mercoledì 30 agosto 2017

LO STUPRO USATO ANCORA COME IN GUERRA: UN COMMANDO DIVENTA BRANCO PER ANNIENTARE LA PERSONA FISICA, PSICHICA E MORALE

Dal Dipartimento per le Pari opportunità e da nessuna Commissione Pari opportunità è arrivata una presa di posizione netta e scientificata su quanto accaduto a Rimini e sulla dichiarazione del mediatore culturale. Passato il primo periodo di prudenza e appurato che i fatti sono veri, ancora le Commissioni istituzionali tardano a pronunciarsi. Eppure sono accaduti dei fatti gravissimi. Lo stupro è sempre grave ma a Rimini un gruppo di maschi adulti, organizzati come se fossero in guerra, è andato alla ricerca di vittime dando forma a violenze e stupri per annientare e annichilire le persone. QUESTO TIPO DI VIOLENZA HA ANCHE UNA MATRICE RAZZISTA PERCHE' NEGA E RITIENE INFERIORE COLEI O COLUI SUl QUALI SI ESERCITA CONSAPEVOLMENTE  LA VIOLENZA.
IN QUESTO MOMENTO STORICO QUESTO EPISODIO E' ANCORA PIU' PREOCCUPANTE PERCHE':
  • il nostro patrimonio legislativo per reprimere e punire è consolidato da breve tempo;
  • il nostro patrimonio culturale per prevenire un atto così grave è incosistente;
  • avviene in Italia dove tutto diventa motivo di conflitto fra “destra” e “sinistra”.
Vale sempre la pena ricordare che in Italia fino al 1996 la violenza sessuale non era considerato reato contro la persona, ma contro la morale pubblica e che ogni Legge a tutela delle donne è sempre stata conquistata dalle donne stesse. I legislatori non hanno mai avuto quelle intuizioni morali giuste per legiferare autonomamente. Lotte delle donne ed emergenze sociali hanno costretto a legiferare.

Storia della Legge sulla violenza sessuale: uno un vero e proprio "stupro culturale e psicologico" ai danni delle donne, durato più di venti'anni. 
 
Prima dell’attuale codice penale c’era (e c’e’ ancora nelle parti non modificate) il Codice Rocco, elaborato e promulgato in pieno regime fascista. La parte più difficile da modificare, a cui i giuristi erano attaccati per tradizione, era (lo è sempre) quella dei diritti individuali. Tra questi un particolare interesse veniva destinato al mantenimento del sistema familiare patriarcale fascista in cui la donna era (o è?) “sposa e madre esemplare”, creatura addomesticabile, sottomessa ed obbediente al suo destino biologico, alla funzione riproduttiva esaltata come missione per il bene della Patria, cioè del Regime. A vigilare e disporre di questa donna era il Capo Famiglia che derivava in qualche modo da quella del Pater Familias dell’antica Roma, esaltato in epoca ottocentesca nonostante quel modello fosse in piena crisi. Nell' Ottocento il Padre trionfante dominava le donne. Nell' Ottocento gli stupri avvenivano in casa e fuori. Quelli che avvenivano in casa erano invisibili. Quelli che avvenivano fuori erano socialmente condannati ma nessuna norma li puniva. Erano lasciati alle vendette private. In guerra erano tollerati e considerati una normale pratica a margine della guerra. Tutti sapevano che esistevano ma nessuna ne parlava. 
 
Per il Codice Penale i reati di violenza sessuale e incesto erano rispettivamente parte Dei delitti contro la moralità pubblica e il buon costume” (divisi in “delitti contro la libertà sessuale” e “offese al pudore e all’onore sessuale”) e “Dei delitti contro la morale familiare” (non mi pare che il secondo sia cambiato). Così mentre si affermava che la violenza sessuale non offendeva principalmente la persona, coartandola nella sua libertà, ma ledeva una generica moralità pubblica si dimostrava che il bene che si voleva proteggere e tutelare non era tanto la persona quanto il buon costume sociale secondo il quale la donna non era libera di disporre di alcuna libertà nel campo sessuale. Per convenienza dell’ordine sociale, la sua sessualità era negata, repressa o volta solo alla riproduzione della specie. La donna stessa doveva ignorarla e, per esempio, la “fanciulla per bene” non doveva avere alcuna notizia sul sesso: nessuno le spiegava come nascevano i bambini, spesso non sapeva niente nemmeno del fenomeno che doveva mutare il suo organismo, le mestruazioni. Lei doveva arrivare al fidanzamento o al matrimonio, meta prefissata della sua formazione, del tutto ignara di qualunque cosa, senza avere a che fare con il sesso e naturalmente del tutto “intatta”. Ma c’e’ sicuramente tanta letteratura femminile che ha raccontato, in termini drammatici o ironici, di questa totale ignoranza che tutelava il mai troppo protetto pudore delle ragazze.
Torniamo al reato di stupro. Nella legge così com’era si trovava la distinzione tra violenza carnale e atti di libidine. Spesso molti processi si risolvevano in una ricerca minuziosa del livello di verginità anatomica violata. Questo perché – cosa infida e certamente non comprensibile per noi, adesso – si faceva una distinzione tra “congiunzione corporale” e “atti di libidine”. Ed era la Cassazione che con sentenze strabilianti definiva al centimetro di quanto doveva essere profonda la penetrazione perché fosse riconosciuto il reato di violenza carnale. Se il pene penetrava anche solo un tot sufficiente a consentirgli di riversare lo sperma dentro la vagina allora era considerato un “rapporto completo”. Se invece non c’era versamento spermatico o penetrazione ma “solo” un semplice contatto, anche intimo, offensivo, umiliante, molesto tanto da determinare nel molestatore un piacere equivalente al coito, non veniva considerato “congiunzione”. Se non c’era congiunzione non veniva riconosciuto il reato o cambiava l’entità della pena. Tutto ciò ovviamente senza parlare dell’effetto che un processo di quel tipo poteva avere sulle ragazze stuprate. Ancora oggi questa pratica giuridica che viene definita vittimizzazione secondaria, residua.
Altro reato contro la morale era il “Ratto a fine di matrimonio” e il “Ratto a fine di libidine” (entrambi gli articoli del codice penale abrogati con la legge sullo stupro del 1996, cioè l’altro ieri). Il codice distingueva il ratto a seconda del fine che il rapitore si proponeva e puniva meno gravemente chi rapiva a scopo di matrimonio (Matrimonio riparatore: norma abrogata nel 1981, cioè pochissimi anni fa) e più gravemente chi rapiva a fine di libidine, ritenendo evidentemente che privare della libertà una donna e coartarne la volontà allo scopo di sposarla fosse meno grave. Cioè la donna veniva considerata alla stessa stregua di un oggetto che chiunque poteva rompere purchè poi si assumesse l’onere di raccoglierne i pezzi. E si poteva dire forse che il ratto a scopo di matrimonio era la parte peggiore perché mentre nel ratto a scopo di libidine la donna poi poteva fare la propria vita, in quello a scopo di matrimonio invece doveva restare, in quanto merce avariata e non più proponibile, senza più nessuna possibilità di scelta per tutta la vita.

Due momenti fondamentali nella storia dello stupro: privato e pubblico

1) L’assurdità del matrimonio riparatore fu rivelata per la prima volta nel 1965 dal coraggioso gesto di una ragazza siciliana, Franca Viola. Franca Viola smaschera lo stupro, lo rende evidente e consegna questa evidenza alla società e alla Legge che non può sottrarsi all' impegno e alla responsabilità che le viene data. Da quel momento, in Italia, non si può più ritornare indietro. 

2) 1986. La riforma delle norme contro la violenza sessuale entra all’ordine del giorno e sarà approvata solo dieci anni più tardi, nel 1996. Era dal dal processo per i delitti del Circeo che i movimenti delle donne imposero la considerazione di questi reati in tutta la loro gravità. Il varo di questa Legge è stato possibile grazie al grande impegno di Tina Lagostena Bassi che nei primi anni Settanta iniziò una collaborazione con il ministero di Grazia e Giustizia e divenne nota proprio per la sua agguerrita difesa dei diritti delle donne nelle aule dei tribunali. Tina rappresentò proprio Donatella Colasanti, vittima del massacro del Circeo come  nel 1978 aveva rappresentato la 18enne Fiorella nel processo che fu poi raccontato nel celeberrimo documentario Processo per stupro realizzato dalla regista Loredana Rotondo per mostrare all’opinione pubblica cosa poteva accadere a una donna che denunciava abusi sessuali, e veniva trattata da colpevole nelle aule giudiziarie. Il documentario, mandato in onda due volte, fu seguito da oltre 10 milioni di spettatori.

Oggi un mediatore culturale non può venire a dirci cose che rivelano una cultura incivile e sottosvilupata e razzista che noi abbiamo iniziato a chiarire nel 1965. 

Oggi siamo in presenza di una violenza domestica di genere che risulta essere il 90% della violenza contro le donne: sessuale, economica, fisica e psicologica e poi c' è la violenza sessuale esterna e lo stupro che è minore rispetto a quella definita di genere ma che è molto preoccupante perchè segna e indica se una comunità progredisce o no.
 
In questo momento storico non possiamo stare tranquilli:
  • perchè le leggi non sono sufficienti a garantire sicurezza alle donne;
  • perchè il sistema punitivo e riabilitativo non c'è;
  • perchè la cultura della prevenzione non esiste.
E le sentenze? Nel corso degli anni la Cassazione è quella che ha stabilito, laddove il codice penale non era sufficientemente chiaro e consentiva una interpretazione discrezionale del giudice, numerose forme di lettura della legge e del reato di stupro.

Tra le sentenze che hanno fornito una lettura del dettaglio, troviamo:

Aprile 1994. E’ “arduo ipotizzare” una violenza sessuale fra coniugi in caso di coito orale in quanto la donna “avrebbe potuto in ogni caso facilmente reagire e sottrarsi al compimento dell’atto da lei non voluto”.
Agosto 1997. Se il capufficio dimostra un “sentimento profondo e sincero” nei confronti della segretaria, non può essere accusato di molestie sessuali sul lavoro, anche se la invita a cena e tenta di baciarla.
Gennaio 1998. Le lacrime di una donna violentata possono diventare un elemento che “inchioda” l’uomo che ha abusato di lei e valere come elemento probatorio “idoneo a garantire la sincerità delle dichiarazioni della parte offesa”.
Giugno 1998. La guancia di una donna non è una “zona erogena” ma baciarla senza il consenso dell’interessata ha “tutte le caratteristiche dell’atto sessuale”.
Febbraio 1999. Impossibile commettere violenza carnale su una ragazza che indossa i jeans. Così la cassazione assolve l’istruttore di scuola guida condannato per stupro in primo e in secondo grado. Secondo la Cassazione la mancanza di segni di colluttazione tra i due sarebbe la ulteriore prova che la ragazza non ha opposto resistenza, tanto più che, dopo il rapporto, si era rimessa alla guida dell’autovettura insieme al suo stupratore. Questa idea riappare ancora oggi.
Aprile 1999. La Corte afferma che violentare una donna incinta al settimo mese non configura una circostanza aggravante del reato di violenza sessuale. E in più si afferma che è anche possibile applicare al violentatore la diminuzione della pena minima per attenuanti generiche perché il caso può anche essere ritenuto tra quelli di “minore gravità”.
Ottobre 1999. Sono sufficienti due violentatori per far scattare l’aggravante della violenza sessuale compiuta dal branco.
Dicembre 1999. Non ha diritto a sconti di pena il violentatore che non riesce a congiungersi carnalmente con la vittima per la resistenza che questa gli oppone.
Febbraio 2001. La Cassazione stabilisce che la “palpata” ai seni è violenza sessuale al pari di tutti gli atti connotati da “repentinità” e imprevedibilità posti in essere da chi intende, agendo all’improvviso, “vincere la resistenza delle vittime”. La condanna riguarda un impiegato di un istituto tecnico che toccava le allieve.
Novembre 2001. I giudici ribadiscono che la circostanza che una donna indossi i jeans non è da sola sufficiente a escludere il reato di violenza sessuale, specie se la paura della vittima di subire altre violenze da parte dell’assalitore determina la possibilità di sfilare più facilmente i pantaloni.
Dicembre 2002. Il fatto che una donna sia “disinvolta” e “disponibile all’ approccio amicale non può costituire motivo per concedere all’uomo che l’ha violentata l’attenuante e la riduzione di pena prevista per i fatti di minore gravità”.
Novembre 2005. Nel caso riguardante due uomini la Cassazione sentenziò che la “palpatina” sui pantaloni di una persona configura il reato di violenza sessuale se chi la riceve non è consenziente.
Febbraio 2006. La cassazione decide che una quattordicenne non può aver subito violenza dal proprio patrigno perché non “illibata” e perché – dato che ha avuto delle esperienze – si ritiene in grado di dominare un rapporto del genere.
Aprile 2006. Se l’ambiente nel quale viene commesso è degradato, il reato di stupro, anche se su minore, è considerato meno grave. Così ha deciso la corte d’appello di Roma, che ha concesso le attenuanti generiche, applicando anche uno sconto di pena, a due imputati accusati di aver ripetutamente violentato una ragazzina prima e dopo il compimento del suo quattordicesimo anno d’età.
Aprile 2006. La Sentenza della Terza Sezione penale della Cassazione decide che lo stupro di una minorenne è meno grave se la ragazzina ha già avuto rapporti sessuali.
Maggio 2006. La Corte d’Appello di Cagliari riduce la pena ad un uomo condannato di stupro perchè il reato commesso contro la moglie sarebbe “più lieve”.”Il danno psicologico di una aggressione subìta dal coniuge minore rispetto a quello provocato da un estraneo”.

Allora, in conclusione, noi oggi siamo in grado di comprendere la gravità di quanto accaduto a Rimini? 
 
Noi oggi siamo in grado di comprendere la gravità delle dichiarazioni del mediatore culturale?

Quello che arriva dai media e dai politici non mi fa stare tranquilla.


Nessun commento: