- Nel Medioevo inizia e si sviluppa la massoneria medievale tecnico-operativa
- Nel 1717 a Londra si fonda la Grande Loggia di Londra e con questa data si parla di massoneria moderna la quale passa dalla fase squisitamente tecnico-operativa simbolica alla fase speculativa. In questo ambito si sviluppa anche il conflitto, all' interno delle logge, fra stuardisti e hannoveriani, fra cattolici romani, presbiteriani e protestanti.
- Nel 1937 il cavaliere scozzese André Michel de Ramsay (1686-1743) introduce, in Francia, gli “alti gradi” della massoneria (che inizialmente contava solo i due gradi di apprendista e compagno, e solo successivamente, a partire dal 1724, adotta un terzo grado, quello di maestro) e coinvolge la nobiltà rinnovando lo spiritualismo messianico dell' antica cavalleria connotata anche da una chiara matrice elitaria e dall' “obbligo” della stretta osservanza. La stretta osservanza si riferiva ai valori segreti di riferimento che potevano riferirsi alla osservanza religiosa, alla osservanza delle regole interne ed aveva sempre un carattere nobile ed elitario.
La
crisi della massoneria nell' esperienza francese
A
fine Settecento, nel massimo periodo di espansione delle logge
massoniche, si può anche collocare l' inizio della crisi della
massoneria moderna speculativa!
Quale
fu la causa del declino che portò la massoneria ad essere, da
associazione capace di essere motore di civiltà, rinnovamento
morale, progresso e democraticità, ad associazione riconoscibile
come nemica della democrazia e “congrega” di volgari affaristi?
- troppi contenuti ideologici interni alla massoneria
- affermazione del liberalismo politico e del liberismo economico
- affermazione della democrazia
- ascesa del ceto borghese la cui ideologia era incentrata sul materialismo economico e monetario
- affermazione dello Stato Moderno e poi Contemporaneo
- esigenza di controllo assoluto dello Stato e della Chiesa sull' uomo
- incapacità della massoneria di inserirsi nei percorsi evolutivi moderni e contemporanei
Il
nuovo Stato contrattualistico legalitario definito di diritto si era
dato degli obiettivi:
- dare forma a un nuovo potere per definizione trasparente
- costruire il nuovo cittadino
- convogliare, accogliere e sublimare tutte le istanze politiche e sociali del nuovo cittadino
- mettere in piede degli apparati e formare una nuova classe dirigente per il controllo sull' uomo e sulla società dandogli l' impressione di essere libero
- centralizzare il potere
- eliminare i competitors
La
spiritualità soggettivistica ideale e tesa alla moralità, comune e interna alla massoneria ma anche a tutta la società esterna la quale derivava dalla filosofia medievale e rinascimentale non riuscì ad erigere una barriera efficace al
percorso di oggettivizzazione materiale dell' uomo che fu comune a tutti i corpi sociali segreti e pubblici. Mentre la società e la politica moderne si avvieranno verso il potere democratico all' interno dello Stato, la massoneria entra in crisi rivelandosi inadatta ai processi democratici inclusivi e alla cessione di potere allo Stato centrale, rivelando la vera vocazione massonica che era quella di associazione vocata alla gestione del potere e rivelando una identità in cui si realizzava un meccanismo identitario di inclusione/esclusione troppo radicale e socialmente pericoloso. La massoneria, inadeguata, chiusa, ideologicamente settaria, distruttrice di complessità sociale ed esclusa dai luoghi del potere inizia a specializzarsi per occuparlo comunque!
In
questo periodo i culti esoterici, la magia, l'alchimia, la teosofia,
trovarono un comodo rifugio negli alti gradi e nei vari sistemi
cavallereschi, che in buona o mala fede davano a intendere di
conservare i segreti di queste arti misteriose con la conseguenza
che, in molti casi, la soddisfazione dei desideri del credulo adepto
veniva via via rimandata a successive iniziazioni, che naturalmente
richiedevano il pagamento di nuove quote a beneficio dei promotori ed
inventori dei vari ordini massonici. Da qui, non solo il
moltiplicarsi dei gradi, ma anche dei sistemi, ognuno dei quali si
arrogava il privilegio di essere il più antico e il più autentico,
nonché di essere l'unico in condizione di appagare l'aspirazione
dell'adepto a conoscenze nuove e misteriose: si
può dire che alla massoneria si avvicinano intellettuali
progressisti ma anche avventurieri in cerca di un ruolo sociale da
conquistarsi anche attraverso una “associazione” che si andava
sempre più configurando come una realtà economica a vocazione
affaristica.
Per quanto riguarda poi la massoneria francese, si aggiunga il
carattere aristocratico e mondano che la libera muratoria assume in
quel paese, dove alle cariche di «venerabile» e di primo e secondo
sorvegliante, delle logge inglesi, si aggiungono quelle di un
«maestro delle cerimonie»: un «oratore» incaricato di porgere il
saluto ai nuovi adepti o di celebrare la iniziazione di un fratello a
un grado superiore, di un «fratello terribile», cui spetta il
compito di far subire le prove più o meno terrificanti al neofita e
infine di un «elemosiniere», incaricato di raccogliere i denari e
di amministrarli per le opere umanitarie promosse dalle logge. Nelle
logge francesi i fratelli - data la stragrande prevalenza della
nobiltà - sono tutti chevaliers ed hanno diritto di portare la spada
anche quei rari elementi della ricca borghesia o del mondo
intellettuale che vi vengono ammessi e che così si vedono promossi
ed equiparati - almeno nelle logge - al ceto superiore
dell'aristocrazia. Il mito cui si ispirarono nei rituali e nelle loro
denominazioni questi alti gradi sono un miscuglio di orientalismo e
di cavalleria medievale, il tutto innestato alla vicenda di Hiram,
per cui ai fratelli rimane affidato il compito di ritrovare la parola
perduta del maestro (e ciò si presta a coprire nella sua allegoria
le ricerche degli occultisti) e di vendicare la morte del grande
architetto, i cosiddetti gradi di vendetta (e questi a loro volta si
prestano a simboleggiare le aspirazioni del partito stuardista, che
nell'assassinio di Hiram vede il martirio di Carlo I, la cui dinastia
va restaurata sul trono d'Inghilterra).
Vari
saranno i sistemi di alti gradi che sorgeranno durante quegli anni in
Francia inventati da avventurieri o da fanatici cultori della libera
muratoria.
Ricapitolando:
meno
di dieci anni dopo la fondazione della Grande Loggia di Londra, la
massoneria si era dunque stabilita in vari paesi europei,
probabilmente introdotta da mercanti inglesi o da ufficiali irlandesi
e scozzesi, assai numerosi negli eserciti delle potenze continentali
passando dal modello tecnico-operativo al modello
simbolico-speculativo con un importante ritorno, in termini di
progresso e civilizzazione, sulla vita culturale sociale e politica
europea. Da una operatività speculativa su basi misteriche ma
razionali l' ideologia massonica si arricchì/impoverì con contenuti
irrazionali e deisti che portarono a esiti prima utopici e po'
volgarizzanti.
Nel
frattempo la borghesia stava attuando cambiamenti sociali
rivoluzionari e una presa del potere che mal avrebbe tollerato
competitors nei territori europei.
Inevitabilmente la massoneria rivelò i suoi limiti culturali non
riuscendo più a intrecciarsi e identificarsi con il nuovo potere e
da motore del progresso diventò un motore di regresso o comunque una
associazione fra le altre con la differenza che agiva, per sua
vocazione e scelta, nell' ombra. La carica di eticità e di moralità
tecnica, spiritualistica e simbolica reale e razionale, capace di
tradursi in progresso e senso si trasformò in magia, irrazionalità,
spiritualismo e paradossalmente in gruppi di affaristi individualisti
i quali oggettivano la realtà scadendo nella materialità più
discutibile. Il caso italiano sarà emblematico del passaggio alla
massoneria magica, materiale e oggettivizzante.
Premessa
alle origini della massoneria italiana
Dal
1700 al 1740, circa, la libera muratoria europea si afferma con
proprie caratteristiche, determinate dalle peculiarità nazionali, in
Inghilterra, in Francia, e nel mondo germanico in base ai principi
essenziali dell'aiuto reciproco in equaglianza tra fratelli anche se
provenienti da ceti sociali diversi:
- la tolleranza in fatto d'idee religiose e politiche;
- lo spirito cosmopolita;
- concezione egualitaria dell'umanità;
- la democrazia vigente in seno alle logge;
- la periodicità ed eleggibilità delle cariche;
- la segretezza vincolante tutti gli associati;
- la capacità di produrre cultura e conoscenza in segretezza ma riuscendo a divulgare le idee di progresso al pubblico.
Questi
principi essenziali più o meno permangono nella libera muratoria
dell' Europa anche se con diversa accentuazione determinata dalla
diversa condizione sociale e politica degli stati. Tutte le logge
moderne riconoscono la propria origine dalla grande loggia di Londra
e da questa ripetono la propria legittimità, pur dando al legame
gerarchico e disciplinare una interpretazione personale.
- Fra il 1730 e il 1740 la libera muratoria inglese, nel suo aspetto principale, ricalcava il carattere della monarchia hannoveriana la quale stava accompagnando l'evoluzione costituzionale e liberale nel costante affermarsi della borghesia mercantile facendo da portavoce al pensiero deista e alle aspirazioni democratiche del più avanzato ceto culturale britannico.
- La massoneria francese, invece, nella quale sopravviveva un certo spirito stuardista, impersonava le aspirazioni libertarie della nobiltà, alle quali inevitabilmente si affiancano aspirazioni costituzionali, come lo dimostra il fatto che tra i fondatori della libera muratoria francese si trovi de Montesquieu. La stessa concezione delle origini cavalleresche - discostandosi da quella corporativa della massoneria inglese - e la conseguente creazione degli alti gradi corrisponde alle ambizioni gerarchiche della casta nobiliare e di quanti aspiravano a farne parte, offrendo nello stesso tempo un facile rifugio ai cultori dell'esoterismo.
- La massoneria germanica, che in seguito condividerà l'interpretazione cavalleresca della libera muratoria, grazie alla diversa condizione politica e religiosa, in genere si affida - ed in questo è esemplare la Prussia - alla protezione del sovrano, inserendosi nel processo del dispotismo illuminato.
- La massoneria italiana, in mancanza dello Stato Stato unitario, soggiogata dal predominio straniero e in presenza della Chiesa, diede vita a una massoneria ibrida attingendo alle diverse ideologie madiate da intellettuali europei e anche da veri e propri avventueri: in generale manca il marchio della originalità ideologica ma si sviluppa una ideologia che fa riferimento, alternativamente, all' ideologia massonica inglese, tedesca, francese a seconda del vario fluttuare delle vicende politiche di cui gli stati italiani furono vittime e ad un tempo spettatori.
Nella
prima metà del Settecento la libera muratoria italiana è in
clandestinità forzata e imposta dall'influenza che la Santa Sede
esercita ancora nei vari Stati della penisola e questo implica un più
accentuato carattere anticlericale e anche un carattere deteriore
particolare con le logge che diventano luogo di progresso per
intellettuali illuminati ma anche rifugio di avventurieri e arraffoni
e un centro di raccolta per gli anticonformisti di ogni tendenza:
deisti, libertini eruditi, libertini e basta e convinti assertori
delle libertà politiche e della democrazia.
Per
ricostruire la storia della massoneria italiana bisogna usare il
probabilismo storico-scientifico e non abbandonare mai le parole
dubitative!
Le
notizie relative ai primi insediamenti massonici sono molto incerte
visto la segretezza cui era costretta la libera muratoria: sembra che
una loggia sia esistita a Roma fino dal 1724, ma il maggiore studioso
della massoneria italiana, Pericle
Maruzzi,
afferma che non si tratta di una loggia massonica, bensì di una
loggia del Most Ancient and Noble order of the Gormogons, dietro cui
si nascondevano i seguaci del pretendente Stuart - il cosiddetto
Giacomo III, che viveva a Roma fin dal 1718 - cospiranti in Europa. A
questa loggia romana dei Gormogoni
aderirono
alcune personalità del partito giacobita per cui è utile ricordare
come questo ordine sia nato e chi ne fosse il fondatore cioè uno dei
più ricchi e nobili rampolli della aristocrazia inglese: il giovane
duca Philipp
Wharton,
considerato esemplare perfetto della corruzione, del cinismo e del
gusto dell'avventura imperanti in Inghilterra nella prima metà del
secolo. Wharton fondò la società dei Gormogoni dopo che la sua
carriera massonica in Inghilterra finì rovinosamente e i fratelli
bruciarono solennemente in loggia il suo grembiale ed i suoi guanti.
La società dei Gormogoni avrebbe dovuto essere il contraltare della
massoneria, sostituendo al mito biblico, un mito tolto dalla storia
della Cina, allora di moda: cominciava l'epoca delle chinoiseries.
Wharton lo troviamo nel 1724 anno in cui avvenne la conversione al
cattolicesimo e anno in cui diede vita, appunto, alla loggia dei
Gormogoni, di cui pare facessero parte anche Ramsay, Charles
Radcliffe e lord Winton, futuro venerabile della loggia giacobita di
Roma, tutti presenti a Roma in quel periodo. La società dei
Gormogoni non sopravvisse di molto al suo fondatore il quale dopo
ulteriori avventure, anche sentimentali, finì i suoi giorni in
Spagna, all'età di 33 anni, logorato dalla vita intensa e
dall'alcool.
A
parte questo caso di Roma, prima del 1730, non si hanno notizie
documentate di logge esistenti nella penisola anche se non si può
escludere che nuclei latomistici sorgessero in varie città italiane
dall'iniziativa di singoli massoni stranieri capitati nel nostro
paese per ragioni d'affari o con incarichi politici. Nel Settecento
il viaggio in Italia era un classico della nobiltà europea attratta
dalle rovine e dalla Storia italiana: intorno al 1724 si trovassero
in Italia il duca di Wharton, Ramsay e Radcliffe e nel 1729 venne a
farvi un viaggio Thomas Howard, duca di Norfolk; egli era allora gran
maestro della grande loggia di Londra, sebbene fosse cattolico e
sospettato di essere un giacobita. Il duca si trattenne soprattutto a
Venezia, donde inviò doni alla grande loggia di Londra, ma si fermò
anche a Padova, Verona e Vicenza. Il probabilismo storico-scientifico
porta a supporre che questi viaggi culturali fossero anche
finalizzati all' organizzazione di logge, composte però quasi
esclusivamente da stranieri, anche a Napoli, a Venezia, a Livorno, a
Ferrara, a Genova e a Milano. La Storia i dice che gli intellettuali
europei erano tutti in contatto fra di loro, tutti interessati al
rinnovamento sociale e politico e tutti dediti alla mediazione
culturale. Risulta difficile che i più significativi massoni inglesi
venissero in Italia senza mediare la cultura massonica attraverso la
quale si stava ideando il nuovo percorso di civilizzazione europeo:
scientifico, tecnico e artistico.
Il
primo documento che potrebbe comprovare la fondazione di una loggia a
Napoli nel 1731 o 1732 è una patente rilasciata dalla grande loggia
di Londra ai fratelli Georges Olivares e Francesco Saverio Geminiani
per cui, da quel momento possiamo abbandonare il probabilismo
storico-culturale sulla proto-massoneria italiana e
attenendoci alla documentazione effettiva per parlare delle due
prime logge di cui è documentata l'esistenza:
- la loggia giacobita di Roma;
- la loggia hannoveriana di Firenze.
La
loggia giacobita di Roma fondazione, fondata nel 1735 è una loggia
stuardista la quale svolse la propria attività negli anni 1735-1737
dopo essere, probabilmente, sorta sulle rovine della disciolta
società dei Gormogoni ed era composta da giacobiti, sia cattolici
che protestanti. I membri, ad esclusione di un certo conte Soderini,
non erano italiani ma quasi esclusivamente inglesi, dato che per un
articolo di statuto, dovevano conoscere quella lingua.
Questo
statuto, diviso in 12 articoli, si uniforma, semplificandole, alle
regole che reggevano allora la Libera Muratoria. Ma la loro redazione
in latino, sembra voler accostare i riti massonici al rituale della
Chiesa cattolica. Eccone il testo.
STATUTA
AD ROMANAM LIBERORUM MURATORUM LODGIAM DEMISSA
- Ne quis sine ostracismo admittitor.
- Candidatus quisque a nocte, qua fuerit electus ad proximum Conventum Probationarius esto.
- Peregrini rejiciuntor si linguam anglicam non intellegunt.
- Magister magistratus creato; Lodgiae leges ferunto.
- In omni causa decernenda penes magistratum duo sufragia sunto.
- Magistro in fratres jus esto convocandi et contumaces mulctandi.
- Fratres sub poena forsan nimis severa laborantes a Magistro ad Lodgiam appellanto.
- Mulctas pauperibus largiuntor.
- Sacra archivia Magistri et Guardiani custodiunto.
- Magister post coenam, non sine debitis libationibus, scilicet propinationibus massonicis, Lodgiam claudito.
- Guardianus senior suffragia colligito; junior Lodgiam a secretis esto; legum tabulas facito.
- Quisque frater electus, binis vestimentis muratoriis (scilicet quattuor Chiro-thecis) totam fraternitatem donato.
I
dirigenti ed i soci erano tutte personalità del partito stuardista.
Il primo venerabile fu William Howard - il nome Howard è quello dei
duchi di Norfolk, che per tradizione erano cattolici e massoni - ma
poco tempo dopo la carica passa col titolo di Grand Master al
protestante John Cotton. Nell'agosto 1736 venne eletto venerabile
lord Winton «Earl of Seton», che nel gennaio successivo, assume il
titolo di Great Master. Le riunioni si tenevano «at Joseppe, in the
Corso» oppure «at three Kings, strada Paolina», oppure «chez
Dion». Si trattava evidentemente di trattorie o locande, dove,
secondo l'uso inglese, si stabiliva la sede provvisoria della loggia;
salvo che per «Dion», che poteva anche essere il nome di qualche
francese, partitante degli Stuart in quanto, se Luigi XIV era stato
costretto suo malgrado dal governo inglese a togliere l'ospitalità
offerta agli Stuart, nondimeno i francesi continuarono a sostenere e
ad aiutare la causa giacobita. Il giorno in cui si tiene loggia «chez
Dion» furono ammessi come soci due francesi e uno svedese. Facevano
parte della loggia o intervenivano come ospiti alle sedute, eminenti
personaggi e fieri combattenti della causa giacobita. Come ad esempio
lord Kilmarnock, ben noto nel mondo della massoneria giacobita e
nella storia inglese poiché, catturato durante la sanguinosa
battaglia di Culloden, verrà decapitato a Londra nel 1747 e verrà
considerato un martire della causa cattolica in Inghilterra.
Nonostante tutte queste benemerenze acquisite dai suoi membri per la
causa stuardista e cattolica, improvvisamente nell'agosto
del 1737, la loggia venne soppressa per ordine del governo pontificio
e come ammonimento per i nobili componenti della fratellanza, senza
destare clamorose reazioni, fu arrestato il povero «fratello
servente» che era poi il valletto di uno degli adepti, ma fu
rilasciato dopo pochi giorni. Pochi mesi dopo,
il 4 maggio del 1738,
Clemente
XII
condannava
con la bolla
In
eminenti
la
libera muratoria, giacobita o hannoveriana che fosse, sciogliendo la
loggia. Quali
furono i motivi che spinsero la Santa Sede a sciogliere la loggia
romana, della cui esistenza era certamente informata, dato che la
libera muratoria stuardista esisteva già da molto tempo, né mai
finora era incorsa non solo nella scomunica, ma nemmeno nel biasimo
papale? I motivi potrebbero essere stati diversi:
1.la
discutibile personalità dell'ultimo venerabile, lord Winton, conte
di Seaton che, nel 1716, aveva preso parte alla prima sollevazione
giacobita, rivelando un coraggio da leone, ma nello stesso tempo una
certa dose di follia tanto da essere preso prigioniero e rinchiuso
nella Torre di Londra assieme a James e Charles Radcliffe, e con
quest'ultimo fu protagonista di una delle più brillanti evasioni
che la storia registri. Da Londra Winton si rifugiò a Roma, presso
il pretendente Giacomo III, che ben presto dovette avere a noia la
presenza di un sostenitore così turbolento, il quale lo seccava tra
l'altro anche con continue richieste di denaro. Ma non basta, gli
Stuart Papers parlano di un dissidio, del quale ignoriamo la causa,
dissidio piuttosto acceso, punteggiato da minacce di morte, fra il
venerabile Winton e il primo sorvegliante Charles Slezer, cui non
doveva essere estraneo nemmeno il secondo sorvegliante, John
Stewart. Giacomo III, al quale Winton si appellò, ignorò le
qualifiche massoniche dei contendenti e fu piuttosto evasivo nel suo
giudizio ma certamente fu ben lontano dal dare ragione a Winton, che
intanto schiumava di rabbia e che, alla fine, potrebbe essere stato
eliminato dai suoi fratelli, attraverso Clemente XII, in quanto
dannoso per la causa.
2.motivi
di carattere generale; le logge, secondo le intenzioni, degli
stuardisti avrebbero dovuto diventare un feudo del loro partito e
servire - nel nome della fratellanza e della segretezza - quale
punto d'incontro con gli avversari politici per carpire le loro
intenzioni recondite e per fagocitarli nel proprio ordinamento
mentre in realtà stava succedendo proprio il contrario: gli
hannoveriani, come sullo scacchiere della politica europea, così
anche in seno alla libera muratoria, stavano prendendo il
sopravvento ed alcuni loro elementi, infiltratisi nelle logge
giacobite, esercitavano un proficuo lavoro di spionaggio a favore
del governo di Londra. Le logge non rappresentavano più un utile
strumento alla causa cattolica e a quella degli Stuart!
Questo
conflitto politico fra chiese: protestante e cattolico-romana e la
tendenza alla secolarizzazione si consumava anche all' interno della
massoneria, soprattutto quella italiana dove confluivano tutte le
istanze e le divisioni socio-politiche della società pubblica
europea e italiana, con scontri ideologici molto forti, attività di
spionaggio e dove iniziavano a trovare diritto di cittadinanza anche
intrighi finanziari:l' Italia continuava a essere preda degli
appetiti stranieri e la massoneria rifletteva questa situazione
politica. La Chiesa percepiva come pericolose sia le logge stuardiste
che quelle hannoveriane, portatrici di istanze incontrollabili per
cui da bollare e disperdere.
In
conclusione: lo scioglimento della loggia romana e la scomunica
pontificia arriva in concomitanza allo scoppio dello scandalo della
loggia di Firenze cui seguì il relativo processo davanti al
Tribunale dell'Inquisizione. Il processo aveva rivelato come la
loggia fiorentina, non solo fosse una roccaforte degli hannoveriani,
ma anche un centro di raccolta di liberi pensatori, di accaniti
avversari dei gesuiti e del potere clericale in genere.
La
loggia inglese di Firenze
La
loggia di Firenze fu fondata da un gruppo di inglesi residenti in
questa città in un periodo di tempo che possiamo collocare fra il
1731 e il 1732: sicuramente prima del 4 agosto di questo ultimo anno,
poiché a quella data la loggia era in piena attività e ben
funzionante. Il primo venerabile fu mr. Fox, probabilmente da
identificarsi con Enrico Fox, lord Holland, padre di Carlo Giacomo,
che diventerà un noto esponente del partito Wigh,
emulo
e rivale di William Pitt. Nell'agosto del 1732 tale carica era
ricoperta da Sewallis Shirley, il primo sorvegliante era il reverendo
Joseph Spence tutore del giovane Charles Sackville, conte di
Middlesex, secondo duca di Dorset, il quale a sua volta ricopriva
allora nella loggia la carica di secondo sorvegliante. Sackville era,
come diremmo oggi, un artista e un divulgatore di arte, un “ «poeta
e uomo di liberi costumi, il quale si dilettava di musica e si
occupava di cantanti come impresario occupandosi anche dell'
organizzazione di parecchi teatri in Inghilterra e nel 1737 anche del
Teatro della Pergola a Firenze. Nel 1733 fu lui presidente della
loggia fiorentina, come risulta da una medaglia coniata da Lorenzo
Natter, medaglia che ha il pregio di essere la prima in senso
assoluto fra quante verranno successivamente coniate in onore della
libera muratoria. La loggia teneva le riunioni, prima in una locanda
di via Maggio e poi presso l'albergo gestito da un inglese, il
fratello Collins. Tale trasferimento, a quanto sembra, non fu dovuto
a motivi di sicurezza, ma al fatto che la cucina del primo
albergatore - «monsiù Pasciò» - non soddisfaceva i fratelli,
abituati a concludere le riunioni con una cena gustosa e numerosi
brindisi o meglio «cannonate», come si diceva nel loro gergo. Fu
così che attorno ad un nucleo iniziale di inglesi e di alcuni
stranieri residenti a Firenze, si raccolse un numero crescente, una
sessantina circa, di intellettuali e nobili fiorentini, quelli stessi
che stavano combattendo la battaglia per il rinnovamento della
cultura in Toscana. Invece del ristretto gruppo di inglesi della
loggia giacobita di Roma, che si proponeva un fine cospirativo
limitato - la restaurazione degli Stuart sul trono d'Inghilterra con
il conseguente affermarsi della Chiesa cattolica in quel paese, - i
massoni di Firenze non pensano ad una definita finalità politica
anche se era presente ma indirettamente poiché l' obiettivo
prioritario era il rinnovamento culturale. Per spiegarsi la relativa
facilità con cui la massoneria fece proseliti a Firenze è
necessario ricordare la particolare condizione politica e culturale
della Toscana negli ultimi anni della signoria medicea. Nel 1723, al
tetro e bigotto principato di Cosimo III era succeduto quello
dell'ultimo dei Medici, il granduca
Gian Gastone,
un uomo intelligente, dotato di buon senso e spirito innovativo ma
con l'ostentato, allora considerato, vizio dell'omosessualità che lo
screditò all' opinione pubblica. Da giovane era stato amico e
discepolo di Leibniz e, divenuto principe, aveva fatto nominare
professori all'Università di Pisa Bernardo Tanucci e Pompeo Neri,
che tanto contribuiranno al moto riformatore a Napoli, a Milano e
nella Toscana di Pietro Leopoldo. Bastò dunque un allentarsi della
pressione poliziesca, bastò che pochi sintomi rivelassero come il
nuovo granduca rifuggisse dal valersi e anche dall'assecondare le
pretese del padre Inquisitore, perché in certi ambienti si
incominciasse a respirare e ad alimentare la speranza di un
rinnovamento culturale e sociale col fervore di nuovi studi e di
nuovi interessi. Dal punto di vista politico la Toscana era sotto l'
occhio attento delle varie potenze europee visto che il Granduca
sarebbe morto senza lasciare eredi dopo tanti anni di matrimonio
senza figli e la sua omosessualità. Gli inglesi erano interessati
alla successione alle vicende del Granducato, non solo per ragioni di
equilibrio politico già fino da allora perseguito, ma per immediati
interessi economici che nell'emporio di Livorno avevano il pernio
della espansione commerciale britannica entro l'area del bacino
mediterraneo e dell'Europa meridionale. Firenze inoltre, con i suoi
monumenti, con i suoi musei, con le sue biblioteche e con il suo
paesaggio incantevole, fino da quel tempo era cara agli intellettuali
inglesi, che la consideravano una residenza privilegiata e ricercata.
Inglesi inoltre risiedevano, fino dalla seconda metà del secolo
XVII, alla corte dei granduchi in veste di archeologi, di architetti
e di ingegneri, di conseguenza Firenze era in quegli anni la città
d' Italia dove la lingua inglese era meglio conosciuta e dove
l'anglomania del secolo aveva un fondamento più serio che non nella
moda dei tempi. Si spiega così il contatto fra l'ambiente
intellettuale inglese e un certo ceto di intellettuali fiorentini,
presso i quali la libera muratoria, come confraternita di uomini
indipendenti, uniti dal vincolo del mutuo soccorso e della segretezza
con i compagni di fede del resto d'Europa, doveva apparire
determinante al processo di rinnovamento culturale con conseguenti
ripercussioni politiche che apparvero pericolose per il potere della
chiesa che intervenne pesantemente sulla loggia come dimostra il
processo contro Tommaso
Crudeli i
cui documenti sono conservati nell'Archivio di Stato di Firenze da
cui possiamo avere l' idea reale della loggia fiorentina, solo
indirettamente, attraverso i verbali degli inquisiti e attraverso il
diario e le lettere di Antonio Cocchi: risulta con certezza
l'appartenenza alla libera muratoria di alcuni italiani, pur non
figurando il loro nome nelle carte d'archivio; mentre di altri è
soltanto dato supporre che appartenessero alla confraternita, senza
che alcuna documentazione obbiettiva sussista in merito. Oltre agli
inglesi Charles Sackville, Henry Fox, Horace Mann e lord Robert
Montague, fecero certamente parte della loggia tra i fiorentini
l'abate Antonio Niccolini, il già ricordato Antonio Cocchi, che fu
venerabile dopo Sackville, i poeti Tommaso Crudeli e Giuseppe
Cerretesi, Giuseppe Maria Buondelmonti, Ottaviano Bonaccorsi e tanti
altri ancora.
Come
si vede la loggia accoglieva, nel suo seno decine di fratelli, alcuni
dei quali erano eminenti personalità del patriziato e del mondo
culturale fiorentino, «ragguardevoli, e per nascita, e per dottrina»
come si evince dagli scritti di contemporanei, non massoni.Quando
iniziò la persecuzione antimassonica a Firenze e venne arrestato
Tommaso Crudeli, molti non massoni presero apertamente le difese
della massoneria e del poeta Crudeli, come risulta dalle lettere
scritte in quella circostanza a Bottari, al cardinal Corsini, a
Celestino
Galiani
e a Piccolomini per perorare la causa di Crudeli.
Ma
si può difendere in toto la massoneria fiorentina? Naturalmente no
perchè la loggia di Firenze, come quasi tutte le logge, in quel
periodo, riuniva nelle sue assemblee elementi di varia provenienza:
accanto alle persone oneste, mosse da uno stimolo etico, come Antonio
Cocchi o Ottaviano Bonaccorsi, c'erano avventurieri ed individui di
dubbia moralità, come Philip Stosch, come un certo Reid che faceva
diventare membri della loggia coloro che gli versavano una certa
somma di denaro, o come Paolino Dolci. Accanto ai deisti ed agli
atei, come Giuseppe Buondelmeonti e lo stesso Crudeli, figuravano i
due frati agostiniani di Santo Spirito, perseguitati in Irlanda per
la loro fede cattolica ma indubbiamente, nel suo complesso, la
loggia aveva un carattere deistico, come del resto la maggioranza
delle logge hannoveriane. La lotta di potere che si scatenò intorno
alla loggia di Firenze era una lotta che esulava dall'ambito delle
logge, per inserirsi in un dibattito più ampio, che verteva
essenzialmente sulla strutturazione dei programmi di studio
all'Università di Pisa.
Fino
dal secolo precedente nello studio pisano contrastavano due correnti
opposte: quella conservatrice, che voleva imporre la tradizione
aristotelica sia nel campo scientifico che in quello filosofico, e la
corrente innovatrice, che si fondava sul metodo sperimentale di
Galileo e della sua scuola, nonché sulle dottrine più recenti di
Leibniz e di Newton. È quest'ultima corrente, aperta alla cultura
francese ed inglese, che, muovendo dal razionalismo cartesiano,
introduceva nell'insegnamento universitario le teorie materialiste di
Gassendi ed il pensiero liberale e politico di Locke.
Al
di fuori dell'Università, nella più vasta repubblica delle lettere,
le due correnti si fronteggiano nel contrasto fra la vecchia cultura
gesuitica, impostata sulla scolastica e la grammatica latina, e la
nuova cultura enciclopedica, impostata invece sul più moderno
atomismo democriteo, sulla matematica, sull'archeologia e soprattutto
sulla storia. Questa nuova cultura contrapponeva al latino lo studio
del greco «se non altro per la necessità di creare parole nuove in
servigio delle nuove scienze». Nello stesso tempo, sul piano
teologico e morale, i gesuiti devono fronteggiare l'attacco del
giansenismo, che si diffonde anche in Toscana, se non proprio come
formulazione di un pensiero organico, certamente come aspetto
polemico di una riforma rampollante dall'interno del mondo cattolico.
Le forze conservatrici della Chiesa, nel combattere la nuova cultura,
che si stava affermando all'Università di Pisa e fra gli
intellettuali di Firenze, erano consapevoli che dietro tale
rinnovamento si celava un attacco ai loro privilegi e sapevano
benissimo che il rinnovamento culturale comportava nuovi diritti
umani e nuovi rapporti fra Stato e Chiesa, rapporti che coinvolgevano
necessariamente la riforma del Tribunale del Sant'Uffizio, del potere
acquisito dal padre Inquisitore, nonché l'abolizione della mano
morta come degli altri privilegi goduti dal clero. Mentre una parte
del mondo cattolico si schierava con gli innovatori, auspicando una
riforma all'interno della stessa Chiesa, i cattolici conservatori -
capeggiati dai Gesuiti e dal partito curiale - facevano ogni sforzo
possibile per fermare l'avanzare dei loro avversari. Essi credevano
che il momento fosse loro propizio. L'insediarsi di una dinastia
nuova, l'incertezza del momento politico favorevole al cambiamento in
senso laicistico portò alla necesità di rafforzare il clericalismo
e cogliere ogni motivo per chiudere la loggia fiorentina.
Considerazioni
conclusive
All'
interno della loggia fiorentina si consumava chiaramente il conflitto
materiale inglese fra hannoveriani (protestanti e innovatori) e
stuardisti (cattolici e conservatori), degli eretici sui cattolici e
la mancanza di misticismo sublimante si traduceva in intrighi e
prevalenza di interessi economici su tutto il resto.
Questo
stato di crisi interesserà anche la massoneria francese ma poi,
nell'intricarsi delle logge anglicane e stuardiste, le prime,
favorite dall'avvicinamento anglo-francese, promosso dalla politica
di Robert Walpole e del Cardinale Fleury, ebbero la meglio e
conobbero una certa tranquillità, rispetto alle logge italiane
continuando a fare proseliti e ad inserirsi nel mondo ufficiale dello
Stato. Nel 1735 si era fatto libero muratore il conte di Saint
Florentin, segretario di Stato di S.M. cristianissima Luigi XV e in
quello stesso anno assumeva il Gran Maestrato di Francia uno dei
maggiori esponenti della aristocrazia: il duca d'Antin.
Tornando
all' Italia, Clemente XII, attraverso la polizia pontificia, procede
alla chiusura della loggia giacobita di Roma e poi alla scomunica dei
massoni.
il 28 aprile del 1738 veniva pubblicata la bolla In eminenti
Apostolatus specula, con la quale si scomunicava (damnamus et
prohibemus): «societates, coetus, conventus, conventicula, vulgo de'
liberi muratori, seu Francs Massons [sic]». I
motivi addotti erano proprio quei principî che formavano i capisaldi
fondamentali della libera muratoria: la tolleranza religiosa e la
segretezza. Si biasimava infatti che in quelle associazioni venissero
accolte persone d'ogni religione e d'ogni setta con la scusa di una
comune morale naturale:
«in quibus cumque Religionis et sectae homines affectati quadam
contenti honestatis naturalis specie».
Si
biasimava anche che i membri fossero severamente vincolati - con un
giuramento e con minacce - a mantenere il segreto sui fini e
sull'attività dell'associazione: «tum districto jurejurando ad
sacra Biblia interposito, tum gravium poenarum exaggeratione
inviolabili silentio (statuta et quae clam operantur homines)
obtegere astringuntur».
Infine
la bolla giustificava la scomunica con «molte altre ragioni a noi
note, ma ugualmente giuste e ragionevoli» (aliisque de justis ac
rationalibus causis Nobis notis). Saranno state proprio queste «molte
altre ragioni» a promuovere la scomunica di Clemente XII poiché la
promiscuità dei ceti sociali e la segretezza delle riunioni avevano
già da tempo allarmato le autorità politiche di alcuni Stati, senza
che il papa desse allora segni di turbamento. Nel 1735, per sospetti
di svolgere attività politica, erano state proibite in Olanda le
adunanze massoniche, che invero ripresero pochi anni dopo. Nel 1736,
il governo aristocratico del cantone di Berna e l'imperatore Carlo VI
per l'Austria avevano emanato analogo editto; e nell'agosto del 1737
è la polizia francese che interrompe, sia pure con tutti i riguardi
dovuti ai grandi signori, un'assemblea massonica e ne proibisce la
prosecuzione per ordine del re. Tutto questo lasciò del tutto
indifferente la Curia romana. Cosicché è lecito supporre che non
fossero i motivi evidenziati dalla bolla a turbare tanto il
pontefice, che altrimenti si sarebbe mosso già da tempo a condannare
la confraternita. Evidentemente le cause note soltanto al papa, le
causae Nobis notae, sono - fallita la strumentalizzazione delle logge
a pro' degli Stuart - le finalità politiche ed ideologiche della
massoneria anglicana e la possibilità che mediante l'attività
muratoria si possano facilmente propagare opinioni contrarie a quelle
della Chiesa. La bolla però non ebbe conseguenze politiche
immediate, poiché i vari Stati della penisola e del continente si
rifiutarono di registrarla ed essa passò quasi del tutto
inosservata. Un autore anonimo, ma contemporaneo agli avvenimenti
citati, scriveva: «La cour de Rome, seduite par l'imposture de
quelque esprit malin, lança ses foudres contre la Maçonnerie, mais
cela non obstant, l'Ordre a trouvé un asyle en plusieurs villes
d'Italie». Nello Stato Pontificio la bolla fu seguita da un editto
del cardinale Firrao - editto che avrebbe dovuto servire da modello
al braccio secolare degli altri sovrani nel quale veniva comminata la
pena di morte ai trasgressori e la demolizione delle case che
eventualmente avessero ospitato una loggia. Il problema era che, si
sapeva, che contemporaneamente esistevano logge anche in altre
città d'Italia: Napoli, Milano, a Verona, a Padova, a Vicenza ed a
Venezia, ma la segretezza ne impediva il riconoscimento. In ogni caso
la Chiesa, accogliendo anche la propaganda relativa ai liberi
muratori, accusati di nascondere sotto il segreto massonico orge e
pratiche omosessuali,
pensò
bene di condannare in toto la massoneria poichè tutto confluiva
nell' idea che la massoneria fosse una forza eversiva non solo per
la Chiesa cattolica, ma anche per lo Stato assoluto. Insieme alla
massoneria la Chiesa colpì anche l'Università di Pisa considerata
come il solo ostacolo che ha impedito di ridurre la Toscana nello
stato d'ignoranza.
Gli
alti gradi in Italia nella prima metà del Settecento
A
Firenze la massoneria aveva un carattere razionalista, con tendenze
al deismo e al materialismo, non senza venature libertine,
atteggiamento derivato direttamente dall'influenza degli inglesi che
ne furono i fondatori e che raccolsero intorno a sé gli elementi
locali più affini e più disposti ad accogliere le loro idee. Di
conseguenza quella che può essere chiamata la prima loggia italiana
effettivamente operante assume fino dalle origini un carattere
democratico, reclutando i propri elementi in prevalenza fra quella
minoranza borghese di professionisti, di intellettuali, di
proprietari e di nobili imborghesiti i quali, nel primo periodo,
furono tendenzialmente ed inconsapevolmente, avversi ai vecchi
ordinamenti politici, aspirando a creare uno Stato moderno sul
modello costituzionale inglese o su quello delle monarchie illuminate
d'Europa. Tale tendenza ideologica era tipica della massoneria
inglese a tre gradi (massoneria azzurra), di carattere protestante e
di tendenza repubblicana.
Ma
come abbiamo già visto accanto alla massoneria inglese,
tecnico-operatva derivata dai liberi muratori delle origini, era
operante in Francia la cosidetta massoneria scozzese, che ai tre
gradi simbolici, aveva aggiunto una serie di alti gradi espressione
del misticismo massonico detto anche scozzesismo che, a partire dal
1740, trasforma con le sue innovazioni il carattere dell'Ordine,
facendo prevalere l' esoterismo e l'occultismo, che si era
insinuato nella corporazione, probabilmente fin dai tempi medievali,
con la costruzioni delle cattedrali. Nella
massoneria moderna speculativa troviamo così, non soltanto i seguaci
delle dottrine utilitariste e del razionalismo settecentesco, ma
anche seguaci che portano avanti elementi ideologici di derivazione
esoterica ed occulta trasformati in elementi fantasiosi come i
seguaci di Swedenborg e di Boehme o avventurieri come Saint Germain e
Cagliostro, mistici come Saint Martin, e scienziati “alternativi”
come Mesmer. Con questo insieme ideologico, la massoneria andrà,
ancora una volta, ad assumere le caratteristiche preromantiche di
tante altre manifestazioni dello spirito di quel tempo. Ai tre gradi
simbolici si aggiungono così gli altri gradi.
I titolari di questi gradi e di altri ancora, si riunivano in logge
appartate, chiamate capitoli o consigli e, attribuendosi titoli
ambiziosi, pretendevano di rappresentare una aristocrazia massonica
chiamata a dirigere i gradi blu (i tre gradi simbolici) e di
possedere conoscenze ignote ai massoni ordinari. Essi avevano creato
rituali complessi e le loro iniziazioni erano caratterizzate da
un'atmosfera misteriosa e drammatica. In realtà il fasto delle
cerimonie copriva per lo più l'indigenza intellettuale; nondimeno
gli alti gradi attiravano nobili danarosi ed anche spiriti più
raffinati che ambivano ad un Ordine più elevato e alla conoscenza di
verità misteriose. A tale fine i manipolatori degli alti gradi
avevano introdotto nei rituali suggestioni alchimistiche, teosofiche
e teurgiche. Queste suggestioni non contrastano né eliminano lo
spirito cristiano- cattolico introdotto dagli Stuardisti adottato
dalla massoneria cavalleresca del Ramsay, anzi si fondono con esso,
dando origine ad un misticismo esoterico di una tinta del tutto
particolare ed irrazionalistica.
Ricordiamo
che la massoneria speculativa moderna nasce nel 1917 in concomitanza
con la nascita della Gran Loggia di Londra e a partire dal 1740
evolve in un costante moltiplicarsi degli alti gradi, che si
raccolgono in speciali sistemi o ordini, ispirati per lo più al
cristianesimo esoterico dei Rosacroce. Tutta
questa fioritura di alti gradi si riduce poi in sostanza a due tipi
principali: i gradi di vendetta, che sviluppano il mito di Hiram e
fanno vivere all'iniziato la vendetta contro gli assassini
dell'architetto di Salomone; ed i gradi cavallereschi, ispirati alla
leggenda creata da Ramsay, che fa risalire la massoneria ai cavalieri
crociati. La crisi irreversibile della massoneria moderna è già
iniziata e si sta già concludendo ed è proprio rappresentata dagli
alti gradi i quali rivelano l' incapacità di stare nel mondo in
maniera costruttiva!
Dopo
il 1740, con la calata nella penisola degli eserciti francesi ed
austriaci, inquadrati da una ufficialità cosmopolita di mercenari;
con l'insediarsi di sovrani borbonici ed asburgici, che si portano
dietro i quadri dell'amministrazione, penetrano in Italia anche i
nuovi Ordini massonici. Questi s'inseriscono o si affiancano alla
tradizionale massoneria inglese, rendendo così difficile individuare
la tradizione inglese dai vari nuclei latomistici, che nel frattempo
si erano diffusi nella penisola. Come abbiamo già detto questi
nuclei svolgevano un'attività saltuaria o erano circoscritti a
singoli individui, residenti temporaneamente in Italia i quali - dato
che bastavano sette fratelli per costituire una loggia regolare -
tengono le loro adunanze, ammettendo forse anche qualche conoscente
italiano.
Il
probabilismo storico ci fa supporre - ma nessuna prova esiste in
proposito - che questi nuclei segreti, oltre a servire agli adepti
per ritrovarsi in buona, allegra e spregiudicata compagnia, si
inserissero su altri gruppi praticanti culti esoterici o magici,
nuclei della cui esistenza ci giunge notizia da più fonti.
Sintomatico a questo proposito quanto scrive nelle sue Memorie
Giacomo Casanova,
quando afferma di avere conosciuto a Mantova, nel 1748 «un
originale», certo Antonio de' Capitani, il quale aveva in casa una
specie di museo, in cui, assieme ad «alcuni libri di magia» teneva
anche «sotto chiave, tutto l'armamentario della massoneria». Questi
liberi muratori, certamente non numerosi, avevano probabilmente
costituite logge di breve vita e non collegate con la Gran Loggia di
Londra o con altri centri massonici sorti nel frattempo in Francia.
Abbiamo visto come alcune fonti anche attendibili ci dicono che
questi nuclei si trovavano a Milano, a Verona, a Padova, a Vicenza, e
a Venezia.
La
massoneria a Napoli
Nella
prima metà del Settecento, Napoli, divenne il più importante centro
latomistico della penisola. Sulle origini della libera muratoria a
Napoli abbiamo varie tradizioni e non sempre concordanti tra loro per
cui dobbiamo fare affidamento sull' anonimo autore di una Histoire
de la persécution intentée en 1775 aux Francs-Maçons de Naples,
pubblicata a Londra nel 1780 i quale afferma che la massoneria fu
importata a Napoli, intorno al 1730, dagli ufficiali dell'armata
imperiale, che presidiò il nostro mezzogiorno per circa ventisette
anni, dal 1707 al 1734. L' autore anonimo a un certo punto del suo
scritto dice: Allorché
le armi Cesaree presero il possesso del regno di Napoli,
s'introdussero in quella vasta città le loggie dei liberi muratori,
questi celebravano i loro misteri con cautela.
La massoneria napoletana rifletteva la massoneria francese la quale,
con il mutare del «venerabile», la loggia parigina muta anche il
nome: non è più la loggia del borghese e protestante John Coustos,
ma diventa ora la loggia del duca di Villeroy e questo cambiamento,
da una direzione borghese ad una aristocratica, comporta quasi
certamente - in conformità a quanto avvenne nelle altre logge
francesi l'abbandono della massoneria hannoveriana e l'adozione degli
alti gradi:sembra quindi probabile che fosse Carafa della Roccella a
dare questo nuovo indirizzo anche alla massoneria napoletana. Nel
1750 a capo della libera muratoria napoletana si trovava di Sangro a
dimostrazione del repentino cambiamento della massoneria la quale,
nel giro di 10 anni, muta radicalmente la propria ideologia e il
proprio carattere:
a Firenze, dieci anni prima, avevamo una loggia formata in prevalenza
da elementi borghesi, inglesi ed italiani, capeggiati da seguaci
delle dottrine newtoniane, da studiosi di Epicuro, Lucrezio e
Gassendi, da scrittori e poeti non conformisti e libertini, impegnati
decisamente e materialmente verso il progresso razionale e laico,
mentre Napoli mostra invece, la libera muratoria guidata
dall'aristocrazia ed il cui Gran Maestro è uno studioso delle
scienze occulte ed un alchimista.
Di Sangro è sinceramente devoto al suo sovrano ed al pontefice,
purché entrambi gli consentano un margine di spazio culturale in cui
muoversi secondo i propri impulsi e secondo i propri interessi.
Anche
in Italia, come in Francia, alla massoneria protestante e
razionalista degli Hannover è subentrata quella pre-romantica e
spiritualista dello scozzesismo francese. All' interno della
massoneria però si può parlare di tendenze ma con elementi
caratterizzanti una sostanziale continuità perchè, in definitiva,
la massoneria ha l' obiettivo di perpetuare la sua esistenza
finalizzata, a seconda delle epoche storiche, a entrare, con le
proprie regole, all' interno del potere. C' è da dire che il vero
periodo di grazia della massoneria come motore culturale capace di
influire sul progresso, entra in crisi nel secondo Settecento e
finisce con la Rivoluzione Francese. Gli elementi di continuità
ideologica, per tutte le logge delle diverse correnti, sono
riconducibili alle obbedienze, alla segretezza e all' aiuto
reciproco.
L'
esperienza della massoneria occultista del barone Tschudi
Agli
inizi del 1751, Sotto il Gran Maestrato di Sansevero era sorta,una
loggia, che aveva come «venerabile» il giovane barone Henri Theodor
Tschudi, allora cadetto nel reggimento svizzero di cui era comandante
suo zio, il maresciallo Leonardo Tscudi. Theodor Tschudi diventerà
in seguito una personalità nel mondo massonico settecentesco, poiché
fonderà un proprio sistema scozzese, dai simboli e rituali piuttosto
complessi, impostato sull'ermetismo e la ricerca alchemica. I
principî informatori, i catechismi e gli statuti di questo sistema
chiamato
L'Étoile Flamboyante,
furono esposti da Tschudi in un libro dallo stesso nome, stampato a
Francfort - à l'Orient, chez le Silence - nel 1766. Vediamo così
che la massoneria occultista del secolo XVIII, di cui il barone
Tschudi fu senza dubbio uno dei precursori, affondava le proprie
radici nell'esoterismo seicentesco di Napoli e Venezia, il quale a
sua volta dovette trovare una possibilità di sopravvivenza in seno
ai nuclei latomistici difesi dal segreto massonico. Non sempre è
chiaro nell'opera dello Tschudi - almeno al profano - il rapporto fra
alchimia e libera muratoria, sembra comunque che al lavoro
alchimistico egli attribuisca un significato simbolico: la pietra
filosofale si identifica con la pietra pulita, adatta alla
costruzione, in cui si è trasfigurata la pietra grezza, grazie al
lavoro della libera muratoria. La
Chiesa non poteva tollerare queste organizzazioni che si muovevano in
base a un credo chiuso che veniva percepito come pericoloso anche per
il diffondersi delle logge nella penisola attratte proprio dall'
esperienza della massoneria del Regno di Napoli. Cosa dire poi del
giuramento su Dio al quale si appellavano i massoni salvo poi agire,
non pubblicamente ma nel mistero? Come potevano riconoscere Dio
architetto della Natura senza riconoscere Dio portatore di Grazia?
La
Chiesa di Roma aveva giustamente avvertito che il principio della
tolleranza religiosa aveva - in campo politico - il suo corrispettivo
nel liberalismo e nella democrazia; di conseguenza invitò il re di
Napoli e con lui tutti i sovrani d'Europa, alla alleanza fra trono ed
altare per contenere l'avanzata innovatrice pericolosa per entrambe
le istituzioni. Carlo III, pur non dubitando della fedeltà dei suoi
sudditi che avevano aderito alla libera muratoria, rimase convinto
però della potenziale pericolosità per lo Stato di una simile
associazione e ne proibì quindi severamente l'esistenza, in
osservanza al rinnovo
della scomunica di di Clemente XII ma non infierì contro i massoni
napoletani, fra cui vedeva molti convinti e fedeli servitori della
dinastia e
si limitò a far loro abiurare i principî della setta davanti ad un
rappresentante degli ordini ai quali appartenevano.
Ritornando
alla loggia napoletana, nel 1751 a Napoli, si verifica nel modo più
chiaro l'evolversi dello scozzesismo cattolico, nato e promosso dai
seguaci della Chiesa romana, in forme magico-esoteriche che però
finiscono per sfuggire di mano alla ortodossia cattolica. Di qui
la condanna di Benedetto XIV il quale si pone sulla linea di Clemente
XII condannando la massoneria napoletana basandosi su motivi politici
e religiosi.
La condanna non si tradusse in repressione per cui lo spiritualismo
occultista degli «alti gradi» lasciò sempre una porta aperta verso
un certo spiritualismo cattolico e la speranza di un rinnovamento
vero come si configurerà nella riflessione di Joseph de Maistre.
Carlo III invece, cui erano sfuggiti i principî essenziali della
massoneria, vide nelle conventicole segrete dei liberi muratori
soltanto l'aspetto mondano, non nascondendosi però il pericolo
potenziale dell'associazione, in cui facevano capolino motivi
«cromwelliani» perciò emanò l'editto che metteva al bando la
setta. C' è anche da dire che l'appartenenza all'Ordine di alcuni
fra i maggiori esponenti dell'aristocrazia partenopea e di molti
personaggi gravitanti nell'ambiente di corte, lo rendevano meno aspro
nei confronti dei liberi muratori, che dopo un certo periodo di
smarrimento riprenderanno indisturbati la loro attività. L'editto
reale fu applicato anche in Sicilia, dove evidentemente esistevano
logge e dove al vicerè giunsero chiarimenti in merito.
A
Palermo esistevano due logge: una loggia era composta da nobili e da
prelati (ufficiali del S. Officio) e l'altra da commercianti
stranieri, e potrebbe anche darsi che la prima fosse di origine
stuardista e la seconda di origine anglicana ma dobbiamo sempre
ricordarci che parliamo nell' ambito del probabilismo
storico-scientifico non supportato da fonti dirette. Anche i due nomi
non ci aiutano molto, salvo che un Pallavicino figura come
apprendista nella loggia del principe Carafa a Napoli. In ogni caso
entrambe le logge, in seguito all'editto reale, dovettero cessare
ogni attività muratoria, che riprenderà a fiorire più di dieci
anni dopo.
Joseph
de Maistre
Joseph
de Maistre,
nel 1774,
entrò
a far parte della loggia massonica di rito inglese dei "Trois
Mortiers",
ma nel 1778 lo troviamo in quella martinista di rito scozzese
rettificato della Parfaite
Sincérité,
legata al pensiero del tradizionalista francese Louis Claude de
Saint-Martin. De Maistre intravvide nel ramo di questa corrente
massonica un'élite
con
grandi potenzialità per la restaurazione cristiana del mondo, di
quella "res
publica cristiana
d'Europa" di cui parlerà più tardi anche
edmund Burke
nelle Riflessioni sulla Rivoluzione in Francia che influenzeranno notevolmente il pensiero di de Maistre il quale
tenta di recuperare il carattere progressista e cattolico della
massoneria quando la crisi della massoneria speculativa aveva
esaurito il suo carattere pedagogico ed era chiaramente ed
esclusivamente avviata ad obiettivi di potere da realizzarsi nell'
ombra infiltrandosi occultamente e segretamente all' interno del
potere pubblico. Nel 1788 de Maistre entrò
a far parte del Senato savoiardo e allo scoppio della Rivoluzione francese,
nel 1789, vide con un certo favore le prime fasi, percependo in esse uno
spiraglio a favore di riforme contro la deriva assolutistica dell'
Ancien Régime.
Dopo la proclamazione della Dichiarazione
dei diritti dell' uomo e del cittadino
e
la lettura delle già citate Riflessioni sulla Rivoluzione in Francia,
il
suo atteggiamento mutò in un completo rifiuto dei principi
rivoluzionari e l' anno 1790 segnò la fine dell'esperienza massonica
maistreiana. Nel 1792,
in seguito all'aggressione e all'invasione francese della savoia,
fu costretto a fuggire in esilio.
L' esperienza di de Maistre è anche emblematica della crisi
massonica europea a causa della inattitudine al nuovo potere statale.
Goldoni
e Casanova
Sempre
usando il condizionale varie fonti indirette parlano della esistenza
di logge nel territorio della Repubblica di San Marco: a Venezia, a
Verona, a Padova ed a Vicenza, intorno agli anni '30 del secolo
XVIII.
Per
quanto riguarda Venezia, si potrebbe far coincidere il sorgere della
sua prima loggia con il soggiorno di Thomas Howard, duca di Norfolk,
Gran Maestro della Gran Loggia di Londra, che da Venezia invia denaro
e doni simbolici ai «fratelli» londinesi. Durante il suo soggiorno
italiano, si ferma anche a Verona, a Padova e non è escluso che ivi
sorgessero per iniziativa dei residenti inglesi, sollecitati dallo
Howard, nuclei latomistici dalla vita incerta e discontinua, almeno
nei primi anni. Una cosa è certa il potere repubblicano relega la
massoneria in ambiti segreti e occulti con la presenza di
intellettuali viaggiatori che ne fanno percepire l' esistenza ma con
difficoltà di documentarla.
Sembrerebbe
che nel 1738, dopo la pubblicazione della bolla di Clemente XII, le
logge esistenti venissero chiuse per ordine della Serenissima, questa
volta insolitamente concorde con la politica della Santa Sede ma
sembra anche che venissero riaperte poco a poco nella massima
segretezza. Questa affermazione però non è confermata da alcun
documento né da una precisa testimonianza. Ben più attendibile la
pur scarna notizia trasmessaci da Friedrich
Münter,
da lui raccolta dalla viva voce dei liberi muratori veneziani durante
il suo viaggio in Italia nel 1784.
Egli
dunque afferma testualmente:
- A Venezia c'era da principio una loggia inglese, che nei primi tempi si riuniva su una nave. Da questa sorse poco a poco la seconda, finché - non molto prima del 1784 - giunse una regolare costituzione inglese (eine rechte Constitution).
Ed
è con questa seconda loggia, nata intorno al 1746, che si esce dalla
nebbia della preistoria massonica, per giungere ad una vicenda
documentata ed imperniata su alcuni personaggi di un certo peso nella
storia della cultura italiana come Giacomo
Casanova, Carlo Goldoni e Francesco Griselini (scrisse la commedia I
liberi muratori).
A un certo punto, attraverso i viaggi, si incontrano, anche solo
simbolicamente, tutti i nomi della intelligenza massonica europea ed
extraeuropea, da Mozart a Beniamino Franklin e questa massoneria
viaggiante illuminata
ci fa domandare se gli itinerari di Casanova coincidano solo
casualmente con i grandi centri massonici come Napoli, Amsterdam,
Lione, Parigi, Londra, Chambéry, Torino, Pietroburgo. Purtroppo
l'avventuriero veneziano, mentre abbonda nei dettagli delle sue
imprese amorose, della sua elaborata ed intensa attività sessuale, è
viceversa assai parco e segreto nel riferirci sulla sua attività di
libero muratore, circa la quale veniamo informati solo
incidentalmente e, direi quasi, contro la stessa volontà
dell'autore, a cui ogni tanto sfugge qualche parola sull'argomento,
peraltro mai affrontato apertamente. Egli racconta di essere stato
iniziato alla libera muratoria a Lione nel 1751, in una loggia dove
gli fu conferito il grado di apprendista e due mesi dopo racconta di
aver ricevuto, a Parigi, il secondo grado e, alcuni mesi dopo ancora
il terzo, quello di maestro, che è il massimo. Casanova racconta che
tutti gli altri titoli ricevuti in seguito erano garbate invenzioni,
di valore simbolico, che nulla aggiungevano alla dignità di maestro.
Quando si parla dei racconti di Casanova bisogna sempre tenere
presente che questo intellettuale fu qualificato come libertino,
baro, empio e cultore delle arti magiche, e per questo accusato
pubblicamente e regolarmente a cominciare dall'11 novembre del 1754.
Queste accuse non sembrano turbare troppo gli Inquisitori i quali
decidono di procedere contro Casanova dopo la lettura di un rapporto
del luglio 1755 dove si parla di lui come organizzatore massonico;
Manuzzi infatti così dice:
- ... essendomi portato questa mattina alla di lui casa... mi fece vedere una pelle bianca, che aveva in detto baule, in forma di una picciola traversa da potersi cingere alla vita, le ho domandato in che se ne servisse, mi rispose che quella si usa quando si va in un certo luogo, ove si adoperano anche dei ferri, et un abito nero, le ricercai dove fossero i ferri e l'abito, mi disse che si tengono nella loggia, perché di troppo pericolo sarebbe tenerli in casa. Mi sovvenne allora che lo stesso Casanova parlato mi avea ne' giorni passati della Setta de' Muratori, raccontandomi i onori e vantaggi che si hanno a essere nel numero de' confratelli, che vi aveva dell'inclinazione il N. H. Ser Marco Donado per esser arrolato a detta setta, ma la maniera con cui sono introdotti la prima volta nella loggia sembrandogli assai rischiosa, non ha voluto azzardarsi, dicendomi che si lasciano condurre con occhi bendati.
Giacomo
Casanova, arrestato ed interrogato, si comportò rispettando il
segreto massonico: non rivelò alcun nome, ma fece solo quello di un
aspirante, ritiratosi all'ultimo momento.
Per
quanto riguarda Goldoni.....
Non
meraviglia che Goldoni potesse aderire ai principî di fratellanza e
di uguaglianza, praticati nelle logge inglesi, principî ai quali
aspirava anche la borghesia mercantile di Venezia, mal sopportando i
privilegi dell'alto patriziato. Il populismo latente e addirittura un
certo spirito sovversivo di molte sue commedie, ma che esplode
soprattutto nelle
Baruffe chiozzotte,
non era sfuggito al suo nobile antagonista, il conservatore Carlo
Gozzi. Quello spirito che si può riassumere nella frase del vecchio
pescatore chioggiotto: «No altri poverassi andemo a rischiar la vita
in mare e sti mercanti col baretono de veludo i se fa ricchi co le
nostre fadighe!». Carlo Gozzi rimproverava appunto a Goldoni lo
spirito democratico e la polemica contro la corrotta e decadente
aristocrazia veneta. Le prudenti ma chiare affermazioni di democrazia
che si possono leggere ne
Le donne curiose,
sono perfettamente in chiave con i principî della libera muratoria
inglese. Fanno pensare «che in
fondo
all'anima goldoniana passassero visioni di rinnovamento politico e
sociale ben più ampie di quelle che ci è dato di cogliere nelle sue
parole».
Per
ragioni di cautela, l'ambiente delle Donne
curiose
è posto a Bologna. Ma quale capo delle riunioni massoniche - che per
la loro segretezza suscitavano la curiosità delle mogli - Goldoni
scelse un tipico personaggio veneziano: Pantalone de' Bisognosi,
incarnazione del borghese operoso e di buon senso. Ed è proprio a
Pantalone che sfuggono le battute in cui guizza lo spirito della
fratellanza, come quando afferma: «no xe la nascita che fazza el
galantuomo, ma le bone azioni» (atto II, scena 13). La maggiore
preoccupazione del Goldoni era quella di ridimensionare le voci che
circolavano sulla massoneria. Macché alchimia, macché lapis
philosophorum, come insinuava una delle «donne curiose»! macché
riti iniziatici, quali se li aspettava un neo-ammesso. La commedia
vuole appunto sfatare questo pregiudizio, dimostrando l'innocenza del
segreto massonico. A questo proposito sono significative le parole di
Brighella, che concludono infatti la commedia. In questi termini lo
scanzonato servitore giustifica l'avere introdotte le donne nella
loggia:
- Signor sì, le ho introdotte nella loggia per questo. Una diseva che qua se zoga, e se rovina le case; l'altra che vien donne cattive e se maltratta la reputazion; una voleva che se fasse il lapis philosophorum; l'altra che se cavasse un tesoro. Ste cose in bocca alle done le impeniva in poco tempo el paese e per levarghele dalla testa el dir no, non bastava, el giera gnente e no rimediava. Bisognava sincerarle, bisognava che co so occhi le vedesse, le sentisse e le se cavasse dal cor sta maledetta curiosità. Le ha visto, le ha sentio, non le sospetterà più, no le starà più curiose.
Goldoni
mette in bocca alla servetta Rosaura le parole della bolla di
Clemente XII: «Se non vogliono che si veda, vi sarà qualche cosa di
brutto» «Nisi enim male agerent, tanto nequaquam odio lucem
haberent».
Proprio
quando venivano presentate sulla scena Le
donne curiose e
venivano pubblicati
I liberi muratori, di
Griselin si scatenò una polemica vivacissima fra Goldoni e l'ex
gesuita Pietro Chiari, appoggiato quest'ultimo dal patrizio veneziano
Antonio Condulmer, che, pochi mesi dopo, sarà nominato inquisitore
di stato.
La
prima loggia milanese
L'esistenza
di una loggia a Milano nel 1735 viene affermata da Findel; al 1737
invece la fanno risalire Lambert, Maruzzi ed altri ancora. E in
quella data si riferisce anche l'estensore della voce «Italien»,
nell'Allgemeines Handbuch der Freymaurerei. Non esistendo alcun
documento, non solo per individuare la data precisa, ma nemmeno per
accertare l'esistenza di questa loggia, riesce difficile ricostruire
fatti certi. È però probabile - dato anche l'accordo tra fonti così
diverse- che anche in Lombardia, come nel Veneto, esistessero nuclei
latomistici o singoli massoni, più o meno organizzati tra loro;
nuclei che si componevano e si disfacevano a seconda delle
circostanze e della presenza dei «fratelli», che per lo più
dovevano essere stranieri.
Il
primo documento che ci conferma l'esistenza di una organizzazione
latomistica in Lombardia è costituito dalle carte di un processo
intentato dalle autorità politiche contro i componenti di una loggia
a Milano, nel luglio del 1756. Dai documenti rimasti risulta che in
una data non precisata, ma probabilmente di poco anteriore al 1756,
venne istituita una loggia da un certo Pierre
Georges Madiott, il
quale sottoposto, insieme agli altri «fratelli», ad un'inchiesta
giudiziaria, venne considerato dal senatore Gabriele
Verri,
presidente del collegio giudicante, come «il principale, e quasi può
dirsi unico introduttore di questa combriccola in Milano». Si
trattava in realtà di un ginevrino «noto artefice d' orologgi in
questa città, e più noto calvinista». Quest'ultima qualità aveva
già destato lo scandalo presso le autorità ecclesiastiche e civili.
Madiott, che doveva eccellere per le sue doti di artigiano, aveva la
bottega e l'abitazione nel centro della città e, sia lui che la
moglie ed i figli, affermavano la loro fede religiosa, professando il
culto calvinista. Ma questo, anche nell'anno di grazia 1756 e sotto
l' illuminato governo di Maria Teresa, costituiva agli occhi dei
benpensanti e dello stesso Gabriele Verri una grave colpa, tanto che
il senatore si faceva interprete presso il governo del grave
rammarico accusato dal padre Inquisitore «il di cui zelo vorrebbe
svelta dal suolo insubro una sì perniciosa radice». Madiott,
calvinista ed abile artigiano, era venuto da Ginevra per propagare
l'arte reale in Lombardia e aveva come collaboratore nell'attività
massonica un concittadino, tale monsieur
Moussard,
negoziante a Torino, il quale ad un certo momento assunse la carica
di venerabile della loggia. I due svizzeri trovarono un ambiente
abbastanza favorevole, poiché in breve tempo fecero numerosi
proseliti di varia estrazione sociale. È probabile che la loggia,
fondata dal Madiott e da Moussard, entrambi borghesi e protestanti,
fosse una loggia inglese. Ad essa aderirono elementi locali, che in
parte erano già stati iniziati in patria o altrove ai segreti della
libera muratoria. Tra questi va quasi certamente annoverato l'abate
Pavesi,
così descritto nel rapporto di polizia: «di statura piccola,
piccato da' vaioli, naso piuttosto largo, capigliatura scura; fa il
maestro di francese, ed è venuto avanti qualche mese da Londra».
Era membro della loggia anche un altro ecclesiastico, padre
Francesco Sormani,
monaco celestino e lettore in San Pietro Celestino. Questi due
appartenenti alla loggia, entrambi arruolati da un certo Flaminio
Zanoni,
facevano
probabilmente parte di quegli ecclesiastici inquieti, i quali,
provenendo dal terzo o dal quarto stato, trovavano nel clero una
possibilità di ascesa sociale, alimentando però nel loro cuore un
più o meno celato spirito di rivolta. L'elemento forse più
interessante di tutto il gruppo, così descritto nel solito rapporto
di polizia:
- di statura mediocre, d'anni circa trenta, capigliatura bionda, faccia lunga, portava un vestito nero e cappello con pennacchiera bianca; tiene qualche carica appresso la città nell'offizio che si trova nella piazza de' Mercanti sopra il collegio de' Notari.
A
questi si aggiungono alcuni elementi provenienti dalle file della
nobiltà, come il marchese
Ottaviano
Casnedi e il giovane conte Alari, che era diventato massone a Napoli
nel 1751, nella loggia borghese presieduta dal principe di Calvaruso
e poi dal negoziante Larnage; come il conte Giuseppe Castelbarco,
membro di una famiglia legata a filo doppio con la massoneria e la
cui sorella, contessa Teresa, fu protettrice del poeta fiorentino
Giuseppe Cerretesi, da noi già ricordato come compagno di sventura
di Tommaso Crudeli. Fanno inoltre parte della loggia milanese il
conte Carlo Belgioioso, il cavaliere Melzi e il dottor Vincenzo
d'Adda.
Un
cenno a parte merita l'affiliazione del marchese Francesco Carpani,
economista geniale e riformatore ma strenuo avversario dei giovani
che si raccoglievano nell'
Accademia dei Pugni.
Carpani era avversario soprattutto del Beccaria e di Pietro Verri,
che, nondimeno, ebbe per lui parole d'elogio e di ammirazione. A
questi affiliati cittadini si aggiunse ad un certo momento, ed in
misura preponderante, l'elemento militare della guarnigione
austriaca. Da documentazione esistente saltano fuori i nominativi di
una ventina d'ufficiali, implicati nella vicenda; ufficiali che
rivestono i vari gradi dall'alfiere e dal sottotenente, al capitano
al colonnello e addirittura al generale Joseph Esterhazi,
proprietario del reggimento da lui comandato. Gli ufficiali, di
nazionalità austriaca, ungherese e svizzera, appartenevano in
maggioranza al reggimento Wettis, ma alcuni anche ai reggimenti
Pallavicini, Giulay, Forgatz, Mery, Andrassy, Palfy e alla Guardia
del duca di Modena che era allora governatore della Lombardia. Questa
diffusione della libera muratoria fra i vari reggimenti della
guarnigione austriaca ci dimostra quanto dovesse essersi affermata
negli eserciti imperiali. Del resto abbiamo già notato come la
massoneria avesse messo le radici a Napoli proprio con l'arrivo delle
truppe di Carlo VI. Tale diffusione si realizzava nonostante i
divieti dell'imperatore, ribaditi da Maria Teresa che nel 1743 aveva
provveduto a sciogliere manu militari una loggia in Vienna, facendone
arrestare i membri, appartenenti per lo più all'alta aristocrazia
austriaca. Se furono dopo poco prosciolti da ogni accusa, è
probabile che ciò avvenisse anche per intercessione del marito
imperiale, il «fratello Lorena». Terminato il processo tutti gli
implicati furono costretti ad abiurare la loro appartenenza alla
massoneria davanti alle autorità ecclesiastiche. Gli arrestati
vennero, nell'ottobre stesso, rilasciati, quando già da tempo era
stato tolto l'arresto agli ufficiali. Il monaco Sormani e l'abate
Pavesi furono però condannati all'esilio, dal quale vennero
richiamati nel gennaio del 1757. In quel tempo, buon ultimo, uscì di
prigione anche Madiott, che venne definitivamente espulso dalla
Lombardia, soprattutto per insistenza delle autorità locali che non
potevano tollerare «nel centro di questa stessa città un pubblico
ostinato Calvinista, ….Quando Madiott, più di tre anni dopo,
chiese un salvacondotto per tornare a Milano a riscuotere certi
crediti, il conte Verri dette parere sfavorevole.
L'intera
vicenda si concluse con un editto emanato dal governatore della
Lombardia austriaca, il duca Francesco di Modena, emesso in data 6
maggio 1757, editto che vietava severamente le riunioni massoniche in
tutto il territorio dello Stato. L'editto, redatto dalla stessa
commissione d'inchiesta, era stato ricalcato su quello promulgato da
Carlo III a Napoli nel 1751, considerato come valido precedente nella
repressione antimassonica. L'organizzazione massonica di Milano, con
questo processo, subì un grave colpo ma non tale da recidere tutti i
legame organizzativi sopravissuti in segretezza e clandestinità i
quali riaffiorarono nella mutata condizione politica e culturale di
due decenni dopo con l'affermarsi, sotto l'egida di Giuseppe II,
della nuova generazione dei riformatori lombardi. Illuminante a
questo proposito il contrasto fra padre e figlio, fra Gabriele e
Pietro Verri. Ritroveremo allora, nella rinata loggia massonica
alcuni nomi incontrati nelle precedenti pagine. È degno di nota che
a Milano, più che a Firenze, a Napoli ed a Venezia, la massoneria
acquistasse un più deciso contenuto protestatario, laico,
patriottico, con inclinazioni repubblicane e cosmopolite legate alla
comunanza dei vari ceti sociali, oltre all'unione fra cattolici e
calvinisti, tanto temuta dalla Chiesa romana.
I
liberi muratori a Genova
Nel
1747 il vescovo di Ventimiglia pronuncia una accorata pastorale
pronunciata per denunciare il costante diffondersi della libera
muratoria ed accennava al fatto che «in un luogo non molto lantano
da noi... nella loggia dei Francs Maçons» si era mangiato carne nel
primo venerdì della quaresima. Cosa significava? All' interno delle
logge non ci si curava dei precetti cristiani!
Cosa
sappiamo della massoneria ligure? Dalla deposizione del capitano
Beniamin Obbel, del reggimento Giulay, di religione luterana,
arrestato a Milano nel 1756, perché massone, sappiamo che egli era
stato iniziato all'ordine nel 1745 proprio a Novi
Ligure
in una loggia tenuta da alti ufficiali tedeschi ed ungheresi, e che
era intervenuto all'adunanza di un'altra loggia a Bordighera.
A
Genova, fino dal 1747-49 esistevano almeno due logge, sorte
probabilmente anche qui per iniziativa di un colonnello delle truppe
francesi, accorse in aiuto della Repubblica, durante la guerra di
successione austriaca. Queste logge, per sfuggire alle accuse della
Chiesa di sovversivismo politico e d'eresia, avevano ad un certo
momento assunto la fisionomia di una società sorta - per dirla con
Antonio
Ludovico Muratori -
«in una invenzione di darsi bel tempo». Perciò, data la scomunica
di Clemente XII, aveva abbandonato il nome di libera muratoria per
assumere quello di
Compagnia della Felicità.
Il nome e il cerimoniale era ricalcato su un'analoga associazione
massonica, sorta in Francia, a Parigi nel 1742-43 con il nome di
Ordre de la Félicité, cui erano ammesse anche le donne mentre si sa
che la massoneria era fortemente misogina. Se questo aspetto mondano
e il fine edonistico, simboleggiato dalla navigazione verso le isole
della Felicità, coprissero anche in Francia una organizzazione
segreta, non è dato di conoscere con esattezza. Dagli informatori di
polizia veniamo a sapere che si trattava di due compagnie di persone
civili, composte di huomini e donne, quali si radunavano... in due
diverse case situate in luogo remoto, nella strada di San Giacomo di
Carignano a tergo del noviziato de' Gesuiti e più in là della
Pietra Sagrata, oltrepassata un'immagine della Madonna.
Gli
informatori dettero in quella circostanza anche i nomi di alcuni
aderenti. La Repubblica di Genova, temendo il sorgere di
un'associazione politica, volle vedere chiaro in questa faccenda, e
approfondì le indagini. Si venne così a conoscere che la libera
muratoria era stata introdotta a Genova da un colonnello francese e
che la loggia era frequentata da un altro ufficiale «certo Guidoboni
al servizio del re di Napoli» e si seppe anche lo svolgimento delle
varie cerimonie ed i rituali, ricalcati - almeno in parte - su quelli
massonici, con l'applicazione della terminologia marinaresca, come ad
esempio la sostituzione dei gradi di apprendista, compagno e maestro,
con quelli di mozzo, capitano e ammiraglio. Inoltre un informatore
narrava:
- ... si radunavano uomini e donne, tutti civili, e si trattenevano in divertimenti: dopo i divertimenti si smorzavano i lumi, stando ogni huomo con la sua signora, e si trattenevano coi lumi spenti per alcun tempo. Poi, riaccesi i lumi, uno andava attorno ai congregati per raccogliere denaro.
Accanto
a queste due compagnie della Felicità, esisteva anche una Compagnia
della Stella, che pure ammetteva le donne ed era composta di
ufficiali francesi e cittadini genovesi, i quali avevano servito
nell'esercito francese. Infine esisteva una quarta compagnia, che
aveva come emblema la cazzuola muratoria. Questo utensile d'argento
era stato presentato al giudice inquisitore da «Domenico Repetto
Andrea, praticante dell'Ospedale degli incurabili», il quale
dichiarò di averlo avuto «da un anno e circa in Firenze da persona
che in una osteria ne aveva da circa trenta, e crede essere di
nazione tedesco». Gli Inquisitori di Stato, allarmati fino dal 1748
per il fatto che «molti ugonotti tengono frequenti secretissime
adunanze fra loro con cabale perpetue», ritenendoli liberi muratori,
si preoccuparono di questo dilagare della massoneria anche in Liguria
non tanto per il contravvenire ai divieti pontifici, quanto per un
latente pericolo rivoluzionario che un'associazione segreta poteva
rappresentare per lo Stato. Pertanto nelle direttive ai Serenissimi
Signori sottolineavano «che vi hanno - in questa associazione da
loro individuata - nomi di persone di diverse classi, Forastieri e
Cittadini, Ufficiali a servizio di V.S. Ser.me ed anche qualche
Patrizio». Per questo si raccomandavano che «la cosa fosse
maneggiata con efficacia bensì, ma insieme col minor strepito e con
dovuta cautela». Analoga cautela raccomandò la Signoria al
Magistrato di Stato, che immediatamente proibì queste riunioni,
sequestrò gli emblemi reperiti, ammonì gli iscritti e qualche
forestiero venne anche espulso: nessun altro provvedimento fu preso
contro i liberi muratori di Genova. Il fatto più significativo di
questa vicenda è una lettera che il vescovo di Sarzana, il barnabita
monsignor Della Torre, scrisse in confidenza al Magnifico Agostino
Gavotti, il 12 marzo del 1752, allegandovi, a quanto sembra, la copia
di un documento assai interessante. Nella lettera, che fu comunicata
al governo, il vescovo fra l'altro affermava:
- ho sentito leggere un foglio contenente alcune pretese massime dei liberi muratori, che si dicono palesate da un confratello moribondo in Napoli. In sostanza contengono la mira di sottrarre il genere umano alla dipendenza dal Principe e dal Sacerdozio, come due Podestà incompatibili colla libertà nella quale Dio ha creato l'uomo. Se fosse vera l'esistenza reale di questa setta appoggiata a simili massime, crederei che fosse impegno d'ogni Principe invigilare perché non si radicasse nello stato.
È
questo - le strabilianti rivelazioni in punto di morte fatte da un
massone napoletano - un motivo che appare qui per la prima volta, ma
che ricorrerà periodicamente nella propaganda antimassonica della
Chiesa, non solo durante la seconda metà del secolo XVIII, ma anche
in tutto il corso del secolo successivo. Non è stato possibile
reperire, nell'Archivio di Stato di Genova, né la lettera del
vescovo di Sarzana e nemmeno il documento citato da Levati;
evidentemente si tratta di un documento la cui esistenza è stata
trasmessa in seguito a testimonianze orali.
Certo
è che, come col processo Crudeli a Firenze nel 1739, così anche a
Genova nel 1762, l'Inquisizione subì una grave sconfitta da parte
dell'autorità dello Stato, proprio a causa dei liberi muratori certo
è il fatto che, da allora mai più, il padre Inquisitore interferì
nelle faccende della massoneria genovese la quale continuò a
sopravvivere come vedremo anche in seguito.
Le
origini della massoneria in Piemonte
La
preistoria della massoneria piemontese è avvolta dal misteroe anche
con il probabilismo storico non s riesce a costruire anche perchè
mancano anche fonti letterarie indirette o racconti.
Il
16 giugno 1737, Lorenzo Diodati, agente della Repubblica di Lucca,
presso il Granduca di Toscana, scrivendo al suo governo intorno ai
liberi muratori di Firenze e lamentando la scarsità di notizie sulla
loro società «a causa del loro strettissimo giuramento»,
aggiungeva:
- ho inteso, però, che quando fu tentato d'introdurla a Turino, fosse scoperto che tenevano li seguenti tre perversi principj, cioè che l'usare carnalmente colle donne non fosse peccato; che non è necessaria la confessione, bastando la contrizione per rimettersi in grazia e che si può mangiar carne il venerdì e il sabato.
Un
autore francese, nel 1744, affermava che esisteva «ad Avignone una
loggia, a Torino in Piemonte una loggia. Ve ne erano pure alcune
altre in Italia». Nella Relazione
della Compagnia de' Liberi Muratori,
che è del 1746, Angiolieri Alticozzi narra un episodio di schiamazzo
notturno causato dai «fratelli» avvinazzati partecipanti ad un
banchetto «nella principal loggia di Turino».
Benedetto
XIV scrivendo a Carlo III di Napoli a proposito del diffondersi dei
massoni in
Italia,
il 17 agosto del 1751, diceva «purtroppo vi è qualche riscontro che
[anche nel Regno di Sardegna] si ritrovi qualche canaglia». Si
tratta comunque anche qui di notizie non documentate, che dimostrano
la probabile esistenza di sporadici gruppi latomistici, senza una
precisa organizzazione, come giustamente suppone Pericle Maruzzi, nel
suo poderoso lavoro sulla massoneria piemontese nel '700.
La
prima loggia organizzata, di cui sia documentata l'attività, nel
Regno di Sardegna è una loggia
di Chambery, fondata dal conte Francesco de Bellegarde nel 1749.
Joseph François Noyel de Bellegarde, marquis des Marches, gentiluomo
di camera di Carlo Emanuele III, militava nelle file della libera
muratoria fino dal 1739, in quell'anno infatti la gran loggia di
Londra, nella persona del Gran Maestro lord Robert Raymond, gli aveva
rilasciato una patente di Gran Maestro per la Savoia ed il Piemonte.
Di tale titolo il Bellegarde si valse per fondare a Chambery, nel
1749, una loggia dal nome Saint Jean des trois Mortiers, che nel 1752
diventerà Grande Maîtresse Loge aux trois Mortiers con la facoltà
di creare altre logge in tutti i territori del Regno di Sardegna.
Nel
1753 il marchese de Bellegarde lasciò la Grande Maestranza
conservando il titolo onorifico di Gran Maestro Provinciale, che gli
rimarrà fino alla morte, avvenuta nel 1759. Gli successero nella
carica vari altri Gran Maestri fino all'anno 1765, allorché sotto la
guida, prima del Des Maisons e quindi di Jaume de la Valette «ancien
capitaine d'Infanterie au service de la France», la loggia di
Chambery, valendosi della sua facoltà, cominciò a creare altre
logge, civili e militari, nel Regno di Sardegna. Sorse così nel
gennaio di quell'anno la loggia del reggimento di fanteria «Savoia»;
a luglio quella intitolata «La Vraie Amitié» a Rumilly e infine
nel dicembre la loggia «La Mystérieuse» di Torino.
La
loggia di Chambery, come era ovvio, subiva l'influenza della vicina
Francia, dove, la libera muratoria aveva assunto un carattere
aristocratico e mondano, praticando altresi gli alti gradi, come del
resto già facevano i «fratelli» del Regno di Napoli, anche essi
sotto l'influenza francese. Così, oltre ai tre gradi simbolici della
massoneria inglese, nel Regno di Sardegna le logge conferivano anche
altri tre gradi:
4.
Excellent Écossois oppure Maître Écossois;
5.
Puissant Écossois oppure Élu des Neuf;
6.
Chevalier d'Orient.
Tali
gradi s'ispiravano alla vicenda che si sarebbe svolta dopo la
uccisione di Hiram in vista di recuperare i segreti perduti per la
ricostruzione del Tempio di Salomone e, più che conferire un vero e
proprio insegnamento esoterico, accontevano e solleticavano, con
l'elevazione gerarchica, le ambizioni dei nobili associati. Questi
alti gradi comunque, complicavano con i loro rituali la sostanza del
primo programma massonico. Chambéry era dunque diventato un centro
latomistico di notevole importanza, non per nulla la
capitale
della Savoia figurerà nell'itinerario di Giacomo Casanova. E da
Chambéry, intorno al 1765, la libera muratoria si diffonde nel Regno
di Sardegna. Questo sciamare massonico coincide con il ritorno in
patria degli ufficiali, militanti nei vari eserciti d'Europa durante
la guerra dei sette anni. Difatti molti ufficiali italiani erano
stati iniziati alla massoneria proprio nel corso di quel conflitto,
aderendo alle numerose logge reggimentali, che, oltre ad offrire
occasioni d'incontri, di spasso e di bisbocce, offrivano anche,
nell'eventualità di una cattura, la possibilità di un trattamento
migliore da parte dei «fratelli» militanti nel campo opposto. Si
pensi a quanto narra in proposito
Carlo Gorani,
al quale l'appartenenza alla libera muratoria consentì di passare
allegramente la prigionia di Tilsitt. A dicembre del 1765 fu fondata
la loggia torinese «Saint Jean de la Mystérieuse». Il nome stesso
sembra alludere alle difficoltà in cui si trovavano ad operare i
«fratelli» torinesi, poiché, mentre le logge militari dislocate
nei vari centri dello Stato e la loggia di Chambery, situata ai
margini del Regno potevano liberamente prosperare, a Torino invece,
nella capitale, la vicinanza della corte e soprattutto quella del
vigile cardinale Delle Lanze costringeva i liberi muratori a celare
il più possibile la loro attività e questo perché, generalmente,
come osserva Pericle Maruzzi, i nomi delle logge denunciavano le
aspirazioni, i desideri, i gusti di chi le fondava, ed erano quasi
sempre sentimenti in contrasto con le reali condizioni morali e
sociali dell'epoca: Veri Amici, Sincerità, Candore, Prudenza, Unione
perfetta o sincera, Fedeltà, Armonia, Verità, Silenzio, Costanza,
Discrezione, Filantropia, Concordia, Saggezza ed altri nomi del
genere erano, insieme con quelli di molti santi, titoli comunissimi
delle logge sin verso il 1770; dopo quell' anno i «fratelli»
cominciano a preferire titoli che risentono le teorie
filosofiche-religiose alla moda: Eguaglianza, Contratto Sociale,
Beneficenza, Uomini Liberi, Umanità, ... Anche a Torino, come a
Chambéry, la loggia era costituita in grande prevalenza da nobili.
Dal Tableau del 1768 - in cui troviamo il nome del conte Michele
Benso di Cavour, avo di Camillo - risulta che la loggia era composta
di 23 patrizi, fra cui soltanto 5 non erano militari, e da 4
borghesi: un architetto, Castelli; un musicista, Gaetano Pugnani,
primo violino della Cappella del re; un banchiere, Donaudi; un
negoziante, Vigna. E lo scozzesismo? Vi era anche altro ad
interessare i liberi muratori torinesi: lo studio delle scienze
occulte e la pratica di un certo misticismo esoterico ma in quale
periodo questo avvenisse non è dato saperlo con esattezza.
Conclusioni
Dopo
il periodo della messa al bando dell' ideologia massonica e dopo una
serie di processi dovuti all' idea della pericolosità del segreto
massonico, conclusione a cui era arrivata la chiesa ma anche il
potere laico, le logge, nella seconda metà del Settecento, si
ricostituirono ma il tempo delle grandi idealità era concluso. L'
idea del gruppo eletto però si trasferì, in parte, nel romanticismo
risorgimentale di fine Settecento per poi diluirsi in un fenomeno
esclusivamente finalizzato alla conquista del potere, dell' economia
e della finanza che oggi ritroviamo marginalizzato. Ma è davvero
marginalizzato o il trionfo massonico seguito alla Gran Loggia di
Londra è ancora presente? Ancora oggi siamo a interrogarci. La
scoperta della P2 e la Commissione d' inchiesta presieduta da Tina
Anselmi, la quale aveva previsto la P3 e la P4, ci devono far
riflettere molto senza abbassare mai la guardia poiché oggi è
innegabile che la massoneria ha perso definitivamente la sua capacità
di agire per il progresso mantenendo e sviluppando la vocazione
esclusivamente verso l' interesse personale. Attualmennte
l'attenzione sulla massoneria conosce un interesse rinnovato e molti
pensatori, magistrati e giornalisti pensano che diedro la grande
finanza la quale tiene in scacco i governi, ci sia la massoneria!
Naturalmente non riusciremo a sapere con esattezza se c' è o no
poiché l' appartenenza vera alla massoneria è segreta e fa ridere
quando un giornalista chiede a un personaggio pubblico: è vero che
lei è massone? Certo non ci rassicura il sentire rispondere di no
poiché il no non corrisponde necessariamente alla verità. Quello
che certo e chiaro è il fatto che oggi il vero potere non è
visibile ed è occulto allora interrogarsi e conoscere la storia
della massoneria è indispensabile perchè la massoneria ha avuto l'
ambizione di essere il partito segreto e progressista del settecento.
E' ragionevole pensare che questa smisurata ambizione di occupare il
potere si sia esaurita e conclusa? La storia recente ci dice di no!
Quali sono i campanelli d' allarme? Il fatto che tutto il potere vero sia invisibile e che c' è una rinnovata e pericolosa misoginia! Lorenza Cervellin
Quali sono i campanelli d' allarme? Il fatto che tutto il potere vero sia invisibile e che c' è una rinnovata e pericolosa misoginia! Lorenza Cervellin
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