Dal
Dipartimento per le Pari opportunità e da nessuna Commissione Pari
opportunità è arrivata una presa di posizione netta e scientificata
su quanto accaduto a Rimini e sulla dichiarazione del mediatore
culturale. Passato il primo periodo di prudenza e appurato che i
fatti sono veri, ancora le Commissioni istituzionali tardano a
pronunciarsi. Eppure sono accaduti dei fatti gravissimi. Lo stupro è
sempre grave ma a Rimini un gruppo di maschi adulti, organizzati come
se fossero in guerra, è andato alla ricerca di vittime dando forma a
violenze e stupri per annientare e annichilire le persone. QUESTO TIPO DI VIOLENZA HA ANCHE UNA MATRICE RAZZISTA PERCHE' NEGA E RITIENE INFERIORE COLEI O COLUI SUl QUALI SI ESERCITA CONSAPEVOLMENTE LA VIOLENZA.
IN QUESTO MOMENTO STORICO QUESTO EPISODIO E' ANCORA PIU' PREOCCUPANTE PERCHE':
- il nostro patrimonio legislativo per reprimere e punire è consolidato da breve tempo;
- il nostro patrimonio culturale per prevenire un atto così grave è incosistente;
- avviene in Italia dove tutto diventa motivo di conflitto fra “destra” e “sinistra”.
Vale
sempre la pena ricordare che in
Italia fino al 1996 la violenza sessuale non era considerato reato
contro la persona, ma contro la morale pubblica e che ogni Legge a
tutela delle donne è sempre stata conquistata dalle donne stesse. I
legislatori non hanno mai avuto quelle intuizioni morali giuste per
legiferare autonomamente. Lotte delle donne ed emergenze sociali
hanno costretto a legiferare.
Storia
della Legge sulla violenza sessuale: uno un vero e proprio "stupro culturale e psicologico" ai danni delle donne, durato
più di venti'anni.
Prima dell’attuale
codice penale c’era (e c’e’ ancora nelle parti non modificate)
il Codice Rocco, elaborato e promulgato in pieno regime
fascista. La parte più difficile da modificare, a cui i giuristi
erano attaccati per tradizione, era (lo è sempre) quella dei diritti
individuali. Tra questi un particolare interesse veniva destinato al
mantenimento del sistema familiare patriarcale fascista in cui la
donna era (o è?) “sposa e madre esemplare”, creatura
addomesticabile, sottomessa ed obbediente al suo destino biologico,
alla funzione riproduttiva esaltata come missione per il bene della
Patria, cioè del Regime. A vigilare e disporre di questa donna era
il Capo Famiglia che derivava in qualche modo da quella del
Pater Familias dell’antica Roma, esaltato in epoca ottocentesca
nonostante quel modello fosse in piena crisi. Nell' Ottocento il
Padre trionfante dominava le donne. Nell' Ottocento gli stupri
avvenivano in casa e fuori. Quelli che avvenivano in casa erano
invisibili. Quelli che avvenivano fuori erano socialmente condannati
ma nessuna norma li puniva. Erano lasciati alle vendette private. In
guerra erano tollerati e considerati una normale pratica a margine
della guerra. Tutti sapevano che esistevano ma nessuna ne parlava.
Per il Codice Penale
i reati di violenza sessuale e incesto erano rispettivamente parte
“Dei
delitti contro la moralità pubblica e il buon costume” (divisi in
“delitti contro la libertà sessuale” e “offese al pudore e
all’onore sessuale”) e “Dei delitti contro la morale familiare”
(non mi pare che il secondo sia cambiato). Così mentre si affermava
che la violenza sessuale non offendeva principalmente la persona,
coartandola nella sua libertà, ma ledeva una generica moralità
pubblica si dimostrava che il bene che si voleva proteggere e
tutelare non era tanto la persona quanto il buon costume sociale
secondo il quale la donna non era libera di disporre di alcuna
libertà nel campo sessuale. Per convenienza dell’ordine sociale,
la sua sessualità era negata, repressa o volta solo alla
riproduzione della specie. La donna stessa doveva ignorarla e, per
esempio, la “fanciulla per bene” non doveva avere alcuna notizia
sul sesso: nessuno le spiegava come nascevano i bambini, spesso non
sapeva niente nemmeno del fenomeno che doveva mutare il suo
organismo, le mestruazioni. Lei doveva arrivare al fidanzamento o al
matrimonio, meta prefissata della sua formazione, del tutto ignara di
qualunque cosa, senza avere a che fare con il sesso e naturalmente
del tutto “intatta”. Ma c’e’ sicuramente tanta letteratura
femminile che ha raccontato, in termini drammatici o ironici, di
questa totale ignoranza che tutelava il mai troppo protetto pudore
delle ragazze.
Torniamo al reato di
stupro. Nella legge così com’era si trovava la distinzione tra
violenza carnale e atti di libidine. Spesso molti processi si
risolvevano in una ricerca minuziosa del livello di verginità
anatomica violata. Questo perché – cosa infida e certamente non
comprensibile per noi, adesso – si faceva una distinzione tra
“congiunzione corporale” e “atti di libidine”. Ed era la
Cassazione che con sentenze strabilianti definiva al centimetro di
quanto doveva essere profonda la penetrazione perché fosse
riconosciuto il reato di violenza carnale. Se il pene penetrava anche
solo un tot sufficiente a consentirgli di riversare lo sperma dentro
la vagina allora era considerato un “rapporto completo”. Se
invece non c’era versamento spermatico o penetrazione ma “solo”
un semplice contatto, anche intimo, offensivo, umiliante, molesto
tanto da determinare nel molestatore un piacere equivalente al coito,
non veniva considerato “congiunzione”. Se non c’era
congiunzione non veniva riconosciuto il reato o cambiava l’entità
della pena. Tutto ciò ovviamente senza parlare dell’effetto che un
processo di quel tipo poteva avere sulle ragazze stuprate. Ancora
oggi questa pratica giuridica che viene definita vittimizzazione
secondaria, residua.
Altro reato contro la
morale era il “Ratto a fine di matrimonio” e il “Ratto a fine
di libidine” (entrambi gli articoli del codice penale abrogati con
la legge sullo stupro del 1996, cioè l’altro ieri). Il codice
distingueva il ratto a seconda del fine che il rapitore si proponeva
e puniva meno gravemente chi rapiva a scopo di matrimonio (Matrimonio
riparatore: norma abrogata nel 1981, cioè pochissimi anni fa) e più
gravemente chi rapiva a fine di libidine, ritenendo evidentemente che
privare della libertà una donna e coartarne la volontà allo scopo
di sposarla fosse meno grave. Cioè la donna veniva considerata alla
stessa stregua di un oggetto che chiunque poteva rompere purchè poi
si assumesse l’onere di raccoglierne i pezzi. E si poteva dire
forse che il ratto a scopo di matrimonio era la parte peggiore perché
mentre nel ratto a scopo di libidine la donna poi poteva fare la
propria vita, in quello a scopo di matrimonio invece doveva restare,
in quanto merce avariata e non più proponibile, senza più nessuna
possibilità di scelta per tutta la vita.
Due momenti fondamentali nella storia dello stupro: privato e pubblico
1) L’assurdità del
matrimonio riparatore fu rivelata per la prima volta nel 1965 dal
coraggioso gesto di una ragazza siciliana, Franca Viola. Franca Viola smaschera lo stupro, lo rende evidente e consegna questa evidenza alla società e alla Legge che non può sottrarsi all' impegno e alla responsabilità che le viene data. Da quel momento, in Italia, non si può più ritornare indietro.
2) 1986. La riforma delle
norme contro la violenza sessuale entra all’ordine del giorno e sarà approvata solo dieci anni
più tardi, nel 1996. Era dal dal processo per i delitti del
Circeo che i movimenti delle donne imposero la considerazione di questi
reati in tutta la loro gravità. Il varo di questa Legge è stato possibile grazie al grande impegno di Tina Lagostena Bassi
che nei primi anni Settanta iniziò una collaborazione con il
ministero di Grazia e Giustizia e divenne nota proprio per la sua agguerrita
difesa dei diritti delle donne nelle aule dei tribunali. Tina rappresentò
proprio Donatella Colasanti, vittima del massacro del Circeo come nel 1978
aveva rappresentato la 18enne Fiorella nel processo che fu poi raccontato
nel celeberrimo documentario Processo
per stupro realizzato
dalla regista Loredana Rotondo per mostrare all’opinione pubblica
cosa poteva accadere a una donna che denunciava abusi sessuali,
e veniva trattata da colpevole nelle aule giudiziarie. Il documentario,
mandato in onda due volte, fu seguito da oltre 10 milioni di
spettatori.
Oggi un mediatore culturale non può venire a dirci cose che rivelano una cultura incivile e sottosvilupata e razzista che noi abbiamo iniziato a chiarire nel 1965.
In questo momento
storico non possiamo stare tranquilli:
- perchè le leggi non sono sufficienti a garantire sicurezza alle donne;
- perchè il sistema punitivo e riabilitativo non c'è;
- perchè la cultura della prevenzione non esiste.
E le sentenze? Nel corso degli anni
la Cassazione è quella che ha stabilito, laddove il codice penale
non era sufficientemente chiaro e consentiva una interpretazione
discrezionale del giudice, numerose forme di lettura della legge e
del reato di stupro.
Tra le sentenze che
hanno fornito una lettura del dettaglio, troviamo:
Aprile 1994.
E’ “arduo ipotizzare” una violenza sessuale fra coniugi in caso
di coito orale in quanto la donna “avrebbe potuto in ogni caso
facilmente reagire e sottrarsi al compimento dell’atto da lei non
voluto”.
Agosto 1997.
Se il capufficio dimostra un “sentimento profondo e sincero” nei
confronti della segretaria, non può essere accusato di molestie
sessuali sul lavoro, anche se la invita a cena e tenta di baciarla.
Gennaio 1998.
Le lacrime di una donna violentata possono diventare un elemento che
“inchioda” l’uomo che ha abusato di lei e valere come elemento
probatorio “idoneo a garantire la sincerità delle dichiarazioni
della parte offesa”.
Giugno 1998.
La guancia di una donna non è una “zona erogena” ma baciarla
senza il consenso dell’interessata ha “tutte le caratteristiche
dell’atto sessuale”.
Febbraio
1999. Impossibile
commettere violenza carnale su una ragazza che indossa i jeans. Così
la cassazione assolve l’istruttore di scuola guida condannato per
stupro in primo e in secondo grado. Secondo la Cassazione la mancanza
di segni di colluttazione tra i due sarebbe la ulteriore prova che la
ragazza non ha opposto resistenza, tanto più che, dopo il rapporto,
si era rimessa alla guida dell’autovettura insieme al suo
stupratore. Questa idea riappare ancora oggi.
Aprile 1999.
La Corte afferma che violentare una donna incinta al settimo mese non
configura una circostanza aggravante del reato di violenza sessuale.
E in più si afferma che è anche possibile applicare al violentatore
la diminuzione della pena minima per attenuanti generiche perché il
caso può anche essere ritenuto tra quelli di “minore gravità”.
Ottobre 1999.
Sono sufficienti due violentatori per far scattare l’aggravante
della violenza sessuale compiuta dal branco.
Dicembre
1999. Non ha diritto a
sconti di pena il violentatore che non riesce a congiungersi
carnalmente con la vittima per la resistenza che questa gli oppone.
Febbraio
2001. La Cassazione
stabilisce che la “palpata” ai seni è violenza sessuale al pari
di tutti gli atti connotati da “repentinità” e imprevedibilità
posti in essere da chi intende, agendo all’improvviso, “vincere
la resistenza delle vittime”. La condanna riguarda un impiegato di
un istituto tecnico che toccava le allieve.
Novembre
2001. I giudici
ribadiscono che la circostanza che una donna indossi i jeans non è
da sola sufficiente a escludere il reato di violenza sessuale, specie
se la paura della vittima di subire altre violenze da parte
dell’assalitore determina la possibilità di sfilare più
facilmente i pantaloni.
Dicembre
2002. Il fatto che una
donna sia “disinvolta” e “disponibile all’ approccio amicale
non può costituire motivo per concedere all’uomo che l’ha
violentata l’attenuante e la riduzione di pena prevista per i fatti
di minore gravità”.
Novembre
2005. Nel caso
riguardante due uomini la Cassazione sentenziò che la “palpatina”
sui pantaloni di una persona configura il reato di violenza sessuale
se chi la riceve non è consenziente.
Febbraio
2006. La cassazione
decide che una quattordicenne non può aver subito violenza dal
proprio patrigno perché non “illibata” e perché – dato che ha
avuto delle esperienze – si ritiene in grado di dominare un
rapporto del genere.
Aprile 2006.
Se l’ambiente nel quale viene commesso è degradato, il reato di
stupro, anche se su minore, è considerato meno grave. Così ha
deciso la corte d’appello di Roma, che ha concesso le attenuanti
generiche, applicando anche uno sconto di pena, a due imputati
accusati di aver ripetutamente violentato una ragazzina prima e dopo
il compimento del suo quattordicesimo anno d’età.
Aprile 2006.
La Sentenza della
Terza Sezione penale della Cassazione decide che lo stupro di una
minorenne è meno grave se la ragazzina ha già avuto rapporti
sessuali.
Maggio 2006.
La Corte d’Appello di Cagliari riduce la pena ad un uomo condannato
di stupro perchè il reato commesso contro la moglie sarebbe “più
lieve”.”Il danno psicologico di una aggressione subìta dal
coniuge minore rispetto a quello provocato da un estraneo”.
Allora, in conclusione, noi oggi siamo in
grado di comprendere la gravità di quanto accaduto a Rimini?
Noi oggi siamo in
grado di comprendere la gravità delle dichiarazioni del mediatore
culturale?
Quello che arriva dai media e dai politici non mi fa stare tranquilla.
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