venerdì 22 giugno 2012

Appunti di macroeconomia

CERVELLIN LORENZA
APPUNTI DI MACROECONOMIA: KEYNES, POLITICHE KEYNESIANE E NEW DEAL -nuovo corso- PROSPETTIVA SOSTANTIVISTA: Karl Polanyi
Le affermazioni contenute in questo saggio impegnano esclusivamente l' autrice Questo materiale scientifico potrà essere utilizzato solamente previa autorizzazione dell' autrice del testo (Legge speciale 22 aprile 1941, n. 633)
Il 18 gennaio 1919, dopo la fine della prima Guerra Mondiale, a Versailles, iniziarono i lavori di definizione dei trattati di pace che dureranno un anno e mezzo. In base all' art. 231, la Germania fu considerata responsabile morale della guerra e sottoposta a severe limitazioni territoriali e militari nonché al pagamento di forti riparazioni pecuniarie.Per stabilire l' entità delle riparazioni venne costituita una commissione di cui faceva parte John Maynard Keynes -Cambridge, 5 giugno 1883 – Tilton, 21 aprile 1946, consigliere economico della delegazione britannica il quale, nel 1921, presentò le dimissioni fortemente amareggiato a causa dell' entità delle riparazioni, secondo lui abnormi, imposte alla Germania.Keynes scrisse un libro: Le conseguenze economiche della pace nel quale prevedeva conseguenze disastrose per l' intera Europa nel caso non si fossero riviste le clausole del trattato, teoria che lo sottopose a moltissime critiche ma che poi si rivelò profetica confermandolo come l' osservatore delle cose economiche e finanziarie più influente del mondo occidentale.


Nel 1936 Keynes fece un importante sforzo di sistemazione teorica delle trasformazioni in corso in campo economico e finanziario, raccolte nel volume: Occupazione, interesse e moneta: teoria generale, che aprì un capitolo nuovo nel campo della scienza economica. Keynes fu forse l' ultimo studioso di economia a vedere quello di cui scriveva perchè la circolazione delle merci era visibile e la stampa di cartamoneta era legata al gold standard. Nel 1944, presso Bretton Woods, New Hampshire, si riunì la conferenza finanziaria internazionale di 45 paesi, che sancì la nascita dell'Organizzazione Internazionale per il Commercio (ITO) della Banca Mondiale (BIRS) e del Fondo Monetario Internazionale (IMF). Il sistema valutario internazionale venne così plasmato sulla supremazia politica, economica e militare degli USA e decretò la centralità del dollaro, convertibile in oro (tranne che per i cittadini statunitensi), al quale tutte le altre valute dovevano rapportarsi in un regime di cambi fissi, ancora una volta molto sopravvalutati rispetto al loro reale potere d'acquisto. Questa artificiale sottovalutazione del dollaro spinse per almeno 20 anni le esportazioni americane e permise alla FED di inflazionare la propria moneta a ritmi vertiginosi. Il dollaro, non più l'oro, divenne la riserva di valore custodita e accumulata dalle diverse Banche Centrali. I padri fondatori di questo sistema furono considerati l'inglese J. M. Keynes e l'americano H. D. White.
Cosa era successo fra gli anni 1921 e 1936? Provo a riassumerlo sinteticamente.I trattati di pace, sottoscritti dopo la I° guerra mondiale non tennero conto delle nuove difficoltà economiche a causa dell' ottimismo liberale e liberalista che aveva una fiducia esagerata nel laissez-faire che provocò: 

crescita del nazionalismo economico con rinnovate politiche neo-protezionistiche problemi monetari e finanziari con fasi di inflazione dovuta a un generale e continuo aumento dei prezzi di beni e servizi in un dato periodo di tempo con una diminuzione del potere d' acquisto della moneta.
Nel 1923 scoppia la crisi inflattiva tedesca: il 15 novembre 1923 il marco valeva meno della carta su cui era stampato per cui venne temporaneamente sostituito ma tutta l' Europa sentì la crisi e i governi furono costretti a rivedere il diktat. Nel 1925 la Gran Bretagana decise il ritorno al gold standard che era stato accantonato negli anni successivi la I° guerra mondiale.Dal 1924 al 1929 sembrò che si potesse tornare alla normalità, perlomeno in Europa ma lo sconquasso economico arrivò dagli Stati Uniti i quali, spontaneamente, facevano affluire fondi in Germania e in Francia, non per bontà ma per tenere attivo un mercato estero dove vendere i propri prodotti.
Come si può sintetizzare la storia economica degli Stati Uniti? Un forte consumo interno, il Sudamerica ridotto a colonia, una forte esportazione e l' economia bellica della prima Guerra Mondiale caratterizzarono l' economia degli Stati Uniti per cui, a grandi linee, si può parlare di cammino verso le diseguaglianze, vero paradosso in un contesto dove vige il principio democratico dell' eguaglianza che nel tempo si trasforma, meno utopisticamente, in principio di diseguaglianza accettabile. Tra la fine del Settecento e il periodo del New Deal si mise in atto un processo di concentrazione della ricchezza che cozzava contro il mito democratico e della Frontiera di cui si nutriva l' America, autodichiaratasi equalitaria e generosa, immagine consegnataci dalla Dichiarazione d' indipenza degli Stati Uniti d' America del 1776. Nella realtà si era formata una società dominata da una aristocrazia del denaro accomunata dalla volontà di raggiungere enormi ricchezze personali: i Vanderbilt, i Rockfeller e poi i kennedy, società studiata da John Rawls, (Baltimora, 31 febbraio 1921 – Lexington, 24 novembre 2002), un filosofo statunitense, figura di spicco della filosofia morale e politica, professore universitario di Harvard, titolo riservato a pochissimi, il quale elaborò la sua teoria della giustizia sociale valida e auspicabile ancora e soprattutto oggi.Il 24 ottobre del 1929, giovedì, questa società fu costretta a subire un trauma molto violento in occasione del giovedì nero della storia economica americana quando la borsa fu investita da un ondata di vendite da panico che fece crollare i prezzi dei titoli e cancellò milioni di dollari che esistevano solo sulla carta seguito dalla seconda ondata di vendite, martedì, 29 ottobre 1929.La crisi economico-finanziaria americana ebbe ripercussioni tragiche anche in Europa alla quale vennero a mancare i capitali americani generando un atteggiamento psicologico che influì nelle scelte politiche favorendo i totalitarismi.Negli anni 1930, 1931 e 1932, l' America continua a essere interessata a una situazione di crisi molto grave con la caduta della produzione al 50% e una crescente e preoccupante disoccupazione.IL NEW DEALNel novembre del 1932, dopo 3 anni di crisi economica , l' America era prostrata e in preda all' angoscia e alla insicurezza quando, dopo il repubblicano Hoover, viene eletto alla Presidenza degli Stati Uniti, il democratico Franklin Delano Roosvelt già governatore di New York, abilissimo ed efficace politico in quanto, i suoi pensieri, si concentrarono veramente verso il bene comune.E' utile ricordare che Roosvelt non si presentò candidato con un programma economico definito ma il suo punto di forza consisteva in una straordinaria capacità comunicativa che gli permise di instaurare un rapporto di fiducia con le “masse” dando l' impressione, attraverso la radio, di comunicare direttamente con loro tramite “chiacchierate e incontri periodici davanti al caminetto”.A marzo 1933, nel discorso inaugurale della sua presidenza, F. D. Roosvelt, annunciò il New Deal (nuovo patto o nuovo corso), come strumento etico, sociale ed economico che avrebbe caratterizzato la nuova politica sociale ed economica statunitense.Caratteristica principale di questo nuovo corso fu l' energico intervento dello stato nei processi economici e la stretta associazione fra l' obbiettivo della ripresa economica e gli elementi della riforma sociale, un tentativo di unire etica ed economia.Il New Deal fu avviato nei primi mesi di presidenza; i cosiddetti “cento giorni” caratterizzati da provvedimenti di emergenza:ristrutturazione del sistema creditizio dopo 5000 fallimenti bancarisvalutazione del dollaro per rendere competitive le esportazioniaumento dei sussidi di disoccupazione e prestiti per consentire di pagare le ipoteche sulle case
Dopo questi interventi di emergenza si improntarono provvedimenti più originali:


  • limitazione della sovrapproduzione agricola Aaa con premi in denaro per chi limitava coltivazioni e allevamenti
  • leggi per eliminare la concorrenza troppo accanita fra le imprese -NIRA- con codici di comportamento, accordi sulla produzione e sui prezzi e tutela dei salari
  • istituzione della Tenessee valley, ente authority, che sfruttava le risorse idroelettriche producendo energia a buon mercato per gli agricoltori e per la sistemazione del territorio e alla conservazione della natura

Nel 1934 c' erano ancora 11 milioni di disoccupati per cui il governo varò vasti programmi di lavori pubblici finalizzati al potenziamento della domanda interna mediante l' espansione della spesa pubblica. Nel 1935 si varò una riforma fiscale e una nuova legge sulla sicurezza sociale. Pensioni di vecchiaia, assistenza ai bisognosi e, fatto molto importante, vennero favorite e incoraggiate le attività sindacali e promosso il diritto dei lavoratori alla contrattazione collettiva. 
Nel 1936 la Corte Suprema dichiarò incostituzionali le riforme NIRA e Aaa.
Nel 1936 Roosvelt fu rieletto e ripresentò, con lievi modifiche, le riforme bloccate. E' bene ricordare che Roosvelt non riuscì a conseguire la piena occupazione e che, la completa ripresa economica, avvenne solo negli anni della seconda guerra mondiale con la produzione bellica e post-bellica. In generale, i governi, come nel caso americano, potenziarono l' intervento statale, seguendo linee di condotta empiriche elaborate per fronteggiare le emergenze del momento. 
All' inizio fu Keynes a dare forza di teoria al vuoto drammatico di regole, studi, osservazioni rivelatosi in economia, dagli anni '20 agli anni '30 del '900, osservazione ed elaborazione teorica, poi diventata dottrina, che avveniva parallelamente ai provvedimenti empirici di Roosvelt. Già negli anni '20 del '900 Keynes si era distinto per la sua osservanza dogmatica dei principi liberisti e la crisi del 29 gli fornì gli strumenti per confutare alcune proposizioni fondamentali della teoria economica classica, in particolare al mito dell' autoregolazione, in base al quale, il mercato, tende spontaneamente a produrre l' equilibrio fra domanda e offerta e a raggiungere la piena occupazione delle unità umane disponibili secondo i principi del Laissez faire.Keynes osservò che i meccanismi spontanei del capitalismo, la “mano invisibile” di Adam Smith, non erano in grado di consentire da soli una utilizzazione ottimale delle risorse e nella sua proposta dottrinaria non si orientò verso soluzioni socialiste o idealiste ma prospettò una serie di correttivi per rimediare all' instabilità capitalistica: 

  • no a politiche deflazionistiche: la deflazione, in macroeconomia, è una diminuzione del livello generale dei prezzi, l'opposto dell'aumento generale dei prezzi che si definisce inflazione. La deflazione non dovrebbe essere confusa con la disinflazione, che descrive semplicemente un rallentamento del tasso di inflazione 
  • allo Stato spetta il compito di accrescere il volume della domanda effettiva, aumentando la spesa pubblica
  • abbandono del mito bilancio in pareggio (in Italia raggiunto a fine '800 e poi vera ossessione di tutti i governi liberali dal ministro Sella in poi e anche del governo fascista con il ministro Volpi fino ai nostri giorni in cui si presume sia raggiunto nel 2013 a suon di tasse sui poveri
  • ricorso al deficit spending 

Dopo la fine della II guerra mondiale quasi tutti i governi occidentali si orientarono verso l' adozione dei suggerimenti diventati politiche economiche prevalenti di Keynes. Keynes osservò direttamente e analizzò l' economia in modo macro prendendola in considerazione sul piano nazionale studiandone tutti gli aspetti:manodopera, consumi, investimenti e produzione; un tipo di analisi economico-politica che considerava tutti i fattori aggregati dell' economia. Keynes auspicava un fondo monetario internazionale e permise di capire l' importanza dei tassi di sconto (in politica monetaria il tasso di sconto è il tasso di interesse al quale un istituto di credito, ad esempio una banca, paga i fondi monetari di breve durata direttamente alla banca centrale; chiaramente la banca non emetterà mai prestiti alla clientela e allo Stato con un tasso inferiore al tasso di sconto). Keynes e Roosvelt ebbero un ruolo importante nel fugare le paure di un crollo totale del sistema capitalistico dopo le crisi cicliche che lo avevano colpito, paure che portarono e diedero impulso anche a progetti economici basati sulla coercizione come nel caso dell' Unione Sovietica Stalinista.
PROSPETTIVA SOSTANTIVISTA: Karl Polanyi 
Negli anni 30 e 40 del '900 prende forma la prospettiva sostantantivista, una prospettiva materiale e non psicologica, che poi matura negli anni 50 del '900, il cui animatore è karl Polanyi -1866 – 1964-economista di origine ungherese, in Gran Bretagna nel 1933 e poi negli Stati Uniti nel 1940, il quale si produce in una decisa critica alla teoria economica classica, accusata di non dare centralità all' uomo: con Polanyi si parla di antropologia economica. L' obbiettivo di questo ricercatore era lo studio dei fenomeni economici considerato in relazione a quello delle forme di organizzazione sociale, al cui interno, tali fenomeni trovano la loro ragione di essere e non il contrario. Vediamo alcune tappe della sua vita e alcune delle sue opere.
1944: La grande trasformazione uno studio sulle istituzioni del capitalismo liberale e dei suoi rapporti con lo Stato
1947-53:  professore di storia economica alla Columbia University
1957: esce un saggio coordinato da Polany Traffici e mercati degli antichi imperi 
Quale era l' obbiettivo di Polany poi raggiunto? Dimostrare gli aspetti ideologici ed etnocentrici dei Formalisti e riproporre le economie definite arcaiche come oggetto di un sapere specifico per cui dotate di un profondo valore in sé, capaci di proiettare la loro utilità anche in epoca contemporanea. 
Polanyi rompe la dittatura della linearità storica evoluzionista-positivistica dimostrando che la  verità ideologica che ha per protagonista una forma economica ottocentesca giusta, unica e trionfante raggiunta dopo fasi di evoluzione certa dal baratto, metodo primitivo lasciato definitivamente alle spalle, all' unica economia del futuro, quella capitalistica moderna, è una costruzione senza base scientifica. Polanyi elaborò le sue importanti riflessioni seguendo la strada della scuola sociologica francese di Emile Durkeim e più specificatamente dagli studi messia punto da Marcel Mauss il quale, studiando gli antichi riti come ad esempio il Potladc degli indiani Kwakiutl, osservato da Franz Boas e il Kula delle isole Trobriand osservato da Malinowsky, pone l' attenzione sull' importanza del dono come modo di strutturare la società e porre le basi per i fenomeni di scambio, resi possibili da una rete di solidarietà creata proprio attraverso il dono, per mezzo del quale, si strutturano dei sentimenti di gratitudine e aspettativa, basati sul principio di reciprocità: Le società intere accettavano il rito e si ricreavano nelle loro dinamiche sociali, politiche, economiche e religiose, tutto questo, in un contesto fortemente intriso di moralità al punto che Mauss parlerà dello “spirito della cosa donata” e di “fatto sociale totale”. Polanyi metterà la “teoria del dono” al centro del suo sistema di reciprocità cioè un sistema che prevede una prospettiva economica preoccupata del benessere sociale. La critica alla teoria economica classica o standard che non mette al centro la persona si fa forte in Traffici e mercati degli antichi imperi saggio in cui Polanyi critica l' idea secondo la quale la ricerca e la massimizzazione dell' utile costituirebbero gli elementi peculiari e universali di tutte le pratiche economiche, mentre invece, il suo oggetto di studio diventarono le istituzioni e i processi organizzativi delle attività di produzione e lo studio del modo in cui questi processi si articolano, all' interno di contesti sociali differenti perchè la materia economica doveva essere studiata tenendo conto dei rapporti concreti fra uomo e ambiente. Polanyi dice dell' economico auspicabile: Un processo istituzionalizzato di interazioni fra l' uomo e il suo ambiente che si traduce in un continuo apporto di mezzi materiali, i quali consentono la soddisfazione dei suoi bisogni. In questa prospettiva l' economico è dipendente dalle variabili delle strutture sociali nelle quali si trova: Polanyi usa il termine embedded che significa imbracciato, intrecciato. Polanyi individua tre forme di scambio:

  • Principio di Reciprocità fondato sul supporto istituzionale della simmetria in presenza di gruppi di parentela in società strutturate con la dinamica sociale del dono
  • Principio  di ridistribuzione fondato sul supporto della centralità possibile in presenza di una autorità centrale e di un sistema gerarchico
  • Principio di scambio dove domina l' Istituzione Mercato con libera circolazione delle merci

Nel sistema capitalistico l' economico sembra vivere di vita propria, separato al di là e al di sopra del sociale, con regole proprie, un sistema molto preoccupante secondo Polanyi che ci presenta un modello generale di interpretazione del fenomeno economico capace di considerare la diversità dei contesti sociali culturali e storici della sua articolazione.
Concludendo: i provvedimenti empirici di Roosvelt, la  costruzione teorica di Keynes, le profonde e rigorose riflessioni di Polanyi sulla circolazione delle merci e dello scambio dimostrano l' inadeguatezza e la pericolosità di una esclusiva e illimitata fiducia nel modello perfetto della teoria economica standard basato sulla razionalità applicata ad un campo storicamente empirico.
Albert Simon ha studiato la razionalità occidentale dimostrando che la razionalità olimpica, vanto della cultura occidentale patriarcale, è un mito. Nella realtà aziende e consumatori si muovono in base al principio della razionalità limitata, all' interno del quale, le variabili sociali rivestono un ruolo primario. Dal II° dopoguerra, il sistema capitalistico non riesce a correggere le sue distorsioni evidenti con crisi cicliche più o meno gravi che, in Italia, assumono dimensioni drammatiche dopo la crisi petrolifera del 1974.
Il periodo fra le due guerre mondiali vede l' osservazione della scienza economica dominata da Keynes il quale osserva e suggerisce un modo di agire che ha portato il capitalismo al massimo della sua espansione spesso accompagnato, dal II° dopoguerra, da ordinamenti politici democratici che all' interno di dinamiche di conflitto/potere permettono una temporanea mobilità sociale e fanno pensare a futuri miglioramenti ma così non è stato. E' utile ricordare che Keynes aveva previsto la crescente e preoccupante disoccupazione che avrebbe potuto essere superata con la diminuzione dell' orario di lavoro, senza penalizzazioni salariali. La volgarizzazione delle teorie di Keynes applicate in Stati con classi politiche inadeguate e poco lungimiranti che aumentarono a dismisura il debito pubblico, non riuscendo a controllarlo, furono marginalizzate quando comparvero le teorizzazioni ideologiche di Milton Friedman (Brooklyn, 31 luglio 1912 – San Francisco, 16 novembre 2006), un economista statunitense il cui pensiero ed i suoi studi hanno influenzato molte teorie economiche, soprattutto in campo monetario. Fondatore della scuola monetarista, è stato insignito del Premio Nobel per l' economia nel 1976. Di famiglia ebrea poverissima emigrata dall'Europa orientale, divenne un liberista convinto a tal punto da essere definito l'anti-Keynes, per il suo rifiuto verso qualsiasi intervento dello Stato nell'economia ed il suo sostegno convinto a favore del libero mercato e della politica del laissez faire. I suoi maggiori contributi alla teoria economica riguardano gli studi sulla teoria quantitativa della moneta, sulla teoria del consumo e sul ruolo e l'inefficacia della curva di Phillips nel lungo periodo" (la società può permettersi un saggio di inflazione meno elevato o addirittura nullo, purché sia disposta a pagarne il prezzo in termini di disoccupazione "(Robert Solow). Secondo Friedman, l' inflazione è solo un fenomeno monetario e non è utile nel lungo periodo per ridurre la disoccupazione. La sua regola di politica monetaria, incentrata nel conseguimento del controllo della crescita della massa monetaria, è stata utilizzata dalla Federal Reserve negli Stati Uniti ed anche dalla Banca centrale europea (BCE). 
Autore di molti libri tra i quali: Capitalismo e libertàLiberi di scegliere e Due persone fortunate, Friedman si dimostra un ottimo divulgatore ed uno dei più insigni rappresentanti del pensiero liberista in economia del nostro tempo. Le sue teorie hanno esercitato una forte influenza sulle scelte del governo britannico di Margaret Thatcher e di quello statunitense di Ronald Reagan, degli anni ottanta. Le sue idee sono ancora oggi oggetto di accesi dibattiti: ad esempio, rigettò la stakeholder view e la responsabilità sociale d'impresa, sul piano economico ed etico, sostenendo che i manager sono agenti per conto terzi e dipendenti dei proprietari-azionisti, e che devono agire nell'interesse esclusivo di questi ultimi (utilizzare il denaro degli azionisti per risolvere problemi sociali, significa fare della beneficenza con i soldi degli altri, senza averne il permesso e tassarli senza dare un corrispondente servizio, violando il principio del «no taxation without representation»). Sono stati oggetto di controversia i suoi rapporti con il regime dittatoriale di Augusto Pinochet in Cile. Pinochet intraprese una serie di riforme economiche di stampo neo-liberista che seguivano gli orientamenti di Friedman. Diversi economisti suoi allievi consigliarono il generale nell'attuazione di queste riforme, e lo stesso Friedman nel 1975 indirizzò a Pinochet una lettera raccomandandogli un programma economico conforme alle proprie teorie. Per questa sua collaborazione con Pinochet, Milton Friedman è stato spesso attaccato, come avvenuto svariate volte anche a José Piñera, altro economista liberista autore della riforma delle pensioni in Cile (il sistema pensionistico Cileno è detto “a capitalizzazione individuale”). Il 17 ottobre 1988 è stato insignito della Medaglia presidenziale della libertà, la prestigiosa onorificenza statunitense, dal Presidente Ronald Reagan, convinto seguace neoliberista. Nel 2005, Milton Friedman è stato il primo firmatario di un appello sottoscritto da oltre 500 economisti americani per denunciare gli enormi costi (7,7 miliardi di dollari all'anno) del proibizionismo sulla marijuana. Considerava questa legge un sussidio virtuale del governo al crimine organizzato. È morto per infarto cardiaco il 16 novembre 2006 a San Francisco all'età di 94 anni. L' abbandono e la volgarizzazione delle osservazioni keinesiane, che avrebbero potuto funzionare ancora se l' intervento dello Stato fosse stato efficiente, l' adozione di male interpretate politiche neo-liberiste, e il venir meno delle preoccupazioni sociali in omaggio all' ideologia neo-liberista si rivelarono e sono state un colpo mortale inferto a un capitalismo che arrancava e cercava soccorso nella globalizzazione ideologica e nella fine consapevole della “Guerra Fredda” per reperire nuovi “schiavi” da impiegare nei processi produttivi senza controllo della neo-politica liberista e donne da impiegare nel lavoro di cura dopo il fallimento del welfare state. Il tentativo di imposizione del capitalismo nella forma neo-liberista, come unico modo di interpretare l' economia, rischia la distruzione del capitalismo proprio a causa della massiccia distruzione di complessità avvenuta dagli anni 70 del '900 con una semplificazione occulta (es.sistema relazionale mafioso esteso a tutti i settori in Italia)che ha allontanato la democrazia per convogliare i profitti verso gruppi sempre più ristretti di oligarchi finanziari capaci di controllare la finanza mondiale e a cui i nuovi Ottimati rispondono con l' impoverimento massiccio dei cittadini.
La svolta politica “neoliberista” avvenuta a cavallo tra gli anni ’70 e ’80 del Novecento, che ha coperto, nella realtà, politiche monopolistiche, l' abbandono delle politiche keinesiane corrette che prevedevano la regolazione del mercato da parte dello Stato, uno Stato che non doveva essere corrotto come invece, nella realtà, lo era, sono la causa della catastrofe economico-finanziaria, culturale ed estetica dei nostri giorni. Un ampio processo di deregolamentazione – dal mercato del lavoro alla globalizzazione dei processi produttivi, dalla finanza nazionale a quella internazionale – ha consentito un parziale effimero recupero di profittabilità del sistema capitalistico, contrastando il declino post-bellico del tasso di profitto sfociato nella “stagflazione” degli anni ’70 (situazione di ristagno dell'attività produttiva che si accompagna a una contemporanea crescita del tasso d'inflazione e dei prezzi e a una elevata disoccupazione). In Italia si ricorreva alla svalutazione della lira che incoraggiava le esportazioni per cui il neo-liberismo sembrava riscuotere qualche successo ma poi la corruzione, l' incapacità, la mancanza di cultura economica delle classi dirigenti ci hanno portato alla tragedia dei nostri giorni. Proviamo a vedere le tappe del declino inarrestabile:


  • una bassa e consapevole tassazione iniziale incoraggiata dallo Stato  per incrementare lo sviluppo del dopoguerra e oggi una tassazione  predatoria imposta ai cittadini a redditto fisso
  • uomini politici inadeguati, senza cultura economica, malati di retorica e di idealismo, paternalisti, spesso corrotti con l' eccezione di De Gasperi ed Einaudi
  • una industrializzazione tumultuosa senza ricerca
  • una progressiva diminuzione della quota dei salari (soprattutto dei lavoratori low-skilled) sul reddito complessivo
  • precarizzazione
  • un aumento esponenziale delle disuguaglianze
  • tagli  a un welfare state, in Italia, mai decollato completamente
  • retorica della felicità medicalizzata per avere il consenso degli elettori
  • livello di governo regionale con spese esorbitanti
  • prevalenza delle politiche ideologiche sulla realtà
  • ritualità politica italiana risalente alla corte sabauda
  • omologazione
  • lontananza consapevole dalla realtà per meglio dominarla 
  • classi politiche inadeguate ed eccessiva fiducia negli “ottimati” dopo il tragico e disastroso periodo berlusconiano (Gli Ottimati, in latino Optimates, cioè i migliori erano i componenti della fazione aristocratico-conservatrice della tarda Repubblica Romana)
  • L' emarginazione delle donne dal potere per il perdurare della cultura patriarcale

Le crisi sempre più ravvicinate sono state in parte compensate dall’“effetto di ricchezza” prodotto dalle bolle mobiliari ed immobiliari, mentre l’espansione del credito al consumo ha “risolto temporaneamente” il problema della carenza di domanda aggregata. I profitti scaturiti dall’inversione dei rapporti di forza nel mercato del lavoro, sono stati reinvestiti solo in parte nell’economia reale dei paesi occidentali, mentre una quota crescente di produzioni è stata localizzata nei paesi low-cost (non a caso i tassi medi di crescita dei paesi avanzati dagli anni ’70 in poi sono stati inferiori rispetto ai decenni precedenti) e un’altra quota di profitti, sempre più rilevante, è andata a gonfiare il settore finanziario. Le politiche restrittive risalenti al governo Amato hanno dato il colpo di grazia all' economia italiana con l' illusione salvifica del passaggio all' euro avvenuto senza nessun controllo.
Gli stessi elementi alla base del modello neo-liberista: deregolamentazione, finanziariazzazione, globalizzazione hanno prodotto un crescendo di crisi, fino a quella più recente con proiezioni preoccupanti nel futuro, come risultato della crescita smisurata delle disuguaglianze, dell’instabilità finanziaria e degli squilibri commerciali tra paesi diversi. Nel frattempo, la Cina e gli altri paesi emergenti sono diventati sempre più rilevanti per gli equilibri globali, come conseguenza di un allargamento del “contenitore” dello sviluppo capitalistico avviato dagli stessi paesi avanzati (investimenti diretti esteri, multinazionali). Questo può far pensare ad uno spostamento del centro dell’accumulazione capitalistica verso sud-est, mentre l’Occidente sconta i problemi derivanti dagli eccessi della belle époque finanziaria degli ultimi anni e si avvia verso un relativo declino. In questa prospettiva, la “crisi finanziaria” è la manifestazione più evidente di un problema di fondo, “reale”, che riguarda il processo globale di accumulazione capitalistica. Il problema è al cuore del capitalismo e dei governi incapaci a farlo funzionare perchè i loro interventi sono stati e sono inefficienti. Le politiche di austerità e di rigore che colpiscono prevalentemente e impoveriscono i cittadini a reddito fosso e che, nella propaganda, dovrebbero porre rimedio al dissesto delle finanze pubbliche, non solo non risolveranno questo problema (per quanto detto sopra) ma hanno soprattutto un altro obiettivo: quello di prolungare il crepuscolo del capitalismo di stampo neoliberista. Le politiche di austerità sono, cioè, la logica conseguenza delle crepe che si sono aperte nel processo neoliberista di accumulazione capitalistica e hanno l’obiettivo di posticiparne l’epilogo e i cittadini sono diventati delle “masse sacrificali globalizzate”. Tanto per fare un esempio, il capitale finanziario ha interesse a speculare sui titoli pubblici dei paesi della periferia europea, ottenendo elevati rendimenti, mentre il problema della sostenibilità delle finanze pubbliche viene procrastinato di manovra in manovra, richiedendo sempre più sacrifici a larga parte della popolazione per salvare i paesi dal fallimento. Nel frattempo, un’ulteriore riduzione delle “rigidità” del mercato del lavoro dovrebbe assicurare una tenuta dei margini di profitto nei settori produttivi e lasciare libertà al capitale di indirizzarsi verso altri luoghi produttivi (ad esempio, i paesi emergenti) o, ancora, verso la finanza. In questo modo, la durata della fase critica si allunga ma i problemi di fondo restano irrisolti, fino alla crisi prossima ventura. In questo momento in Italia, il salvataggio consapevole del neo-liberismo, si fonda sul sacrificio dei cittadini e sul loro impoverimento ad eccezione di una piccola parte di plutocrati che riescono a dominare un Presidente della Repubblica di provenienza politica comunista, uomo di partito, statalista che si è appoggiato a un gruppo di ottimati presuntuosi, superbi e paternalisti che, a causa di una elementarizzazione culturale e politica diffusa, stanno portando l' Italia alla rovina definitiva dopo il disastroso periodo berlusconiano. Per fortuna i cittadini sembrano aver preso coscienza della situazione esistente ma ormai sono rimasti senza parola per cui l' unica speranza che rimane è che si riesca a utilizzare bene l' unico momento democratico concesso al cittadino che corrisponde alle elezioni.

Il concetto di economia complessa e intrecciata all' interesse della società e dell' uomo elaborata da Polanyi, dopo la tragedia odierna, basata sul fallimento dell' ideologia neo-liberista, deve ritornare prepotentemente di attualità insieme al messaggio intriso di moralità che, la prospettiva sostantivista, contiene. Probabilmente, dopo molte tragedie, è auspicabile il ritorno tempi più sereni ma la lezione deve servire ai cittadini come orientamento nelle urne per impedire loro di legittimare politici incapaci che ci hanno portato in queste condizioni disastrose senza subire nessuna penalizzazione anche solo economica.


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