazioni temporanee al diritto di voto e alla eleggibilità per i capi responsabili del regime fascista.
(Alla
fine del testo costituzionale sono collocate diciotto disposizioni
espressamente qualificate come transitorie e finali, numerate in
modo diverso e autonomo rispetto agli altri articoli che le
precedono, ma facenti pur sempre parte integrante della
Costituzione.
Tali disposizioni sono presenti in quasi tutte le Costituzioni contemporanee, soprattutto in quelle emanate a seguito di una rottura radicale con il regime precedente).
Tali disposizioni sono presenti in quasi tutte le Costituzioni contemporanee, soprattutto in quelle emanate a seguito di una rottura radicale con il regime precedente).
Finora
abbiamo visto le giustificazioni dei politici alle riforme
costituzionali ma la vera questione è il problema dei limiti alla
revisione costituzionale dell' art. 138.
Articolo 138
Le
leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi
costituzionali sono adottate da ciascuna Camera con due successive
deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi, e sono
approvate a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera
nella seconda votazione [cfr.
art. 72
c.4].
Le
leggi stesse sono sottoposte a referendum
popolare [cfr.
art. 87
c.6] quando,
entro tre mesi dalla loro pubblicazione, ne facciano domanda un
quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque
Consigli regionali. La legge sottoposta a referendum
non è promulgata [cfr.
artt. 73
c.1, 87
c.5 ], se non
è approvata dalla maggioranza dei voti validi.
Non
si fa luogo a referendum
se la legge è stata approvata nella seconda votazione da ciascuna
delle Camere a maggioranza di due terzi dei suoi componenti.
Articolo 139
La
forma repubblicana non può essere oggetto di revisione
costituzionale.
L'
art. 138 disciplina l' attività legata al potere costituito mentre
il potere costituente sarebbe illegittimo
Potere
costituente
Quando si parla di
potere costituente, ci si intende riferire al fondamento, alla
forza creatrice e alla legittimazione di una costituzione. In linea
di massima, per potere costituente si intende ciò che è alla base
dell’instaurazione di un ordinamento costituzionale, ovvero di un
nuovo ordine politico-giuridico che sostituisce in maniera
traumatica (in genere, a seguito di una rivoluzione) quello
precedente. D’altra parte, l’espressione potere costituente ha
una valenza duplice: con esso si intende designare sia il soggetto
che instaura il nuovo ordinamento, sia il fondamento di validità e
legittimità dello stesso. Pertanto, il
potere costituente si colloca sempre al di là della costituzione,
in quanto è un potere extralegale, posto al di fuori
dell’ordinamento che intende sostituire. Proprio perché
extralegale, il potere costituente non si lascia ingabbiare o
predeterminare dalla dimensione giuridica ed anzi è espressione
massima della politica, anche se poi tende a fondare e ad
organizzare un ordine giuridico costituito.
Secondo
il costituzionalismo moderno, titolare del potere costituente è
sempre e solo il popolo, inteso come gruppo di individui
costituitosi in quella comunità politica fondamentale denominata
Stato: la nozione di popolo è, quindi, strettamente collegata con
quella di democrazia, di sovranità popolare e di nazione, come
rilevato, tra gli altri, da Grimm. La problematica del
potere costituente, tuttavia, è stata oggetto di studio per lo più
da parte dei filosofi (o, comunque, dei teorici) della politica e
assai meno dai costituzionalisti, poiché, come ha ben evidenziato
Böckenförde, il potere costituente rimane un concetto limite del
diritto costituzionale. Va detto, però, che lo stesso Böckenförde
aggiunge che l’interrogarsi sul fondamento del diritto appartiene
comunque al diritto (costituzionale) medesimo. il vero problema
Karl Schmitt sostiene
che il potere costituente è pericolosissimo perchè potebbe adire
a possibili risultati sovversivi e questo è un pericolo reale
qualora si procedesse, come progetto, allo svuotamento della
Costituzione alterando l' equilibrio fra governanti e governati.
Con
la sentenza n. 1146/1988 [Limiti alla revisione costituzionale;
possibilità per la Corte costituzionale di sindacare
la legittimità di leggi costituzionali], la Corte ha sancito che
oltre al limite espresso stabilito dall’art. 139 Cost. (la forma
repubblicana), esistono limiti impliciti al potere di revisione
costituzionale. Essi coincidono con i «principi supremi
dell’ordinamento costituzionale», che la Corte ha richiamato
nella sentenza succitata. Tali sono «i principi che, pur non
essendo espressamente menzionati fra quelli non assoggettabili al
procedimento di revisione costituzionale, appartengono all’essenza
dei valori supremi sui quali si fonda la Costituzione italiana».
Se «sovvertiti o modificati nel loro contenuto essenziale» si
darebbe luogo non a una “revisione”, ma appunto a un
“mutamento” costituzionale.
Allora
non si possono fare modifiche alla Costituzione o
modificare la forma di governo? Si ma occorre prima accertare fino
a che punto il governo possa intaccare la forma di Stato e qual' è
la spia che lo segnala? La modifica di governo non può intaccare
la sovranità popolare!. Se le modifiche proposte rafforzano l'
equilibrio fra governanti e governati va bene ma se l' equilibrio
viene negato o anche intaccato non va bene!.
Le
parole demos e kratos non vogliono demagogia (demagogìa
s. f. [dal gr. δημαγωγία; v. demagogo]. – In origine,
genericamente., arte di guidare il popolo; in seguito (già presso
gli antichi Greci), la pratica politica tendente a ottenere il
consenso delle masse lusingando le loro aspirazioni, spec.
economiche, con promesse difficilmente realizzabili) e convincere
il popolo che la Costituzione si possa modificare nella seconda
parte per meglio organizzare il governo per lo sviluppo e il
maggior benessere ed efficienza è la peggior forma di demagogia.
La parte dei diritti e la parte organizzativa si armonizzano per
sancire i Principi supremi. L' esercizio di un diritto presuppone
l' organizzazione di un potere che lo renda esigibile ed universale
altrimenti rimane un principio enunciato ma vuoto nella possibilità
della sostanzialità.
Costantino
Mortati ha scritto l' Articolo 1 :
L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.
La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione,
con il
consenso di tutti.
Mortati
ha scritto anche la possibilità del Principio maggioritario che
non può essere accettato puro e semplice ma ha bisogno di 4
condizioni:
- una maggioranza organizzata in modo da mantenere i legami fra i partiti, le associazioni intermedie e i cittadini
- che la maggioranza rifletta la maggioranza dei titolari del diritto di voto in presenza dell' obbligatorietà del voto in modo che la partecipazione sia effettiva mentre oggi l' astensionismo è il vero sistema maggioritario. E' utile ricordare che noi oggi votiamo n base all' art. 48 della Costituzione:Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età [cfr. artt. 56 , 58 , 71 c. 2 , 75 cc. 1, 3 , 138 c. 2 , XIII c.1].
Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico.
La legge stabilisce requisiti e modalità per l'esercizio del diritto di voto dei cittadini residenti all'estero e ne assicura l'effettività. A tale fine è istituita una circoscrizione Estero per l'elezione delle Camere, alla quale sono assegnati seggi nel numero stabilito da norma costituzionale e secondo criteri determinati dalla legge.
Il diritto di voto non può essere limitato se non per incapacità civile o per effetto di sentenza penale irrevocabile o nei casi di indegnità morale indicati dalla legge [cfr. artt. XII c. 2 , XIII c. 1].
Secondo il dpr n.361 del 30 marzo 1957 i cittadini che non votavano per le elezioni delle Camere, venivano sanzionati:
Articolo 4: ” L’esercizio del voto è un obbligo al quale nessun cittadino può sottrarsi senza venir meno ad un suo preciso dovere verso il Paese”
all’articolo 115: “L’elettore che non abbia esercitato il diritto di voto, deve darne giustificazione al sindaco (….) L’elenco di coloro che si astengono dal voto (…)senza giustificato motivo è esposto per la durata di un mese nell’albo comunale (…) Per il periodo di cinque anni la menzione ‘non ha votato’ è iscritta nei certificati di buona condotta (…)”. La sanzione per coloro che non vanno a votare non è più in vigore. La norma è stata abrogata nel 1993.
- ci siano pesi
e contrappesi all' esercizio del potere altrimenti la maggioranza
diventa tirannica. Si tratta di contrappesi istituzionali ma anche
elettorali sostanziabili nella rappresentanza proporzionale.
- Rispetto della
minoranza e predisposizione dell' alternativa di governo. Oggi il
Parlamento è esautorato e non c' è un dibattito efficace alla
democrazia con continue fiducie tecniche perchè: non
si può aspettare!
Ragionamento
estremo sul piano formale. E' in atto una modifica della
Costituzione ibrida fra potere costituito e potere costituente ma
il potere costituente non potrebbe esserci perchè le riforme in
itinere non sono espressione di un percorso democratico espressione
di una volontà popolare che ne legittima l' imposizione e che, se
così fosse, il referendum ex post non potrebbe correggere. Ancora
più grave sarebbe il fatto che non potesse essere corretto poiché
potremmo trovarci con una Costituzione diversa e imposta dai
vincitori sui vinti laddove i vinti sono i cittadini, vinti da un
Governo non eletto e di maggioranza politica ma non parlamentare e
non sociale.
Attenzione
perchè questo può avvenire in quanto siamo in presenza di una
grave crisi democratica, sociale e culturale con dei governanti che
aspirano a governare senza cittadini i quali sono diventati un
fastidio, governanti che già procedono con metodi
decostituzionalizzanti come per esempio il fatto di mettere in
Costituzione l' art. 81 per poi andare in Europa a chedere una
deroga!.
1
Aprile 2016. Avvocato costituzionalista, Federico Sorrentino:
Le Fonti del diritto
italiano
Tema della lezione: I costituenti come hanno programmato la difesa della Costituzione? Meccanismi difensivi. Si tratta di individuare i valori, i principi e i diritti che devono essere assicurati:
nei confronti del pensiero politico per per non incorrere ancora nel pericolo di formazioni di potere analoghe al partito fascista;
- nei confronti del Parlamento che deve essere espressione dei cittadini.
Tutto
il dibattito pubblico e le iniziative legislative e organizzative
si deve svolgere nella democraticità anche andando a intervenire
nel principio della sovranità popolare.
Premessa.
Il ruolo del Presidente della repubblica. Ruolo di garanzia.
Il
Capo dello Stato è il garante della Costituzione. Egli occupa il
punto nevralgico dell'organizzazione costituzionale, il punto nel
quale si collegano tutti i fili che compongono la complessa trama
della vita costituzionale. Non c'è questione controversa,
legislativa, governativa o giudiziaria, che non passi sul tavolo
del Presidente; non c'è difficoltà di funzionamento dei
meccanismi costituzionali che non chiami in causa un rimedio che
spetta al Presidente di attivare. La formula “capo dello Stato”
sta qui a significare la particolare funzione di garanzia del buon
funzionamento globale del sistema costituzionale dello Stato.
Come
garante della Costituzione, il Presidente è chiamato a svolgere
due compiti:
-
il controllo, contro gli abusi compiuti dagli altri organi;
- l'attivazione, contro la loro inerzia.
A
seconda delle necessità storiche può prevalere un ruolo più di
controllo, oppure un ruolo di maggiore intervento attivo della vita
politica. Quando vi siano una solida maggioranza parlamentare e un
Governo in grado di governare, il compito del Presidente è
prevalentemente quello di moderare la vita politica, facendo uso
dei poteri di controllo.
Quando
invece esistono difficoltà tra le forze politiche che impediscono
di creare maggioranze e Governi stabili, il Presidente è colui che
rimette in motogli organi costituzionali inceppati e li richiama ai
propri doveri costituzionali.
Ogni
Presidente della Repubblica ha offerto una sua interpretazione del
proprio ruolo, a seconda della sua personalità (più o meno
“attivista”) e delle circostanze storico-politiche in cui ha
operato.
Il
Presidente è garante perciò deve vigilare sui dispositivi di
difesa della Costituzione.
Primo
sistema di difesa: la rigidità. La rigidità della Costituzione: i
limiti alla revisione (art. 138)
Oltre a porsi come
fonte del diritto, la Costituzione afferma la propria
inderogabilità ed immodificabilità ad opera delle fonti ordinarie
prevedendo modifiche attraverso procedure aggravate e la
possibilità del referendum che non è un referendum confermativo
ma un referendum che deve essere chiesto ed ha carattere oppositivo
che può essere chieso anche da una minoranza parlamentare e non
serve il raggiungimento del quorum.
La previsione di un apposito procedimento, differenziato da quello legislativo ordinario, unita a quella del controllo sulla legittimità costituzionale delle leggi, manifesta infatti la volontà del costituente di riconoscere alla carta costituzionale il carattere della “rigidità”.
Questa rigidità può avere ed ha nel nostro sistema costituzionale diversi gradi, potendo andare da un massimo di immodificabilità assoluta sino ad un minimo di modificabilità ad opera del legislatore ordinario, con modeste varianti procedimentali.
Assolutamente immodificabili sono le disposizioni della Costituzione che definiscono la “forma repubblicana” dello Stato.
La previsione di un apposito procedimento, differenziato da quello legislativo ordinario, unita a quella del controllo sulla legittimità costituzionale delle leggi, manifesta infatti la volontà del costituente di riconoscere alla carta costituzionale il carattere della “rigidità”.
Questa rigidità può avere ed ha nel nostro sistema costituzionale diversi gradi, potendo andare da un massimo di immodificabilità assoluta sino ad un minimo di modificabilità ad opera del legislatore ordinario, con modeste varianti procedimentali.
Assolutamente immodificabili sono le disposizioni della Costituzione che definiscono la “forma repubblicana” dello Stato.
Il Principio di
uguaglianza si può modificare ma si esce dalla democrazia! Oggi
bisogna fare attenzione proprio a questo: mantenere le forme
immodificabili svuotando i principi democratici perchè se una
persona è in stato di bisogno non c' è uguaglianza!
Inoltre, muovendo
dalla distinzione tra potere costituente e poteri costituiti,
originario l’uno e derivati gli altri, è ben possibile trarre
dalle scelte fondamentali o dai principi supremi su cui si basa la
Costituzione ulteriori limiti alla revisione.
In questa direzione la dottrina ha ritenuto insuscettibili di revisione i diritti inviolabili o il principio democratico o l’indivisibilità della Repubblica o lo stesso meccanismo di revisione costituzionale.
In questa direzione la dottrina ha ritenuto insuscettibili di revisione i diritti inviolabili o il principio democratico o l’indivisibilità della Repubblica o lo stesso meccanismo di revisione costituzionale.
Le
riforme costituzionali
La
riforma costituzionale del 2001
Nel corso del 2001
e' stato modificato il titolo V della parte seconda della
costituzione italiana ( ossia la parte dedicata a comuni, province
e regioni) attraverso la riscrittura di molti articoli e
l'introduzione di nuove norme che hanno determinato un sostanziale
ampliamento dei compiti e delle funzioni attribuite a questi
soggetti. Le modifiche costituzionali del 2001 sono state
sottoposte a referendum confermativo e i cittadini italiani hanno
espresso la loro volonta' a favore dell'introduzione di questa
rilevante riforma il 7 ottobre 2001.
Il
secondo referendum costituzionale della storia della
Repubblica Italiana si è svolto il 25 e 26 giugno 2006. La
maggioranza dei votanti ha respinto il progetto di riforma
costituzionale del 2005/2006 che era stato varato nella XIV
Legislatura su iniziativa del centro-destra ed era inerente ai
cambiamenti nell'assetto istituzionale nazionale della seconda
parte della Costituzione.
A
ottobre 2016 saremo chiamati a confermare il progetto di riforma
Boschi.
Tutte queste
revisioni propose sono revisioni molto importanti e sono state
fatte a maggioranza stretta e questo non depone a favore e garanzia
che i cambiamenti rispettino lo spirito della Costituzione che è
troppo importante per darla in mano alla sola maggioranza oltre ad
essere contrario ai principi dei costituenti i quali, su proposta
di pietro calamandrei, avevano deciso che il Governo non dovesse
intervenire nel dibattito costituzionale. La Costituzione e le sue
riforme non sono cose di governo perchè gli argomenti devono
volare alto e per volare alto devono essere svincolati dal potere
immediato. Aradossalmente oggi le riforme sono di matrice
governativa con la proposta di un Disegno di Legge di modifica
strutturale: Senato, modo di fare le leggi, Provincie, Cnel,
rapporti Stato-Regioni.
C'è una norma in
progetto sulla quale bisogna riflettere molto: norma sulla
clausola di supremazia. In
base a questa norma, in nome dell' unità politica, lo Stato si può
appropriare della legislazione regionale oltre a tutte le
competenze regionali e il Senato che sarà espressione delle
Regioni non potrà partecipare e intervenire in nessun modo.
La
Costituente era formata da giganti chiamati a quel compito e
legittimati dalla leggi (Il Ministero per la Costituente fu
istituito con il decreto luogotenenziale 31 luglio 1945, n. 435,
approvato dal Consiglio dei ministri del 12 luglio 1945. Fu uno dei
primi provvedimenti del Governo Parri, costituitosi il 21 giugno, e
il suo varo avvenne non senza contrasti, con i ministri
democristiani e liberali riluttanti ad istituire un Ministero sui
generis
in quanto non preposto ad una branca dell'amministrazione, né
titolare di poteri amministrativi specifici, ma incaricato
piuttosto, come recitava l'art. 2 del decreto legislativo n. 435,
di "preparare la convocazione dell'Assemblea costituente e di
predisporre gli elementi per lo studio della nuova Costituzione che
dovrà determinare l'aspetto politico dello Stato e le linee
direttive della sua azione economica e sociale"), i quali
lavorarono per più di un anno e mezzo e oggi, i protagonisti del
progetto di riforma, stanno riformando con un parlamento dichiarato
incostituzionale dimenticando che:
- l' art. 138 è esercitabile solo per le piccole revisioni e non per grandi temi suggerendo l' oppotunità di dividere i temi e non fare ammucchiate di riforme senza tenere a mente l' esperienza del 2006 nella quale il popolo respinse anche modifiche positive ma inserite in modifiche che mettevano in pericolo la costituzione stessa.
Secondo
meccanismo di difesa. La sovranità popolare e la democrazia
competitiva
Nella
nostra Costituzione, democrazia significa governo del popolo. Ciò
è detto a chiare lettere dall’art. 1. secondo comma, Cost. -:
«la sovranità appartiene al popolo». Non dice al popolo della
maggioranza e in Costituzione questo Principo è charo! Ci si deve
però intendete su che cosa sia il popolo, al quale la Costituzione
attribuisce la sovranità. La Costituzione italiana (...) è
pluralista. Il popolo, perciò, è l’insieme di numerosi soggetti
e gruppi sociali, con ideologie, programmi e interessi
differenziati e in competizione tra loro. Dire che la sovranità
appartiene al popolo significa che il potere politico deriva da una
libera competizione tra tutte le componenti sociali.
La
democrazia prevista dalla Costituzione è una democrazia
competitiva. Questo tipo di democrazia comporta alcune condizioni:
— libere
elezioni, con diritto di voto garantito a tutti;
— pluralità
di partiti politici e possibilità di crearne di nuovi;
— protezione
delle minoranze dal potere della maggioranza;
— possibilità
per le minoranze di diventare maggioranza;
- libertà delle opinioni e uguale accesso al dibattito politico.
La
democrazia si realizza attraverso il dialogo:
- la velocità, l' eccessiva semplificazione dei concetti e gli slogan non sono valori della democrazia ma lo sono i confronti, gli approfondimenti e la complessità perchè la democrazia si realizza attraverso il dialogo.
I
limiti all'esercizio della sovranità popolare
Il
popolo non è onnipotente: esso esercita la sovranità nelle forme
e nei limiti della Costituzione (art. 1, secondo comma. Cost.).
Stabilendo le forme e i limiti della sovranità, la Costituzione
detta quelle che — secondo un linguaggio figurato — si
denominano le “regole del gioco politico”. Essa non si limita a
stabilire chi esercita il potere politico (il popolo, per
l'appunto), ma prescrive anche come lo deve esercitare. In
qualsiasi gioco, le regole sono stabilite prima e chi vuol giocare
le deve accettare. Anche per il “gioco politico” è così: le
forze politiche non dovrebbero cambiare le regole costituzionali a
loro piacimento. Altrimenti, le più forti cambierebbero a proprio
vantaggio e la de-mocrazia diverrebbe una dittatura
Terzo
meccanismo di difesa: la giustizia costituzionale. Il controllo di
costituzionalità.
La
giustizia costituzionale consiste in un insieme dei poteri
della Corte costituzionale che servono a reagire contro gli atti
giuridici e i comportamenti contrari alla Costituzione. Tra questi
poteri, spicca il controllo sulle leggi ordinarie, posto a garanzia
del principio di costituzionalità nel sistema delle fonti del
diritto, il quale serve contemporaneamente a impedire gli abusi
della maggioranza parlamentare. Sono rivolti a garantire la
Costituzione come regola del gioco anche gli altri poteri della
Corte costituzionale: la risoluzione dei conflitti di attribuzioi,
il giudizio sui reati di alto tradimento e attentato alla
Costituzione e il controllo sulla ammissibilità del referendum
abrogativo. La rigidità della Costituzione e la giustizia
costituzionale sono due limiti all’onnipotenza del Parlamento. Se
la democrazia consistesse nell’onnipotenza del popolo e (della
maggioranza) dei suoi rappresentanti, la rigidità della
Costituzione e la giustizia costituzionale rappresenterebbero due
limitazioni della democrazia. Invece, per la democrazia competitiva
prevista dalla Costituzione, questi due limiti all’onnipotenza
della maggioranzasono elementi irrinunciabili.
La
democrazia competitiva non è, però, l’unico tipo di democrazia
basata sul potere del popolo. Essa si contrappone alla dittatura
democratica (...) che è il regime della democrazia senza limiti,
ove il potere popolare può tutto, anche combattere ferocemente le
minoranze.
Il
controllo giurisdizionale. La Corte costituzionale.
La
Corte costituzionale è l'organo di controllo della
costituzionalità, cioè l'organo al quale la Costituzione ha
demandato il compito di verificare la legittimità costituzionale
delle leggi e degli atti aventi forza di legge dello Stato e delle
Regioni (art. 134, 1°c. Cost). La giustizia costituzionale è
quindi garanzia di rigidità della Costituzione (vedi scheda
relativa) perché consente di reagire alle infrazioni alla
Costituzione ad opera del legislatore ordinario.
La
Corte costituzionale quindi può essere chiamata a giudicare in
ordine alla conformità alla Costituzione di una legge o di un atto
avente forza di legge attraverso due distinte vie di accesso e
cioè:
- in via diretta (o principale), qualora vi sia un ricorso statale avverso statuti o leggi regionali o un ricorso regionale nei confronti delle leggi statali o di altre regioni;
- in via incidentale (o di eccezione), qualora un giudice nel corso di un comune giudizio (civile, penale o amministrativo) ritenendo che la disposizione di legge o di atto avente forza di legge, che egli è chiamato ad applicare per la decisione del giudizio, sia in contrasto con una o più disposizioni costituzionali, sollevi la questione di costituzionalità dinanzi alla Corte costituzionale.
Oggi
il controllo eseritato dal Corte è un controllo efficace e
stabilizzato ma la sua Storia ci dice che si è un dispositivo di
controllo e di potere che si è delineato e perfezionato
gradualmente stabilizzandosi all' interno di interventi rispettosi
della cultura del diritto. I costituenti, i giuristi e gli
intellettuali di filosofia politica e del diritto erano dubbiosi
sulla Corte e questo si può capire leggendo le fonti della
Commissione costituente oltre a documentarsi sulla polemica degli
anni '30 del '900: vedere i libro di Marco caserta, Democrazia e
costituzione in Hans Kelsen e Carl Schmitt
Protagonisti
del pensiero giuridico-politico del Novecento, Hans
Kelsen e Carl Schmitt si fronteggiano - sullo sfondo della
crisi della Repubblica di Weimar e del suo rovinoso epilogo- anche
sul tema della democrazia. Due concezioni diverse, che pur
maturando in un comune contesto di riferimento ed affrontando
inevitabilmente temi e problematiche analoghi, giungono a
conclusioni per certi versi opposte, esprimendo due idee di
democrazia che vanno reciprocamente ad escludersi e che pure,
proprio per questa inconciliabile opposizione, risultano tuttavia
legate dal limite della loro unilateralità, quasi come se all’una
manchi qualcosa dell’altra e viceversa.
Se
la democrazia può essere considerata come uno dei grandi
protagonisti della storia della politica del ventesimo secolo,
unitamente ai regimi totalitari del nazi-fascismo e del comunismo,
il modo in cui la forma di governo democratica viene presentata nel
confronto con l’autoritarismo dei regimi antagonisti, rappresenta
subito un punto di netta differenziazione tra Kelsen e Schmitt.
Kelsen.
La rigorosa individuazione degli elementi costitutivi dell’idea
democratica e la successiva ricostruzione delle peculiarità di
questa forma di governo, vorrebbero anche concretizzare un’adeguata
risposta dottrinale alla crisi rappresentativa delle modalità
democratico-parlamentari, le quali sono invece indicate come le
uniche proprie del regime democratico.
Schmitt.
Compito della riflessione politologica è prendere atto dei limiti,
intrinseci, del parlamentarismo e delle relative forme di
produzione del consenso e di espressione della partecipazione
politica e, conseguentemente, definire un’idea di democrazia che
sappia farnea meno, anche ai fini di una svolta autoritaria.
Per
entrambi, comunque, il problema essenziale è quello della
fondazione teoretica della forma politica democratica, come modello
dottrinale astratto che sappia valersi di una rinnovata
elaborazione concettuale e che possa rappresentare, pertanto,
l’adeguato punto di riferimento per la difficile realtà politica
del tempo presente.
Il
macrotema sotteso al dibattito era:
- trovare una forma politica che consentisse di sostanziare i Principi formali e trovari i modidi applicazione della Costituzione individuando un organismo che potesse intervenire sostanzialmente senza abusare di un potere effettivamente superiore protagonista un giudice che non risponde a nessuno ma solo alla Costituzione.
Nella
Costituzione italiana prevale l' idea coraggiosa di Kelsen nell'
organizzare la Democrazia nelle forme democratico-parlamentari,
indicate come le uniche proprie del regime democratico con relativi
pesi, contrappesi e organi di controllo. Allora, dopo attenti
confronti, via libera alla Corte purchè espressione della
pluralità politica. La composizione mista si decise fra molte
discussioni.
La
commissione Forti: Commissione di studio
Il 21 novembre fu
istituita la Commissione per gli studi attinenti alla
riorganizzazione dello Stato, sotto la presidenza di Ugo Forti,
docente di diritto amministrativo all'Università di Napoli e già
in precedenza chiamato a presiedere la Commissione per la riforma
dell'Amministrazione, istituita dal Presidente del Consiglio pro
tempore Bonomi. La nuova
Commissione, che si differenziava dalla precedente per il fatto di
avvalersi non solo di tecnici, ma anche di esperti designati dai
partiti, si suddivise in cinque Sottocommissioni (problemi
costituzionali; organizzazione dello Stato; autonomie locali; enti
pubblici non territoriali e organizzazione sanitaria) e, proprio
all'inizio dei propri lavori pose il quesito sopra ricordato, sulla
possibilità di redigere una bozza di costituzione; ad esso il
Ministro Nenni rispose in modo nettamente negativo, richiamando
l'attenzione sulla natura esclusivamente tecnica della Commissione,
mentre una scelta tra modelli istituzionali avrebbe presupposto una
discussione su questioni politiche "sottratte alla competenza
tanto della Commissione che del Ministero, e riservate
esclusivamente all'Assemblea Costituente" (così la lettera di
risposta al quesito). Pur lavorando alacremente, la Commissione non
fece in tempo a giungere ad una sintesi del proprio lavoro e la
Relazione per l'Assemblea Costituente, datata 30 maggio 1946, non
fu presentata come un documento unitario, bensì come la raccolta
delle relazioni elaborate dalle Sottocommissioni e delle
conclusioni a cui erano giunte queste ultime. In Commissione era
prevista anche la possibilità dell' istanza personale ma poi
prevalsero altre decisioni sempre in un clima di dibattito serrato
che portò l' approvazione della Costituente nell' ultimo mese con
la decisione che la Corte dovesse essere a composizione mista e che
le sentenze dipareri su leggi difformi dalla Costituzione poi
dovessero essere risolte dal Parlamento.
Per quanto riguarda
il controllo di legittimità costituzionale della Legge ordinaria
penale e civile è il giudice che prospetta l' incostituzionalità
alla Corte sostanziano il Principio di incostituzionalità
incidentale concreto e, solo n questo caso, la sentenza ha effetti
retroattivi.
L' impugnazione
diretta e astratta può avvenire su iniziativa diretta dello Stato
e delle regini entro 60 giorni dall' emanazione per esercitare il
diritto di competenza.
Oggi la Corte
costituzionale è un punto fermo irrinunciabile per la nostra
Democrazia ma il consolidamento è avvenuto in decenni di attività
dopo 8 anni e mezzo duranti i quali la politica non procedeva alle
elezioni. Perchè? Per paura poiché la Corte esprime un potere
duplice che si colloca fra il potere del giudice e il potere del
legislatore per cui la maggioranza politica opponeva ostruzionismo
alla formazione della Corte mantenendo come riferimento la
legislazione ordinaria che era di matrice ottocentesca e fascista.
Dopo l' elezione
dei giudici della Corte costituzionale prende vita questo organo
potente che potrebbe essere stato anche prepotente ma così non fu.
I giudici si mostrarono all' altezza di guidare l' Italia verso la
modernità e la contemporaneità con una lentezza e prudenza
iniziale finalizzata a perfezionare i compiti e rassicurare
politica e cittadini.
I primi 8 anni
della Corte furono dedicati all' impegno gravoso di controllare e
correggere le leggi anteriori la Repubblica per poi predisporre le
linee fondamentali della Giurisprudenza costituzionale attraverso
varie tappe: estensione del controllo, nozione ampia del giudice
che solleva la questione perchè era importante allargare le vie
dei controlli in modo che non ci fossero leggi che potessero
sfuggire ai controlli stessi e rigore sulla rilevanza dei requisiti
di accoglimento o rigetto delle istanze.
La predisposizione
della nuova giurisprudenza doveva rispondere:
- al principio di ragionevolezza;
- al principio di uguaglianza/differenza;
- al principio antiautoritario.
Oggi possiamo dire
che la Corte ha fatto un percorso tale da essere considerata un
presidio insostituibile anche, negli ultimi tempi, riguardo la
preoccupazione della giustizia sociale. Na Corte che si è
autolegittimata nel tempo in base alle proprie capacità oltre alle
competenze tenendo fermo il principio di non invadenza e non
sostituzione degli altri organi costituzionali ai quali si
sovrappone sostanziando, di fatto, lo Stato di diritto.
La
Corte costituzionale si compone di 15 giudici che durano in carica
nove anni. (Il limite della durata in carica era stato inizialmente
fissato in 12 anni solo successivamente ridotti a 9 dalla legge
cost. n. 2 del 1967, modificativa dell’art. 135 Cost.).
I
giudici della Corte costituzionale possono essere scelti tra le
seguenti categorie:
• I
magistrati anche a riposo delle giurisdizioni superiori ordinaria e
amministrative
• I
professori ordinari di università in materie giuridiche
• Gli
avvocati con almeno 20 anni di esercizio.
I
giudici della Corte sono nominati:
• per
un terzo dal Presidente della Repubblica.
• per
un terzo dalle supreme magistrature ordinaria ed amministrative
• per
un terzo dal Parlamento in seduta comune.
La
Corte costituzionale, oltre a giudicare sulla legittimità
costituzionale delle leggi e degli atti aventi forza di legge dello
Stato e delle Regioni, giudica inoltre:
• sui
conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato;
• sui
conflitti di attribuzione tra lo Stato e le Regioni e tra le
Regioni;
• sulle
accuse promosse contro il Presidente della Repubblica;
• sull'ammissibilità
delle richieste di referendum abrogativo.
La
Corte costituzionale si è consolidata in presenza della legge
elettorale proporzionale rispettosa della complessità e ora invece
è chiamata ad agire con il sistema elettorale tendente al
maggioritario e in presenza di tendenze tese a escludere le
articolazioni sociali che agiscono fra il potere del Governo e i
cittadini. Riuscirà la Corte a garantire ancora il pluralismo
costituzinale comprese le minoranze?
Dallo
studio degli ultimi 20 anni di attività della Corte, noi
cittadini, possiamo stare tranquilli
perchè
la Corte non ha esitato a porsi come arbitro nelle controversie
politiche e sui temi di giustiza sociale dimostrando di saper fare
il suo mestiere e dovere ma anche il non superamento dei limiti non
entrando mai all' interno delle Camere e nei servizi di sicurezza.
Sono i cittadini che devono vivere la Costituzione e far valere i
propri diritti.
La
funzione del Presidente della Repubblica
Le
funzioni del Presidente della Repubblica sono rigorosamente
indicate nella Costituzione della repubblica italiana:
Titolo
II, artt.: 68,69
Titolo
III, art.: 76
Titolo
IV, artt.: 89, 103, 122, 123, 135.
Il
Presidente ha anche un articolo di tutela immunitaria legata al suo
potere poiché, recita la Corte,
Sarebbe,
in pari tempo, del tutto evidente come, nello svolgimento dei
predetti compiti, debba essere garantito al Presidente della
Repubblica «il massimo di libertà di azione e di riservatezza»,
anche perché alcune delle attività che egli pone in essere nel
perseguimento delle finalità istituzionali – e di non poco
significato – «non hanno un carattere formalizzato»,
secondo
l' articolo 90,
Il
Presidente della Repubblica non è responsabile degli atti compiuti
nell'esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento o
per attentato alla Costituzione.
In tali
casi è messo in stato di accusa dal Parlamento in seduta comune, a
maggioranza assoluta dei suoi membri.
In
base a questo articolo la Corte costituzionale ha emesso la
sentenza:
Sentenza
1/2013
|
|
Giudizio
|
GIUDIZIO
PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE TRA POTERI DELLO STATO
|
Presidente
QUARANTA - Redattore SILVESTRI - FRIGO
|
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Udienza
Pubblica del 04/12/2012 Decisione del
04/12/2012
|
|
Deposito del
15/01/2013 Pubblicazione in G. U.
|
|
Norme
impugnate:
|
Conflitto
di attribuzione tra poteri dello Stato sorto a seguito
dell'attività di intercettazione telefonica, svolta nell'ambito
di un procedimento penale pendente dinanzi alla Procura della
Repubblica presso il Tribunale di Palermo.
|
Massime:
|
36857 36858 36859 36860 |
Atti
decisi:
|
confl.
pot. mer. 4/2012
|
Per
questi motivi la Sentenza ha concluso:
dichiara
che non spettava alla Procura della Repubblica presso il Tribunale
ordinario di Palermo di valutare la rilevanza delle intercettazioni
di conversazioni telefoniche del Presidente della Repubblica,
operate nell’ambito del procedimento penale n. 11609/08;
dichiara
che non spettava alla stessa Procura della Repubblica di omettere
di chiedere al giudice l’immediata distruzione della
documentazione relativa alle intercettazioni indicate, ai sensi
dell’art. 271, comma 3, del codice di procedura penale, senza
sottoposizione della stessa al contraddittorio tra le parti e con
modalità idonee ad assicurare la segretezza del contenuto delle
conversazioni intercettate.
Così
deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo
della Consulta, il 4 dicembre 2012.
Questa
Sentenza ha lasciato molti interrogativi perchè: il Presidente
della Repubblica non ha poteri sovrani e l' azione deve essere
trasparente.
Il
Presidente armonizza il conflitto politico cercando di far
prevalere l' unità nazionale senza assolutamente privilegiare o
indirizzare verso una tendenza politica, tutto all' insegna della
neutralità.
Il
Capo dello Stato può fare discorsi per trasmettere messaggi ma non
può fare esternazioni perchè incarna la Repubblica e trasmette i
valori dela Costituzione. Le esternazioni possono essere
finalizzate ad allargare le funzioni.
Scuola
di cultura costituzionale: 15/4/2016. Pr. Vittorio Angiolini,
Università degli Studi di Milano. Pr. Francesco Bilancia,
Università degli Studi “G d' Annunzio” Chieti-Pescara.
E
adesso? Osservazioni
macro-storiche
Lo scenario sociale e
politico, dopo la II guerra mondiale, è stato abbastanza coerente
con governi che hanno proseguito nell' idea di dare sostanzialità
allo sviluppo delle comunità seguendo i Principi democratici nella
convinzione che solo questi principi fossero portatori di vero
sviluppo. Oggi c' è paura e mancanza di speranza.
La
scena politica italiana oggi presenta aspetti inedici, rispetto
agli anni dal dopoguerra a oggi, e non sono aspetti rassicuranti.
La
Storia non si ripete mai nello stesso modo ma si possono e si
devono fare delle similitudini per capire e dopo aver compreso, per
prendere posizione.
Anche
oggi, per spiegare certi comportamenti dei governanti, si può
usare il termine Italietta, coniato dai nazionalisti del primo
Novecento per spiegare l' inadeguattezza, anche economica, dei
governanti del passato, fino al Governo Giolitti. Successivamente
questo termine è passato ad indicare, con senso dispregiativo, la
società e lo stato italiani in quanto considerati di mentalità
gretta, provinciale, piccolo borghese | durante il ventennio
fascista, epiteto usato per indicare la parte della società che si
opponeva al regime in quanto sostenitrice di posizioni pacifiste,
democratiche e parlamentariste.
Oggi
il termine Italietta
ritorna
e si impone con forza e descrive, universalmente, l' inadeguattezza
dei politici italiani in quanto ci troviamo di fronte a decisioni
politiche che abbiamo letto sui libri di Storia con delle
aggravanti: le decisioni politico-legislative che opprimono i
diritti sono molte e gli oppressi sono tenuti divisi per cui non
tendono a organizzarsi per liberarsi dall' oppressione ma si
combattono fra di loro in base a una cultura che ha destrutturato
una cultura millenaria, esalta la rottamazione e le divisioni
generazionali con la conseguenza che l' oppressione non la combatte
nessuno.
Italiani
contro immigrati
Immigrati
comunitari contro immigrati extracomunitari
immigrati
comunitari ed extracomunitari contro profughi e migranti economici
Figli
contro padri
Sostenitori
politici contro altri sostenitori politici
E
che dire delle divisioni fra lavoratori?
Lavoratori
stabili contro precari
Lavoratori
pubblici contro lavoratori privati
Lavoratori
autonomi contro lavoratori salariati
E
che dire delle divisioni territoriali?
Comuni
contro Regioni
Regioni
contro lo Stato
E
che dire delle divisioni fra stati e sovranazionali?
Singoli
stati l' uno contro l' altro
Italia
contro Europa in nome di un nazionalismo che invoca la
competitività del Sistema Paese e riguardo le politiche
migratorie.
Non
si parla più di valori ma di interessi economici, con il risultato
che i diritti vengono soppressi, avanza la povertà, tutti
subiscono l' oppressione e nessuno unisce le forze, anzi, si impone
l' antica divisione storica della divisione. Non è una
oppressione che deriva da una divisione che il cittadino sente e
riene giusta ma è proprio una divisione, un mettere l' uno contro
l' altro, che vengono imposti dalla maggioranza di Governo.
Per comprendere:
Giuseppe Volpe, Storia costituzionale degli italiani. Vol. I,
L' Italietta (1861-1915)
Per comprendere la
situazione attuale: Alexis Clérel de
Tocqueville (1805-1859)
Vedo
chiaramente nell'eguaglianza due tendenze: una che porta la mente
umana verso nuove conquiste e l'altra che la ridurrebbe volentieri
a non pensare più. Se in luogo di tutte le varie potenze che
impedirono o ritardarono lo slancio della ragione umana, i popoli
democratici sostituissero il potere assoluto della maggioranza, il
male non avrebbe fatto che cambiare carattere. Gli uomini non
avrebbero solo scoperto, cosa invece difficile, un nuovo aspetto
della servitù… Per me, quando sento la mano del potere
appesantirsi sulla mia fronte, poco m'importa di sapere chi mi
opprime, e non sono maggiormente disposto a infilare la testa sotto
il giogo solo perché un milione di braccia me lo porge.
Per
aiutare la comprensione
Alexis
Clérel de Tocqueville, La democrazia in America, scritta
fra il 1832 e il 1840 e tuttora fondamentale per la comprensione
dell'ideologia e della vita sociale degli Stati Uniti, e L'antico
regime e la Rivoluzione, il volume pubblicato nel 1856, che
trasformò radicalmente i criteri interpretativi della Rivoluzione
francese.
L'
osservazione del processo storico attuale ci parla della definitiva
strutturazione dei nuovi idoli: crescita e impresa nel paradosso e
nella contraddizione che non si tutela e non si perseguono nessuna
delle due. E' appunto un' idolo che serve al Governo per
giustificare la loro sopravvivenza e il loro arretramento dalla
politica, e dall' organizzazione della politica per la crescita e
lo sviluppo delle società. Di fronte al monopolio, nel dibattito
pubblico, di questo idolo il blocco sociale si rinsalda!
I
partiti sono senza radicamento sociale e operano solo in vista
delle elezioni a tal punto che non sono neanche in grado di
accorgersi dei mancati tesseramenti. I cittadini sono impotenti e
la mistificazione avviene anche con la mistificazione dei nomi e
delle cose. Es. abolizione delle Provincie, semplificazione,
abolizione del Senato......riforma del lavoro, riforma delle
pensioni....L' esempio più eclatante: Jobs
Act: il contratto a tutele crescenti. Un cittadino pensa che
aumenti le tutele e invece contiene la nuova disciplina del
licenziamento! La
nuova tipologia contrattuale e la riforma in materia di
licenziamenti.
Dal
Governo Monti, la politica si è arresa ed è stata responsabile
dell' accadimento di cose terribili come la creazione degli
esodati per finire alla mancanza di tutere dei risparmiatori.
La
politica oggi non è in grado di reggere il patto costituente e
allora adattano il patto alla loro inadeguattezza ma questo non si
può fare!
Venendo
alla riforma costituzionale: la riforma non ha dietro un' idea di
Stato come era avvenuto nel 1948 e la politica non può rispondere
alle critiche con leggerezza: se il futuro Senato non andrà bene,
lo cambieremo!. Il mutamento è forte perchè la Costituzione che
prevede la riforma non avrà custodi ma sarà in mano al Governo
profilandosi come un potere anarchico.che si
Per
comprendere,
L'
ordinamento repubblicano di
Feliciano Benvenuti
Feliciano Benvenuti ha riflettuto molto sui termini: La Repubblica tutela....., la Repubblica promuove.........
Cosa
significa affermare che la Repubblica agisce? Significa che la
Costituzione è stata fatta e deve essere fatta da tutti! Oggi più
che mai perchè la pratica dell' uguaglianza si è interrotta e
solo la pratica dell' uguaglianza e della libertà ci salverà
dalle mistificazioni! Non possiamo accettare che i diritti vengano
riorientati verso il basso o che diventino materia classista. I
vitalizi sono diritti e l' indicizzazione delle pensioni, no.
Tantomeno è tollerabile l' ingiustizia di Stato.
Occorre
prendere atto che oggi la politica non è più in grado di
organizzare le libertà politiche ed è per questo che tocca a noi,
uomini e donne, mobilitarsi per cambiare. Non è una novità. La
Storia nobile dell' talia è stata fatta dalle persone:
Risorgimento, Liberazione dal fascismo e vera stagione riformistica
degli anni ' 70 del Novecento mentre la politica è stata capace di
fare l' Itallietta!
E
che dire della parola ciaone rivolta
per dileggio a chi ha esercitato il diritto/dovere di voto in
occasione del referendum del 17 maggio 2016?
Francesco
Bilancia, E adesso?
Possiamo
dire che dopo la costruzione di un percorso di civiltà e sviluppo,
grazie alla Costituzione della Repubblica italiana, oggi si sta
procedendo a una decostruzione. Costituzione, fino a oggi,
significa: cultura giuridica, cultura politica, cultura
esistenziale, cultura, laica, cultura cristiana, cultura etica,
cultura morale, cultura delle pari opportunità, cultura delle
opportunità per meritevoli, cultura dell' uguaglianza e della
differenza, in definitiva salvaguardia delle dignità della
persona. Molto si è già perduto, dagli anni '90 ma gli
intellettuali parlavano e i costituenti intervenivano
personalmente. Oggi gli intellettuali non parlano nonostane la
tradizione intellettuale italiana divisa fra conformisti ed eretici
ma pur sempre presenti! L' unione intorno alla Costituzione aveva
creato uno spirito nuovo, una vera e propria palingenesi etica.
Riflessioni
sulla leaderschip attuale
Cosa
possiamo dire se non elencare i fatti? Attualmente il Governo
italiano è stato deciso dalle istituzioni finanziarie europee con
l' alleanza della politica la quale solo così intravede la
possibilità di continuare a esistere. A questa alleanza si
aggiungono i media per rendere efficace un processo di induzione
ideologica, non razionale, perchè si struttura intorno alle
emozioni: paure/speranze. Una volta portato a termine questo
processo si fanno vedere possibili soluzioni che non arrivano mai
grazie alle decisioni politiche.
In
questo clima il Presidente del Consiglio: dott. Matteo Renzi è
stato eletto, non dai cittadini, ma da una comunità
autoreferenziale, come si eleggevano i capi nelle comunità che noi
abbiamo sempre definito primitive: per profezia autoavverantesi e
per acclamazione con la differenza che una volta la persona eletta
doveva avere delle doti vere di forza, intelligenza, saggezza e
distacco mentre oggi basta la furbizia, un' ambizione senza
corrispondenza con qualità reali e la capacità di apparire
amicale.
Ora
questo Presidente, non eletto dai cittadini, vuole e tenta di di
portare fuori la politica dalla Costituzione, togliendo l'
equilibrio fra i poteri per portare il baricentro sul Governo. Come
viene giustificata questa operazione? Dicendo che la classe
politica riforma sé stessa. Ma politica e Costituzione, Governo e
Costituzione non sono la stessa cosa perchè la Costituzione
riguarda le garanzie fondamentali dei cittadii. La persona è al
centro! La lungimiranza e la saggezza dei costituenti verrà
cancellata per preparare l' allontanamento delle minoranze e delle
opposizioni le quali dovranno lasciare il passo a un futuro di
potere legato al gruppo che vincerà.
Già
ora è in atto la delegittimazione del Parlamento e il trasformismo
dei parlamentari è già segno del profilarsi del partito di
potere.
E
adesso? Adesso possiamo dire che la Costituzione come progetto per
le persone, nata dal patto fondativo della Repubblica, nella
riforma attuale non c' è e si profila l' idea che la rigidità
della Costituzione sia responsabile di tutto e che la Costituzione
del furo potrà essere la Costituzione del Governo in carica in
quel momento. Una Costituzione oligarchica con depotenziamento
delle garanzie in quanto, tutto ciò che prevede la riforma, è al
ribasso a tal punto che il Presidente della Repubblica, garante
della Democrazia e custode della Costituzione, verrà scelto da ¾
dei componenti del Parlamento. Un Parlamento pensato per essere al
servizio del Governo accanto alla scomparsa del ruolo legislativo
delle Regioni.
Riflessioni
conclusive
La
distruzione del Parlamento deriva dalla politica degli ultimi 20
anni che ha fatto intendere che ci possa essere la Democrazia senza
costituzionalismo purchè ci sia un leader acclamato in linea con
il potere cesarista, bonapartista, peronista, stalinista,
hitleriano e mussoliniano. Una volta esaurito il rito dell'
acclamazione il cittadino non serve più per cui il
costituzionalismo, unica garanzia per il cittadino, viene messo da
parte con le parole d' ordine:
risparmio,
vedere la luce in fondo al tunnel, semplificazione, governabilità.
E
ora Renzi arriva alla massima espressione di personalizzazione
della politica e disprezzo dell' elettorato attraverso una
scommessa: vincere o andare a casa. Si può legare il destino di
una Democrazia e di un popolo a una scommessa? Finora non avevamo
visto niente di simile a questo agire inedito di disprezzo e
sfrontattezza nei confronti dell' elettorato.
Perchè
disprezzo? Perchè l' elettorato va rispettato nelle sue scelte
senza oppressioni di questo tipo e perchè Renzi non c' entra nulla
con il destino della Costituzione che appartiene al Popolo.
Precisazioni
finali
Leader
per profezia autoavverantesi e acclamazione
Il concetto di profezia
che si autoavvera è stato introdotto in sociologia da Robert K.
Merton nel 1948, nel suo libro Teoria e struttura sociale, per
indicare quei casi in cui una supposizione per il solo fatto di
essere creduta vera alla fine si realizza confermando la propria
veridicità, seppur inizialmente infondata.
Merton trasse ispirazione dal celebre teorema di Thomas, sociologo americano della scuola di Chicago, il quale affermò che “se gli uomini definiscono certe situazioni come reali, esse sono reali nelle loro conseguenze”. Egli riprese, quindi, l'importanza della definizione della situazione (ossia l'interpretazione del contesto da parte degli attori sulla base delle loro conoscenze e informazioni) nel determinare la condotta sociale, sottolineando come l'azione non sia determinata solo dai mezzi e dai fini, ma anche dalle risorse cognitive e culturali dell'attore.
Le teorie successive che riprenderanno questi concetti sono oggi definite teorie situazioniste, proprio per il ruolo centrale dell'interpretazione della situazione.
L'esempio celebre della profezia che si autoavvera fornito dallo stesso Merton riguarda il caso nel quale un insieme di risparmiatori, temendo il crollo finanziario di una banca, si reca in pochi giorni a ritirare i propri risparmi. Fino a quel momento la banca era un istituto solido e garantito, ma quando i risparmiatori, oltre che credere, agiscono come se il fallimento fosse davvero imminente recandosi tutti quanti a ritirare i depositi, allora essi fanno in modo che le loro aspettative diventino reali, ossia la banca fallisce.
La profezia che si autoavvera si iscrive in quell'ampio filone di studi che indaga gli effetti imprevisti dell'azione (tra i quali l' eterogenesi dei fini di Pareto) e propone la contrapposizione tra razionalità dell'attore e razionalità del contesto.
Ad esso sono ricollegabili anche gli studi di Schelling, concentrati sul rapporto tra le motivazioni individuali e i comportamenti collettivi, e più in generale le ricerche sui dilemmi sociali, ossia quei casi nei quali esiste una tensione tra razionalità individuale e razionalità collettiva che porta il perseguimento dell'interesse individuale ad una condizione collettiva peggiore rispetto a quella iniziale o ad altre altrimenti raggiungibili.
Merton trasse ispirazione dal celebre teorema di Thomas, sociologo americano della scuola di Chicago, il quale affermò che “se gli uomini definiscono certe situazioni come reali, esse sono reali nelle loro conseguenze”. Egli riprese, quindi, l'importanza della definizione della situazione (ossia l'interpretazione del contesto da parte degli attori sulla base delle loro conoscenze e informazioni) nel determinare la condotta sociale, sottolineando come l'azione non sia determinata solo dai mezzi e dai fini, ma anche dalle risorse cognitive e culturali dell'attore.
Le teorie successive che riprenderanno questi concetti sono oggi definite teorie situazioniste, proprio per il ruolo centrale dell'interpretazione della situazione.
L'esempio celebre della profezia che si autoavvera fornito dallo stesso Merton riguarda il caso nel quale un insieme di risparmiatori, temendo il crollo finanziario di una banca, si reca in pochi giorni a ritirare i propri risparmi. Fino a quel momento la banca era un istituto solido e garantito, ma quando i risparmiatori, oltre che credere, agiscono come se il fallimento fosse davvero imminente recandosi tutti quanti a ritirare i depositi, allora essi fanno in modo che le loro aspettative diventino reali, ossia la banca fallisce.
La profezia che si autoavvera si iscrive in quell'ampio filone di studi che indaga gli effetti imprevisti dell'azione (tra i quali l' eterogenesi dei fini di Pareto) e propone la contrapposizione tra razionalità dell'attore e razionalità del contesto.
Ad esso sono ricollegabili anche gli studi di Schelling, concentrati sul rapporto tra le motivazioni individuali e i comportamenti collettivi, e più in generale le ricerche sui dilemmi sociali, ossia quei casi nei quali esiste una tensione tra razionalità individuale e razionalità collettiva che porta il perseguimento dell'interesse individuale ad una condizione collettiva peggiore rispetto a quella iniziale o ad altre altrimenti raggiungibili.
John
Rawls
Con
Una
teoria della giustizia
Rawls tenta di superare la dottrina filosofica dell' Utilitarismo,
cioè, l' idea secondo la quale una società giusta debba perseguire
il maggior benessere possibile per il maggior numero di persone.
Questo
va bene, ma le minoranze che inevitabilmente rimangono escluse?
Per
Rawls la posizione utilitaristica tende a sacrificare gli interessi
della minoranza. La concezione di giustizia rawlsiana si basa
sull'idea che tutti i beni sociali principali devono essere
distribuiti in modo eguale e una distribuzione uguale può esserci
solo se avvantaggia i più svantaggiati.
Rawls
utilizza due argomenti a sostegno delle sue idee.
Con
il primo argomento contrappone la sua proposta teorica alla teoria
dell' uguaglianza
delle opportunità;
il secondo argomento è quello del contratto
sociale.
Secondo
Rawls, in una società che si fonda sull'uguaglianza delle
opportunità le disuguaglianze di reddito sono giuste perché legate
alla bravura di ogni singolo individuo. Egli non critica queste
disuguaglianze ma le disuguaglianze immeritate.
Nascere
ricchi o poveri non è un merito, nascere intelligenti o handicappati
non è un merito, si tratta solo di essere più fortunati o meno.
Rawls
critica la teoria delle Pari opportunità perché non tiene conto
delle disuguaglianze legate ai talenti naturali di ogni uomo. Diverse
le disuguaglianze immeritate perché arbitrarie.
Egli
ritiene che una giustizia distributiva equa debba tener conto delle
disuguaglianze immeritate e creare un sistema dove i meno
avvantaggiati possano ottenere il massimo possibile. Per creare una
giustizia distributiva equa, Rawls utilizza, reinterpretandolo, lo
strumento del contratto sociale, già utilizzato dal Giusnaturalismo
seicentesco.
Breve
lettura di genere
Il
2 Giugno 1946 le donne votano per la prima volta dopo il
coinvolgimento sociale della Prima guerra mondiale e la
partecipazione diretta in massa alla Resistenza e dopo l'
esclusione, durante il fascismo, del diritto di voto a tutti e l'
esclusione di tutte le associazioni volontarie e spontanee dalla vita
pubblica. L' esclusione corrisponde alla formazione forzata di
partecipazioni di massa alla quale tutti gli italiani in ogni
stagione della vita, sono costretti a partecipare. Il Fascismo,
seppure in modo forzato e all' insegna di un modello femminile
imposto, mobilita le donne facendole uscire.
Alla
Resistenza parteciparono 70.000 donne, 35.000 diventarono partigiane
attive e 4600 furono arrestate, molte torturate, molte uccise. I
partigiani, nel momento della Liberazione, le oscurano forse per
paura di sovraesporle e forse per negare una realtà storica; anche
loro non escono volentieri allo scoperto ma la verità storica
emerge.
La
Resistenza delle donne e la necessità della palingenesi etica fanno
si che le donne si conquistino i diritti politici. Il potere maschile
non ha mai quella intuizione etica spontanea che propenderebbe a
favorire il voto femminile senza esitazioni. Le discussioni saranno
molte.
Anche
il Papa interviene nella questione del voto alle donne. Il 21 ottobre
1945 Pio
XII appoggiò il suffragio universale,
incoraggiando la donna ad entrare in azione, a non essere assente, in
funzione però dei valori cristiani, per proteggere la famiglia
contro chi la minacciava. Le parole del Papa furono molto importanti
per le donne cattoliche, presenti all’udienza con le componenti del
CIF. Scrive Cecilia Dau Novelli: le parole di Pio XII liberarono “le
donne da ogni remora sulla liceità della loro partecipazione alla
vita politica. In questo senso ebbero un effetto dirompente.”
Le
donne cattoliche, anche durante il fascismo, erano molto attive nell'
associazionismo cattolico.
Dopo
questa fase la donna sarà ancora una volta costretta a rimanere in
casa finchè la legge ordinaria e la Corte correggeranno la
legisazione fascista attuando la Costituzione che è il baluardo
indispensabile al raggiungimento del processo di Liberazione della
donna. La Costituzione così com' è!
Lorenza
Cervellin
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