Giungerà
dunque quel momento in cui il sole illuminerà, sulla terra, non
altro che uomini liberi che non riconoscono altra guida che la loro
ragione; in cui i tiranni e gli schiavi, i preti e i loro stupidi o
ipocriti strumenti, esisteranno solo nella storia o nei teatri; in
cui non ci si occuperà più di costoro, se non per piangere le loro
vittime e i loro inganni e per mantenere, grazie all’orrore dei
loro eccessi, una indispensabile vigilanza, al fine di saper
riconoscere e soffocare, sotto il peso della ragione, i primi germi
della superstizione e della tirannia, se mai osassero riapparire.
Jean-Antoine-Nicolas
de Caritat, noto come Marchese di Condorcet
dalla sua
ultima opera Esquisse d'un tableau historique des progrès de
l'esprit humain 1794
Raffaello: Scuola di Atene |
Jean-Antoine-Nicolas de Caritat, marchese di Condorcet -Ribemont, 17/9/1743-Bourg la Reine, 29/3/1794- è stato un matematico, economista, filosofo e politico francese, illuminato e illuminista. Fece parte del gruppo degli "enciclopedisti" collaborando, in particolare, con Jean-Baptiste D'Alembert e con Voltaire.
Nel 1769 entrò
a far parte dell'Académie des Sciences, di cui divenne segretario
nel 1773. Nel 1782 fu eletto all'Académie Française.
Partecipò attivamente alla Rivoluzione Francese nel
partito dei girondini e fu oggetto di proscrizione per i
suoi contrasti con Robespierre ed in seguito incarcerato. Scrisse dei saggi di matematica: 1765 Sul calcolo integrale, nel 1768 Saggi di analisi e nel 1785 Saggio
sull'applicazione dell'analisi alla probabilità delle decisioni
prese a maggioranza di voti, dove tentava di applicare forme di
calcolo matematico ai fenomeni sociali. Morì in prigione, in
circostanze poco chiare, nel 1794.
Le note
biografiche non restituiscono la grandezza di un intellettuale capace
di illuminare il futuro mettendo a frutto la ragione
critica, continuando con sapienza nel percorso di conoscenza
dell' uomo, per tentare di liberarlo dai poteri tirannici, dalla
magia e dalla superstizione, con la filosofia, cioè, con l'uso del pensiero
razionale critico che mira a far luce sull' insieme dell'
esistenza: natura -phisis- vita materiale (immanente: esperienza e
governo) e vita spirituale (trascendenza ed energia spirituale). In
quel periodo storico (il Settecento) si discuteva molto con
razionalità sulla vita materiale e spirituale dell' uomo e sui
poteri che potessero garantirne le libertà, la giustizia, l'
eguaglianza e la felicità all' interno di uno Stato, il più
possibile, giusto. Lo spirito era inteso come un insieme di moralità,
di etica e di energia che doveva tradursi in saggezza e in lucidità
vitale: attività spirituale come forma essenziale ed importante di
emancipazione, dimensione assolutamente positiva a condizione che si
mantenesse autonoma dai condizionamenti; l' autonomia dello
“spirito intelligente” che si traduce nell' elaborazione del
pensiero critico, garantisce il progresso, viceversa, il controllo
dello spirito umano da parte di poteri poco lungimiranti porta verso
la tribalità e la distruzione dello Stato (come sta succedendo
oggi).
Per
esercitare il pensiero critico occorre esercitare razionalmente delle
distanze dai domini ideologici e dalle emozioni momentanee per
garantire l' obiettività e l' oggettività nei vari campi della
conoscenza: nel dibattito pubblico, nel lavoro di cura, nel campo
educativo e nella formazione.
Primo
problema: le forme di potere vogliono l' uomo criticamente libero?
No!!
Dall' Età
Moderna (1492 scoperta dell' America) la gestione del potere politico
si è focalizzata sul controllo dell' uomo guidandolo coercitivamente
su percorsi stabiliti dall' alto che incombono sull' uomo e lo
dominano dandogli l' illusione di avere libertà di scelta. Per
questo il pensiero critico razionale non si diffonde, in modo
capillare, come sarebbe utile e necessario per un vero progresso
umano e per la realizzazione della piena cittadinanza che
consentirebbe l' utilizzazione del pensiero critico. Educazione
e formazione critica responsabile, equa distribuzione delle risorse e
dibattito pubblico non condizionato garantirebbero l' universalismo
democratico repubblicano. Se il suddito e poi il cittadino
vengono condizionati e tenuti in stato di bisogno è facile che il
pensiero critico venga annullato e prevalgano strategie di parte che
nulla hanno a che fare con il bene comune. La Storia concreta è
impregnata dalle sofferenze fisiche, spirituali e psicologiche di
uomini e donne avutesi quando il legame sociale non si basava sullo
spirito critico ma era imposto da una religione o da un dominio di
natura economica: potere su base teocratica, oligarchie
economico-finanziarie e aristocrazie terriere.
Secondo
problema: le società umane, per costituirsi anche in comunità
politiche potevano aspettare che tutto il corpo sociale sapesse
utilizzare il pensiero in maniera critica? No ma dovevano lavorare
per farlo invece di impedirlo!!
Dall' Età
Moderna il potere politico, ha gestito il moderno Stato
burocratico-coercitivo attraverso il Diritto teorizzato come
naturale, dividendo rigorosamente gli uomini fra sessualmente
normali, onesti, sani, viceversa, fra sessualmente anormali, ammalati
e delinquenti: i primi godevano di diritti elargiti e concessi, non
senza conflitti anche radicali, i secondi venivano rinchiusi e
privati dei diritti. Dell' elaborazione delle ideologie di progresso
si fanno carico gruppi di sudditi con capacità economica o alla
ricerca di capacità economica, delle élites di provenienza
nobiliare e borghese, motivate da principi ideali, ricerca di
collocazione sociale e dotate di quella capacità critica che ha
permesso sviluppo e progresso reali. Dunque le elites
intellettuali si sono fatte carico dell' elaborazione del progresso e
le classi dirigenti politiche si sono organizzate, non per la
diffusione del pensiero critico, come sarebbe necessario per il
raggiungimento del bene comune ma per controllare e
impadronirsi delle opinioni relegando il pensiero critico nel dominio
della pericolosità. La storia della scuola italiana è emblematica,
basata sull' esclusione e poi aperta a tutti in funzione di
controllo.
Dall' Età
Contemporanea (Rivoluzione francese), nella Storia, irrompe il popolo
come entità sociale nobile da emancipare: in Italia questo è
avvenuto senza coinvolgere direttamente il proletariato urbano e
agricolo, con molte resistenze e, quando l' emancipazione era
politicamente ed economicamente necessaria, lo si è fatto in maniera
paternalistica. Sono passati solo poco più di 100 anni dalla
repressione del generale Bava Beccaris l' uomo che
guidò la repressione, con l' uso dei cannoni, dei moti
milanesi del 1898 il quale provocò la morte di un
centinaio manifestanti e il ferimento di altri 400, premiato con un
seggio al Senato.
Terzo
problema: l' elaborazione teorica della democrazia è andata di pari
passo con l' evoluzione del pensiero critico? No!!
La
democrazia rappresentativa, nella forma della Repubblica, si
rappresenta ed è l' ultima e la più efficace forma di pensiero
politico capace di dare sostanza a una ideologia molto potente per i
principi di eguaglianza, giustizia e libertà in essa contenuti.
Nell' Età contemporanea e nel processo di elaborazione teorica della
Democrazia rappresentativa la capacità critica era indispensabile ed
era presente nelle èlites intellettuali pre-rivoluzionarie ma venne
mortificata con la Restaurazione per cui non si forma mai
una “ragione popolare critica” diffusa come aveva
teorizzato ed auspicato Condorcet, grazie all' istruzione, lo
strumento che avrebbe consentito a tutti di emanciparsi e dispiegare
la libera, critica e responsabile azione personale che avrebbe
portato il progresso, realizzando definitivamente il passaggio dalla
comunità di fatto basata su usi, costumi, tutele e credenze
condivisi alle comunità di diritto basate sui principi di libertà,
giustizia ed eguaglianza, coscientemente assunti, con l' abolizione
delle divisioni prodotte dalla millenaria cultura patriarcale
occidentale culminata nel Giurisdizionalismo che implica delle
reazioni continue al cambiamento verso la Democrazia compiuta.
Quali erano
e sono, storicamente, gli ostacoli verso la democrazia compiuta che
porta Pari Opportunità, mobilità sociale, politiche di governance,
tutela del pensiero critico attraverso un dibattito pubblico vero e
benessere esteso e condiviso?
- Il principio di autorità che implica il dominio sull' uomo e sulle risorse
- il principio di separazione: inclusione/esclusione
- lo schema di potere teologico-politico.
Nel corso
del Novecento, dopo le due guerre mondiali questi ostacoli sembrano
trovare soluzione con i movimenti popolari del '68 e con la
progressiva secolarizzazione a tal punto da poter dire che non c' è
mai stato nella Storia un periodo, anni 50,60,70 del '900, in cui la
“ragione popolare” si è mossa verso obiettivi democratici con
spirito critico ma la reazione politica è stata immediata (dal
1968 il Principio di autorità è stato intaccato ma le strategie
reazionarie basate sul biopotere hanno trovato strade
alternative ed ancora più efficaci per dominare l' uomo). Questa
volontà di dominio sull' uomo si sta traducendo anche in distruzione
dello Stato, entità che esiste perchè l' uomo l' ha teorizzata.
Come sono
intervenute le classi dirigenti per mortificare lo spirito critico e
per impedire che la ragione popolare potesse agire verso la piena
cittadinanza dei diritti? Impadronendosi delle opinioni e poi delle
risorse con processi di impoverimento dall' alto come non si vedevano
dal XII, XII secolo.
Dagli anni
'80 del '900 si è messo a punto un colossale controllo sull'
informazione che appare multiforme ma in realtà è omologata al
potere e omologante per cui non riesce a raccontare realtà ed
esperienza ma solo opinioni acritiche e credenze immediate che
hanno aperto le porte a nuove forme di irrazionalismo, magie e
superstizioni con una rappresentazione conflittuale che, dai padroni
che dominano l' informazione, è passata a ogni aspetto della realtà
creando una mistificazione antiumana colossale: oggi siamo dominati
dai conflitti patologici che hanno immobilizzato la società:
conflitto fra politici, conflitto fra magistrati e politici,
conflitto fra giornalisti costretti a servire spontaneamente i
padroni e antico conflitto fra clericalisti e anticlericalisti. In
questo clima l' illegalità e la corruzione hanno preso il
sopravvento devitalizzando l' Istituzione Stato e mortificando i
cittadini.
Gli
intellettuali, o, si sono ritirati dal dibattito pubblico, o, sono
stati messi da parte per cui il dibattito è dominato dal relativismo
intellettuale, espressione delle contrapposizioni sociali e
politiche, una realtà molto pericolosa poichè ha portato la
distruzione del dibattito complesso il quale era sostenuto da idee
generali che erano la base dell' universalismo repubblicano e
garanzia della vera democrazia: ognuno è dominato dall'
individualismo e si sente autorizzato a intervenire nei dibattiti
secondo la propria individualistica percezione della realtà non
rispettando più i saperi degli esperti delle varie discipline
tecniche confondendo il diritto ad esprimere una opinione con l'
arbitrio di imporre la propria opinione anche quando non è opportuno
e anche quando questa opinione manca completamente di oggettività e
scientificità. Con la distruzione del dibattito pubblico complesso
si è distrutto anche il pensiero critico che è alla base della
“ragione popolare”.
Attualmente
anche il Presidente Napolitano il quale si è appropriato dello
Stato, in funzione salvifica, parla, non più come persona super
partes, ma come persona che ha perso l' oggettività ed è animata da
interessi, emozioni e animosità particolari ( esempio sono i suoi
interventi sul "caso Mancino" e sulla morte di Loris D'
Ambrosio, consulente giudiziario per il Quirinale). Queste le parole
presenti sul sito del Quirinale, espressione della retorica di parte:
- .... Insieme con l'angoscia per la perdita gravissima che la Presidenza della Repubblica e la magistratura italiana subiscono, atroce è il mio rammarico per una campagna violenta e irresponsabile di insinuazioni e di escogitazioni ingiuriose cui era stato di recente pubblicamente esposto, senza alcun rispetto per la sua storia e la sua sensibilità di magistrato intemerato, che ha fatto onore all'amministrazione della giustizia del nostro Paese.
Questa deriva
anticulturale, antiumana e antistatale era stata descritta negli
anni '90 del ' 900 da Régis Debray il quale ha messo in luce i
paradossi di una democrazia che, confondendo la libertà, con lo
spontaneismo, tende a distruggere la complessità dell' idea
repubblicana basata sull' idea di eguaglianza e bene comune.
Lo Stato
seduttore. Le rivoluzioni mediologiche del potere, 2003, Editori
Riuniti è un libro scritto da Régis Debray, saggista di fama e
autorevole esperto dei mass media, nel quale l'autore approfondisce
le alterazioni del meccanismi di vita all'interno di una società in
cui la presenza e l'importanza dei mass media è di fatto divenuta
totalizzante.
In questo
saggio, Debray studia le modalità attraverso le quali i messaggi
simbolici che colpiscono il cittadino vengono assorbiti dalla
società. Tra i messaggi più comuni vi sono il ruolo del corpo
preminente nei messaggi costituiti da immagini, i nuovi segni e
linguaggi, da quelli generazionali a quelli informatici, le nuove
definizioni e i nuovi concetti politici di destra e di sinistra, i
nuovi messaggi trasmessi da uno Stato inedito nella veste di
educatore, i messaggi tesi a ridefinire il concetto di cultura. Lo
Stato seduttore è quello in cui accadono alcuni processi
particolari, come il declino dei sindacati a favore
delle corporazioni, i partiti perdono consenso e
diventano popolari formati da reti e movimenti, svanisce la
separazione fra vita pubblica e privata, i giornalisti e
i magistrati acquistano nuovi poteri di arbitraggio, la
fascinazione avviene per vicinanza e non più per distanza, la
banalizzazione dei capi è più efficace della loro eroicizzazione.
L'introduzione dei mezzi televisivi ha desacralizzato
l'immagine allo stesso modo in cui la stampa aveva agito
sulla parola, ha reso traballante l'efficacia del simbolismo di
Stato, ha consentito la nascita dello Stato culturale prima (anni
sessanta e settanta), e di quello umanitario dopo (anni ottanta e
novanta). La videocrazia, secondo l'autore, si manifesta con
l'impiego sempre più massiccio di corpi, che sono stati sia un
simbolo sia un prodotto sociale del Novecento, dapprima sotto
forma di corpo-peccato ai tempi del cattolico di
fine Ottocento, poi in quello di corpo-lavoro dell'operaio dei
primi decenni del nuovo secolo, poi ancora in corpo-battaglia
lanciato da Hitler e dai regimi dittatoriali e infine in
corpo-piacere dell'ondata edonistica di fine millennio. La
conclusione di Debray è che se uno Stato è impregnato di forti
ideologie politiche, come quella comunista, oppure di forti
legami con la sfera religiosa, come nelle teocrazie, il rischio
per la popolazione è una repressione generalizzata; altrimenti il
pericolo è sempre quello di cadere in una depressione generalizzata,
nella quale predomina il potere della ricchezza e dell'immagine.
C' è
ancora un margine di azione per gli intellettuali indipendenti e per
il popolo? Speriamo di si!!
E' chiaro
che non ci sono soluzioni salvifiche ma occorre riprendere a lavorare
per costruire sostanzialmente l' Italia e l' Europa dei
cittadini rispettando e valorizzando le differenze dopo aver
riconosciuto e rispettato le diversità: Auschwitz ci costringe alla
memoria ma non può insegnarci niente se noi non vogliamo imparare.
Si può
provare a modificare la realtà gradualmente, ricominciando a pensare
senza contrapposizioni, mettendo al bando, nella propria mente
naturalmente, la chiacchiera-spettacolo vuota, conflittuale e
distraente, lo stereotipo, il luogo comune, il revisionismo
particolaristico fine a se stesso, riportando in primo piano la
filosofia intesa come rigore di pensiero, capacità critica e
riflessività. Pensare e riflettere prima di parlare e poi parlare
con competenza, ognuno con le proprie competenze, mettendole in
comune senza contrapporle, per iniziare una nuova emancipazione
culturale dichiarando guerra al relativismo intellettuale, cercando
di esprimere un pensiero critico originale e innovativo. I
principi democratici non possono essere relativizzati!! Quello che la
“ragione popolare”, seppure purtroppo, per strategia politica,
non diffusa in maniera idonea, ha prodotto e produce in termini di
bene comune, eguaglianza e libertà non può essere messo in
discussione se prima non si è prodotto un' idea di benessere più
efficace. La Storia, come esperienza dell' uomo, ci può venire
incontro non come maestra ma come insieme di informazioni
antropologiche per illuminare la libera azione dell' uomo, insieme
con altri uomini, capaci di produrre cultura e progresso: prima viene
l' azione dell' uomo e poi l' uomo sceglie la politica.
E'
necessario che il modo di pensiero razionale si imponga con coraggio
e pubblicamente per contrastare oscurantismi inediti che passano
inosservati perchè mascherati dalla retorica che ci propone una
nuova mistica e nuovi feticci: il mercato, la finanza, lo spreed, la
dimensione provvidenziale dello Stato e delle Regioni, dei gruppi
politici che hanno già fallito e ciò nonostante mettono in guardia
e coniano il termine “antipolitica”.
Per velare i nuovi oscurantismi reazionari mascherati da operazioni salvifiche ci sono persone ritenute "eccellenti": i professori e il Presidente Napolitano. Possiamo dire e lo dico che, oggi, il più grande oscurantismo sono i provvedimenti della ministra Fornero che porteranno una stagione tragica per l' uomo erodendo definitivamente lo Stato di diritto.
Sono
offese e oscurantismi politici:
- la delegittimazione dei giovani definiti sfigati e bamboccioni dopo averli usati durante tutta la storia umana a scopo bellico e poi emarginati per non realizzare la mobilità sociale;
- l'impoverimento dei cittadini dopo averli sedotti e "arricchiti" ingannevolmente e trasformati in consumatori;
- la definizione della disoccupazione come una fatalità dell' economia liberista e del progresso tecnico e tecnologico;
- la demonizzazione del "posto fisso" dopo la costruzione ideologica taylorista;
- il fatalismo e la noncuranza con cui si "perdono" colpevolmente le generazioni come se fosse una fatalità necessaria e non una colpa politica;
- le offese verso i cittadini definiti fannulloni, irragionevoli e ingovernabili;
- l' erosione dei diritti e la negazione della dignità della persona attraverso il suo allontanamento dalle opportunità democratiche e la sua riduzione in stato di bisogno.
Per velare i nuovi oscurantismi reazionari mascherati da operazioni salvifiche ci sono persone ritenute "eccellenti": i professori e il Presidente Napolitano. Possiamo dire e lo dico che, oggi, il più grande oscurantismo sono i provvedimenti della ministra Fornero che porteranno una stagione tragica per l' uomo erodendo definitivamente lo Stato di diritto.
E' contro
l' attacco massiccio all' oggettività e alla distanza critica dell'
uomo, in atto attualmente, con l' invenzione politica di una
narrazione salvifica, nonostante tutto, che bisogna mobilitarsi con
la proposta di una nuova “ragione popolare” che ci aiuti a
decodificare i meccanismi di potere, anche grossolani ma ben
mascherati, messi in atto per esercitare nuovi domini sull' uomo e
per essere pronti alle nuove elezioni. Soprattutto dobbiamo resistere
alla politica che ci trascina a se con false promesse pensando che i
gruppi politici devono essere degli strumenti al servizio del
cittadino e della democrazia, null' altro. Ora sono dei gruppi di
potere capaci solo a controllarci e impoverirci per carpire il nostro
voto: a turno prima ci insultano e ci impoveriscono e poi si
propongono come nostri salvatori. Speriamo che la notte finisca
ma finirà se noi pensiamo solo e semplicemente che non vogliamo più
essere scelti e sedotti ma dobbiamo resistere, ricostruire, in
modo razionale, una nuova ragione popolare, imparare a riconoscere le
nuove retoriche seduttive e riprenderci il diritto di scelta.
A rappresentare questo post ho scelto l' affresco di Raffaello: Scuola di Atene dove sono presenti i padri della nostra cultura basata sulla ricerca razionale; vi compare anche Ipazia di Alessandria.
Lorenza Cervellin, esperto di Pari Opportunità, cittadinanza di genere e integrazione sociale
Lorenza Cervellin, esperto di Pari Opportunità, cittadinanza di genere e integrazione sociale
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