venerdì 15 luglio 2016

PROBLEMATIZZAZIONE STORICA PER IL NO! ECCO LA STORIA DELLA NASCITA DELLA COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA ITALIANA DEL 1948 CHE HA PERMESSO L' EMANCIPAZIONE DELLE DONNE E IL PROCESSO DI AVVIO DELLA LORO LIBERAZIONE!

Pubblico questi appunti a carattere storico seguendo la linea degli incontri organizzati dalla Scuola di Cultura Costituzionale dell' Università degli Studi di Padova, nell' anno 2015/16, liberamente arricchiti e problematizzati. 

Scuola costituzionale dell' Università degli Studi di Padova 2016. E adesso?

Primo incontro, 29 gennaio 2016: Stefano Rodotà e l' Arco costituzionale come sublimazione delle differenze politiche

Secondo incontro, 5 febbraio 2016: Umberto Allegretti.

Oggi siamo in presenza di un passaggio costituzionale in un periodo di tempi bui (nel linguaggio storico i tempi bui erano i secoli del Medievo mentre ora possiamo dire che i veri tempi bui sono i tempi del Novecento dei razzismi e dei totalitarismi e quelli di oggi, delle povertà, della condizione di irrilevanza della persona e delle guerre combattute senza dichiarazioni di guerra).
 
Oggi siamo a 70 anni dall' Assemblea costituente riunitasi per elaborare una Costituzione nata per unire mentre oggi, per decisione del Governo, si è in attesa di un referendum confermativo una riforma costituzionale, all' insegna delle divisioni:
  • divisione della Costituzione;
  • divisione dell' elettorato.
Gli otto nuclei di fatti storici che portano alla Costituzione: 1943/1946
  1. Sconfitte belliche e riunione del Gran Consiglio.
  2. La Monarchia si era distinta per la sua responsabilità nell' ascesa al potere di Mussolini ed ora si distingue per una condotta imperfetta in occasione dell' Armistizio.
  3. Il popolo italiano si organizza nella Resistenza armata e il Popolo è si dimostra in grado di organizzare l' appoggio esterno agli Alleati.
  4. Gli Anglo-americani faticano a dare fiducia alle nuove strutture di potere italiane e tendono a tenerle sotto tutela. Contemporaneamente, ancora una volta nella Storia italiana, non viene riconosciuto il valore del Popolo. Nel 1946/47 avviene il riconoscimento dell' Italia al mondo occidentale. Ricordiamo sempre che, dagli Alleati siamo stati considerati, dopo la dichiarazione di guerra alla Germania, co-belligranti e mai alleati.
  5. La Costituzione della Repubblica italiana è il frutto di una scelta consapevole ed autonoma degli italiani, un progetto originale e ispirato allo spirito globale.
  6. La Costituente era sicuramente formata da un gruppo avanzatissimo ma in rappresentanza di una porzione di italiani mentre il resto era annichilito, inerte e ancora fascista e monarchico.
  7. I partiti del Cnl hanno saputo agire in maniera unitaria e lungimirante.
  8. La Costituzione ha segnato un salto di qualità da un punto di vista morale e politico rispetto alla Storia italiana precedente
Nella notte fra il 24 e 25 luglio 1943 cade il regime fascista con l' “Ordine del giorno Grandi”, con molti prodromi (fatti precedenti). 
 
Quali erano i prodromi?

Gli italiani stavano perdendo la guerra, i territori e le città erano devastati, gli uomini e le donne erano alla fame e circondati dalla morte mentre gli Alleati erano sbarcati in Sicilia. Era il 10 luglio del 1943, poco dopo la mezzanotte, mentre ancora era in atto la Seconda Guerra Mondiale, quando un corpo di spedizione formato da soldati americani, inglesi e canadesi, le cosiddette forze alleate, sbarcò sulle coste della Sicilia prendendo contatti anche con l' organizzazione mafiosa in funzione anti-tedesca.
Un plotone di circa 180mila soldati dislocati lungo 160 km di costa
tra Licata e Siracusa per quella che fu una grande operazione (il più grande della storia per numero di uomini sbarcati nel primo giorno e per dimensioni della costa) tesa a liberare l’ Italia dal nazifascismo. ‘Husky’, questo il nome dell’operazione di sbarco sulle coste della Sicilia ancora controllata dalle forze dell’Asse, fu un successo e ci mise solo 39 giorni per giungere a buon fine).

Nella notte fra il 24 e 25 luglio 1943, il Gran Consiglio vota l' invito al re a riassumere i suoi poteri statutari. Mussolini si reca dal re per dare le dimissioni. Il re incarica del Governo il generale Badoglio e Mussolini viene arrestato.

Viene esercitato bene il potere in quel periodo? No!

Agosto 1943. Il gruppo di potere della corte sabauda abroga le strutture fasciste mentre il governo Badoglio inizia a reprimere i moti popolari e mantiene la censura; tutto mentre la guerra continuava. Contemporaneamente il 3 ottobre 1943 si dichiara guerra alla Germania senza fare nessuna dichiarazione di cessazione della guerra e nonostante la resa incondizionata dichiarata il giorno 8 settembre 1943 dal generale Dwight D. Eisenhower.

Nessun proclama ha riguardato i soldati!

Alcuni dati riguardo i soldati italiani secondo uno studio ANPI

Al momento dell'armistizio, v erano, circa 600.000 prigionieri nelle mani degli Alleati. Soldati per lo più caduti nelle mani del nemico a seguito dell'offensiva in Nord Africa (1940-'41) alla resa in Tunisia ed al tracollo del luglio agosto 1943 in Sicilia. Per lo più, tranne i 10-12.000 soldati in mano all'URSS, erano in mano anglo-americana. Nel capovolgimento delle alleanze questi soldati poi collaborarono con gli “Alleati”.

Nel mese di settembre del 1943 morirono 87.000 soldati che si sono trovati allo sbando in tutti i fronti di guerra. Chi sfuggì alla cattura tedesca nei Balcani, in Francia, in Grecia, in Albania, in Polonia, nelle isole, partecipò ai movimenti di liberazione nazionali, unendosi ai partigiani locali. Fra questi 87.000 morti vi sono 42. 000 morti nei campi di concentramento, in 20 mesi, su un totale di altri 600.000 mila prigionieri in mano ai tedeschi, definiti IMI (Internati Militari Italiani).

Chiusi nei lager nazisti, in un primo tempo furono semplici prigionieri di guerra. Poi, il 1° ottobre 1943 furono definiti IMI (-il regime nazista non considera i nostri soldati catturati come prigionieri di guerra, ma li classifica presto come “internati militari italiani” (IMI), privandoli così delle tutele garantite ai prigionieri dalla Convenzione di Ginevra, sottraendoli alla protezione della Croce Rossa Internazionale e obbligandoli al lavoro. È il lavoro-sfruttamento per il Reich, infatti, l'obiettivo principale della politica tedesca nei confronti degli italiani catturati, un lavoro che verrà svolto in condizioni disumane, in totale spregio delle norme di guerra e di quelle umanitarie- con provvedimento arbitrario di Hitler. Un modo per sviare la Convenzione di Ginevra del 1929 sulla tutela dei prigionieri di guerra. Essendosi rifiutati di collaborare con il nazifascismo, furono destinati come forza lavoro per l’economia del Terzo Reich. Sottoposti a un trattamento disumano, subirono umiliazioni, fame e le più tremende vessazioni. Decine di migliaia di essi persero la vita nel corso della prigionia per malattie, fame, stenti, uccisioni. Chi riuscì a sopravvivere rimase segnato per sempre.
La maggior parte degli arruolati nel Regio esercito italiano erano giovani chiamati alle armi poco più che ventenni, o richiamati alle armi (dai 18 ai 44/45 anni), uomini educati sia all’obbedienza fascista che agli ideali del Risorgimento. La maggior parte di loro durante l’internamento nei lager, per la prima volta, con una scelta volontaria di coscienza dissero No! a qualsiasi forma di collaborazione con il Terzo Reich e con la Repubblica di Salò, affrontando venti mesi di sofferenze e privazioni. Loro, che avevano sempre detto “Sissignore!”.

Con l' 8 Settembre il re lascia Roma, ripara a Brindisi, fonda il Regno del Sud e si mette sotto il controllo degli Anglo-americani. Il Nord rimaneva sotto occupazione tedesca. Mussolini viene liberato dal Gran Sasso e fonda la Repubblica Sociale Italiana (di Salò) il 23 settembre 1943. Formalmente questo tentativo di mantenimento del potere di Mussolini fu disciolto il 29 aprile 1945. Il giorno prima il suo capo, Benito Mussolini, era stato ucciso.
Nel frattempo i partiti si erano già ricostituiti e organizzati nel CNL accanto alla Resistenza che è iniziativa di Popolo.

A gennaio 1944 i Partiti antifascisti e la Corona avviano dei colloqui che sfociano nel Patto di Salerno, non un vero patto formale ma un patto di convergenza e di responsabilità per uscire dalla criticità politica con precisi impegni del re e di Togliatti.

Il Patto di Salerno (primavera 1944) e la c.d. prima Costituzione provvisoria –
I partiti antifascisti e la Corona stipulano una “tregua istituzionale”. In forza di tale Patto,

(a) il Re si ritira a vita privata, abdica e nomina suo figlio Umberto Luogotenente del Regno e delega al Governo la potestà legislativa;
(b) al Governo Badoglio subentra il Governo Bonomi, espressione dei partiti del CLN;
(c) è sospesa ogni contesa politica attorno alla questione se l’Italia debba essere una monarchia o una Repubblica (la c.d. questione istituzionale) e si concorda di rimettere la decisione alla futura Assemblea costituente.

Il Patto di Salerno registra un indebolimento della Corona e l’emersione del CLN come principale detentore del potere di indirizzo politico. I contenuti del Patto di Salerno sono recepiti nel d.l. Lgt. (decreto legislativo luogotenenziale) n. 151 del 1944
Nel decreto si prevede, inoltre, che invia provvisoria la funzione legislativa sarà esercitata dal Governo attraverso decreti legislativi sanzionati dal Luogotenente del Regno. Per il rilievo politico dei suoi contenuti, il d.l.lgt. n. 151/1944 rappresenta una vera e propria Costituzione provvisoria.

Il territorio italiano era in preda all' odio razziale, ideologico e al terrorismo stragista e di genere. (Vennero a combattere in Italia da tutti gli angoli del mondo: americani, francesi, inglesi, tedeschi, neozelandesi, indiani, polacchi, senegalesi, marocchini, algerini, tunisini, nepalesi. Per quasi due anni, dal luglio del 1943 al maggio 1945, subimmo una durissima legge del contrappasso: il fascismo che aveva inseguito i suoi deliri imperiali in terre lontane, portò la guerra sull’uscio e dentro le nostre case, in un turbinio di stragi naziste (15 mila vittime civili), bombardamenti (65 mila vittime civili), rappresaglie, battaglie campali. Invasori, liberatori, occupanti, comunque si chiamassero, le truppe straniere guardarono all’Italia come a un paese vinto. 

Seconda guerra mondiale: occasione di emancipazione ma anche emersione della donna-vittima in quanto donna

Alle donne italiane, mai emancipate dallo Stato, tocco subire il destino di vittime. I vincitori si appropriarono del loro corpo materiale attraverso le violenze e gli stupri.

Per approfondire: Donne guerra e politica, a cura di D.Gagliani, E. Guerra. L.Mariani e F.Tarozzi, Clueb, 2001): gli stupri diventano per gli eserciti vittoriosi l’occasione per l’esercizio di un potere anche simbolicamente straripante, in grado di espropriare gli sconfitti non solo della loro dimensione pubblica (il loro Stato, il loro territorio nazionale) ma anche di quella privata, penetrando nelle loro case, squarciandone gli interni domestici, spezzandone i legami di cittadinanza insieme a quelli familiari e parentali.

Per approfondire: Anna Bravo, Donne e uomini nelle guerre mondiali, Laterza, 1991. In questo libro c' è un saggio di Ernesto Galli della Loggia contenente la riflessione che la seconda guerra mondiale è stata una straordinaria occasione di protagonismo per le donne, chiamate a interpretare ruoli inediti (per esempio sul lavoro), a svolgere compiti difficili, con il peso sulle spalle della salvezza dei propri uomini e della sopravvivenza delle proprie famiglie. Il lato oscuro di questa visibilità fu l’ondata di violenza della quale furono vittime. Durante la Seconda guerra mondiale la donna fu in grado di rompere e uscire dal modello vittimistico.

Tra il 1943 e il 1945 sulle donne, anche bambine, italiane si scatenarono violenze di tutti i tipi e su tutti i fronti a iniziare dagli Alleati quando sbarcarono in Sicilia per continuare sulla «linea gotica» dove i tedeschi infierirono soprattutto nei dintorni di Marzabotto, quasi a voler reiterare la strage in altre forme (Dianella Gagliani, La guerra totale e civile: il contesto, la violenza e il nodo della politica ); sull’appennino ligure-piemontese, nel 1944, in sei mesi, si registraroono 262 casi di stupro ad opera dei «mongoli» (i disertori dell’Asia sovietica arruolati nell’esercito tedesco). Ma niente può eguagliare l’orrore che investì le «marocchinate»: è una brutta parola, ma allora la usavano tutti e si capiva subito di cosa si parlava.)

25 Aprile 1945, gli Alleati entrano a Roma.

Marzo 1946, II Costituzione provvisoria e referendum Monarchia/Repubblica con insediamento della Repubblica.

1947, firma del Trattato di pace.

Pr. Enzo Cheli

I partiti della Costituente

Polo cattolico-Marxista: le forze politiche protagoniste

Democristiani, socialisti e comunisti sono i principali artefici della Costituzione repubblicana con la presenza di liberali e Uomo qualunque. Poi l' insieme di questi partiti verrà definito Arco costituzionale.

L'Assemblea Costituente della Repubblica italiana, composta di 556 deputati, fu eletta il 2 giugno 1946 e si riunì in prima seduta il 25 giugno nel palazzo Montecitorio. L'Assemblea continuò i suoi lavori fino al 31 gennaio 1948. Durante tale periodo si tennero 375 sedute pubbliche, di cui 170 furono dedicate alla discussione e all'approvazione della nuova Costituzione.

All’ Assemblea costituente si sommano insieme circa i tre quarti dei voti e dei seggi. Buona parte della Costituzione è il frutto di compromessi che coinvolgono principalmente i democristiani e le sinistre senza trascurare le altre forze politiche ad opera di uomini e donne competenti e lungimiranti.

Democrazia cristiana– Partito di ispirazione cattolica, composito e “pluriclasse”. Ha una forte componente moderata, impersonata dal Presidente del Consiglio De Gasperi.

È presente, però, una vivace sinistra interna, di cui fanno parte Dossetti (che ne è sostanzialmente il leader), Fanfani, La Pira, Moro, Mortati (insignecostituzionalista).
Partito Socialista di Unità Proletaria e Partito comunista – uniti da un Patto di
unità d’azione- portano hanno come progetto un programma di trasformazione economica e sociale del Paese. Tra i personaggidi rilievo, emergono Pietro Nenni, segretario dei socialisti, e Palmiro Togliatti, segretario dei comunisti, nonché Ministro della giustizia del governo De Gasperi fino al 1947.

Altri esponenti di rilievo dell’Assemblea costituente Benedetto Croce e Luigi Einaudi - Intellettuali di ispirazione liberale (rispettivamente filosofo ed economista), il primo fu un tenace oppositore del regime fascista, il secondo sarà il primo Presidente della Repubblica nel 1948.

Piero Calamandrei – Insigne giurista, autorevole membro del Partito d’Azione.
Meuccio Ruini (gruppo dei liberali) - Presidente della commissione dei 75
Giuseppe Saragat – Esponente dell’ala moderata del gruppo socialista, Presidente dell’Assemblea costituente fino alle dimissioni nel 1947 in occasione della scissione interna al PSIUP. La scissione porta alla fondazione del Partito socialista dei lavoratori italiani (poi Partito socialdemocratico italiano), di cui Saragat diventa segretario. Subentra alla Presidenza dell’Assemblea l’ on. Terracini (gruppo dei comunisti)
Vittorio Emanuele Orlando, liberale-monarchico che richiama al Risorgimento

La Costituzione era uno spazio vuoto sul quale costruire un progetto per l' Italia anche sull' onda di una palingenesi etica necessaria. Nel territorio si consumavano ancora vendette private in seguito a odi ideologici!

Il Governo non intevenne mai sull' Assemblea costituente, sulla Commissione dei 75 presieduta da Meuccio Ruini, sulle sottocommissioni al lavoro e sul Comitato di coordinamento e redazione dei 18, tutti al lavoro sulle tre parti:
  • Diritti e Libertà
  • Rapporti economici
  • Costituzione e organizzazione dello Stato e del potere.
Calamandrei parlava di tante piccole officine.

Oltre a questa organizzazione formale molto si è svolto anche attraverso incontri informali e tutti erano concordi senza mai avere firmato un patto scritto sul fatto che tutti dovevano lavorare per il bene dell' Italia e del Popolo indipendentemente dalle esigenze di consenso dei vari partiti nella realizzazione di un ragionamento imparziale. Vedi Rawls.

Le Piramidi di Aldo Moro

Aldo Moro che allora era il più giovane dei Costituenti pensava alla Costituzione secondo un modello di “piramide rovesciata” presente in una conversazione privata tra i membri della Sottocommissione, conversazione che viene ricordata da Meuccio Ruini nel suo diario. Scrive Ruini che in questa conversazione Moro configurò l’impianto dei diritti fondamentali come una “piramide rovesciata” alla base della quale si doveva porre la persona che, nei livelli successivi della piramide che si andava allargando verso l’alto, si veniva a sviluppare progressivamente nelle formazioni sociali dove la persona opera: prima nella famiglia, poi nella scuola, nella confessione religiosa, nella comunità del lavoro e nel sindacato, fino a salire verso le formazioni politiche (i partiti), che nella visione di Moro venivano a rappresen‐tare l’anello di raccordo della persona e delle formazioni sociali con l’apparato pubblico (con lo Stato al centro e gli Enti espressione di autonomie territoriali alla periferia), regolati nella seconda parte della Costituzione.
L' impianto delle Istituzioni invece era rappresentato come una piramide convenzionale.

Da Luglio 1946 a Febbraio 1947 finì il lavoro preparatorio che poi passo all' Assemblea per la discussione generale. Interessante leggere gli atti per capire l' attenzione su ogni singola parola e la riflessione intorno alle ragioni storiche della Costituzione. La stesura definitiva risente degli interventi critici dei Liberali, di Benedetto Croce, di Nitti e dei rappresentanti dell' Uomo qualunque.
Dopo la discussione generale molto si discusse sulle singole parti: rapporti Stato/Chiesa, bicameralismo, Corte costituzionale. A dicembre 1947 la Costituzione è pronta e Ruini lo presenta all' Assemblea. Interessante il discorso che fa Ruini per capire le motivazioni principali dei Costituenti:
  • evitare il pericolo di aprire a regimi autoritari e antidemocratici
  • evitare il primato dell' esecutivo
Ruini:

si è d’altra parte evitato il pericolo di mettersi sul piano inclinato del governo di Assemblea. Ha l’apparenza di un sillogismo la tesi che, poiché la sorgente di sovranità è unica nel popolo, ed unica deve esserne la delegazione, ogni potere si concentra nel parlamento, e gli altri organi, il governo, il capo dello Stato, la magistratura, ne sono il comitato o i commessi ed agenti d’esecuzione. Si nega con ciò la possibilità di forme molteplici e diverse di espressione della sovranità popolare; e si lascia cadere quel tessuto costituzionale di ripartizione ed equilibrio dei poteri, che –anche se la formula di Montesquieuè in parte superata –ha costituito una conquista ed un presidio di libertà.

Gli assi portanti della Costituzione sono i primi 12 articoli. La Carta si presenta in una forma nuova ed inedita in Europa e nel mondo presentando uno Stato costituzionale che supera lo Stato Liberale di Diritto. La Costituzione viene approvata con una maggioranza del 90%.

Nei 18 mesi di lavoro della Costituente il quadro di politica interna ed estera era cambiato:
  • Guerra fredda (1947-1991)
  • Il III governo De Gasperi -2 febbraio1947 – 31 maggio 1947 (DC - PCI – PSI) entra in crisi De Gasperi annuncia a Nenni e Togliatti che la formula di governo che vede collaborare DC- PSI e PCI non è più adeguata alle esigenze del Paese. Il 6 maggio la DC propone l’allargamento della coalizione di governo.Lo stesso giorno incontra il governatore della Banca d’Italia Luigi Einaudi per proporgli di entrare nel governo come ministro del Bilancio. Le sinistre verranno escluse dal governo nazionale: IV Governo De Gasperi - 31 maggio 1947 – 23 maggio 1948 (DC - PLI - PSLI - PRI)
Si può dire che questi avvenimenti non incisero sula volontà etica dei costituenti i quali agirono in base al Velo d' ignoranza senza sapere chi avrebbe vinto le elezioni del 1948. I costituenti e il Governo procedettero entrambi con responsabilità e separatamente ognuno per perseguire i propri obiettivi. Al Governo la competenza sulle leggi ordinarie per leiferare su problemi gravissimi perlopiù legati alla crisi economica perchè la Costituzione doveva guardare oltre, a creare una nuova Patria. Il Governo non presentò il progetto ed entrambi procedettero su binari separati perchè i governi cambiano mentre la Costituzione dura nel tempo.
Non bisogna mai dimenticare che in politica estera l' Italia e Roma erano isolate mentre in politica interna erano presenti tutte le fratture: Monarcia/Repubblica, marxisti/liberali, cattolici/laici, Nord/Sud. La Costituzone aveva dei compiti ardui:
  • garantire l' unità
  • scongiurare la guerra civile
  • evitare ricadute autoritarie.
Costruire una Democrazia è difficile e ancora di più costruire una Democrazia in uno Stato diviso.
I costituenti portarono avanti questo compito attraverso l' elaborazione di un sistema di garanzie: abbondare in garanzie per tutte le forze in campo.
Vezio Crisafulli

Crisafulli, con Carlo Esposito e Costantino Mortati, è stato tra i più grandi costituzionalisti, e ha offerto a tutta la cultura giuridica del nostro Paese (non solo, quindi, agli studiosi di diritto positivo) un contributo notevole, che presenta tratti di profonda attualità. Crisafulli definiva le garanzie come i sistemi di limiti alla maggioranza. La Repubblica è democratica perchè appartiene al popolo ma al di sopra c' è la Costituzione che deve essere presidiata:
  • dal Presidente della Repubblicana
  • dalla Corte costituzionale
Diceva Pietro Calamandrei: la Costituzione “Dev’essere presbite, deve vedere lontano, non essere miope”.
Limitazione di sovranità

Articolo 11

L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo
19/2/2016. Pr. Ugo De Siervo: Il pensiero politico; come si è arrivati alla Costituzione?

I rappresentanti dei partiti politici sono arrivati alla ideazione e redazione della Costituzione dopo molti travagli, fatiche, sforzi, buona volontà da parte di ciascuna parte politica. La discussione è avvenuta all' interno della propria area e poi con le altre aree. I conflitti nell' una e nell' altra discussione sono stati molto aspri ma tutti sapevano che dovevano servire per arrivare in porto. Tutti furono all' altezza del compito dimostrandosi capaci di sottoporre ad autorevisione le proprie idee a tal punto da riuscire ad approvare la Costituzione con il 90% di voti a favore nonostante l' inizio della Guerra fredda e nonostante il Governo non fosse rappresentativo di tutti i partiti. Prevalsero Saggezza, volontà, lungimiranza e calma in quanto la Costituzione non era necessaria per governare ma era indispensabile per stabilire quelle regole a rifondare lo Stato in una situazione che più tragica non poteva essere e dopo che lo Statuto aveva rivelato i limiti dell' incapacità di governare la dialettica politica a tal punto da non riuscire a contenere il fascismo. Occorreva rifondare tutte le convivenze e tutti sentivano la necessità di una palingenesi etica. Tutte le idee, le ideologie, ogni cultura compresa la cultura politica composta dalle diverse correnti, dagli uomini esiliati e incarcerati per motivi politici, dai partiti del C.N.l., dai cattolici, dai monarchici e da coloro che erano cresciuti durante il fascismo e magari lo avevano sostenuto per poi prendere una nuova consapevolezza, tutto si confrontò anche nella forma dell' un contro l' altro armato. Le ideologie erano forti anche provenienti dalla politica estera: il Marxismo e il Costituzionalismo americano.
In Italia occorreva fare i conti con la tradizione democratica pre-fascista: la liberal democrazia sostenuta da un costituzionalismo elitario incentrato sull' idea dell' immaturità e inadeguatezza di contadini e operai. L' Italia nasce tardi come Stato unitario da storie e culture differenziate e sedimentate, quando nasce si impone i modello di potere sabaudo a guida piemontese. Ancora nel 1882 avevano diritto al voto un milione e mezzo di cittadini, maschi ricchi. Tutto questo ha comportato una fragilità statuale, aggravata dal fascismo che i nuovi costituenti dovevano rimediare. Dopo la Grande guerra e la caduta degli imperi si erano formati nuovi stati con nuove regole supportati da costituzioni della nuova Europa.
Nella Storia dell' uomo europeo non c' erano esempi di democrazie popolari a suffragio universale che sono complicate e hanno bisogno di molto denaro ma occorreva partire anche fra discussioni aspre sulla forma di potere emerse dal confronto fra le varie costituzioni.
Tra le due guerre erano stati fatti molti tentativi ed esperienze di democratizzazione degli stati ma in presenza di troppe forze antagoniste che facevano riferimento: al modello sovietico, al modello fascista, al modello nazista, ai partiti liberal-borghesi, al sindacato, ai pluralismi culturali. Per fare un esempio di conflitti culturali in Italia:
Giorgio la Pira faceva riferimento a San Tommaso D' Aquino, Palmiro Togliatti al Comintern e poi c'era l' idealismo di Croce, i senatori liberali e i sopravissuti del regime fascista. Le idee erano confuse ma gli uomini sono stati capaci di cambiarle perchè bisognava farlo per arrivare a realizzare il Principio di giustizia, anche confrontando le varie costituzioni degli altri stati.

Presidenzialismo. Meuccio Ruini, Presidente della Costituente, socialdemocratico di DX, di fronte alla proposta presidenzialista metteva in guardia contro il potere “Cesarista”.
Costituzione di Weimar. Era stata molto importante ma non era stata capace di porre un argine al nazismo.
Costituzione austriaca: razionalizzata, federale con garanzie provenienti dalle corti costituzionali.
I tentativi francesi sono indeboliti dal parlamentarismo.
Quali erano e come sono cambiate le idee?
Il PSIUP E IL PCI risentivano delle idee del marxismo-leninismo realizzato e non ancora inquinato dalle conoscenze di quanto accaduto durante lo Stalinismo (epoca e regime politico in cui si affermò in Urss la dispotica dittatura di Stalin e l'ideologia a essa connessa. Iniziò alla fine degli anni venti e terminò con la morte del dittatore nel 1953. Fu in questo periodo che si costituirono i tratti fondamentali del sistema sovietico, segnato dall'ispirazione dello stato-partito ad assumere il controllo totale su tutti gli aspetti della vita del paese (politica, economica, sociale e culturale).
La tendenza a una Costituzione di sinistra era molto sviluppata ma, in Italia, non si procedette in base a singole proposte dei partiti come si fece in Francia e a causa di ciò una Costituzione molto influenzata dalla sinistra giacobina fu respinta da un referendum! Una seconda costituzione invece fu approvata da un referendum.
In Italia i partiti non presentarono singoli progetti di Costituzione, solo pochi sapevano ciò che accadeva in URSS e, pur essendo molto forte l' ideologia marxista e la lontananza dal modello dell' Europa occidentale, tuttavia la sinistra italiana seppe percorrere una propria via e lavorare in comune con tutti. Terracini teorizza la Costituzione microrigida con spazio all' assemblea e la presenza di tutti i diritti sociali.
IL MONDO CATTOLICO-DEMOCRATICO. I rappresentanti politici del mondo cattolico democratico avevano una idea diversa della Costituzione ed erano molto chiaramente portati verso una Costituzione importantecon tutti i meccanismi di garanzia e rappresentanza per la costruzione delo Stato sociale.
CATTOLICI PURI. Il mondo cattolico, durante il fascismo si era astenuto dalla vita politica preferendo impegnarsi nella società e non nello Stato. I cattolici puri teorizzavano uno Stato cristiano con una evidente riduzione del pluralismo. Il confronto fra le varie posizioni fu molto duro anche perchè questi uomini e donne, dopo quanto accaduto allo stato italiano durante il fascismo, non erano più disposti ad astenersi dalla vita politica abbandonando lo Stato. Aldo Moro che faceva parte del gruppo dei giovani laureati cattolici (il Movimento laureati di Azione cattolica è fondato nel 1933 da Igino Righetti e Giovanni Battista Montini, all’epoca presidente e assistente della Federazione universitaria cattolica italiana: giunge così a compimento il progetto di dare continuità alla formazione religiosa e intellettuale dei giovani fucini, dopo gli anni universitari, attraverso una specifica associazione). Alla ripresa della vita democratica, i Laureati cattolici, guidati da Aldo Moro nel biennio 1945-1946, promuovono l’istituzione delle unioni professionali, che intendono manifestare un’attenzione specifica nei diversi ambiti della cultura. L’associazione costituisce un serbatoio importante per la «classe dirigente» cattolica alla guida del paese. Al centro della riflessione, si collocano ora i grandi temi della vita politica e della ricostruzione dello Stato: significativo, in questo senso, è il tema del X Congresso del 1948 incentrato su «Verità e libertà nella convivenza democratica». In questo periodo Aldo Moro scrive: Il valore dello Stato.
DON LUIGI STURZO. Bisogna soffermarsi su questa figura. Don Sturzo fonda il Partito Popolare Italiano (PPI), nel 1919, dopo il Non expedit conseguente alle vicende dell' unificazione nazionale. L' attenzione è verso la persona e la società direttamente ispirato alla dottrina sociale della Chiesa. Don Sturzo ha sempre scritto stato con la s piccola a testimonianza del fatto che aveva più fiducia nella persona e nella società più che per lo stato. Per Mussolini, Don Sturzo, era un "sinistro prete", un pericoloso concorrente, da esiliare. Nel dopoguerra. Don Sturzo cambiò idea riguardo lo Stato abbandonando la sua diffidenza però lo Stato andava valorizzato e non bisognava più lasciare lo Stato a sé stesso per evitare il pericolo di guerre, dittature e liste di proscrizione. Per Don sturzo tutto questo doveva avvenire attraverso una forma di laicità originata dall' attaccamento alla tradizione cattolica. Per la DC del dopoguerra e per i cattolici anacquati Don Sturzo diventerà un "rompiscatole" un "catto-comunista", da isolare per poter aprire - con la partitocrazia- quella strada dello statalismo endemico, figlio dell'assenza di un concreto ricambio di potere. Don Sturzo non aveva ancora visto (morì nel '59) l'"allegro" Stato imprenditore (delle partecipazioni), quello assistenziale (degli industriali però, pubblici e privati), quello Stato che andrà a creare lo spaventoso "buco nero" del debito pubblico; senza moralità, senza trasparenza, senza responsabilità personale. In una sola generazione ha sperperato denari che forse non riusciranno a pagare nemmeno le prossime quattro generazioni di Italiani.
Queste critiche sono, a distanza di anni, pagine di una grande modernità, o meglio delle profezie. E Don Sturzo non aveva ancora visto (morì nel '59) l'"allegro" Stato imprenditore (delle partecipazioni), quello assistenziale (degli industriali però, pubblici e privati), quello Stato che andrà a creare lo spaventoso "buco nero" del debito pubblico; senza moralità, senza trasparenza, senza responsabilità personale. In una sola generazione ha sperperato denari che forse non riusciranno a pagare nemmeno le prossime quattro generazioni di Italiani. 

GIUSEPPE DOSSETTI. Nel 1940, anno dell'entrata in guerra dell’Italia, Dossetti vinse il concorso per assistente di ruolo alla cattedra di diritto canonico, ma iniziò anche, sia pure inizialmente in sordina, una riflessione sul significato della guerra che stava sconvolgendo il mondo. Nell’ottobre 1941 un gruppo di persone, moderate da Dossetti, tra le quali Amintore Fanfani, Amorth, Lazzati, il gesuita Carlo Giacon, Sofia Vanni Rovighi, poi Carlo Colombo, occasionalmente Giorgio La Pira e altri, iniziò a radunarsi tutti i venerdì in casa di Umberto Padovani, docente di filosofia alla Cattolica, per riflettere sulla crisi indotta dalla guerra e sulla inevitabilità, e sulla auspicabilità, di un regime democratico a cui i cattolici avrebbero dovuto dare il loro apporto convinto. Da queste discussioni Dossetti registrò una serie di posizioni in un documento che andò perduto durante la sua azione nella resistenza.
In un primo momento Dossetti ritenne che i cattolici, di fronte a una guerra civile, avrebbero dovuto schierarsi certamente a favore di un regime democratico ma non partecipare alla lotta armata. Presto però si rese conto della difficile pratica di questa scelta e si lasciò coinvolgere, insieme con il fratello Ermanno, nel movimento di resistenza: entrò prima nel Comitato di Liberazione Nazionale (CLN) della sua Cavriago e poi, nel dicembre 1944, nel CLN provinciale di Reggio Emilia, di cui fu eletto presidente.
La scelta di essere un 'partigiano disarmato' derivava semplicemente dalla sua personale posizione di uomo 'consacrato' (era terziario francescano), ma dal febbraio 1945 fu in montagna con le formazioni armate partigiane e partecipò ad azioni militari come la battaglia di Ca’ Marastoni (1° aprile 1945) da lui rievocata nel suo discorso alla Costituente del 21 marzo 1947. Nell’azione partigiana Dossetti si impegnò a dare contenuto politico alla presenza cattolica, inquadrandola nel nuovo partito in formazione della Democrazia Cristiana Il contributo di Dossetti e del suo gruppo alla Costituente fu notevole. Si deve a lui l’orientamento del lavoro della Commissione incaricata di preparare la bozza di Costituzione (la Commissione dei 75 presieduta da Meuccio Ruini) per un lavoro su tre sottocommissioni: sui diritti e i doveri dei cittadini; sull’organizzazione costituzionale dello Stato; sui diritti e i doveri in campo economico e sociale. I dossettiani (Dossetti, La Pira, Moro) si concentrarono sulla prima, che in realtà si occupò di disegnare il sistema di valori a cui si ispirava il nuovo testo. Fanfani agì solitario nella terza ottenendovi però una posizione centrale, mentre nella seconda Dossetti stabilì un buon rapporto con il costituzionalista Costantino Mortati, che si fece propugnatore di alcune istanze molto sentite dal gruppo. Accanto agli interventi personali, costanti in sede di prima sottocommissione, Dossetti si dedicò a un delicato ma importantissimo lavoro di regia degli interventi nel suo gruppo, lasciando una forte impronta sulla scrittura della Carta: l’impostazione personalistica del riconoscimento dei diritti di cittadinanza, la definizione della Repubblica come «fondata sul lavoro», i limiti costituzionali al potere dello Stato, il rilievo dato ai moderni partiti come pilastri del sistema democratico. Si fece carico del lavoro più delicato: come dar corso alla richiesta perentoria del Vaticano di un riconoscimento costituzionale dei Patti Lateranensi, e in specie del Concordato del 1929, aggirando l’ostilità verso un accordo ritenuto strumento di consolidamento del fascismo e dal contenuto illiberale in alcune norme del Concordato. Su questo terreno giocò una partita quasi spericolata. Dossetti appariva emarginato. Lo richiamò sulla scena politica la grave crisi sociale tra la fine del 1949 e l'inizio del 1950, che comportò una forte presenza ideologica capace di mobilitare (e nobilitare) la politica nazionale degasperiana. Era l’esigenza di dare risposta a quella che La Pira definì in un famoso articolo L’attesa della povera gente (Cronache sociali, 15 aprile 1950): una politica di impronta in senso lato keynesiana, che superasse l’egemonia esercitata dagli economisti liberali devoti al monetarismo classico.
Durante la Costituente si riuscì a scendere a compromessi di valore ma poi la DC dovette sottostare a esigenze di una politica bassa. Don Sturzo morì e Dossetti si autoemarginò perchè sdegnato: famosa la sua frase a un latifondista che si lamentava degli scioperi; "... ma chi spinge i braccianti a scioperare? I comunisti, o voi altri, col vostro sporco egoismo, col vostro desiderio di fare sempre più soldi sulla pelle degli altri?" Nonostante il suo ritiro veniva sempre chiamato quando c' era la necessità di sentire parole preziose favorevoli alla persona umana.
GIORGIO LA PIRA. Chiamato a mediare con i quadri cattolici attraverso UNA SERIE DI conferenze spiega anche cosa si intende per Costituzione

XIX SETTIMANA SOCIALE Firenze, 22 - 28 Ottobre 1945
Costituzione e costituente

PROLUSIONE: ELIA DALLA COSTA, I cattolici e la Costituente

LEZIONI:
GIUSEPPE GRANERIS, La Costituente e i fini dello Stato
GUIDO GONELLA, Vitalità e decadenza delle Costituzioni
FERRUCCIO PERGOLESI, Orientamenti e tendenze delle Costituzioni contemporanee
CAMILLO CORSANEGO, Il problema religioso nelle Costituzioni moderne
AMINTORE FANFANI, Il problema sociale contemporaneo e le Costituzioni
EGIDIO TOSATO, Garanzia delle leggi costituzionali
ANTONIO AMORTH, Essenza e funzioni della Costituente
ANTONIO MESSINEO, Fonte del potere costituente
ANTONIO LANZA, Estensione e limiti del potere costituente

CHIUSURA DEI LAVORI:
ADRIANO BERNAREGGI, Democrazia e Costituente
CONFERENZE SERALI:
MARIO MARSILI LIBELLI, Nel Centenario della nascita di G. Toniolo
GIORGIO LA PIRA, Il nostro esame di coscienza di fronte alla Costituente

La Pira: Le Settimane sociali, interrotte per un periodo, riprendono dopo la caduta del fascismo e la fine della seconda guerra mondiale. L’obbiettivo di questo incontro è quello di indicare agli italiani delle linee guida per costituire una società ispirata ai principi religiosi e morali cristiani e il tema è quello della Costituzione e della Costituente. La prima questione che viene affrontata è quella di stabilire quali siano i limiti, le competenze, i fini, la natura dello Stato, considerato non come arbitro della vita dei suoi cittadini o, al contrario, come semplice tutore di un ordine esterno, estraneo alla possibilità di porre un freno all'iniziativa privata,ma come una realtà importante, imprescindibile. Per costruire una Costituente bisogna tener conto delle esperienze costituzionali degli altri Paesi, soprattutto quelli europei, e formare spiritualmente le nuove classi dirigenti.
L’augurio espresso da tutti i partecipanti è che la nuova la Costituente italiana ispiri democraticamente la nuova Costituzione dello Stato alla coscienza catto lica della Nazione. In particolare che in essa sia espresso il rispetto della dignità della persona umana, che la religione cattolica sia considerata elemento essenziale della civiltà della Nazione, che sia posto un particolare riguardo alla famiglia, alla scuola,alla giustizia sociale concepita secondo l’idea cristiana, che sia rispettato il principio della pace e della cooperazione e della giustizia internazionale realizzata sulla fraternità ad uguaglianza dei popoli. I cattolici affermano qui il loro contributo per attuare queste finalità e l’adempimento al dovere elettorale

HANS KELSEN. Durante il dibattito della settimana sociale è molto presente la riflessione di Hans Kelsen, considerato uno dei più grandi giuristi del ventesimo secolo.
Kelsen è noto come il capostipite novecentesco della dottrina liberal-democratica del diritto su base giuspositivista:

  • "La dottrina pura del diritto è una teoria del diritto positivo. Del diritto positivo semplicemente, non di un particolare ordinamento giuridico. È teoria generale del diritto, non interpretazione di norme giuridiche particolari, statali o internazionali. Essa, come teoria, vuole conoscere esclusivamente e unicamente il suo oggetto. Essa cerca di rispondere alla domanda: che cosa e come è il diritto, non però alla domanda: come esso deve essere o deve essere costituito. Essa è scienza del diritto, non già politica del diritto" (Lineamenti di dottrina pura del diritto, Einaudi, Torino 1967, p. 48).
EMMANUEL MOUNIER. Le idee di Emmanuel Mounier sintetizzate nella Democrazia personalista erano molto presenti nei costituenti D.C.. Essere democratici significava innanzitutto rivendicare la dignita’ di una presenza politica per cambiare la condizione sociale e far maturare la coscienza morale dei cittadini. E’ il solidarismo cristiano di cui la Chiesa Cattolica e’ maestra e guida, valido ancora oggi. Solo l' attenzione alla persona mantiene lo spessore etico e la stessa validità della politica anche se non vuole essere etica. Essere “personalisti” significa non essere individualisti ma persone impegnate fattivamente per una cultura della partecipazione e un unita’ dei valori affinche’ l’uomo sia sempe piu protagonista della vita sociale come persona con la sua irripertibile e singolare creaturalita, per creare una reale “democrazia della partecipazione” che valorizzi i corpi internedi dello stato, cosi’ come sarà garantito dalla Costituzione della Repubblica Italiana!
Il maggior numero di giuristi chiamati a riflettere sulla Costituzione appartenevano alla D.C. (la Democrazia Cristiana è stata un partito politico italiano di ispirazione democratico-cristiana e moderata, fondato nel 1942 e attivo sino al 1994) e si fecero portavoce del modello costituzionalista europeo.

ALCIDE DE GASPERI. Il lavoro della costituente fu il frutto di un impegno corale e De Gasperi ebbe un ruolo decisivo nel garantire il clima necessario ai lavori della Costituente: neutralizzò nella fase preparatoria spinte giacobine, in nome del potere assoluto della sovranità popolare, allora presenti nella sinistra e oggi riemergenti, paradossalmente a destra, e garantì il quadro politico del lavoro costituente, anche dopo la crisi dell’unità antifascista nel maggio 1947. Rese possibile quella approvazione quasi unanime del 27 dicembre che fa della Costituzione un elemento cardine della convivenza civile nel nostro paese». De Gasperi non intervenne mai in costituente lasciando il Governo al di fuori dei lavori. De Gasperi, Presidente del Consiglio per tutta la durata dell’ Assemblea, apparve come estraniato dal lavoro di formazione del testo costituzionale (con l’eccezione per il voto dell’art. 5 – ora art. 7– del progetto elaborato dalla Commissione Ruini sui rapporti Stato-Chiesa). L', on. Palmiro Togliatti ebbe a sottolineare, ma a torto, una sorta di indifferenza di De Gasperi per i problemi costituzionali. In realtà, l’allora Presidente del Consiglio scelse di proposito una linea di non interferenza governativa ma non di indifferenza. De Gasperi nonostante il banco del Governo fosse riservato al Comitato direttivo della Commissione dei 75, non intervenne in base a una linea di riguardo giustificato anche dall’ eterogeneità delle componenti partitiche dell’esecutivo. L' unica occasione nella quale intervenne fu per parlare dell’art. 7 e intervenne dal suo seggio di deputato come leader della Democrazia Cristiana e non come Presidente del Consiglio. Questo scrupolo di non mescolare attività di governo ed attività costituente si rivelò particolarmente avveduto dopo la svolta del maggio 1947, realizzata con l’avvento del Ministero De Gasperi-Einaudi, per meglio affermare la distinzione dei due livelli di azione dell’Assemblea, garantendo la continuità di clima collaborativo nella fase conclusiva del lavoro dedicato alla nuova Costituzione. La crisi di Governo non influì ne affrettò in alcun modo i lavori dell' Assemblea. Giulio Andreotti, ci ha detto che De Gasperi era quotidianamente informato sull’andamento dei dibattiti nelle Sottocommissioni, nella Commissione dei 75, in sede plenaria, incaricata della stesura del progetto, e, successivamente, nelle discussioni e nelle deliberazioni di assemblea: la discrezione e il riserbo da lui mantenuto a livello ufficiale non gli impedirono certo alcuni incisivi interventi a monte e nel corso dell’attività propriamente costituente, anche se conosciuti molto più tardi della loro realizzazione.

De Gasperi, senza essere un giurista e un costituzionalista, aveva idee molto chiare di politica costituzionale, come risulta già da Idee ricostruttive della DC del 1943 presenti nel discorso al congresso di Napoli (27 giugno 1954):
  • «Noi abbiamo una costituzione deliberata in base ai risultati del plebiscito: essa è l’unica esistente sulla quale oggi possa vivere e operare l’unità nazionale ... mettete in forse la Costituzione in una sua parte essenziale e voi farete vacillare tutto: la legittimità, l’autorità, l’unità, il diritto storico e quello formale».
Il compromesso di tutte le forze politiche, il mettere insieme ha permesso la scrittura della Costituzione in previsione della pace sociale anche in presenza di posizioni divaricate ma espresse e messe in comune per poi fare le scelte.

A coordinare il gruppo dei giuristi ci fu Giuseppe Dossetti

Costantino Mortati delineò la linea: libertà e diritti per poi passare all' assetto parlamentare
Pietro Calamandrei (vedi: Discorso agli studenti milanesi (1955) sosteneva apprezzava il modello Nord-americano con sistema bi-partitico.

In sintesi:
  • nessun partito presenta un progetto scegliendo il confronto
  • i partiti scelsero di lavorare insieme discutendo duramente fino ad arrivare alla comprensione
Dopo varie discussioni emersero due filoni di idee

LELIO BASSO. Uomo politico italiano, deputato e senatore in più legislature e per più raggruppamenti (PSI, PSIUP, sinistra indipendente), per tutta la vita si dedicò al progetto di una società socialista e alla battaglia per i diritti umani, dando vita a fondazioni politico-culturali di grande peso e facendosi promotore di importanti iniziative internazionali.
Avvocato, antifascista, più volte in carcere e al confino, partecipò alla Resistenza e all'insurrezione di Milano. Membro della Costituente, fu Segretario generale (1948) e poi membro della direzione (1949-51; 1957-64) del Partito socialista italiano, in seno al quale rappresentò la tendenza a una politica di collaborazione con il PCI. Alla costituente Lelio Basso raccolse la linea delle sinistre ispirata al costituzionalismo democratico europeo ma anche a tendenze che derivavano dall' ammirazione per il maresciallo Stalin e Giorgio la Pira portò le idee della D.C. Anche impregnate di corporativismo, dalla Dottrina sociale della chiesa, dal Tomismo e dal Mounierismo.
Il dibattito fu aspro, duro con Giuseppe Dossetti in difesa di la Pira che erano stati insieme nella Resistenza e che si richiamavano ai valori di fondo: personalismo e valore assoluto della persona e della società.
CONCETTO MARCHESI. Nel 1946 venne eletto nell'Assemblea Costituente e partecipò alla scrittura della Costituzione italiana. Nota è la sua dissidenza con Togliatti perché rifiutò l'inserimento dei Patti Lateranensi nell'articolo 7 della Costitizione e quando si trattò di votare il relativo articolo, uscì dall'aula con un gruppo di deputati comunisti intransigenti, tra i quali Teresa Noce. Nonostante le divergenze rimase sempre amico personale di Togliatti. Sarebbe stato proprio Togliatti nel dicembre 1947, a suggerire al presidente Terracini una pausa dei lavori dell'Assemblea costituente, prima della votazione finale della Costituzione, affinché Marchesi avesse due settimane di tempo per dare una revisione finale, sotto il profilo della pulizia linguistica e della coerenza sintattica e stilistica, al testo della Costituzione della Repubblica Italiana. Per conoscere meglio Marchesi si propone un appello agli studenti di Padova, post-datato al 1º dicembre e che verrà diffuso il 5 dicembre.
  • Una generazione di uomini ha distrutto la vostra giovinezza e la vostra patria. Traditi dalla frode, dalla violenza, dall'ignavia, dalla servilità criminosa, voi insieme con la gioventù operaia e contadina, dovete rifare la storia dell'Italia e costituire il popolo italiano. Non frugate nelle memorie o nei nascondigli del passato i soli responsabili di episodi delittuosi; dietro ai sicari c'è tutta una moltitudine che quei delitti ha voluto e ha coperto con il silenzio e la codarda rassegnazione; c'è tutta la classe dirigente italiana sospinta dalla inettitudine e dalla colpa verso la sua totale rovina.
Nella seconda parte Marchesi chiamò gli studenti all'insurrezione.

Alla fine abbiamo i due articoli: 2 e 3 e poi il cuore del cuore: l' art. 1

Tutti concorsero alla volontà di costruire una Democrazia piena, progressiva, radicale e fatta per durare. Il compromesso costituzionale non ci sarà sempre. I partiti di sx si portano dietro il modello giacobino basato sulla concentrazione del potere e la D.C. Si allea con i laico-liberali. Il modello pluralista, articolato e progressista nasce dall' alleanza fra la D.C. E i Liberali.

IL RUOLO DETERMINANTE DEI LIBERALI. Nella fase cruciale di fondazione della Repubblica gli interventi della famiglia liberale fu determinante. Furono 41 i Costituenti eletti nella lista denominata “Unione democratica nazionale” e fra di loro nomi illustri quali Benedetto Croce, Francesco Saverio Nitti, Vittorio Emanuele Orlando, Luigi Einaudi, Arturo Labriola, che erano stati fra i protagonisti dell’Italia prefascista, ed i più giovani Aldo Bozzi, Epicarmo Corbino, Giuseppe Grassi, Gaetano Martino. A loro, come a tutti gli altri componenti liberali della Consulta nazionale, alcuni dei quali in seguito eletti alla Costituente, si deve un approfondito e generoso impegno, volto a disegnare la Carta costituzionale secondo i principi del liberalismo, quali da molto tempo professavano e praticavano grandi nazioni come la Gran Bretagna e gli Stati Uniti d’America. Sulla riuscita di questo tentativo, la recente valutazione storiografica appare più aperta che nel passato. I liberali fecero molti interventi accorati a favore o contro le tendenze che loro consideravano non idonee ed ebbero anche paura che il prodotto potesse rivelarsi non idoneo alle libertà personali e d' impresa. Tutte le forze posero molta attenzione alla lingua e alle parole usate e tutti avevano un' idea non arrogante del potere rispettando il prodotto dell' Assemblea avendo precisa cognizione dell' importanza storica del lavoro e della responsabilità che ne derivava sapendo distinguere ciò che deve servire a tutti.
Il progetto si rivelò vivo e vitale valido ancora oggi. In certi periodi storici la Costituzione è stata tradita ma poi, come un fiume carsico, riemerge perchè per uscire dalle difficoltà ci si rifà alla Costituzione che lentamente è entrata nella mentalità delle persone ed è un' argine alla violenza permettendo la lotta politica con metodi democratici. Le democrazie europee più recenti hanno copiato la nostra Costituzione! .

25/2/2016. Lorenza Carlassare: Le madri costituenti. Libro consigliato: IL GENIO FEMMINILE DELLE “MADRI COSTITUENTI” Il contributo delle donne all’ Assemblea Costituente 1946 a cura di Laura Serantoni – Presidente regionale C.I.F. Emilia Romagna

L'Assemblea Costituente della Repubblica italiana, composta di 556 deputati, fu eletta il 2 giugno 1946 e si riunì in prima seduta il 25 giugno nel palazzo Montecitorio. L'Assemblea continuò i suoi lavori fino al 31 gennaio 1948. Durante tale periodo si tennero 375 sedute pubbliche, di cui 170 furono dedicate alla discussione e all'approvazione della nuova
LE 21 MADRI DELLA COSTITUZIONE

Ma perché si parla sempre di padri della Costituzione e della Repubblica ?!

Ci sono, anche, le MADRI DELLA COSTITUZIONE E DELLA REPUBBLICA, donne di valore, coraggio e intelligenza che riuscirono a far capire agli uomini l'importanza di inserire le donne nei processi democratici, come elemento fondamentale di sviluppo per un popolo.
PREMESSA

IL DIRITTO DI VOTO PER LE DONNE, AVVALLATO CON IL DECRETO LUOGO-TENENZIALE DEL 1 FEBBRAIO 1945, era composto da quattro articoli:

Art. 1- il diritto di voto è esteso alle donne che si trovino nelle condizioni previste dagli articoli 1 e 2 del testo unico della legge elettorale politica, approvato con regio decreto 2 settembre 1919, n. 1495:

Art. 2 - è ordinata la compilazione delle liste elettorali femminili in tutti i Comuni. Per la compilazione di tali liste, che saranno tenute distinte da quelle maschili, si applicano le disposizioni del decreto legislativo luogotenenziale 28 settembre 1944 n. 247, le relative norme di attuazione approvate con decreto del Ministro per l’Interno in data 24 ottobre 1944.

Art. 3 - oltre quanto stabilito dall’art. 2 del decreto del Ministro per l’Interno in data 24 ottobre 1944, non possono essere iscritte nelle liste elettorali le donne indicate nell’art. 354 del Regolamento per l’esecuzione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 6 maggio 1940, n. 635.

Art. 4 - Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta del Regno.

Dopo le prime consultazioni amministrative (parziali, perché per i consigli comunali e provinciali le elezioni si tennero in due tornate, nella primavera e nell’autunno del ‘46), alla votazione simultanea del 2 giugno 1946, per il Referendum istituzionale tra monarchia e repubblica e per le elezioni all’Assemblea costituente, LA PRESENZA DELLE ELETTRICI FU ALTISSIMA, con interessanti differenziazioni: Nord: 91,3% uomini e 90,3% donne; Centro: 89,7 % uomini e 88,0% donne; Sud 84,8% uomini e 86,2% donne; Sicilia: 84.8% uomini e 86,2% donne; Sardegna: 84,4% uomini e 87,3% donne.

AL SUD E NELLE ISOLE L’ELETTORATO FEMMINILE FU PIÙ NUMEROSO DI QUELLO MASCHILE.
Costituzione.

Le nostre MADRI COSTITUENTI sono le 21 donne elette il 2 giugno 1946 ( 21 su 556 componenti l'Assemblea Costituente cioè il 3,78%):

La prima donna della Consulta a parlare in un’assemblea democratica fu Angela Guidi Cingolani che condivideva con altre elette trascorsi di prigione e di confino. Tutte le Madri lottarono e furono attente alle speranze delle italiane, per non deludere le migliaia di donne partigiane, staffette, donne antifasciste che in mille modi avevano contribuito alla Liberazione.
Il primo successo delle Madri della Consulta fu quello di ottenere che il premio della Repubblica, di £ 3000, fosse esteso anche alle vedove di guerra e alle mogli dei prigionieri.

Tra le Madri Costituenti, nove erano comuniste, tra cui cinque dell’UDI (Adele Bej, Nadia Gallico Spano, Nilde Jotti, Teresa Mattei, Angiola Minella, Rita Montagnana, Teresa Noce, Elettra Pollastrini, Maria Maddalena Rossi )
Nove democratiche cristiane (Laura Bianchini, Elisabetta Conci, Filomena Delli Castelli, Maria De Unterrichter Jervolino, Maria Federici, Angela Gotelli, Angela Guidi Cingolani, Maria Nicotra, Vittoria Titomanlio).
Due socialiste ( Angelina Merlin e Bianca Bianchi) e una della lista ”Uomo Qualunque” (Ottavia Penna Buscemi).

Nella Commissione dei 75 furono elette 5 donne:

Maria Federici (D.C.), Teresa Noce (P.C:I.), Angelina Merlin (PSI), Nilde Iotti (PCI) e Ottavia Penna Buscemi (UOMO QUALUNQUE) entrarono a far parte della Commissione Speciale incaricata di elaborare e proporre il progetto di Costituzione da discutere in aula, divenuta nota con il nome di Commissione dei 75 In particolare lavorarono nella Prima Commissione (Diritti e doveri dei cittadini) Nilde Iotti, e nella Terza Sottocommissione (Diritti e doveri economici e sociali) Maria Federici, Angelina Merlin Teresa Noce Longo (cfr. allegati con date delle riunioni e argomenti a cui parteciparono le donne elette come da resoconti originali dell'Assemblea Costituente disponibili sul sito della Camera dei Deputati all'indirizzo http://legislature.camera.it/.
Provenienti geograficamente da tutta la penisola, erano in maggioranza sposate – 14 su 21 – ed avevano figli, a testimoniare che l’impegno politico non è un fatto solo per suffragette senza famiglia. Avevano tutte studiato – fra loro c’erano ben 14 laureate. La loro formazione politica si era svolta principalmente accanto al marito e al padre. Conquistarono il diritto alla cittadinanza partecipando attivamente alla Resistenza Quasi tutte laureate, molte di loro insegnanti, qualche giornalista-pubblicista, una sindacalista e una casalinga; tutte piuttosto giovani e alcune giovanissime.
Molte avevano preso parte alla Resistenza, pagando spesso personalmente e a caro prezzo le loro scelte, come Adele Bei (condannata nel 1934 dal Tribunale speciale a 18 anni di carcere per attività antifascista), Teresa Noce (detta Estella, che dopo aver scontato un anno e mezzo di carcere perchè antifascista venne deportata in un campo di concentramento nazista in Germania dove rimase fino alla fine della guerra) e Rita Montagnana (che aveva passato la maggior parte della sua vita in esilio).
Delle venti donne elette fu prima la on. Bianca Bianchi, socialista, professoressa di filosofia che a Firenze ha avuto 15.000 voti di preferenza
Della prima delle elette si legge sulle colonne del “Risorgimento liberale” del 26 giugno: “Vestiva un abito colore vinaccia e i capelli lucenti che la onorevole porta fluenti e sciolti sulle spalle le conferivano un aspetto d’angelo. Vista sull’alto banco della presidenza dove salì con i più giovani colleghi a costituire l’ufficio provvisorio, ingentiliva l’austerità di quegli scanni. Era con lei (oltre all’Andreotti, al Matteotti e al Cicerone) Teresa Mattei, di venticinque anni e mesi due, la più giovane di tutti nella Camera, vestita in blu a pallini bianchi e con un bianco collarino. Più vistose altre colleghe: le comuniste in genere erano in vesti chiare (una in colore tuorlo d’uovo); la qualunquista Della Penna in color saponetta e complicata pettinatura (un rouleau di capelli biondi attorno alla testa); in tailleur di shantung beige la Cingolani Guidi, che era la sola democristiana in chiaro; in blu e pallini rossi la Montagnana; molto elegante, in nero signorile e con bei guanti traforati la Merlin; un’altra in veste marmorizzata su fondo rosa”. Nel gruppo delle comuniste c’era anche la giovanissima Nilde Iotti, che era stata durante la Resistenza prima responsabile dei Gruppi di Difesa della Donna e poi porta-ordini (verrà nominata nel 1979 Presidente della Camera, prima donna nella storia della Repubblica e confermata fino al 1992);
tra le democristiane Elisabetta Conci, figlia di un senatore del vecchio Partito Popolare, la partigiana Angela Gotelli che aveva partecipato alla Resistenza nel parmense e Angela Guidi Cingolani, la prima donna che sarà chiamata al governo, come sottosegretario, nel VII governo De Gasperi-

Madri costituenti.

Si è deciso di chiamarle madri costituenti perchè si parlava solo dei padri costituenti. E' sempre utile e necessario parlare di loro soprattutto in questo momento storico non certo favorevole ai popoli tutti e nello specifico alle donne. Giustizia ed uguaglianza non sono più Principi da ricercare primariamente ma devono soccombere ad esigenze della finanziarizzazione neo-liberista. Le donne costituenti furono, nonostante il n. esiguo, protagoniste della ideazione della Costituzione e pensare che fino a quel momento le donne non avevano mai votato e che il fascismo aveva assegnato loro solo il compito di mogli e madri. Provenivano da un tempo storico nel quale, per le donne, la legge non c' era. Questo dovrebbe farci rifllettere molto perchè loro riuscirono a portare la legge dove non c' era! Furono loro con la loro intelligenza perchè gli uomini non hanno mai avuto quell' intuizione morale di farlo spontaneamente! Attenzione perchè una caduta di attenzione e di intelligenza può distruggere tutto. Loro si sono fatte trovare pronte come le 5 vergini sagge della parabola attuando un comportamento saggio in vista della salvezza. (La parabola delle vergini sagge e stolte è propria di Matteo. Con ogni probabilità fu pronunciata da Gesù come appello urgente a prepararsi per la venuta imminente del regno. Il primo evangelista l'ha poi collocata nel contesto escatologico (cioè relativo ai "tempi finali della storia") dei capp.24-25, all'interno di una sezione in cui ritorna più volte l'invito alla vigilanza e ad un'adeguata preparazione all'incontro definitivo con il Signore Gesù). Seppero parlare a voce alta e bene con parole forti che hanno pesato soprattutto nel campo dei diritti sociali apportando un pensiero capace di sostanziare i Principi di uguaglianza e differenza che sono alla base del riconoscimento della dignità umana forti anche di un pensiero giusnaturalista (corrente filosofico-giuridica fondata su due principi: l’esistenza di un diritto naturale (conforme, cioè, alla natura dell’uomo e quindi intrinsecamente giusto) e la sua superiorità sul diritto positivo -diritto prodotto dagli uomini-). Ricordiamoci che fino a quel momento in Italia il Diritto positivo era stato scritto dagli uomini per gli uomini.

E' di Teresa Mattei l' intervento dell' ’8 marzo del 1947, quando prese la parola in aula e chiese di apportare una correzione a un articolo della Costituzione. Chiese l’inserimento dei termini «di fatto» nell’articolo 3:
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando
di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese».(Tutte le donne concorsero alla stesura di questo articolo. Molto attiva fu Lina Merlin soprattutto nelle parole: rimuovere gli ostacoli)
Lina Merlin fu particolarmente attiva nella stesura dei Principi costituzionali. I suoi interventi nel dibattito costituzionale risulteranno determinanti per la tutela dei diritti delle donne. A lei si devono infatti le parole dell'articolo 3: "Tutti i cittadini...sono uguali davanti alla legge, senza distinzioni di sesso", con le quali veniva posta la base giuridica per il raggiungimento della piena parità di diritti tra uomo e donna, che fu sempre l'obiettivo principale della sua attività politica. È inoltre degna di nota l'opera di mediazione da lei esercitata tra opinioni contrapposte riguardo alla stesura dell'articolo 40, concernente il diritto di sciopero, proponendo una formulazione analoga a quella presente nel preambolo della Costituzione della IV repubblica francese.
Anna Maria Guidi Cingolani fu Nominata alla Consulta nazionale del 1945 e la prima donna ad intervenire nelle discussioni con un forte intervento a favore della parità uomo-donna allacciandosi al ruolo delle donne nella Resistenza della quale quasi tutte loro erano state protagoniste.
Nel 1947 la deputata, partigiana e antifascista dc Maria Federici Agamben si rivolse in Aula il 26 novembre 1947 ai colleghi. Ma insomma, di cosa avete paura?”
Nilde Iotti fu molto attiva negli articoli relativi al lavoro
Art. 36.
Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa.
La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge.
Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi.
Art. 37.
La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore.
Le condizioni di lavoro devono consentire l’adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione.
La legge stabilisce il limite minimo di età per il lavoro salariato.
La Repubblica tutela il lavoro dei minori con speciali norme e garantisce ad essi, a parità di lavoro, il diritto alla parità di retribuzione.
Attenzione però perchè le donne intevennero su tutti gli argomenti! Tutte avevano una attenzione straordinaria al concreto pensando alla formulazione dei principi ma anche a come sostanziarli per restituire alla persona il suo valore partendo dal principio che lo Stato è uno strumento per la persona. Lo Stato deve rimuovere gli ostacoli e lo deve fare: deve farlo di fatto come insistette Teresa Mattei. L' Italia in quel momento storico, attraverso le donne, era collegata al pensiero del mondo di Franklin Delano Roosevelt e del progresso sociale che si auspicava.
Nel pensiero di Lina Merlin è presente il reddito di cittadinanza ed è presente in Costituzione perchè l' uomo e la donna devono avere il minimo necessario all' esistenza attraverso il Diritto al lavoro o all' assistenza quando il lavoro viene perso.
Articolo 4
La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.
Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.

Articolo 38

Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all'assistenza sociale.
I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria.
Gli inabili ed i minorati hanno diritto all'educazione e all'avviamento professionale.
Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato.
L'assistenza privata è libera.
Le donne intervennero anche nella parte della Costituzione relativa alla programmazione del potere ben sapendo che occorreva scongiurare il potere nelle mani di un uomo solo e furono abili a lavorare insieme per raggiungere quei compromessi necessari a valorizzare tutte le differenze e non provocare esclusioni radicali: di retribuzione (attiva Nilde Iotti), di condizioni irregolari (maternità al di fuori del matrimonio, attiva Lina Merlin, Maria Federici e Teresa Noce)
Art. 29.
La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio.
Il matrimonio è ordinato sull'eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell'unità familiare.
Art. 30.
È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio.
Nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti.
La legge assicura ai figli nati fuori del matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima.
La legge detta le norme e i limiti per la ricerca della paternità.
Art. 31.
La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l'adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose.
Protegge la maternità, l'infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo.
E che dire dei diritti politici? E delle Pari opportunità?
IL DIRITTO ALLE alle PARI OPPORTUNITÀ è in Costituzione!

Teresa Mattei, Maria federici e Maria Maddalena Rossi dovettero battersi come delle leonesse per arrivare a questo articolo fondamentale. Partendo infatti dagli artt. 3 e 51, nel 1960 la Corte costituzionale dichiarò illegittimo il divieto posto della legge del 1919, che impediva l' accesso alle donne alle alte cariche pubbliche, aprendo la strada della Magistratura al sesso femminile . Un cammino che concluse poi il legislatore nel 1963.

E la rappresentanza politica? Il potere politico è ancora in mano agli uomini. Va meglio per le aziende pubbliche dopo La legge 120/2011 Golfo-Mosca sulle “quote rosa”: dal 12 agosto 2012 dovranno essere rinnovati riservando una quota pari ad almeno un quinto dei propri membri al genere meno rappresentato: le donne.
Le parole sono importanti e questa lezione dobbiamo impararla dalle costituenti. Le stesse donne usano il termine rosa non pensando che parlare in rosa fa pensare alla richiesta di un privilegio per un solo sesso, confondendo così una norma antidiscriminatoria con un privilegio. Allo stesso modo, allora, bisognerebbe parlare di ‘quote celesti’ quando la legge prevede una presenza pari, cioè metà candidature maschili e metà femminili. La questione della non rappresentanza paritaria è molto grave perchè non è soltanto una questione delle donne, ma un problema della democrazia che mal si concilia con l’assenza di rappresentanti e dunque non la si può ignorare, in tutti i campi.
Articolo 51

Tutti i cittadini dell'uno o dell'altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge [cfr. artt. 56 c. 3, 58 c. 2, 84 c. 1, 97 c. 3, 104 c. 4, 106, 135 cc. 1, 2, 6, XIII c. 1]. A tale fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini.
La legge può, per l'ammissione ai pubblici uffici e alle cariche elettive, parificare ai cittadini gli italiani non appartenenti alla Repubblica.
Chi è chiamato a funzioni pubbliche elettive ha diritto di disporre del tempo necessario al loro adempimento e di conservare il suo posto di lavoro.
Nella discussione in costituente, Calamandrei era favorevole all' ingresso delle donne in magistratura.
Bisogna fare attenzione perchè il calo di cultura democratica riguarda tutti.
E la Conciliazione?
I dati ISTAT lo confermano da anni, in Italia le donne lasciano o perdono il lavoro dopo la nascita del primo figlio o a causa dei carichi di lavoro legati alla famiglia. Come conferma L' ultima indagine ISTAT lasciare o perdere il lavoro dopo il primo figlio riguarda soprattutto le lavoratrici del mezzogiorno, mentre al nord e al centro il fenomeno aumenta con l’aumentare del numero dei/delle figli/e. Le motivazioni della scelta sono legate proprio alla difficoltà di conciliare famiglia e lavoro, oltre all’insoddisfazione per il tipo di lavoro svolto in termini di mansioni, posizione lavorativa e retribuzione. Insomma, mentre da un lato si parla di responsabilità sociale d’impresa (rsi) che valorizzi le pmi e il territorio di riferimento, dall’altro le donne sono costrette a farsi da parte.
Le difficoltà dovute al doppio ruolo di madre e lavoratrice permangono e sono in aumento. Dai dati del 2012 emerge che il 52,5% delle lavoratrici dipendenti lamentano problemi di conciliazione, rispetto al 48% del 2005. Anche le lavoratici dipendenti, con orario a tempo parziale, non esauriscono con questo istituto le loro difficoltà di conciliare: ad avere problemi sono il 29,4% nel 2012 rispetto al 22,1% nel 2005. C’è allora da chiedersi se effettivamente l’istituto del part time possa essere considerato uno strumento efficace nell’ambito della conciliazione tra famiglia e lavoro.
Non da ultimo è interessante notare come le motivazioni principali che inducono le donne a rinunciare a entrare nel mondo del lavoro, in un momento della vita, siano legate alla necessità di far fronte a carichi di cura legati alla famiglia in senso ampio. Per le stesse ragioni, un quinto delle donne (contro l'8,6% degli uomini) ha rinunciato nel corso della propria vita lavorativa a un particolare incarico che avrebbe voluto accettare.
E le pensionate donne? Hanno una pensione inferiore al pensionato uomo e la medicina di genere ci dice che avranno una vita più lunga ma con qualità di vita inferiore a quella dell' uomo. Entrambi sono messi ai margini insieme ai soggetti più deboli.

Articolo di Michele Ainis (Corriere 15.2.15): Magna Charta Libertatum: i diritti della persona calpestati ancora oggi.

“”Ha otto secoli, però non li dimostra. Anzi: per certi versi il suo linguaggio è più fresco, più diretto e colloquiale, rispetto alle contorsioni semantiche con cui ci allieta la «Gazzetta ufficiale» . Eccola dunque, la Magna Charta Libertatum , la Dichiarazione dei diritti che illumina l’alba della nostra civiltà giuridica. Concessa da un re debole — Giovanni Senzaterra — ai suoi baroni il 15 giugno 1215, rimane ancora valida nell’ordinamento inglese, benché modificata e integrata da altre leggi, da altre dichiarazioni normative. Tre soprattutto, battezzate nel corso del Seicento: il Petition of Rights (1628), l’ Habeas Corpus Act (1679), il Bill of Rights (1689).
Poi, certo, otto secoli non trascorrono invano. A curiosare fra i 63 articoli della Magna Charta , ti cadono gli occhi su enunciati che oggi suonano bizzarri, figli d’un tempo ormai concluso. Per esempio, l’ordine di rimuovere tutti gli sbarramenti per catturare pesci nel Tamigi. L’obbligo di pagare il frumento in contanti. Il divieto di costringere chicchessia a costruire ponti sui fiumi. O ancora la norma secondo cui gli eredi dei nobili non possono sposare persone d’estrazione sociale inferiore. Quell’altra che tutela i debitori degli ebrei. Infine
la regola che proibisce di procedere per il reato di omicidio su accusa d’una donna, a meno che non sia la vedova.
Ma dopotutto non è per tali aspetti che celebriamo questo anniversario. Né, in realtà, perché il diritto cominci dalla Magna Charta . Prima vengono il Codice di Hammurabi (XVIII secolo a.C.), il Cilindro di Ciro il Grande (VI secolo a.C.), le leggi dei Greci e dei Romani. Non il diritto, bensì i diritti — nel senso in cui li concepiamo adesso — trovano nella Magna Charta la propria scaturigine. O meglio i diritti di libertà, dalla libertà dei commerci a quella religiosa. E soprattutto la libertà personale, che concettualmente le precede tutte, tanto che nel 1947 gli stessi costituenti italiani v’aprirono il catalogo dei diritti fondamentali. Usando parole che riecheggiano l’articolo 39 della Magna Charta : «Nessun uomo libero sarà arrestato, imprigionato, privato dei suoi diritti o dei suoi possedimenti, messo fuori legge, esiliato o altrimenti rimosso dalla sua posizione, né Noi useremo la forza nei suoi confronti o demanderemo a ciò altre persone, se non per giudizio legale dei suoi pari e per la legge del territorio».
Da qui il doppio strumento che ancora adesso ci difende dagli arresti arbitrari: riserva di legge e riserva di giurisdizione. Da qui l’ Habeas corpus , che alla lettera significa «abbi il corpo». Ossia l’atto ( writ ) col quale s’ingiunge a chi detenga in custodia una persona di presentarne il «corpo» davanti a un giudice legittimo. In quel testo forgiato nel Medioevo s’affaccia per la prima volta una tutela contro gli abusi del potere, e la tutela opera anche al di fuori del campo penale (per esempio nei riguardi dei malati di mente). Di più: v’è
l’embrione del «giusto processo», come lo chiamiamo oggi. Sicché le prove devono apparire convincenti. I giudici vanno reclutati in base alla loro professionalità, e non possono trovarsi in conflitto d’interessi. Le pene devono essere proporzionate ai delitti.
Dall’ Habeas corpus all’ Habeas mentem , dalla libertà personale alla libertà morale. Nella giurisprudenza della Corte suprema americana così come di quella italiana (a partire dalla sentenza n. 30 del 1962), questa garanzia ha finito per proteggere, oltre alla libertà fisica degli individui, anche il processo di formazione della loro volontà, delle loro convinzioni. Dunque stop alla pubblicità subliminale, al siero della verità, e ovviamente a ogni forma di tortura poliziesca. Insomma, in otto secoli la Magna Charta ha dimostrato una potente capacità generativa. Ma l’esperienza, in Italia e nel resto del pianeta, è spesso degenere, segna un regresso della nostra libertà. Quanta ne abbiamo in circolo? In che misura possiamo disporre del nostro corpo, del nostro essere fisico? E siamo davvero tutelati dal sopruso, dall’invadenza dei poteri pubblici e privati?
Qualche dato alla rinfusa. Nelle carceri italiane (al 31 dicembre 2014) soggiornano 53.623 detenuti; fra questi, 19.590 non hanno mai ricevuto una sentenza definitiva di condanna. Presunti innocenti, per la Magna Charta e anche per la Carta costituzionale; ma puniti in via di fatto. E meno male che l’Italia bandisce la pena di morte, praticata tuttavia da 58 Stati al mondo (con 2.400 esecuzioni in Cina nell’arco del 2013). Dopo di che, dentro e fuori dei nostri confini, preme il terrorismo, una minaccia che oscura l’ Habeas corpus . È già successo dopo gli attentati alle Twin Towers dell’11 settembre 2001, sta per succedere di nuovo.
D’altronde non è solo di questo che si tratta. Nei rigori di legge contro gli obesi e i fumatori, nelle restrizioni che colpiscono la fecondazione assistita, la transessualità, il rifiuto dell’accanimento terapeutico, aleggia la sinistra evocazione di Michel Foucault: lui ci insegnò come il potere miri a controllare innanzitutto il corpo delle persone, e come un potere dispotico in conclusione lo confischi, se ne renda padrone. Oggi come ieri, c’è quindi bisogno di liberare i nostri corpi, per liberarci l’anima. E possiamo farlo anche riscoprendo la lezione d’un testo normativo che ha 800 anni sul groppone.”"

Libertà personale

Da un punto di vista storico, la libertà personale, intesa come libertà negativa di non subire ingerenze altrui sul proprio corpo (c.d. libertà dagli arresti), è la prima e la più importante tra le c.d. libertà civili (Diritti costituzionali), essendo prevista (e tutelata) già nella Magna Charta Libertatum del 1215 (art. 39) e nei documenti costituzionali successivi (Habeas Corpus Act 1679; IV e V Emendamento Cost. U.S.A. 1787; artt. 7 ss. Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino francese 1789; art. 4 Cost. Francia 1814; art. 4 Cost. Francia 1830; art. 7 ss. Cost. Belgio 1831; art. 2 Cost. Francia 1848; art. 138 Cost. Francoforte 1849; art. 114 Cost. Germania 1919; art. 2 Legge fondamentale Germania 1949; artt. 15 e 17 Cost. Spagna 1978; artt. 10 e 31 Cost. Svizzera 1999).
Lo Statuto albertino, al riguardo, parlava di libertà individuale (art. 26), ricomprendendo in essa non solo la libertà personale, ma anche la libertà di circolazione e soggiorno. La Costituzione repubblicana, invece, ha voluto distinguere queste due libertà anche dal punto di vista delle garanzie, disciplinando la libertà personale all’13 Cost. e la libertà di circolazione all’art. 16 Cost. e qualificando come «inviolabile» solo la prima e non la seconda.
Due sono le garanzie che l’art. 13 Cost. pone a tutela di questa libertà: la riserva di legge, in base alla quale soltanto la legge o un atto ad essa equiparato (Decreto legge e Decreto legislativo) possono stabilire i casi ed i modi attraverso cui si può procedere alla restrizione di questa libertà, e la c.d. riserva di giurisdizione, in base alla quale qualunque restrizione della libertà personale può avvenire solo per atto motivato dell’autorità giudiziaria.

Riserva di legge

La riserva di legge è intrinsecamente legata al Principio di legalità e si ha laddove una disposizione di rango costituzionale prescrive che la disciplina di una determinata materia (o di un determinato settore) sia riservata a una fonte di rango legislativo, con esclusione delle fonti subordinate. Nell’ordinamento italiano, seppur con qualche contrasto dottrinario, la riserva di legge si ritiene soddisfatta non solo da una legge vera vera e propria, ma anche da uno degli atti ad essa equiparati (Decreto legge e Decreto legislativo). La preferenza per la legge (o gli atti equiparati) si giustifica in base a considerazioni di ordine garantistico: a differenza dei regolamenti governativi, la legge si caratterizza per un procedimento pubblico e dialettico, cui concorre non soltanto la maggioranza politica, ma anche le minoranze parlamentari. Inoltre, nella Democrazia costituzionale la legge (o gli atti equiparati) è soggetta a una serie di controlli diversi e non meno incisivi di quelli che investono le fonti secondarie, posto che essa soggiace al sindacato della Corte costotuzionale e su di essa si può richiedere altresì un referendum abrogativo ex art. 75 Cost.
La Dottrina suole distinguere tre diverse tipologie di riserva di legge: la riserva di legge assoluta, la riserva di legge relativa e la riserva di legge rinforzata. Si parla di riserva di legge assoluta quando la Costituzione (o una legge costituzionale) impone esclusivamente alla legge di disciplinare una materia, con la conseguenza che le sole fonti secondarie ammissibili sono quelle di stretta esecuzione. Le materie tipiche dove opera la riserva di legge assoluta sono quelle riguardanti i diritti di libertà, come la libertà personale di cui all’art. 13 Cost., la libertà di domicilio di cui all’art. 14 Cost. ecc. Per riserva di legge relativa si intendono quei casi in cui la Costituzione riserva alla legge la disciplina dei principi della materia, laddove alle fonti secondarie spetterebbe la normativa attuativa e integrativa di essi (secondo la giurisprudenza costituzionale, si avrebbe una riserva di legge relativa agli artt. 23 e 97 Cost.). Si parla, infine, di riserva di legge rinforzata quando è la stessa disposizione costituzionale a predeterminare in parte il contenuto della stessa legge, come in materia di libertà di circolazione e soggiorno, ove un’eventuale legge limitativa può intervenire solo «per motivi di sanità o di sicurezza» (art. 16, co. 1, Cost.).
Tornando alle idee della costituente: le linee generali di come doveva essere la Costituzione c' erano nei programmi dei partiti ma non c' era un' idea pronta. La Costituzione nasce proprio dentro l' Assemblea dall' unione e dall' accordo di intenti dei costituenti nel rispetto delle Costituzioni che devono essere dei progetti per la vita e la società del futuro: progetti normativi e di vita reale. La Costituzione traccia un percorso che i politici devono realizzare. Questo non sempre succede; a volte i partiti politici hanno faticato o hanno rifiutato di seguire la Costituzione facendo prevalere la logica dell' interesse. La nostra Costituzione ha indicato la via maestra per dei pezzi di cammino ma non è mai stata realizzata compiutamente! Passare dai Principi alle norme disturba perchè si dovrebbe andare a guardare nell' accumulo delle ricchezze per pensare a una possibile redistribuzione pensiero che non è mai passato. Il pensiero dei costituenti si è dimostrato lucido e coerente nel farsi guidare da dei cardini.

Uno dei cardini è l' idea base della dignità della persona: tutto parte da questo valore che non è mai stato messo in discussione da nessun costituente nonostante fossero fortemente divisi su altri punti. Questo valore proveniva sia dalla cultura cristiana che dalla cultura laica anche perchè avevano assistito allo Stato autoritario che aveva abbandonato la persona facendo prevalere lo Stato. La persona e le libertà erano state compresse. I costituenti erano anche uniti nel considerare la persona e non l' individuo.

Ricadute della distinzione tra individuo e persona.

Nella Dottrina sociale della Chiesa si parla di persona.
Nella società liberale poi fondata sul capitalismo si parla uomo come individuo.
Nella elaborazione ideologica seguita agli scritti di Marx si parla di uomo inserito nelle classi sociali.
Nella Dichiarazione dei diritti dell'uomo (1789) si parla di DICHIARAZIONE DEI DIRITTI DELL'UOMO E DEL CITTADINO, (Versailles 26 agosto 1789)



  • I Rappresentanti del Popolo Francese, costituiti in Assemblea Nazionale, considerato che l'ignoranza, la dimenticanza o il disprezzo dei diritti dell'uomo sono le uniche cause delle sventure pubbliche e della corruzione dei governi, hanno stabilito di esporre, in una solenne Dichiarazione, i diritti naturali, inalienabili e sacri dell'uomo, affinché questa Dichiarazione, costantemente presente a tutti i membri del corpo sociale rammenti loro continuamente i loro diritti e i loro doveri; affinché gli atti del Potere legislativo e quelli del Potere esecutivo, potendo essere in ogni momento paragonati con il fine di ogni istituzione politica, siano più rispettati; affinché i reclami dei cittadini, fondati d'ora innanzi su principi semplici e incontestabili, si rivolgano sempre alla conservazione della Costituzione e alla felicità di tutti.
    In conseguenza, l'Assemblea Nazionale riconosce e dichiara, in presenza e sotto gli auspici dell'Essere Supremo, i Diritti seguenti dell'Uomo e del Cittadino.
Nello Statuto albertino si parla di sudditi e regnicoli mentre il termine persona è riservato al re: Art. 4. - La persona del Re è sacra ed inviolabile.
I costituenti usarono il termine persona termine insieme neutro rispetto al genere e di significati etico-morali alti rispetto ad individuo.
La scelta del termine è stata ponderate e poi scelta responsabilmente e consapevolmente perchè non si voleva l' astrattezza e la neutralità basata anche sull' idea di egualità perchè noi non siamo uguali ma siamo appunto persone ognuna diversa dall' altra: tutti uguali ma diversi nelle singole esistenze e siccome non siamo uguali ma abbiamo tutti bisogno di diritti/doveri lo Stato deve intervenire per rimuovere gli ostacoli che impediscono alle libere personalità di dispiegarsi.

Quali ostacoli deve rimuovere lo Stato?

L' ignoranza attraverso la scuola e la lotta all' analfabetismo

La malattia attraverso la prevenzione e la cura

La mancanza di informazioni attraverso la libertà di stampa con media pluralisti e critici (sapere è fondamentale per la democrazia e un voto informato è un voto democratico). Cosa è necessario alla libertà di stampa? Il pluralismo delle fonti ma anche il pluralismo delle voci.
La libertà attraverso l' organizzazione della sicurezza

Attenzione! Tutti questi diritti sono definiti inviolabili nell' art. 2 e non a caso perchè i costituenti avevano proprio come linea guida l' idea che i diritti devono essere tutelabili anche contro il legislatore; neanche il legislatore li può violare e sono stati messi come limite alla revisione costituzionale impedendo, di fatto, la rivoluzione per vie legali.

La parola d' ordine era pluralismo interno alla Costituente per poi portarlo all' esterno

La dignità non si riceve ma si ha in quanto essere umani e, fino a quel momento, i diritti naturali non erano riusciti a sostanziarla concretamente perchè ci si era concentrati molto nella parità ma non nelle differenze! Oggi le idee di solidarietà sociale a salvaguardia della dignità sembrano lettera ma in Costituzione ci sono.

I due grandi gruppi politici della Costituente: PCI e PSIUP da una parte e la DC dalla' altra non sono mai entrati in conflitto sull' idea fondamentale della ricerca di una legge fondamentale a tutela della dignità di uomini e donne anche perchè partivano da una esperienza totalitaria che aveva perseguito il controllo totale sulla persona con la compressione delle libertà per cui tutti erano concordi nel porre dei limiti al potere per realizzare le libertà. Sulla trama liberale si inserirono i Principi cristiani e di sx a ordire un sistema di tutele, garanzie possibili con il bilanciamento dei poteri nella consapevolezza che il potere tende a prevaricare ma deve trovare l' argine del giudice, un giudice costruito indipendente. La riserva di giurisdizione oggi è garantita dal CSM il quale, solo lui, può intervenire sui magistrati.

I nostri costituenti pensarono a un ordinamento liberal-democratico-costituzonalista.

Il cuore del costituzionalismo è caratterizzato dall' evitare che il potere si concentri su un solo organo dello Stato ma venga diviso in più organi!

La legge è fatta dai rappresentanti del popolo ed eccezionalmente dal Governo e i giudici giudicano applicando le leggi.

La nostra non è una democrazia presidenzialista: il Presidente è un organo di garanzia.

Anche negli Stati Unito dove c' è il presidenzialismo, il presidente ha un freno nel Congresso. Il Congresso degli Stati Uniti d'America è l'organo legislativo del Governo federale ed equivalente al Parlamento nella maggior parte dei sistemi democratici. Esso ha sede a Washington nel Campidoglio e si compone di due camere: il Senato e la Camera dei rappresentanti. Il Congresso degli Stati Uniti rappresenta il potere legislativo, secondo quanto stabilisce la Costituzione degli Stati Uniti che lo disciplina all'art. I, sezioni da 1 a 10, così come il Presidente degli Stati Uniti rappresenta il potere esecutivo. Anche in questa situazione presidenzialista il Presidente viene bloccato da congresso e ne è un esempio la fine della guerra in Vietnam fermata perchè il Congresso (Senato) non ha dato i fondi.

Sui diritti solo il legislatore può intervenire perchè si presuppone sia pluralista e poi il pluralismo deve trovare un punto d' incontro nel compromesso senza distruggere particolarità e ricchezze!
Senza la cultura del compromesso prevale la volontà del più forte e la cultura italiana è vocata al pluralismo. Per questo era bene mantenere il bicameralismo che esprime molte voci senza la prevaricazione. Oggi la maggioranza non è pluralistica e con l' Italicum sarà peggio. Non è possibile che, come oggi, Governo e Parlamento siano la stessa cosa.

E' utile ricordare che la politica inglese non perdonò neanche al Re la noncuranza verso il Parlamento. La concezione di Carlo I secondo cui il re era responsabile solo di fronte a Dio, e a lui un buon suddito doveva obbedire come all'unto del Signore, comportò la sua condanna a morte. Carlo I d' Inghilterra non avendo ottenuto i fondi richiesti per le sue guerre, sciolse nuovamente il parlamento il 2 marzo 1629 e ne fece arrestare i capi. Da allora, per undici anni, C. governò senza convocare il parlamento, mentre si provvedeva dei fondi necessari ricorrendo a nuovi e vari tipi di tributi e alleanze con i nemici dell' inghilterra. Cromwell, disgustato dalla sua doppiezza, rinunciò allora a ogni compromesso, e, battuti gli Scozzesi a Preston (17 ag. 1648), fece dichiarare il re reo di alto tradimento. Processato dall'alta Corte, fu condannato a morte e decapitato.

Dal Medioevo chi detiene il potere non può essere la legge, idea già presente da sempre nella nostra cultura!

1) la teoria medievale sulla sovranità popolare, di derivazione romanistica (e il cui principale esponente fu Marsilio da Padova), che distingue tra una concezione ascendente e una discendente di sovranità. Nella prima, riferibile appunto alla democrazia, il potere supremo deriva dal popolo ma viene poi concretamente esercitato dai rappresentanti (o delegati) di quest’ultimo;

2) la teoria moderna, o machiavellica, elaborata con la nascita dello Stato moderno, che dopo aver individuato due forme storiche di governo, la monarchia e la repubblica, qualifica la democrazia come una forma di repubblica (insieme all’aristocrazia).

Nella Costituzione della Repubblica Italiana c' è una grande attenzione al sociale perchè un' altra idea che avevano in comune i costituenti era la contrarietà allo statalismo di tipo sovietico o fascista e all' individualismo liberista.

Piero Calamandrei fu nominato membro della Consulta nazionale e dell'Assemblea Costituente in rappresentanza del Partito d'Azione e quando il PdA si sciolse, entrò a far parte del Partito socialdemocratico, per il quale fu eletto deputato nel 1948. Calamandrei alla Costituente espresse pensieri raffinati e articolati contrari allo slogan e li espresse, in particolare, in favore della laicità dello Stato convinto che lo Stato non può farsi portatore di un solo pensiero religioso.

In conclusione

Ignoranza e miseria sono i peggiori ostacoli alla libertà e al raggiungimento della dignità della persona. Nessuno deve essere lasciato solo: vedi art. 38.
Il pluralismo illumina tutta la nostra Costituzione e la scuola pubblica accanto alla privata ne è un esempio.
La persona non deve essere ghettizzata o rinchiusa.
Gli artt. 1, 4 e 38 non sono retorica. La sovranità al popolo dopo il fascismo non esisteva più.
Costantino Mortati, considerato unanimemente uno dei più importanti costituzionalisti del nostro Novecento partecipò ai lavori della Costituente e fu giudice costituzionale. Vero e proprio ‘classico’ del pensiero giuspubblicistico, il suo studio La Costituzione in senso materiale (1940) rappresenta ancora oggi un punto di riferimento obbligato, non solo per il cultore del diritto pubblico ma anche per il giurista tout court. Mortati era profondamente convinto di quanto enunciato nell' art. 1:

L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.
La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.
Non più atti fondativi basati sulla famiglia, sul censo o sulla nobiltà ma sul lavoro! Tutti i lavori e poi molta discussione sulle parole appartiene ed emana per poi scegliere appartiene.

Attualmente la parola appartiene non è sostanziata e c' è molta discrasia fra il Popolo e il Parlamento perchè da molti anni la pubblicità politica seduce gli elettori prima del voto e poi li dimentica. Questo potrebbe essere motivo di scioglimento delle Camere!

La nostra Costituzione non prevede la democrazia immediata, attraverso la quale si affida al corpo elettorale l’investitura diretta dell’esecutivo grazie a particolari sistemi elettorali ma prevede una Democrazia rappresentativa con alcune possibilità di democrazia diretta e non si basa sul Principio di maggioranza!

Nella nostra Democrazia, delineata dalla Costituzione, vi sono tutti gli elementi costitutivi delle democrazie compiute:

il suffragio universale maschile e femminile;
la libertà di espressione;
elezioni libere e competitive;
la pluralità di partiti e libertà di costituire organizzazioni (politiche e non) e di aderirvi;
diverse e alternative fonti di informazione;
istituzioni che colleghino l’attribuzione dei poteri di governo alle risultanze del voto o ad altre forme democratiche di preferenza politica.

Noi oggi siamo chiamati a vigilare perchè i Principi enunciati sono stati sostanzialmente intaccati dalla leadercrazia cioè la posizione di primato di un capo politico considerato fortemente carismatico che i media appoggiano e incoraggiano. Dopo Berlusconi e ancora di più con Renzi vi è il fastidio e il rifiuto degli impacci del metodo liberale del confronto e del «conoscere per deliberare».

18/3/2016 Pr. Gaetano Azzariti dell' Università La Sapienza: L’unità della Costituzione: dalla prima alla seconda parte. Direttore della rivista: Costituzionalismo.it. Libri: Contro il revisionismo costituzionale, Costituzionalismo, modello per sopravvivere?.

Premessa dall' archivio de: la Repubblica del 1991.

Ci "CI VUOLE il miracolo", è il titolo di un fondo di Gustavo Zagrebelski su La Stampa del 22 luglio. L' autore, da par suo, sottolinea il fatto che i politici (Cossiga in testa) stanno distruggendo di fatto le istituzioni esistenti: "Non le si è eliminate ufficialmente, ma è come se fossero ormai spente". Cioè, la responsabilità dei nostri governanti non sarebbe tanto quella di non aver fatto le riforme annunziate, quanto quella di "aver iniziato sconsideratamente a distruggere le (istituzioni) esistenti, senza sapere se ne fossero possibili di nuove". Per cui l' alternativa ormai è: "Autoriforma o autodistruzione". Ma occorrerebbe un miracolo perché i partiti trovassero un accordo. E IL MIRACOLO, aggiungo io, non si è verificato, neppure in occasione del dibattito parlamentare sul messaggio presidenziale. Di tale messaggio solo pochi si sono soffermati sul nocciolo, che è costituito dal metodo dei previsti mutamenti costituzionali. Esiste in Costituzione l' articolo 138, che ne prevede la revisione, ma con una procedura aggravata, esigendo la doppia approvazione nelle due Camere dello stesso testo e, qualora non si sia raggiunta nelle due aule la maggioranza dei due terzi, l' eventuale intervento del corpo elettorale a mezzo di un referendum "approvativo". Questo è il passaggio obbligato verso ogni riforma, piccola o grande, della Costituzione. Zagrebelski dice che al rispetto dell' articolo 138 il presidente della Repubblica "ha richiamato tutti con fermezza". Ma non è proprio così: ed è su questo intricato nodo del messaggio che intendo soffermarmi. A pagina 35 dell' edizione senatoriale, si legge invero che "l' articolo 138. rappresenta l' unica via legittimamente percorribile per riformare la nostra Carta fondamentale". Ma segue una frase sibillina: "Ciò anche nell' ipotesi che la portata delle riforme da introdurre induca a ritenere necessaria una vera e propria fase costituente". La spiegazione è contenuta nelle pagine successive, nelle quali si legge che (in contrasto con la prima affermazione) vi sarebbero tre strade "conformi alla Costituzione" per giungere alla riforma: a) l' utilizzazione integrale del meccanismo previsto dall' articolo 138; b) l' attribuzione alle Camere di "veri e propri poteri costituenti, e cioè del potere non vincolato nel suo esercizio dalla procedura dell' articolo 138", adottandosi quindi procedure "più snelle"; c) l' elezione di un' assemblea costituente senza limitazione di poteri. E' dunque chiaro che le due strade proposte sub b) e c) presuppongono la totale pretermissione, o almeno la previa parziale o totale abrogazione dell' attuale articolo 138, che non consente simili fantasie giuridiche. Escluso che l' articolo 138 possa considerarsi tranquillamente come non scritto, non resta che l' ipotesi della sua modificazione per mezzo del potere di revisione, con le procedure previste nell' articolo stesso. Ma il potere di revisione costituzionale può giungere fino a travolgere la Costituzione, o incontra invece limiti impliciti che lo impediscono? Il Presidente li ricorda, correttamente, subito dopo, ma sembra che li ritenga superabili in base al "principio della sovranità popolare". Così, con un semplice emendamento all' articolo 138 che rendesse sempre obbligatorio il referendum confermativo sulla riforma adottata dal Parlamento, questo potrebbe statuire "anche in deroga ai limiti espressi o inespressi che si ritenessero essere contenuti nella Costituzione del 1948": il tutto in omaggio al popolo sovrano. Ma il discorso è totalmente inaccettabile: l' articolo 138, sia pure con la previsione dell' intervento obbligatorio del referendum, continuerebbe ad incontrare quei limiti che fanno parte integrante del nostro sistema costituzionale. Il popolo, dice l' articolo 1, esercita la sua sovranità nelle forme e nei limiti della Costituzione. E il potere di revisione costituzionale, dicono tutti gli scrittori, non ha l' ampiezza del potere costituente, non permettendo altro che revisioni che lascino intatta la forma di governo, il regime, nella sua sostanza fondamentale. Rasenta l' incredibile poi la terza strada, quella di far eleggere dal corpo elettorale un' assemblea costituente. Qui siamo fuori della storia: l' assemblea costituente del 1946 nacque da una guerra perduta, da una Resistenza vincente e dalla necessità di creare una nuova Costituzione, monarchica o repubblicana che fosse, dopo il referendum istituzionale, che inaugurava comunque un nuovo regime di democrazia. Lo stesso messaggio, a pagina 36, ricorda come "il progetto e il sogno dell' assemblea costituente nel corso del Risorgimento" veniva visto "come strumento della fondazione della Nazione in Stato unitario", quindi, in altre parole, come un fatto rivoluzionario. Basta rileggere le pagine che nel 1945 scriveva Costantino Mortati nel suo celebre libro sulla assemblea costituente per rendersi conto del fatto che l' elezione di una tale assemblea si accompagna sempre ad un fatto rivoluzionario: per ultimo, in Francia, fu l' Algeria a produrre la Costituzione attuale. Ma oggi in Italia siamo forse nelle condizioni storiche che preludono alla cestinazione della Costituzione del 1948, "cementata dal popolo italiano con le sue lacrime e con il suo sangue" (come scrisse Piero Calamandrei e Francesco Cossiga ricorda in apertura nel suo messaggio) e alla nascita di una seconda Repubblica, totalmente diversa dalla prima, quando si intendono tener fermi i principi di libertà e incidere solo sul rapporto di rappresentanza politica fra corpo elettorale, Parlamento, governo e capo dello Stato? Giustamente Andrea Manzella ha scritto che, "in un paese come il nostro, che ha potuto ricostruire la sua identità nazionale solo sul ' patriottismo della Costituzione' ", sarebbe un' idea a rischio prendere in esame l' ipotesi di una "discontinuità costituzionale". Si tratta chiaramente di un' ipotesi della irrealtà, quella di convocare i comizi elettorali per l' elezione di un' assemblea costituente: se ciò avvenisse, governo e presidente della Repubblica si assumerebbero gravissime responsabilità. Tali responsabilità diventerebbero poi clamorose (e si potrebbe ventilare l' alto tradimento e l' attentato alla Costituzione) se si seguisse l' originale idea di Gianfranco Miglio, che suggerisce (l' Unità del 25 luglio) spregiudicatamente di "violare la Costituzione" con un colpo di Stato. La verità è che sussistono solo limitate zone di correzione della Costituzione quasi tutte relative al problema del rapporto fra organi costituzionali (Miglio vi aggiunge giusti ritocchi alla Costituzione economica; io aggiungerei la riscrittura dell' articolo 81 in punto di bilancio dello Stato), e per far questo l' articolo 138 è più che sufficiente. Ogni emendamento che si voglia apportare ad esso non potrà mai cancellare la rigidità della Costituzione, che - accompagnata dalla presenza della Corte costituzionale - rappresenta la maggior garanzia delle libertà democratiche e il vanto della nostra Repubblica. Ben può trasformarsi il referendum approvativo da eventuale in obbligatorio, ma l' articolo 138 non può certo essere stravolto come nelle ipotesi b) e c). Nel messaggio (pagina 41) si parla disinvoltamente di "affievolire" la rigidità della Costituzione: una qualunque legge costituzionale che osasse attentare ad essa cadrebbe sotto la scure della Corte costituzionale che anche recentemente (sentenza numero 1146/88) ha detto testualmente: "La Costituzione italiana contiene alcuni principi supremi che non possono essere sovvertiti o modificati nel loro contenuto essenziale neppure da leggi di revisione costituzionale o da altre leggi costituzionali. Non si può negare che questa Corte sia competente a giudicare sulla conformità delle leggi di revisione costituzionale e delle altre leggi costituzionali anche nei confronti dei principi supremi dell' ordinamento costituzionale". Chiedo scusa per la lunga citazione: ma ad argomenti fatti propri in sedi così elevate occorre opporre argomenti incontrovertibili addotti in sedi non meno elevate. Caro Zagrebelski, come vedi il miracolo non avviene: ma la nostra fede nella libertà ci impone di opporci, da cittadini, allo sfascio delle istituzioni, e così anche a riforme che non ci tirerebbero fuori dalla corruzione che ormai regna sovrana tramite l' occupazione partitica (a ciò non servirebbe né la Repubblica presidenziale né la semipresidenziale, dice giustamente Leopoldo Elia). Certo, di fronte a questi comportamenti politici l' amarezza è profondissima: quando il richiamo di rito alla Resistenza in apertura del messaggio si pone a confronto con l' appello finale (pagina 53) ad "un nuovo patto nazionale", da stipulare abbandonando il "feticcio" che ormai sarebbe la nostra Costituzione, appello puntualmente raccolto da coloro che si dichiarano tuttora fascisti, il pensiero va agli anni in cui avevamo preso le armi contro il fascismo repubblichino e il tedesco invasore, lottando per una patria migliore e per una Costituzione che non è da stracciare. Non era questa la classe politica che ci immaginavamo dovesse governarci all' alba del Duemila. Ma, con Piero Calamandrei, diciamo ancora che la Resistenza non è finita. E noi siamo ancora vivi e (per caso e per fortuna) anche vegeti.
di PAOLO BARILE 27 luglio 1991
Ora ci siamo. Siamo in un periodo storico determinante perchè il progetto di riforma costituzionale è già decisamente avviato verso la definitiva approvazione di Senato e Camera per poi avviarsi verso il Referendum confermativo. In questo momento occorre essere chiari: sono in discussione 41 articoli della nostra Costituzione: nuovo Senato e ulteriori modifiche al Titolo V.

A parere di molti costituzionalisti il Ddl Boschi non è una revisione costituzionale come pretenderebbe ma fuoriesce dalla previsione dell'Articolo 138 della Costituzione, che nell'ipotizzare la possibilità e l'opportunità di apportare modifiche al testo delle disposizioni costituzionali, ne disciplina il procedimento. Nel farlo, nello scegliere un tipo di procedimento, tra i tanti che potevano essere adottati, il Costituente definì le modifiche ammissibili, e le definì come puntuali, specifiche, attinenti cioè a un determinato istituto, a un singolo tema. Il che non significa e non comporta che si possa procedere a modificare soltanto una disposizione, un solo articolo. Significa e comporta che si possa procedere a rivedere anche più disposizioni ed articoli, purché riguardino una sola delle materie, una specifica istituzione. Esemplificando: la conformazione del Parlamento (monocameralismo o bicameralismo e, per la seconda di queste due conformazioni, quale tipo), il procedimento di formazione delle leggi, il sistema delle fonti normative (da specificare ed eventualmente da arricchire con l'aggiunta delle leggi organiche), la distribuzione del potere legislativo e amministrativo tra lo Stato e le entità territoriali minori, il controllo di costituzionalità delle leggi (se accentrato o diffuso), l'unicità o articolazione della giurisdizione, il ruolo del capo dello Stato, la revisione costituzionale, eccetera.
Si appropria di una veste non sua, questo progetto, non soltanto per la quantità e diversità delle norme e degli istituti che pretende di sopprimere, sostituire, distorcere, ma perché mira al rovesciamento della Costituzione, del suo spirito oltre che della sua lettera. Tende cioè a sostituirne la specifica ragion d'essere, quella di legittimare costituzionalmente la costruzione di una democrazia avanzata, che conformi i rapporti economici e sociali ai principi della libertà e dei diritti umani, della dignità sociale, della giustizia e dell'eguaglianza sostanziale, del pieno sviluppo della persona umana.
La verità è che l'approvazione del progetto in questione non modificherebbe soltanto la Seconda parte del testo costituzionale, inciderebbe profondamente sulla Prima, quella che statuisce i princìpi che qualificano l'ordinamento e riconosce i diritti delle cittadine e dei cittadini e di tutti gli esseri umani. Certo, le due parti della Costituzione sono distinte, ma connesse, la seconda è funzionale alla prima. Il rapporto che collega l'una all'altra, i principi e i diritti alle istituzioni che definiscono e regolano il potere, nell'ammettere la possibilità di innovazioni, anche significative, pone almeno due condizioni. Le modifiche devono essere rigorosamente e inequivocabilmente coerenti con la finalizzazione intangibile dell'ordinamento, dettata dai princìpi fondamentali e dalle norme sui diritti inviolabili; devono altresì risultare dotate di una funzionalità credibile e condivisa, non inferiore a quella offerta dalle disposizioni che si intendono sostituire. Dal che consegue che non sono ammissibili normative strumentali per altre finalità istituzionali. Non è quindi costituzionalmente legittimo modificare direttamente la Seconda parte della Costituzione e surrettiziamente, ma efficacemente e ineluttabilmente, la Prima parte.
Valga l'esempio dei `livelli essenziali' (Artt. modificati 117, secondo comma, 120 secondo comma) la cui introduzione riduce il significato e la portata del principio di eguaglianza (primo e secondo comma dell'Art. 3). Ai diritti sociali si assicura una garanzia minimale, il sistema che ne risulta ammette la differenziazione, consentirà programmaticamente non l'eguaglianza ma la disparità di trattamento che viene riconosciuta, addirittura sancita, … `costituzionalizzata'. Un vulnus, molto grave, quindi, è stato già inferto alla Costituzione dalla irresponsabilità e dalla stupidità, politica e giuridica, della maggioranza (risicata) di cui disponeva l'Ulivo nella scorsa Legislatura con l'approvazione del `nuovo' Titolo V, approvazione che è ora motivo di autocritica e suscita intenti riparatori. Sappiamo però che su di esso può comunque cadere ed è sperabile che cada al più presto la mannaia di qualche declaratoria di incostituzionalità (e non ne merita una sola) da parte della Corte costituzionale.

La perversa tendenza che produsse quel monumento di insipienza politica e giuridica eretto col nuovo Titolo V della Costituzione prosegue, si conferma, si estende e si incrementa nel progetto di trasmutazione della Costituzione che la Camera dei deputati sta esaminando. Ha ad oggetto, tale progetto, sia la conformazione del Parlamento, sia il procedimento di formazione delle leggi, sia la distribuzione della potestà legislativa tra Stato e Regioni, nientemeno che la forma di governo e quindi il ruolo di tutti e tre gli organi politici supremi della Repubblica, Parlamento, governo, presidente della Repubblica, il rapporto tra tali organi, e, come se non bastasse, la forma di Stato, cioè il tipo di Repubblica, inoltre la Corte costituzionale, quanto a derivazione dei componenti e quanto a posizione dei suoi organi, e anche la revisione costituzionale. In tal modo, questo progetto non si configura solo come esempio da manuale di appropriazione di una veste giuridica altrui, cioè di uso illegale di un potere legale, ma rivela la propria profonda e univoca natura, definisce l'azione che, suo tramite, si sta perpetrando e la presenta in tutta la sua proterva evidenza come usurpazione, l'usurpazione del potere costituente.

Occorre rimboccarsi le maniche e reagire, prendere posizione contro e non credere quando, per esempio la ministra Boschi dice che la prima parte non viene intaccata quindi non c' è pericolo per la Democrazia!

Ma la Costituzione può dividersi in parti? No la Costituzione è stata pensata in funzione di armonizzazione fra le due parti. Fino al 1993 l' idea della divisibilità della Costituzione non era nemmeno pensabile mentre l' indivisibilità della Costituzione era centrale. La Costituzione è costitutiva della Repubblica e sustanziale della Democrazia

Tra il 1997 vi sono stati due tentativi revisione costituzionale attraverso procedimenti in deroga dell'art. 138, che si articolavano intorno a due momenti: a) la istituzione di una sede parlamentare ad hoc nella quale mettere a punto una proposta di “riforma organica”; b) la trasformazione della natura del referendum, che da facoltativo ed oppositivo dovrebbe divenire obbligatorio ed approvativo. La prima è stata nella XI legislatura, con la proposta di legge costituzionale 1/1993, il cui iter è stato interrotto a causa anticipata conclusione della legislatura; la seconda è stata recata dalla legge costituzionale n. 1/1997 durante il governo D' Alema, il cui iter parlamentare si è nuovamente interrotto a causa della rottura dell'accordo tra maggioranza e opposizione

L' idea stessa di Costituzione è legata all' idea dell' unitarietà e del' indivsibilità delle sue parti e questo fin dalle idee del mondo antico come risulta dalla lettura di Aristotele: La Costituzione degli ateniesi. Con il termine politeia si indicava la Costituzione e la struttura politica di Atene: politeia è l' ordine politico-organizzativo della Polis. Successivamente questo grecismo è stato usato come equivalente del latino res publica, per indicare l’organizzazione come bene comune di tutti i cittadini e, quindi, la costituzione politica ottimale, con particolare riferimento al mondo classico. Cicerone rifletteva sulla Costituzione nella convinzione che dovesse essere un insieme di indicazioni finalizzate a formare il popolo.

Le costituzioni moderne diventano leggi e veri progetti di degli stati e dei cittadini. Il costituzionalismo moderno rafforza l' idea dell' unitarietà e indivisibilità della Costituzione che diventa anche idea di natura prescrittiva:

dalla DICHIARAZIONE DEI DIRITTI DELL’UOMO E DEL CITTADINO DEL 26 AGOSTO 1789, art. 16 si trova la formula fondativa della Costituzione:

  • Ogni società in cui la garanzia dei diritti non è assicurata, né la separazione dei poteri stabilita, non ha una costituzione.
COSTITUZIONE DEGLI STATI UNITI D'AMERICA, 15 settembre 1787

Noi, Popolo degli Stati Uniti, allo Scopo di realizzare una più perfetta Unione, stabilire la Giustizia, garantire la Tranquillità interna, provvedere per la difesa comune, promuovere il Benessere generale ed assicurare le Benedizioni della Libertà a noi stessi ed alla nostra Posterità, ordiniamo e stabiliamo questa Costituzione per gli Stati Uniti d'America.

La Costituzione francese del 1791 è la carta costituzionale approvata il 3 settembre 1791 in ottemperanza a quanto previsto dalla Dichiarazione dei Diritti del' uomo e del cittadino del 1789.

Qui c' è già l' idea della legge suprema limitativa del potere regio iniziata con l' uso, dai monarcomachi francesi dell' espressione «lex fundamentalis», che si ricollega alla distinzione introdotta in Francia nel XVI sec. fra le «lois du royaume» e le «lois du roi», la cui garanzia veniva ritrovata in consuetudini immemorabili che sottraevano determinatematerie (il dominium politicum, contrapposto al dominium regale) ad ogni disciplina unilaterale.

Elementi costitutivi del concetto di costituzione.

La denominazione di «costituzione», quale risulta al termine dell'evoluzione storica cui si è accennato, appare contrassegnata da tre caratteri che concorrono nel conferirle la supremazia che essa vuole esprimere:

  • il primo, relativo al momento formativo, alla cui perfezione appare essenziale la partecipazione del popolo, configurato non già nella veste di parte di un rapporto avente quale altro termine il sovrano, bensì quale titolare unico del potere di dar vita, con atto unilaterale, all'ordine costituzionale perché fornito di una potestà di volere sopraordinata su ogni altra;
  • il secondo, di carattere formale, consistente nella redazione per iscritto, attraverso un procedimento particolarmente solenne, di un complesso di norme, coordinate fra loro in modo organico, regolanti i princìpi ritenuti essenziali all'assetto statale;
  • l'ultimo attinente al fine politico della tutela delle libertà dei cittadini di fronte allo Stato
Costantino Mortati nel 1945 scrive un libro dove analizza le varie costituzioni della Storia in previsione della scrittura di quella italiana e definisce la Costituzione un insieme di articoli legati fra di loro e fra le parti a formare un organismo vivente e armonico non certo divisibile in parti. Se la Costituzione viene divisa si parla di rottura della Costituzione e dell' ordine costitutivo.
Dice Mortati che:
  • i lineamenti tracciati degli aspetti più caratteristici della prima parte della Costituzione sembrano sufficienti a mostrare l'infondatezza delle tesi che, in tanto hanno potuto contestarne l'organicità raffigurandola quale mera giustapposizione di princìpi e di orientamenti diversi o addirittura confliggenti fra loro, in quanto hanno trascurato le esigenze dell' interpretazione sistematica, e rigettato nel pregiuridico le enunciazioni poste dal costituente a base della sua costruzione. Si è visto invece come l'adozione di corretti canoni ermeneutici consenta di cogliere le linee direttive che riescono a collegare le varie parti in un sistema sufficientemente armonico, perché offrono i criteri necessari a graduare le norme secondo la loro diversa posizione gerarchica risolvendo così i dubbi che alcune norme, se isolatamente considerate, potrebbero far sorgere.
In Italia dal 1991 con la costruzione della categoria mediatica della Seconda Repubblica (1992-1994) si è affermato il contrario iniziando a costruire l' idea che sia possibile dividere una prima parte intangibile da una seconda parte caratterizzata “solo” da un valore organizzatorio.

Questa idea si afferma anche con le picconate del Presidente Cossiga (1985-1992) Da un articolo di Marzio Breda, 02 agosto 2009 :  Cossiga vent’anni dopo le picconate «Potessi tornare indietro starei zitto» - Corriere della Sera  http://goo.gl/gs6dSv Qualcuno definì «enigmatico» il messaggio...

Invece era chiarissimo. Spiegavo che il Muro era caduto addosso pure a noi. Che bisognava abolire la conventio ad excludendum verso i comunisti, chiudere la 'guerra fredda interna' ed emancipare il cosiddetto arco costituzionale. Denun­ciavo che il sistema non reggeva più. Che serviva una rigenerazione istituzionale, un secondo tempo per la Repubblica. E la­sciavo intendere che, se non avessimo fat­to nulla, ci avrebbero preso a pietrate per le strade.

Presidente Cossiga, se lei ha contribu­ito a emancipare gli ex comunisti, ha vi­sto però cadere nel vuoto la sua richie­sta di grandi riforme.

E' così. Sono stati vent'anni sprecati e la mia storia resta soltanto una testimo­nianza a uso degli storici. Le riforme non hanno voluto farle. Il giorno in cui Berlu­sconi mi anticipò che voleva presentare la sua riforma della Costituzione, quella bocciata dal referendum, gli dissi: perché non prendi la proposta uscita dalla Bica­merale di D'Alema e la presenti tale e qua­le? Lì dentro c'è tutto: l'assetto semipre­sidenziale dello Stato, l'elezione diret­ta del presidente della Repubblica, la divisione delle carriere in magistra­tura, la riforma della stessa Corte costituzionale... tu presentala e vo­glio vedere come farà il centrosini­stra a non votarla.

Dopo Cossiga si elegge Oscar Luigi Scalfaro (1992-19999) e poi Carlo Azeglio Ciampi e Giorgio Napolitano tutti Presidenti che non sono riusciti a proteggere la Costituzione contribuendo all' eclissi della ragione costituzionale non riuscendo a contrastare le bieche esigenze politiche.
Il 1993 è un annus horribilis per la Costituzione. Si afferma la democrazia maggioritaria e in nome della governabilità politica si verifica un distaccamento dall' armonia costituzionale che contempla il pluralismo. Siamo negli anni '90, anni di Tangentopoli, definiti dai giornalisti gli anni della fine della Prima Repubblica. La D.C. corrotta e incapace tenta una giustificazione lasciando nel dibattito pubblico l' idea che la colpa sia della Costituzione.
Nel 1993, per la prima volta si istituisce, con la legge costituzionale n. 1 del 6 agosto 1993, una Seconda Bicamerale, (Commissione De Mita Iotti 1992-94), bicamerale istituita già nel 1992, formata da 30 deputati e 30 senatori e presieduta inizialmente (dal 9 settembre 1992) dal democristiano Ciriaco De Mita, che a marzo del 1993 viene sostituito dalla Ds Nilde Iotti che resta fino alla conclusione dei lavori il 7 aprile 1994. Questi Commissari avevano l' obiettivo di modificare la seconda parte della Costituzione. Da allora l' idea della separatezza fra le due parti si afferma definitivamente anche se la Bicamerale si conclude con un nulla di fatto.
1994: sulla scena politica si afferma Silvio Berlusconi

Terza Bicamerale, Commissione D'Alema 1997-1998. Frutto dell'attività della Bicamerale del '97-98 è in parte considerata la legge Bassanini sulla semplificazione amministrativa, inoltre le viene riconosciuto il merito di aver quantomeno indirizzato il dibattito su temi che sono stati poi al centro della riforma del Titolo V della Costituzione che poi non si è rivelato un merito!.

Oggi il Ddl Boschi Titolo breve: revisione della Parte II della Costituzione, Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del Titolo V della parte II della Costituzione, ha concluso il suo iter bicamerale e siamo in attesa del referendum confermativo.
Dalla seconda bicamerale la separatezza fra la prima e la seconda parte della Costituzione si è interiorizzata e una ragione politica debole ha contribuito a questa interiorizzazione.
Con la l. Cost. 3/2001, è stata data piena attuazione all’art. 5 della C., che riconosce le autonomie locali quali enti esponenziali preesistenti alla formazione della Repubblica riformando il titolo V riconoscendo che i Comuni, le Città metropolitane, le Province e le Regioni sono enti esponenziali delle popolazioni residenti in un determinato territorio e tenuti a farsi carico dei loro bisogni. L’azione di governo si svolge a livello inferiore e quanto più vicino ai cittadini, salvo il potere di sostituzione del livello di governo immediatamente superiore in caso di impossibilità o di inadempimento del livello di governo inferiore (principio di sussidiarietà verticale; ➔ sussidiarietà, principio di). La riforma è stata necessaria per dare piena attuazione e copertura costituzionale alla riforma denominata ‘Federalismo a C. invariata’ (l. 59/1997).

Le Regioni. Alle Regioni è stata riconosciuta l’autonomia legislativa, ovvero la potestà di dettare norme di rango primario, articolata sui 3 livelli di competenza: esclusiva o piena (le Regioni sono equiparate allo Stato nella facoltà di legiferare); concorrente o ripartita (le Regioni legiferano con leggi vincolate al rispetto dei principi fondamentali, dettati in singole materie, dalle leggi dello Stato); di attuazione delle leggi dello Stato (le Regioni legiferano nel rispetto sia dei principi sia delle disposizioni di dettaglio contenute nelle leggi statali, adattandole alle esigenze locali).
Lo Stato. Allo Stato compete solo un potere esclusivo e pieno, circoscritto alle materie di cui all’elenco del 2° co. dell’art. 117 della Costituzione. Il 3° co. dell’art. 117 Cost. individua i casi di potestà legislativa concorrente tra lo Stato e le Regioni. Per tutte le altre materie, non indicate e non rientranti in quelle indicate nel 2° e 3° co. dell’art.117 Cost., le Regioni hanno potestà legislativa piena.
I Comuni. Sono enti territoriali di base, con autonomia statutaria, organizzativa, amministrativa, impositiva e finanziaria. Essi rappresentano, curano e promuovono lo sviluppo della comunità locale e sono i principali destinatari delle funzioni amministrative, in quanto più vicini al cittadino e ritenuti più idonei a esercitare i compiti amministrativi (municipalismo d’esecuzione).
Le Province. Sono enti intermedi tra i Comuni e le Regioni, rappresentativi di proprie comunità, con funzioni di cura degli interessi, ma anche di programmazione delle attività delle comunità locali che rientrano nel proprio territorio.
Le Città metropolitane. Sono tipi speciali di Province, con poteri notevolmente più ampi e molto vicini a quelli comunali, soprattutto in ambito urbanistico. Sono istituite, su iniziativa dei Comuni interessati, in aree metropolitane individuate nelle zone comprendenti i Comuni di Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Roma, Bari, Napoli, Reggio Calabria, Cagliari, Catania, Messina, Palermo, Trieste. Con la costituzione della Città metropolitana, la città originaria cessa di esistere.
Le Comunità montane. Sono unioni di Comuni montani e parzialmente montani, anche appartenenti a Province diverse, con funzione di valorizzazione delle zone montane, per l’esercizio di funzioni proprie conferite, nonché per l’esercizio associato di funzioni comunali.
L’autonomia finanziaria. Regioni, Province, Città metropolitane e Comuni hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa. La finanza locale (art. 119 Cost.) si fonda su 3 pilastri: autonomia impositiva; compartecipazione al gettito di tributi erariali, riferibili al territorio (territorialità dell’imposta); fondo perequativo per colmare eventuali squilibri tra le Regioni, derivanti dalla diversa capacità fiscale dei territori, e per assicurare gli stessi standard nell’erogazione di alcuni servizi. A questi si aggiunge la finanza straordinaria, costituita da risorse aggiuntive destinate dallo Stato a zone specifiche per sviluppo, crescita, coesione, solidarietà sociale e rimozione di squilibri economici e sociali.
E' stata una buona riforma? Oggi possiamo dire di no perchè l' art. 118 è andato a incidere sulla sostanzialità dell' Art. 2

Articolo 118

Le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne l'esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei princìpi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza.
I Comuni, le Province e le Città metropolitane sono titolari di funzioni amministrative proprie e di quelle conferite con legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze.
La legge statale disciplina forme di coordinamento fra Stato e Regioni nelle materie di cui alle lettere b) e h) del secondo comma dell'articolo 117, e disciplina inoltre forme di intesa e coordinamento nella materia della tutela dei beni culturali.
Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà.

Articolo 2

La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.

E che dire del Pareggio in bilancio messo in Costituzione con la modifica degli artt.:
A partire dal 2011 l’Unione economica e monetaria è stata investita da turbolenze finanziarie causate principalmente dai debiti sovrani di alcuni Stati membri. Questi problemi hanno toccato anche l’Italia, che ha deciso di introdurre nella Costituzione norme più severe per risanare la finanza pubblica.

Il principio del pareggio del bilancio entra in Costituzione con l’approvazione della legge costituzionale 20 aprile 2012, n.1, Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale (d’ora in poi l. cost. n. 1/2012), pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 23 aprile 2012 ed entrata in vigore l’8 maggio 2012. Va detto che la l. cost. n. 1/2012 non poteva essere soggetta al referendum confermativo, perchè è stata approvata, in seconda lettura, con la maggioranza qualificata dei due terzi dei componenti sia alla Camera dei deputati sia al Senato della Repubblica.
art.138 Cost.

Il contenuto della l. cost. n. 1/2012 modifica gli articoli 81, 97, 117 e 119 della Costituzione. Analizziamo le modifiche intervenute articolo per articolo.

art 81 Cost.

Lo Stato assicura l’equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico: è il primo comma del nuovo art. 81 Cost.

La Costituzione esclude tassativamente la possibilità di un indebitamento? No. Proseguendo nella lettura dell’articolo scopriamo che “il ricorso all’indebitamento è consentito”, ma“solo al fine di considerare gli effetti del ciclo economico” e “al verificarsi di eventi eccezionali”, che possono consistere in gravi recessioni economiche, crisi finanziarie e gravi calamità naturali.

Per limitare e rendere davvero straordinaria tale deroga, si dispone che il ricorso all’indebitamento possa avvenire solo a seguito dell’autorizzazione delle due Camere “adottata a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti”(comma 2). Non dovrebbe quindi essere possibile un ricorso all’indebitamento “a colpi di maggioranza”, perché anche una parte dell’opposizione dovrà votarlo in sede parlamentare per raggiungere la maggioranza assoluta.

Non ci sono dubbi. La nuova legge di bilancio modificherà sensibilmente l’impianto normativo, attualmente basato sulla “legge di stabilità e avrà ripercussioni negative sulla sostanzialità dei diritti.
art. 97 Cost.

Con il nuovo art. 97 Cost. l’obbligo del rispetto del principio del pareggio dei bilancio e “della sostenibilità del debito pubblico” viene esteso a tutte le pubbliche amministrazioni, il cui agire deve essere “in coerenza con l’ordinamento dell’Unione europea”.

art 117 Cost.
Va ricordato che nel 2001 è stato modificato l’intero Titolo V della Costituzione (Le Regioni, Le Province, i Comuni). In particolare l’art. 117 Cost. afferma che “la potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonchè dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali”.
Dopo la revisione del 2001 si distingue quindi fra:
  • la legislazione esclusiva affidata allo Stato;
  • la legislazione concorrente affidata alle Regioni, che devono attenersi a principi determinati dallo Stato;
  • la legislazione sussidiaria di competenza delle Regioni.
Con la riforma del 2012 l’“armonizzazione dei bilanci pubblici” diventa di competenza della legislazione esclusiva statale e viene sottratta alla legislazione concorrente delle Regioni.
Si tratta di un aspetto di enorme importanza, che è stato però sottovalutato da gran parte degli studiosi.
art. 119 Cost.
Per quanto riguarda la disciplina di bilancio degli enti territoriali, viene modificato l’art. 119 Cost., in modo da specificare che l’autonomia finanziaria di Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni, è assicurata “nel rispetto dell’equilibrio dei relativi bilanci”. Nel nuovo testo viene anche inserito il principio del concorso di tali enti “ad assicurare l’osservanza dei vincoli economici e finanziari derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea”.
Il nuovo art. 119 Cost. precisa che il ricorso all’indebitamento, previsto solo “per finanziare spese di investimento”, è subordinato alla “contestuale definizione di piani di ammortamento e a condizione che per il complesso degli enti di ciascuna Regione sia rispettato l’equilibrio di bilancio”.

Tutto questo è avvenuto in un clima di regressione culturale ed economica. Decidendo di lasciare da parte Keines accogliendo Smith si è deciso di interrompere lo sviluppo e di accantonare il compromesso, la pluralità e la complessità che era la cifra culturale dei costituenti fermamente convinti che non bisognasse escludere nessuno. Togliatti, Einaudi e De gasperi non avrebbero mai imposto, ognuno, la propria ideologia ad alcuno e ne è un esempio l' art. 7 della Costituzione scritto da Togliatti in compromesso con Dossetti:


Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani.
I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi.
Le modificazioni dei Patti, accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale.
L' art. 81 è stato scritto senza dibattito in breve tempo e senza nessun voto contrario in una camera e in un' altra pochissimi contrari, perchè: l' Europa lo chiede. In realtà il fiscal compact non chiedeva questo ma i parlamentari agirono accecati dall' ignoranza e dall' ignavia.

Il 25 e 26 giugno 2006 gli italiani chiamati a votare sul referendum costituzionale si schierarono contro lo stravolgimento della Costituzione definito riforme con la modifica di 50 articoli della seconda parte. E' stato un referendum particolare, che si svolgeva per la prima volta nella storia dell'Italia repubblicana: infatti non era, come tutti i precedenti, abrogativo di una legge statale; si chiedeva al contrario di "confermare" la legge di revisione costituzionale in quanto la modifica della costituzione non venne approvata con la maggioranza dei 2/3 (secondo quanto stabilito dall'art. 138 della costituzione stessa).


Ora una maggioranza stretta, non uscita dalle urne, ci riprova in nome:
  • della governabilità;
  • della riduzione delle spese.
Sono giustificazioni che daranno risultati aberranti poiché, protetti, da queste false argomentazioni, continueranno sprechi e corruzioni. Se bastasse la riduzione dei parlamentari tanto varrebbe scegliere un uomo solo. E poi perchè riformare solo il Senato? L' onorevole Boschi ci spiega che che la riforma costituzionale serve a semplificare la macchina democratica ma la Democrazia è complessa e la semplificazione la riduce perchè produce inevitabilmente degli squilibri fra i poteri. Se aumenta il potere del Governo il Parlamento viene messo da parte!
Anche la semplificazione è uno slogan a partire dal' idea che la prima parte è intangibile e la seconda parte è nella disponibilità dei revisori!.
La più importante conquista del Novecento è stata proprio la democrazia costituzionale e la giurisprudenza costituzionale che ribadisce con forza l' eguale valore di tutta la Costituzione unitaria nei suoi valori e principi supremi comprese le disposizioni transitorie e finali fra le quali si distingue la disposizione XII:
E' vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista.
In deroga all'articolo 48, sono stabilite con legge, per non oltre un quinquennio dalla entrata in vigore della Costituzione, limitazioni temporanee al diritto di voto e alla eleggibilità per i capi responsabili del regime fascista.
(Alla fine del testo costituzionale sono collocate diciotto disposizioni espressamente qualificate come transitorie e finali, numerate in modo diverso e autonomo rispetto agli altri articoli che le precedono, ma facenti pur sempre parte integrante della Costituzione.
Tali disposizioni sono presenti in quasi tutte le Costituzioni contemporanee, soprattutto in quelle emanate a seguito di una rottura radicale con il regime precedente).
Finora abbiamo visto le giustificazioni dei politici alle riforme costituzionali ma la vera questione è il problema dei limiti alla revisione costituzionale dell' art. 138.

Articolo 138

Le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali sono adottate da ciascuna Camera con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi, e sono approvate a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera nella seconda votazione [cfr. art. 72 c.4].
Le leggi stesse sono sottoposte a referendum popolare [cfr. art. 87 c.6] quando, entro tre mesi dalla loro pubblicazione, ne facciano domanda un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali. La legge sottoposta a referendum non è promulgata [cfr. artt. 73 c.1, 87 c.5 ], se non è approvata dalla maggioranza dei voti validi.
Non si fa luogo a referendum se la legge è stata approvata nella seconda votazione da ciascuna delle Camere a maggioranza di due terzi dei suoi componenti.

Articolo 139

La forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale.

L' art. 138 disciplina l' attività legata al potere costituito mentre il potere costituente sarebbe illegittimo

Potere costituente

Quando si parla di potere costituente, ci si intende riferire al fondamento, alla forza creatrice e alla legittimazione di una costituzione. In linea di massima, per potere costituente si intende ciò che è alla base dell’instaurazione di un ordinamento costituzionale, ovvero di un nuovo ordine politico-giuridico che sostituisce in maniera traumatica (in genere, a seguito di una rivoluzione) quello precedente. D’altra parte, l’espressione potere costituente ha una valenza duplice: con esso si intende designare sia il soggetto che instaura il nuovo ordinamento, sia il fondamento di validità e legittimità dello stesso. Pertanto, il potere costituente si colloca sempre al di là della costituzione, in quanto è un potere extralegale, posto al di fuori dell’ordinamento che intende sostituire. Proprio perché extralegale, il potere costituente non si lascia ingabbiare o predeterminare dalla dimensione giuridica ed anzi è espressione massima della politica, anche se poi tende a fondare e ad organizzare un ordine giuridico costituito.
Secondo il costituzionalismo moderno, titolare del potere costituente è sempre e solo il popolo, inteso come gruppo di individui costituitosi in quella comunità politica fondamentale denominata Stato: la nozione di popolo è, quindi, strettamente collegata con quella di democrazia, di sovranità popolare e di nazione, come rilevato, tra gli altri, da Grimm. La problematica del potere costituente, tuttavia, è stata oggetto di studio per lo più da parte dei filosofi (o, comunque, dei teorici) della politica e assai meno dai costituzionalisti, poiché, come ha ben evidenziato Böckenförde, il potere costituente rimane un concetto limite del diritto costituzionale. Va detto, però, che lo stesso Böckenförde aggiunge che l’interrogarsi sul fondamento del diritto appartiene comunque al diritto (costituzionale) medesimo. il vero problema
Karl Schmitt sostiene che il potere costituente è pericolosissimo perchè potebbe adire a possibili risultati sovversivi e questo è un pericolo reale qualora si procedesse, come progetto, allo svuotamento della Costituzione alterando l' equilibrio fra governanti e governati.

Con la sentenza n. 1146/1988 [Limiti alla revisione costituzionale; possibilità per la Corte costituzionale di sindacare la legittimità di leggi costituzionali], la Corte ha sancito che oltre al limite espresso stabilito dall’art. 139 Cost. (la forma repubblicana), esistono limiti impliciti al potere di revisione costituzionale. Essi coincidono con i «principi supremi dell’ordinamento costituzionale», che la Corte ha richiamato nella sentenza succitata. Tali sono «i principi che, pur non essendo espressamente menzionati fra quelli non assoggettabili al procedimento di revisione costituzionale, appartengono all’essenza dei valori supremi sui quali si fonda la Costituzione italiana». Se «sovvertiti o modificati nel loro contenuto essenziale» si darebbe luogo non a una “revisione”, ma appunto a un “mutamento” costituzionale.

Allora non si possono fare modifiche alla Costituzione o modificare la forma di governo? Si ma occorre prima accertare fino a che punto il governo possa intaccare la forma di Stato e qual' è la spia che lo segnala? La modifica di governo non può intaccare la sovranità popolare!. Se le modifiche proposte rafforzano l' equilibrio fra governanti e governati va bene ma se l' equilibrio viene negato o anche intaccato non va bene!.

Le parole demos e kratos non vogliono demagogia (demagogìa s. f. [dal gr. δημαγωγία; v. demagogo]. – In origine, genericamente., arte di guidare il popolo; in seguito (già presso gli antichi Greci), la pratica politica tendente a ottenere il consenso delle masse lusingando le loro aspirazioni, spec. economiche, con promesse difficilmente realizzabili) e convincere il popolo che la Costituzione si possa modificare nella seconda parte per meglio organizzare il governo per lo sviluppo e il maggior benessere ed efficienza è la peggior forma di demagogia. La parte dei diritti e la parte organizzativa si armonizzano per sancire i Principi supremi. L' esercizio di un diritto presuppone l' organizzazione di un potere che lo renda esigibile ed universale altrimenti rimane un principio enunciato ma vuoto nella possibilità della sostanzialità.

Costantino Mortati ha scritto l' Articolo 1 :


L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.
La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione,
con il consenso di tutti.
Mortati ha scritto anche la possibilità del Principio maggioritario che non può essere accettato puro e semplice ma ha bisogno di 4 condizioni:
  • una maggioranza organizzata in modo da mantenere i legami fra i partiti, le associazioni intermedie e i cittadini
  • che la maggioranza rifletta la maggioranza dei titolari del diritto di voto in presenza dell' obbligatorietà del voto in modo che la partecipazione sia effettiva mentre oggi l' astensionismo è il vero sistema maggioritario. E' utile ricordare che noi oggi votiamo n base all' art. 48 della Costituzione:
    Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età [cfr. artt. 56 , 58 , 71 c. 2 , 75 cc. 1, 3 , 138 c. 2 , XIII c.1].
    Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico.
    La legge stabilisce requisiti e modalità per l'esercizio del diritto di voto dei cittadini residenti all'estero e ne assicura l'effettività. A tale fine è istituita una circoscrizione Estero per l'elezione delle Camere, alla quale sono assegnati seggi nel numero stabilito da norma costituzionale e secondo criteri determinati dalla legge.
    Il diritto di voto non può essere limitato se non per incapacità civile o per effetto di sentenza penale irrevocabile o nei casi di indegnità morale indicati dalla legge [cfr. artt. XII c. 2 , XIII c. 1].
    Secondo il dpr n.361 del 30 marzo 1957 i cittadini che non votavano per le elezioni delle Camere, venivano sanzionati:
    Articolo 4: ” L’esercizio del voto è un obbligo al quale nessun cittadino può sottrarsi senza venir meno ad un suo preciso dovere verso il Paese”
    all’articolo 115: “L’elettore che non abbia esercitato il diritto di voto, deve darne giustificazione al sindaco (….) L’elenco di coloro che si astengono dal voto (…)senza giustificato motivo è esposto per la durata di un mese nell’albo comunale (…) Per il periodo di cinque anni la menzione ‘non ha votato’ è iscritta nei certificati di buona condotta (…)”. La sanzione per coloro che non vanno a votare non è più in vigore. La norma è stata abrogata nel 1993.
  • ci siano pesi e contrappesi all' esercizio del potere altrimenti la maggioranza diventa tirannica. Si tratta di contrappesi istituzionali ma anche elettorali sostanziabili nella rappresentanza proporzionale.
  • Rispetto della minoranza e predisposizione dell' alternativa di governo. Oggi il Parlamento è esautorato e non c' è un dibattito efficace alla democrazia con continue fiducie tecniche perchè: non si può aspettare!
Ragionamento estremo sul piano formale. E' in atto una modifica della Costituzione ibrida fra potere costituito e potere costituente ma il potere costituente non potrebbe esserci perchè le riforme in itinere non sono espressione di un percorso democratico espressione di una volontà popolare che ne legittima l' imposizione e che, se così fosse, il referendum ex post non potrebbe correggere. Ancora più grave sarebbe il fatto che non potesse essere corretto poiché potremmo trovarci con una Costituzione diversa e imposta dai vincitori sui vinti laddove i vinti sono i cittadini, vinti da un Governo non eletto e di maggioranza politica ma non parlamentare e non sociale.

Attenzione perchè questo può avvenire in quanto siamo in presenza di una grave crisi democratica, sociale e culturale con dei governanti che aspirano a governare senza cittadini i quali sono diventati un fastidio, governanti che già procedono con metodi decostituzionalizzanti come per esempio il fatto di mettere in Costituzione l' art. 81 per poi andare in Europa a chedere una deroga!.

1 Aprile 2016. Avvocato costituzionalista, Federico Sorrentino: Le Fonti del diritto italiano

Tema della lezione: I costituenti come hanno programmato la difesa della Costituzione? Meccanismi difensivi. Si tratta di individuare i valori, i principi e i diritti che devono essere assicurati:

  1. nei confronti del pensiero politico per per non incorrere ancora nel pericolo di formazioni di potere analoghe al partito fascista;

  2. nei confronti del Parlamento che deve essere espressione dei cittadini.
Tutto il dibattito pubblico e le iniziative legislative e organizzative si deve svolgere nella democraticità anche andando a intervenire nel principio della sovranità popolare.
Premessa. Il ruolo del Presidente della repubblica. Ruolo di garanzia.
Il Capo dello Stato è il garante della Costituzione. Egli occupa il punto nevralgico dell'organizzazione costituzionale, il punto nel quale si collegano tutti i fili che compongono la complessa trama della vita costituzionale. Non c'è questione controversa, legislativa, governativa o giudiziaria, che non passi sul tavolo del Presidente; non c'è difficoltà di funzionamento dei meccanismi costituzionali che non chiami in causa un rimedio che spetta al Presidente di attivare. La formula “capo dello Stato” sta qui a significare la particolare funzione di garanzia del buon funzionamento globale del sistema costituzionale dello Stato.
Come garante della Costituzione, il Presidente è chiamato a svolgere due compiti:

- il controllo, contro gli abusi compiuti dagli altri organi;
  • l'attivazione, contro la loro inerzia.
A seconda delle necessità storiche può prevalere un ruolo più di controllo, oppure un ruolo di maggiore intervento attivo della vita politica. Quando vi siano una solida maggioranza parlamentare e un Governo in grado di governare, il compito del Presidente è prevalentemente quello di moderare la vita politica, facendo uso dei poteri di controllo.
Quando invece esistono difficoltà tra le forze politiche che impediscono di creare maggioranze e Governi stabili, il Presidente è colui che rimette in motogli organi costituzionali inceppati e li richiama ai propri doveri costituzionali.
Ogni Presidente della Repubblica ha offerto una sua interpretazione del proprio ruolo, a seconda della sua personalità (più o meno “attivista”) e delle circostanze storico-politiche in cui ha operato.
Il Presidente è garante perciò deve vigilare sui dispositivi di difesa della Costituzione.
Primo sistema di difesa: la rigidità. La rigidità della Costituzione: i limiti alla revisione (art. 138)
Oltre a porsi come fonte del diritto, la Costituzione afferma la propria inderogabilità ed immodificabilità ad opera delle fonti ordinarie prevedendo modifiche attraverso procedure aggravate e la possibilità del referendum che non è un referendum confermativo ma un referendum che deve essere chiesto ed ha carattere oppositivo che può essere chieso anche da una minoranza parlamentare e non serve il raggiungimento del quorum.
La previsione di un apposito procedimento, differenziato da quello legislativo ordinario, unita a quella del controllo sulla legittimità costituzionale delle leggi, manifesta infatti la volontà del costituente di riconoscere alla carta costituzionale il carattere della “rigidità”.
Questa rigidità può avere ed ha nel nostro sistema costituzionale diversi gradi, potendo andare da un massimo di immodificabilità assoluta sino ad un minimo di modificabilità ad opera del legislatore ordinario, con modeste varianti procedimentali.
Assolutamente immodificabili sono le disposizioni della Costituzione che definiscono la “forma repubblicana” dello Stato.
Il Principio di uguaglianza si può modificare ma si esce dalla democrazia! Oggi bisogna fare attenzione proprio a questo: mantenere le forme immodificabili svuotando i principi democratici perchè se una persona è in stato di bisogno non c' è uguaglianza!
Inoltre, muovendo dalla distinzione tra potere costituente e poteri costituiti, originario l’uno e derivati gli altri, è ben possibile trarre dalle scelte fondamentali o dai principi supremi su cui si basa la Costituzione ulteriori limiti alla revisione.
In questa direzione la dottrina ha ritenuto insuscettibili di revisione i diritti inviolabili o il principio democratico o l’indivisibilità della Repubblica o lo stesso meccanismo di revisione costituzionale.
Le riforme costituzionali
La riforma costituzionale del 2001
Nel corso del 2001 e' stato modificato il titolo V della parte seconda della costituzione italiana ( ossia la parte dedicata a comuni, province e regioni) attraverso la riscrittura di molti articoli e l'introduzione di nuove norme che hanno determinato un sostanziale ampliamento dei compiti e delle funzioni attribuite a questi soggetti. Le modifiche costituzionali del 2001 sono state sottoposte a referendum confermativo e i cittadini italiani hanno espresso la loro volonta' a favore dell'introduzione di questa rilevante riforma il 7 ottobre 2001.
Il secondo referendum costituzionale della storia della Repubblica Italiana si è svolto il 25 e 26 giugno 2006. La maggioranza dei votanti ha respinto il progetto di riforma costituzionale del 2005/2006 che era stato varato nella XIV Legislatura su iniziativa del centro-destra ed era inerente ai cambiamenti nell'assetto istituzionale nazionale della seconda parte della Costituzione.

A ottobre 2016 saremo chiamati a confermare il progetto di riforma Boschi.

Tutte queste revisioni propose sono revisioni molto importanti e sono state fatte a maggioranza stretta e questo non depone a favore e garanzia che i cambiamenti rispettino lo spirito della Costituzione che è troppo importante per darla in mano alla sola maggioranza oltre ad essere contrario ai principi dei costituenti i quali, su proposta di pietro calamandrei, avevano deciso che il Governo non dovesse intervenire nel dibattito costituzionale. La Costituzione e le sue riforme non sono cose di governo perchè gli argomenti devono volare alto e per volare alto devono essere svincolati dal potere immediato. Aradossalmente oggi le riforme sono di matrice governativa con la proposta di un Disegno di Legge di modifica strutturale: Senato, modo di fare le leggi, Provincie, Cnel, rapporti Stato-Regioni.
C'è una norma in progetto sulla quale bisogna riflettere molto: norma sulla clausola di supremazia. In base a questa norma, in nome dell' unità politica, lo Stato si può appropriare della legislazione regionale oltre a tutte le competenze regionali e il Senato che sarà espressione delle Regioni non potrà partecipare e intervenire in nessun modo.
La Costituente era formata da giganti chiamati a quel compito e legittimati dalla leggi (Il Ministero per la Costituente fu istituito con il decreto luogotenenziale 31 luglio 1945, n. 435, approvato dal Consiglio dei ministri del 12 luglio 1945. Fu uno dei primi provvedimenti del Governo Parri, costituitosi il 21 giugno, e il suo varo avvenne non senza contrasti, con i ministri democristiani e liberali riluttanti ad istituire un Ministero sui generis in quanto non preposto ad una branca dell'amministrazione, né titolare di poteri amministrativi specifici, ma incaricato piuttosto, come recitava l'art. 2 del decreto legislativo n. 435, di "preparare la convocazione dell'Assemblea costituente e di predisporre gli elementi per lo studio della nuova Costituzione che dovrà determinare l'aspetto politico dello Stato e le linee direttive della sua azione economica e sociale"), i quali lavorarono per più di un anno e mezzo e oggi, i protagonisti del progetto di riforma, stanno riformando con un parlamento dichiarato incostituzionale dimenticando che:
  • l' art. 138 è esercitabile solo per le piccole revisioni e non per grandi temi suggerendo l' oppotunità di dividere i temi e non fare ammucchiate di riforme senza tenere a mente l' esperienza del 2006 nella quale il popolo respinse anche modifiche positive ma inserite in modifiche che mettevano in pericolo la costituzione stessa.
Secondo meccanismo di difesa. La sovranità popolare e la democrazia competitiva
Nella nostra Costituzione, democrazia significa governo del popolo. Ciò è detto a chiare lettere dall’art. 1. secondo comma, Cost. -: «la sovranità appartiene al popolo». Non dice al popolo della maggioranza e in Costituzione questo Principo è charo! Ci si deve però intendete su che cosa sia il popolo, al quale la Costituzione attribuisce la sovranità. La Costituzione italiana (...) è pluralista. Il popolo, perciò, è l’insieme di numerosi soggetti e gruppi sociali, con ideologie, programmi e interessi differenziati e in competizione tra loro. Dire che la sovranità appartiene al popolo significa che il potere politico deriva da una libera competizione tra tutte le componenti sociali.
La democrazia prevista dalla Costituzione è una democrazia competitiva. Questo tipo di democrazia comporta alcune condizioni:
libere elezioni, con diritto di voto garantito a tutti;
pluralità di partiti politici e possibilità di crearne di nuovi;
protezione delle minoranze dal potere della maggioranza;
possibilità per le minoranze di diventare maggioranza;
  • libertà delle opinioni e uguale accesso al dibattito politico.
La democrazia si realizza attraverso il dialogo:
  • la velocità, l' eccessiva semplificazione dei concetti e gli slogan non sono valori della democrazia ma lo sono i confronti, gli approfondimenti e la complessità perchè la democrazia si realizza attraverso il dialogo.
I limiti all'esercizio della sovranità popolare

Il popolo non è onnipotente: esso esercita la sovranità nelle forme e nei limiti della Costituzione (art. 1, secondo comma. Cost.). Stabilendo le forme e i limiti della sovranità, la Costituzione detta quelle che — secondo un linguaggio figurato — si denominano le “regole del gioco politico”. Essa non si limita a stabilire chi esercita il potere politico (il popolo, per l'appunto), ma prescrive anche come lo deve esercitare. In qualsiasi gioco, le regole sono stabilite prima e chi vuol giocare le deve accettare. Anche per il “gioco politico” è così: le forze politiche non dovrebbero cambiare le regole costituzionali a loro piacimento. Altrimenti, le più forti cambierebbero a proprio vantaggio e la de-mocrazia diverrebbe una dittatura

Terzo meccanismo di difesa: la giustizia costituzionale. Il controllo di costituzionalità.
La giustizia costituzionale consiste in un insieme dei poteri della Corte costituzionale che servono a reagire contro gli atti giuridici e i comportamenti contrari alla Costituzione. Tra questi poteri, spicca il controllo sulle leggi ordinarie, posto a garanzia del principio di costituzionalità nel sistema delle fonti del diritto, il quale serve contemporaneamente a impedire gli abusi della maggioranza parlamentare. Sono rivolti a garantire la Costituzione come regola del gioco anche gli altri poteri della Corte costituzionale: la risoluzione dei conflitti di attribuzioi, il giudizio sui reati di alto tradimento e attentato alla Costituzione e il controllo sulla ammissibilità del referendum abrogativo. La rigidità della Costituzione e la giustizia costituzionale sono due limiti all’onnipotenza del Parlamento. Se la democrazia consistesse nell’onnipotenza del popolo e (della maggioranza) dei suoi rappresentanti, la rigidità della Costituzione e la giustizia costituzionale rappresenterebbero due limitazioni della democrazia. Invece, per la democrazia competitiva prevista dalla Costituzione, questi due limiti all’onnipotenza della maggioranzasono elementi irrinunciabili.
La democrazia competitiva non è, però, l’unico tipo di democrazia basata sul potere del popolo. Essa si contrappone alla dittatura democratica (...) che è il regime della democrazia senza limiti, ove il potere popolare può tutto, anche combattere ferocemente le minoranze.

Il controllo giurisdizionale. La Corte costituzionale.

La Corte costituzionale è l'organo di controllo della costituzionalità, cioè l'organo al quale la Costituzione ha demandato il compito di verificare la legittimità costituzionale delle leggi e degli atti aventi forza di legge dello Stato e delle Regioni (art. 134, 1°c. Cost). La giustizia costituzionale è quindi garanzia di rigidità della Costituzione (vedi scheda relativa) perché consente di reagire alle infrazioni alla Costituzione ad opera del legislatore ordinario.

La Corte costituzionale quindi può essere chiamata a giudicare in ordine alla conformità alla Costituzione di una legge o di un atto avente forza di legge attraverso due distinte vie di accesso e cioè:
  • in via diretta (o principale), qualora vi sia un ricorso statale avverso statuti o leggi regionali o un ricorso regionale nei confronti delle leggi statali o di altre regioni;
  • in via incidentale (o di eccezione), qualora un giudice nel corso di un comune giudizio (civile, penale o amministrativo) ritenendo che la disposizione di legge o di atto avente forza di legge, che egli è chiamato ad applicare per la decisione del giudizio, sia in contrasto con una o più disposizioni costituzionali, sollevi la questione di costituzionalità dinanzi alla Corte costituzionale.
Oggi il controllo eseritato dal Corte è un controllo efficace e stabilizzato ma la sua Storia ci dice che si è un dispositivo di controllo e di potere che si è delineato e perfezionato gradualmente stabilizzandosi all' interno di interventi rispettosi della cultura del diritto. I costituenti, i giuristi e gli intellettuali di filosofia politica e del diritto erano dubbiosi sulla Corte e questo si può capire leggendo le fonti della Commissione costituente oltre a documentarsi sulla polemica degli anni '30 del '900: vedere i libro di Marco caserta, Democrazia e costituzione in Hans Kelsen e Carl Schmitt

Protagonisti del pensiero giuridico-politico del Novecento, Hans Kelsen e Carl Schmitt si fronteggiano - sullo sfondo della crisi della Repubblica di Weimar e del suo rovinoso epilogo- anche sul tema della democrazia. Due concezioni diverse, che pur maturando in un comune contesto di riferimento ed affrontando inevitabilmente temi e problematiche analoghi, giungono a conclusioni per certi versi opposte, esprimendo due idee di democrazia che vanno reciprocamente ad escludersi e che pure, proprio per questa inconciliabile opposizione, risultano tuttavia legate dal limite della loro unilateralità, quasi come se all’una manchi qualcosa dell’altra e viceversa.
Se la democrazia può essere considerata come uno dei grandi protagonisti della storia della politica del ventesimo secolo, unitamente ai regimi totalitari del nazi-fascismo e del comunismo, il modo in cui la forma di governo democratica viene presentata nel confronto con l’autoritarismo dei regimi antagonisti, rappresenta subito un punto di netta differenziazione tra Kelsen e Schmitt.

Kelsen. La rigorosa individuazione degli elementi costitutivi dell’idea democratica e la successiva ricostruzione delle peculiarità di questa forma di governo, vorrebbero anche concretizzare un’adeguata risposta dottrinale alla crisi rappresentativa delle modalità democratico-parlamentari, le quali sono invece indicate come le uniche proprie del regime democratico.

Schmitt. Compito della riflessione politologica è prendere atto dei limiti, intrinseci, del parlamentarismo e delle relative forme di produzione del consenso e di espressione della partecipazione politica e, conseguentemente, definire un’idea di democrazia che sappia farnea meno, anche ai fini di una svolta autoritaria.

Per entrambi, comunque, il problema essenziale è quello della fondazione teoretica della forma politica democratica, come modello dottrinale astratto che sappia valersi di una rinnovata elaborazione concettuale e che possa rappresentare, pertanto, l’adeguato punto di riferimento per la difficile realtà politica del tempo presente.

Il macrotema sotteso al dibattito era:
  • trovare una forma politica che consentisse di sostanziare i Principi formali e trovari i modidi applicazione della Costituzione individuando un organismo che potesse intervenire sostanzialmente senza abusare di un potere effettivamente superiore protagonista un giudice che non risponde a nessuno ma solo alla Costituzione.
Nella Costituzione italiana prevale l' idea coraggiosa di Kelsen nell' organizzare la Democrazia nelle forme democratico-parlamentari, indicate come le uniche proprie del regime democratico con relativi pesi, contrappesi e organi di controllo. Allora, dopo attenti confronti, via libera alla Corte purchè espressione della pluralità politica. La composizione mista si decise fra molte discussioni.

La commissione Forti: Commissione di studio

Il 21 novembre fu istituita la Commissione per gli studi attinenti alla riorganizzazione dello Stato, sotto la presidenza di Ugo Forti, docente di diritto amministrativo all'Università di Napoli e già in precedenza chiamato a presiedere la Commissione per la riforma dell'Amministrazione, istituita dal Presidente del Consiglio pro tempore Bonomi. La nuova Commissione, che si differenziava dalla precedente per il fatto di avvalersi non solo di tecnici, ma anche di esperti designati dai partiti, si suddivise in cinque Sottocommissioni (problemi costituzionali; organizzazione dello Stato; autonomie locali; enti pubblici non territoriali e organizzazione sanitaria) e, proprio all'inizio dei propri lavori pose il quesito sopra ricordato, sulla possibilità di redigere una bozza di costituzione; ad esso il Ministro Nenni rispose in modo nettamente negativo, richiamando l'attenzione sulla natura esclusivamente tecnica della Commissione, mentre una scelta tra modelli istituzionali avrebbe presupposto una discussione su questioni politiche "sottratte alla competenza tanto della Commissione che del Ministero, e riservate esclusivamente all'Assemblea Costituente" (così la lettera di risposta al quesito). Pur lavorando alacremente, la Commissione non fece in tempo a giungere ad una sintesi del proprio lavoro e la Relazione per l'Assemblea Costituente, datata 30 maggio 1946, non fu presentata come un documento unitario, bensì come la raccolta delle relazioni elaborate dalle Sottocommissioni e delle conclusioni a cui erano giunte queste ultime. In Commissione era prevista anche la possibilità dell' istanza personale ma poi prevalsero altre decisioni sempre in un clima di dibattito serrato che portò l' approvazione della Costituente nell' ultimo mese con la decisione che la Corte dovesse essere a composizione mista e che le sentenze dipareri su leggi difformi dalla Costituzione poi dovessero essere risolte dal Parlamento.
Per quanto riguarda il controllo di legittimità costituzionale della Legge ordinaria penale e civile è il giudice che prospetta l' incostituzionalità alla Corte sostanziano il Principio di incostituzionalità incidentale concreto e, solo n questo caso, la sentenza ha effetti retroattivi.
L' impugnazione diretta e astratta può avvenire su iniziativa diretta dello Stato e delle regini entro 60 giorni dall' emanazione per esercitare il diritto di competenza.
Oggi la Corte costituzionale è un punto fermo irrinunciabile per la nostra Democrazia ma il consolidamento è avvenuto in decenni di attività dopo 8 anni e mezzo duranti i quali la politica non procedeva alle elezioni. Perchè? Per paura poiché la Corte esprime un potere duplice che si colloca fra il potere del giudice e il potere del legislatore per cui la maggioranza politica opponeva ostruzionismo alla formazione della Corte mantenendo come riferimento la legislazione ordinaria che era di matrice ottocentesca e fascista.
Dopo l' elezione dei giudici della Corte costituzionale prende vita questo organo potente che potrebbe essere stato anche prepotente ma così non fu. I giudici si mostrarono all' altezza di guidare l' Italia verso la modernità e la contemporaneità con una lentezza e prudenza iniziale finalizzata a perfezionare i compiti e rassicurare politica e cittadini.
I primi 8 anni della Corte furono dedicati all' impegno gravoso di controllare e correggere le leggi anteriori la Repubblica per poi predisporre le linee fondamentali della Giurisprudenza costituzionale attraverso varie tappe: estensione del controllo, nozione ampia del giudice che solleva la questione perchè era importante allargare le vie dei controlli in modo che non ci fossero leggi che potessero sfuggire ai controlli stessi e rigore sulla rilevanza dei requisiti di accoglimento o rigetto delle istanze.
La predisposizione della nuova giurisprudenza doveva rispondere:
  • al principio di ragionevolezza;
  • al principio di uguaglianza/differenza;
  • al principio antiautoritario.
Oggi possiamo dire che la Corte ha fatto un percorso tale da essere considerata un presidio insostituibile anche, negli ultimi tempi, riguardo la preoccupazione della giustizia sociale. Na Corte che si è autolegittimata nel tempo in base alle proprie capacità oltre alle competenze tenendo fermo il principio di non invadenza e non sostituzione degli altri organi costituzionali ai quali si sovrappone sostanziando, di fatto, lo Stato di diritto.
La Corte costituzionale si compone di 15 giudici che durano in carica nove anni. (Il limite della durata in carica era stato inizialmente fissato in 12 anni solo successivamente ridotti a 9 dalla legge cost. n. 2 del 1967, modificativa dell’art. 135 Cost.).

I giudici della Corte costituzionale possono essere scelti tra le seguenti categorie:

I magistrati anche a riposo delle giurisdizioni superiori ordinaria e amministrative
I professori ordinari di università in materie giuridiche
Gli avvocati con almeno 20 anni di esercizio.

I giudici della Corte sono nominati:

per un terzo dal Presidente della Repubblica.
per un terzo dalle supreme magistrature ordinaria ed amministrative
per un terzo dal Parlamento in seduta comune.

La Corte costituzionale, oltre a giudicare sulla legittimità costituzionale delle leggi e degli atti aventi forza di legge dello Stato e delle Regioni, giudica inoltre:
sui conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato;
sui conflitti di attribuzione tra lo Stato e le Regioni e tra le Regioni;
sulle accuse promosse contro il Presidente della Repubblica;
sull'ammissibilità delle richieste di referendum abrogativo.

La Corte costituzionale si è consolidata in presenza della legge elettorale proporzionale rispettosa della complessità e ora invece è chiamata ad agire con il sistema elettorale tendente al maggioritario e in presenza di tendenze tese a escludere le articolazioni sociali che agiscono fra il potere del Governo e i cittadini. Riuscirà la Corte a garantire ancora il pluralismo costituzinale comprese le minoranze?
Dallo studio degli ultimi 20 anni di attività della Corte, noi cittadini, possiamo stare tranquilli
perchè la Corte non ha esitato a porsi come arbitro nelle controversie politiche e sui temi di giustiza sociale dimostrando di saper fare il suo mestiere e dovere ma anche il non superamento dei limiti non entrando mai all' interno delle Camere e nei servizi di sicurezza. Sono i cittadini che devono vivere la Costituzione e far valere i propri diritti.

La funzione del Presidente della Repubblica

Le funzioni del Presidente della Repubblica sono rigorosamente indicate nella Costituzione della repubblica italiana:
Titolo II, artt.: 68,69
Titolo III, art.: 76
Titolo IV, artt.: 89, 103, 122, 123, 135.
Il Presidente ha anche un articolo di tutela immunitaria legata al suo potere poiché, recita la Corte,
Sarebbe, in pari tempo, del tutto evidente come, nello svolgimento dei predetti compiti, debba essere garantito al Presidente della Repubblica «il massimo di libertà di azione e di riservatezza», anche perché alcune delle attività che egli pone in essere nel perseguimento delle finalità istituzionali – e di non poco significato – «non hanno un carattere formalizzato»,
secondo l' articolo 90,
Il Presidente della Repubblica non è responsabile degli atti compiuti nell'esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento o per attentato alla Costituzione.
In tali casi è messo in stato di accusa dal Parlamento in seduta comune, a maggioranza assoluta dei suoi membri.
In base a questo articolo la Corte costituzionale ha emesso la sentenza:
Sentenza 1/2013
Giudizio
GIUDIZIO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE TRA POTERI DELLO STATO
Presidente QUARANTA - Redattore SILVESTRI - FRIGO
Udienza Pubblica del 04/12/2012    Decisione  del 04/12/2012
Deposito del 15/01/2013   Pubblicazione in G. U.
Norme impugnate:
Conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sorto a seguito dell'attività di intercettazione telefonica, svolta nell'ambito di un procedimento penale pendente dinanzi alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Palermo.
Massime:
36857  36858  36859  36860 
Atti decisi:
confl. pot. mer. 4/2012


Per questi motivi la Sentenza ha concluso:

LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara che non spettava alla Procura della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Palermo di valutare la rilevanza delle intercettazioni di conversazioni telefoniche del Presidente della Repubblica, operate nell’ambito del procedimento penale n. 11609/08;
dichiara che non spettava alla stessa Procura della Repubblica di omettere di chiedere al giudice l’immediata distruzione della documentazione relativa alle intercettazioni indicate, ai sensi dell’art. 271, comma 3, del codice di procedura penale, senza sottoposizione della stessa al contraddittorio tra le parti e con modalità idonee ad assicurare la segretezza del contenuto delle conversazioni intercettate.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 dicembre 2012.
Questa Sentenza ha lasciato molti interrogativi perchè: il Presidente della Repubblica non ha poteri sovrani e l' azione deve essere trasparente.
Il Presidente armonizza il conflitto politico cercando di far prevalere l' unità nazionale senza assolutamente privilegiare o indirizzare verso una tendenza politica, tutto all' insegna della neutralità.
Il Capo dello Stato può fare discorsi per trasmettere messaggi ma non può fare esternazioni perchè incarna la Repubblica e trasmette i valori dela Costituzione. Le esternazioni possono essere finalizzate ad allargare le funzioni.

Scuola di cultura costituzionale: 15/4/2016. Pr. Vittorio Angiolini, Università degli Studi di Milano. Pr. Francesco Bilancia, Università degli Studi “G d' Annunzio” Chieti-Pescara. 
 
E adesso? Osservazioni macro-storiche

Lo scenario sociale e politico, dopo la II guerra mondiale, è stato abbastanza coerente con governi che hanno proseguito nell' idea di dare sostanzialità allo sviluppo delle comunità seguendo i Principi democratici nella convinzione che solo questi principi fossero portatori di vero sviluppo. Oggi c' è paura e mancanza di speranza.

La scena politica italiana oggi presenta aspetti inedici, rispetto agli anni dal dopoguerra a oggi, e non sono aspetti rassicuranti. La Storia non si ripete mai nello stesso modo ma si possono e si devono fare delle similitudini per capire e dopo aver compreso, per prendere posizione.

Anche oggi, per spiegare certi comportamenti dei governanti, si può usare il termine Italietta, coniato dai nazionalisti del primo Novecento per spiegare l' inadeguattezza, anche economica, dei governanti del passato, fino al Governo Giolitti. Successivamente questo termine è passato ad indicare, con senso dispregiativo, la società e lo stato italiani in quanto considerati di mentalità gretta, provinciale, piccolo borghese | durante il ventennio fascista, epiteto usato per indicare la parte della società che si opponeva al regime in quanto sostenitrice di posizioni pacifiste, democratiche e parlamentariste.

Oggi il termine Italietta ritorna e si impone con forza e descrive, universalmente, l' inadeguattezza dei politici italiani in quanto ci troviamo di fronte a decisioni politiche che abbiamo letto sui libri di Storia con delle aggravanti: le decisioni politico-legislative che opprimono i diritti sono molte e gli oppressi sono tenuti divisi per cui non tendono a organizzarsi per liberarsi dall' oppressione ma si combattono fra di loro in base a una cultura che ha destrutturato una cultura millenaria, esalta la rottamazione e le divisioni generazionali con la conseguenza che l' oppressione non la combatte nessuno.

Italiani contro immigrati
Immigrati comunitari contro immigrati extracomunitari
immigrati comunitari ed extracomunitari contro profughi e migranti economici
Figli contro padri
Sostenitori politici contro altri sostenitori politici

E che dire delle divisioni fra lavoratori?

Lavoratori stabili contro precari
Lavoratori pubblici contro lavoratori privati
Lavoratori autonomi contro lavoratori salariati

E che dire delle divisioni territoriali?

Comuni contro Regioni
Regioni contro lo Stato

E che dire delle divisioni fra stati e sovranazionali?

Singoli stati l' uno contro l' altro
Italia contro Europa in nome di un nazionalismo che invoca la competitività del Sistema Paese e riguardo le politiche migratorie.

Non si parla più di valori ma di interessi economici, con il risultato che i diritti vengono soppressi, avanza la povertà, tutti subiscono l' oppressione e nessuno unisce le forze, anzi, si impone l' antica divisione storica della divisione. Non è una oppressione che deriva da una divisione che il cittadino sente e riene giusta ma è proprio una divisione, un mettere l' uno contro l' altro, che vengono imposti dalla maggioranza di Governo.

Per comprendere: Giuseppe Volpe, Storia costituzionale degli italiani. Vol. I, L' Italietta (1861-1915)

Per comprendere la situazione attuale: Alexis Clérel de Tocqueville (1805-1859)
Vedo chiaramente nell'eguaglianza due tendenze: una che porta la mente umana verso nuove conquiste e l'altra che la ridurrebbe volentieri a non pensare più. Se in luogo di tutte le varie potenze che impedirono o ritardarono lo slancio della ragione umana, i popoli democratici sostituissero il potere assoluto della maggioranza, il male non avrebbe fatto che cambiare carattere. Gli uomini non avrebbero solo scoperto, cosa invece difficile, un nuovo aspetto della servitù… Per me, quando sento la mano del potere appesantirsi sulla mia fronte, poco m'importa di sapere chi mi opprime, e non sono maggiormente disposto a infilare la testa sotto il giogo solo perché un milione di braccia me lo porge.

Per aiutare la comprensione

Alexis Clérel de Tocqueville, La democrazia in America, scritta fra il 1832 e il 1840 e tuttora fondamentale per la comprensione dell'ideologia e della vita sociale degli Stati Uniti, e L'antico regime e la Rivoluzione, il volume pubblicato nel 1856, che trasformò radicalmente i criteri interpretativi della Rivoluzione francese.

L' osservazione del processo storico attuale ci parla della definitiva strutturazione dei nuovi idoli: crescita e impresa nel paradosso e nella contraddizione che non si tutela e non si perseguono nessuna delle due. E' appunto un' idolo che serve al Governo per giustificare la loro sopravvivenza e il loro arretramento dalla politica, e dall' organizzazione della politica per la crescita e lo sviluppo delle società. Di fronte al monopolio, nel dibattito pubblico, di questo idolo il blocco sociale si rinsalda!

I partiti sono senza radicamento sociale e operano solo in vista delle elezioni a tal punto che non sono neanche in grado di accorgersi dei mancati tesseramenti. I cittadini sono impotenti e la mistificazione avviene anche con la mistificazione dei nomi e delle cose. Es. abolizione delle Provincie, semplificazione, abolizione del Senato......riforma del lavoro, riforma delle pensioni....L' esempio più eclatante: Jobs Act: il contratto a tutele crescenti. Un cittadino pensa che aumenti le tutele e invece contiene la nuova disciplina del licenziamento! La nuova tipologia contrattuale e la riforma in materia di licenziamenti.
Dal Governo Monti, la politica si è arresa ed è stata responsabile dell' accadimento di cose terribili come la creazione degli esodati per finire alla mancanza di tutere dei risparmiatori.

La politica oggi non è in grado di reggere il patto costituente e allora adattano il patto alla loro inadeguattezza ma questo non si può fare!

Venendo alla riforma costituzionale: la riforma non ha dietro un' idea di Stato come era avvenuto nel 1948 e la politica non può rispondere alle critiche con leggerezza: se il futuro Senato non andrà bene, lo cambieremo!. Il mutamento è forte perchè la Costituzione che prevede la riforma non avrà custodi ma sarà in mano al Governo profilandosi come un potere anarchico.che si

Per comprendere, L' ordinamento repubblicano di Feliciano Benvenuti

Feliciano Benvenuti ha riflettuto molto sui termini: La Repubblica tutela....., la Repubblica promuove.........

Cosa significa affermare che la Repubblica agisce? Significa che la Costituzione è stata fatta e deve essere fatta da tutti! Oggi più che mai perchè la pratica dell' uguaglianza si è interrotta e solo la pratica dell' uguaglianza e della libertà ci salverà dalle mistificazioni! Non possiamo accettare che i diritti vengano riorientati verso il basso o che diventino materia classista. I vitalizi sono diritti e l' indicizzazione delle pensioni, no. Tantomeno è tollerabile l' ingiustizia di Stato.
Occorre prendere atto che oggi la politica non è più in grado di organizzare le libertà politiche ed è per questo che tocca a noi, uomini e donne, mobilitarsi per cambiare. Non è una novità. La Storia nobile dell' talia è stata fatta dalle persone: Risorgimento, Liberazione dal fascismo e vera stagione riformistica degli anni ' 70 del Novecento mentre la politica è stata capace di fare l' Itallietta!
E che dire della parola ciaone rivolta per dileggio a chi ha esercitato il diritto/dovere di voto in occasione del referendum del 17 maggio 2016?

Francesco Bilancia, E adesso?

Possiamo dire che dopo la costruzione di un percorso di civiltà e sviluppo, grazie alla Costituzione della Repubblica italiana, oggi si sta procedendo a una decostruzione. Costituzione, fino a oggi, significa: cultura giuridica, cultura politica, cultura esistenziale, cultura, laica, cultura cristiana, cultura etica, cultura morale, cultura delle pari opportunità, cultura delle opportunità per meritevoli, cultura dell' uguaglianza e della differenza, in definitiva salvaguardia delle dignità della persona. Molto si è già perduto, dagli anni '90 ma gli intellettuali parlavano e i costituenti intervenivano personalmente. Oggi gli intellettuali non parlano nonostane la tradizione intellettuale italiana divisa fra conformisti ed eretici ma pur sempre presenti! L' unione intorno alla Costituzione aveva creato uno spirito nuovo, una vera e propria palingenesi etica.
Riflessioni sulla leaderschip attuale
Cosa possiamo dire se non elencare i fatti? Attualmente il Governo italiano è stato deciso dalle istituzioni finanziarie europee con l' alleanza della politica la quale solo così intravede la possibilità di continuare a esistere. A questa alleanza si aggiungono i media per rendere efficace un processo di induzione ideologica, non razionale, perchè si struttura intorno alle emozioni: paure/speranze. Una volta portato a termine questo processo si fanno vedere possibili soluzioni che non arrivano mai grazie alle decisioni politiche.
In questo clima il Presidente del Consiglio: dott. Matteo Renzi è stato eletto, non dai cittadini, ma da una comunità autoreferenziale, come si eleggevano i capi nelle comunità che noi abbiamo sempre definito primitive: per profezia autoavverantesi e per acclamazione con la differenza che una volta la persona eletta doveva avere delle doti vere di forza, intelligenza, saggezza e distacco mentre oggi basta la furbizia, un' ambizione senza corrispondenza con qualità reali e la capacità di apparire amicale.
Ora questo Presidente, non eletto dai cittadini, vuole e tenta di di portare fuori la politica dalla Costituzione, togliendo l' equilibrio fra i poteri per portare il baricentro sul Governo. Come viene giustificata questa operazione? Dicendo che la classe politica riforma sé stessa. Ma politica e Costituzione, Governo e Costituzione non sono la stessa cosa perchè la Costituzione riguarda le garanzie fondamentali dei cittadii. La persona è al centro! La lungimiranza e la saggezza dei costituenti verrà cancellata per preparare l' allontanamento delle minoranze e delle opposizioni le quali dovranno lasciare il passo a un futuro di potere legato al gruppo che vincerà.
Già ora è in atto la delegittimazione del Parlamento e il trasformismo dei parlamentari è già segno del profilarsi del partito di potere.
E adesso? Adesso possiamo dire che la Costituzione come progetto per le persone, nata dal patto fondativo della Repubblica, nella riforma attuale non c' è e si profila l' idea che la rigidità della Costituzione sia responsabile di tutto e che la Costituzione del furo potrà essere la Costituzione del Governo in carica in quel momento. Una Costituzione oligarchica con depotenziamento delle garanzie in quanto, tutto ciò che prevede la riforma, è al ribasso a tal punto che il Presidente della Repubblica, garante della Democrazia e custode della Costituzione, verrà scelto da ¾ dei componenti del Parlamento. Un Parlamento pensato per essere al servizio del Governo accanto alla scomparsa del ruolo legislativo delle Regioni.
Riflessioni conclusive
La distruzione del Parlamento deriva dalla politica degli ultimi 20 anni che ha fatto intendere che ci possa essere la Democrazia senza costituzionalismo purchè ci sia un leader acclamato in linea con il potere cesarista, bonapartista, peronista, stalinista, hitleriano e mussoliniano. Una volta esaurito il rito dell' acclamazione il cittadino non serve più per cui il costituzionalismo, unica garanzia per il cittadino, viene messo da parte con le parole d' ordine:
risparmio, vedere la luce in fondo al tunnel, semplificazione, governabilità.
E ora Renzi arriva alla massima espressione di personalizzazione della politica e disprezzo dell' elettorato attraverso una scommessa: vincere o andare a casa. Si può legare il destino di una Democrazia e di un popolo a una scommessa? Finora non avevamo visto niente di simile a questo agire inedito di disprezzo e sfrontattezza nei confronti dell' elettorato.
Perchè disprezzo? Perchè l' elettorato va rispettato nelle sue scelte senza oppressioni di questo tipo e perchè Renzi non c' entra nulla con il destino della Costituzione che appartiene al Popolo.

Precisazioni finali

Leader per profezia autoavverantesi e acclamazione

Il concetto di profezia che si autoavvera è stato introdotto in sociologia da Robert K. Merton nel 1948, nel suo libro Teoria e struttura sociale, per indicare quei casi in cui una supposizione per il solo fatto di essere creduta vera alla fine si realizza confermando la propria veridicità, seppur inizialmente infondata.

Merton trasse ispirazione dal celebre teorema di Thomas, sociologo americano della scuola di Chicago, il quale affermò che “se gli uomini definiscono certe situazioni come reali, esse sono reali nelle loro conseguenze”. Egli riprese, quindi, l'importanza della definizione della situazione (ossia l'interpretazione del contesto da parte degli attori sulla base delle loro conoscenze e informazioni) nel determinare la condotta sociale, sottolineando come l'azione non sia determinata solo dai mezzi e dai fini, ma anche dalle risorse cognitive e culturali dell'attore.
Le teorie successive che riprenderanno questi concetti sono oggi definite teorie situazioniste, proprio per il ruolo centrale dell'interpretazione della situazione.

L'esempio celebre della profezia che si autoavvera fornito dallo stesso Merton riguarda il caso nel quale un insieme di risparmiatori, temendo il crollo finanziario di una banca, si reca in pochi giorni a ritirare i propri risparmi. Fino a quel momento la banca era un istituto solido e garantito, ma quando i risparmiatori, oltre che credere, agiscono come se il fallimento fosse davvero imminente recandosi tutti quanti a ritirare i depositi, allora essi fanno in modo che le loro aspettative diventino reali, ossia la banca fallisce.

La profezia che si autoavvera si iscrive in quell'ampio filone di studi che indaga gli effetti imprevisti dell'azione (tra i quali l' eterogenesi dei fini di Pareto) e propone la contrapposizione tra razionalità dell'attore e razionalità del contesto.

Ad esso sono ricollegabili anche gli studi di Schelling, concentrati sul rapporto tra le motivazioni individuali e i comportamenti collettivi, e più in generale le ricerche sui dilemmi sociali, ossia quei casi nei quali esiste una tensione tra razionalità individuale e razionalità collettiva che porta il perseguimento dell'interesse individuale ad una condizione collettiva peggiore rispetto a quella iniziale o ad altre altrimenti raggiungibili.

John Rawls

Con Una teoria della giustizia Rawls tenta di superare la dottrina filosofica dell' Utilitarismo, cioè, l' idea secondo la quale una società giusta debba perseguire il maggior benessere possibile per il maggior numero di persone.

Questo va bene, ma le minoranze che inevitabilmente rimangono escluse?

Per Rawls la posizione utilitaristica tende a sacrificare gli interessi della minoranza. La concezione di giustizia rawlsiana si basa sull'idea che tutti i beni sociali principali devono essere distribuiti in modo eguale e una distribuzione uguale può esserci solo se avvantaggia i più svantaggiati.

Rawls utilizza due argomenti a sostegno delle sue idee.

Con il primo argomento contrappone la sua proposta teorica alla teoria dell' uguaglianza delle opportunità; il secondo argomento è quello del contratto sociale.

Secondo Rawls, in una società che si fonda sull'uguaglianza delle opportunità le disuguaglianze di reddito sono giuste perché legate alla bravura di ogni singolo individuo. Egli non critica queste disuguaglianze ma le disuguaglianze immeritate.

Nascere ricchi o poveri non è un merito, nascere intelligenti o handicappati non è un merito, si tratta solo di essere più fortunati o meno.

Rawls critica la teoria delle Pari opportunità perché non tiene conto delle disuguaglianze legate ai talenti naturali di ogni uomo. Diverse le disuguaglianze immeritate perché arbitrarie.

Egli ritiene che una giustizia distributiva equa debba tener conto delle disuguaglianze immeritate e creare un sistema dove i meno avvantaggiati possano ottenere il massimo possibile. Per creare una giustizia distributiva equa, Rawls utilizza, reinterpretandolo, lo strumento del contratto sociale, già utilizzato dal Giusnaturalismo seicentesco.

Breve lettura di genere

Il 2 Giugno 1946 le donne votano per la prima volta dopo il coinvolgimento sociale della Prima guerra mondiale e la partecipazione diretta in massa alla Resistenza e dopo l' esclusione, durante il fascismo, del diritto di voto a tutti e l' esclusione di tutte le associazioni volontarie e spontanee dalla vita pubblica. L' esclusione corrisponde alla formazione forzata di partecipazioni di massa alla quale tutti gli italiani in ogni stagione della vita, sono costretti a partecipare. Il Fascismo, seppure in modo forzato e all' insegna di un modello femminile imposto, mobilita le donne facendole uscire.

Alla Resistenza parteciparono 70.000 donne, 35.000 diventarono partigiane attive e 4600 furono arrestate, molte torturate, molte uccise. I partigiani, nel momento della Liberazione, le oscurano forse per paura di sovraesporle e forse per negare una realtà storica; anche loro non escono volentieri allo scoperto ma la verità storica emerge.

La Resistenza delle donne e la necessità della palingenesi etica fanno si che le donne si conquistino i diritti politici. Il potere maschile non ha mai quella intuizione etica spontanea che propenderebbe a favorire il voto femminile senza esitazioni. Le discussioni saranno molte.

Anche il Papa interviene nella questione del voto alle donne. Il 21 ottobre 1945 Pio XII appoggiò il suffragio universale, incoraggiando la donna ad entrare in azione, a non essere assente, in funzione però dei valori cristiani, per proteggere la famiglia contro chi la minacciava. Le parole del Papa furono molto importanti per le donne cattoliche, presenti all’udienza con le componenti del CIF. Scrive Cecilia Dau Novelli: le parole di Pio XII liberarono “le donne da ogni remora sulla liceità della loro partecipazione alla vita politica. In questo senso ebbero un effetto dirompente.”
Le donne cattoliche, anche durante il fascismo, erano molto attive nell' associazionismo cattolico.

Dopo questa fase la donna sarà ancora una volta costretta a rimanere in casa finchè la legge ordinaria e la Corte correggeranno la legisazione fascista attuando la Costituzione che è il baluardo indispensabile al raggiungimento del processo di Liberazione della donna. La Costituzione così com' è!

Lorenza Cervellin

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