domenica 29 luglio 2012

CONDORCET, LA RAGIONE POPOLARE E IL RELATIVISMO INTELLETTUALE.

Giungerà dunque quel momento in cui il sole illuminerà, sulla terra, non altro che uomini liberi che non riconoscono altra guida che la loro ragione; in cui i tiranni e gli schiavi, i preti e i loro stupidi o ipocriti strumenti, esisteranno solo nella storia o nei teatri; in cui non ci si occuperà più di costoro, se non per piangere le loro vittime e i loro inganni e per mantenere, grazie all’orrore dei loro eccessi, una indispensabile vigilanza, al fine di saper riconoscere e soffocare, sotto il peso della ragione, i primi germi della superstizione e della tirannia, se mai osassero riapparire.
Jean-Antoine-Nicolas de Caritat, noto come Marchese di Condorcet 
dalla sua ultima opera Esquisse d'un tableau historique des progrès de l'esprit humain 1794
Raffaello: Scuola di Atene 

Jean-Antoine-Nicolas de Caritat, marchese di Condorcet -Ribemont, 17/9/1743-Bourg la Reine, 29/3/1794- è stato un matematico, economista, filosofo e politico francese, illuminato e illuminista. Fece parte del gruppo degli "enciclopedisti" collaborando, in particolare, con Jean-Baptiste D'Alembert e con Voltaire.
Nel 1769 entrò a far parte dell'Académie des Sciences, di cui divenne segretario nel 1773. Nel 1782 fu eletto all'Académie Française. Partecipò attivamente alla Rivoluzione Francese nel partito dei girondini e fu oggetto di proscrizione per i suoi contrasti con Robespierre ed in seguito incarcerato. Scrisse  dei saggi di matematica: 1765 Sul calcolo integrale, nel 1768 Saggi di analisi e nel 1785 Saggio sull'applicazione dell'analisi alla probabilità delle decisioni prese a maggioranza di voti, dove tentava di applicare forme di calcolo matematico ai fenomeni sociali. Morì in prigione, in circostanze poco chiare, nel 1794.
Le note biografiche non restituiscono la grandezza di un intellettuale capace di illuminare il futuro mettendo a frutto la ragione critica, continuando con sapienza nel percorso di conoscenza dell' uomo, per tentare di liberarlo dai poteri tirannici, dalla magia e dalla superstizione, con la filosofia, cioè, con l'uso del pensiero razionale critico che mira a far luce sull' insieme dell' esistenza: natura -phisis- vita materiale (immanente: esperienza e governo) e vita spirituale (trascendenza ed energia spirituale). In quel periodo storico (il Settecento) si discuteva molto con razionalità sulla vita materiale e spirituale dell' uomo e sui poteri che potessero garantirne le libertà, la giustizia, l' eguaglianza e la felicità all' interno di uno Stato, il più possibile, giusto. Lo spirito era inteso come un insieme di moralità, di etica e di energia che doveva tradursi in saggezza e in lucidità vitale: attività spirituale come forma essenziale ed importante di emancipazione, dimensione assolutamente positiva a condizione che si mantenesse autonoma dai condizionamenti; l' autonomia dello “spirito intelligente” che si traduce nell' elaborazione del pensiero critico, garantisce il progresso, viceversa, il controllo dello spirito umano da parte di poteri poco lungimiranti porta verso la tribalità e la distruzione dello Stato (come sta succedendo oggi).
Per esercitare il pensiero critico occorre esercitare razionalmente delle distanze dai domini ideologici e dalle emozioni momentanee per garantire l' obiettività e l' oggettività nei vari campi della conoscenza: nel dibattito pubblico, nel lavoro di cura, nel campo educativo e nella formazione.
Primo problema: le forme di potere vogliono l' uomo criticamente libero? No!!
Dall' Età Moderna (1492 scoperta dell' America) la gestione del potere politico si è focalizzata sul controllo dell' uomo guidandolo coercitivamente su percorsi stabiliti dall' alto che incombono sull' uomo e lo dominano dandogli l' illusione di avere libertà di scelta. Per questo il pensiero critico razionale non si diffonde, in modo capillare, come sarebbe utile e necessario per un vero progresso umano e per la realizzazione della piena cittadinanza che consentirebbe l' utilizzazione del pensiero critico. Educazione e formazione critica responsabile, equa distribuzione delle risorse e dibattito pubblico non condizionato garantirebbero l' universalismo democratico repubblicano. Se il suddito e poi il cittadino vengono condizionati e tenuti in stato di bisogno è facile che il pensiero critico venga annullato e prevalgano strategie di parte che nulla hanno a che fare con il bene comune. La Storia concreta è impregnata dalle sofferenze fisiche, spirituali e psicologiche di uomini e donne avutesi quando il legame sociale non si basava sullo spirito critico ma era imposto da una religione o da un dominio di natura economica: potere su base teocratica, oligarchie economico-finanziarie e aristocrazie terriere.
Secondo problema: le società umane, per costituirsi anche in comunità politiche potevano aspettare che tutto il corpo sociale sapesse utilizzare il pensiero in maniera critica? No ma dovevano lavorare per farlo invece di impedirlo!!
Dall' Età Moderna il potere politico, ha gestito il moderno Stato burocratico-coercitivo attraverso il Diritto teorizzato come naturale, dividendo rigorosamente gli uomini fra sessualmente normali, onesti, sani, viceversa, fra sessualmente anormali, ammalati e delinquenti: i primi godevano di diritti elargiti e concessi, non senza conflitti anche radicali, i secondi venivano rinchiusi e privati dei diritti. Dell' elaborazione delle ideologie di progresso si fanno carico gruppi di sudditi con capacità economica o alla ricerca di capacità economica, delle élites di provenienza nobiliare e borghese, motivate da principi ideali, ricerca di collocazione sociale e dotate di quella capacità critica che ha permesso sviluppo e progresso reali. Dunque le elites intellettuali si sono fatte carico dell' elaborazione del progresso e le classi dirigenti politiche si sono organizzate,  non per la diffusione del pensiero critico, come sarebbe necessario per il raggiungimento del bene comune  ma per  controllare e impadronirsi delle opinioni relegando il pensiero critico nel dominio della pericolosità. La storia della scuola italiana è emblematica, basata sull' esclusione e poi aperta a tutti in funzione di controllo. 
Dall' Età Contemporanea (Rivoluzione francese), nella Storia, irrompe il popolo come entità sociale nobile da emancipare: in Italia questo è avvenuto senza coinvolgere direttamente il proletariato urbano e agricolo, con molte resistenze e, quando l' emancipazione era politicamente ed economicamente necessaria, lo si è fatto in maniera paternalistica. Sono passati solo poco più di 100 anni dalla repressione del generale Bava Beccaris l' uomo che guidò  la repressione, con l' uso dei cannoni, dei moti milanesi del 1898 il quale provocò la morte di un centinaio manifestanti e il ferimento di altri 400, premiato con un seggio al Senato. 
Terzo problema: l' elaborazione teorica della democrazia è andata di pari passo con l' evoluzione del pensiero critico? No!!
La democrazia rappresentativa, nella forma della Repubblica, si rappresenta ed è l' ultima e la più efficace forma di pensiero politico capace di dare sostanza a una ideologia molto potente per i principi di eguaglianza, giustizia e libertà in essa contenuti. Nell' Età contemporanea e nel processo di elaborazione teorica della Democrazia rappresentativa la capacità critica era indispensabile ed era presente nelle èlites intellettuali pre-rivoluzionarie ma venne mortificata con la Restaurazione per cui non si forma mai una “ragione popolare critica” diffusa come aveva teorizzato ed auspicato Condorcet, grazie all' istruzione, lo strumento che avrebbe consentito a tutti di emanciparsi e dispiegare la libera, critica e responsabile azione personale che avrebbe portato il progresso, realizzando definitivamente il passaggio dalla comunità di fatto basata su usi, costumi, tutele e credenze condivisi alle comunità di diritto basate sui principi di libertà, giustizia ed eguaglianza, coscientemente assunti, con l' abolizione delle divisioni prodotte dalla millenaria cultura patriarcale occidentale culminata nel Giurisdizionalismo che implica delle reazioni continue al cambiamento verso la Democrazia compiuta.
Quali erano e sono, storicamente, gli ostacoli verso la democrazia compiuta che porta Pari Opportunità, mobilità sociale, politiche di governance, tutela del pensiero critico attraverso un dibattito pubblico vero e benessere esteso e condiviso?
  • Il principio di autorità che implica il dominio sull' uomo e sulle risorse
  • il principio di separazione: inclusione/esclusione
  • lo schema di potere teologico-politico.
Nel corso del Novecento, dopo le due guerre mondiali questi ostacoli sembrano trovare soluzione con i movimenti popolari del '68 e con la progressiva secolarizzazione a tal punto da poter dire che non c' è mai stato nella Storia un periodo, anni 50,60,70 del '900, in cui la “ragione popolare” si è mossa verso obiettivi democratici con spirito critico ma la reazione politica è stata immediata (dal 1968 il Principio di autorità è stato intaccato ma le strategie reazionarie basate sul biopotere hanno trovato strade alternative ed ancora più efficaci per dominare l' uomo). Questa volontà di dominio sull' uomo si sta traducendo anche in distruzione dello Stato, entità che esiste perchè l' uomo l' ha teorizzata.
Come sono intervenute le classi dirigenti per mortificare lo spirito critico e per impedire che la ragione popolare potesse agire verso la piena cittadinanza dei diritti? Impadronendosi delle opinioni e poi delle risorse con processi di impoverimento dall' alto come non si vedevano dal XII, XII secolo.
Dagli anni '80 del '900 si è messo a punto un colossale controllo sull' informazione che appare multiforme ma in realtà è omologata al potere e omologante per cui non riesce a raccontare realtà ed esperienza ma solo opinioni acritiche e credenze immediate che hanno aperto le porte a nuove forme di irrazionalismo, magie e superstizioni con una rappresentazione conflittuale che, dai padroni che dominano l' informazione, è passata a ogni aspetto della realtà creando una mistificazione antiumana colossale: oggi siamo dominati dai conflitti patologici che hanno immobilizzato la società: conflitto fra politici, conflitto fra magistrati e politici, conflitto fra giornalisti costretti a servire spontaneamente i padroni e antico conflitto fra clericalisti e anticlericalisti. In questo clima l' illegalità e la corruzione hanno preso il sopravvento devitalizzando l' Istituzione Stato e mortificando i cittadini.
Gli intellettuali, o, si sono ritirati dal dibattito pubblico, o, sono stati messi da parte per cui il dibattito è dominato dal relativismo intellettuale, espressione delle contrapposizioni sociali e politiche, una realtà molto pericolosa poichè ha portato la distruzione del dibattito complesso il quale era sostenuto da idee generali che erano la base dell' universalismo repubblicano e garanzia della vera democrazia: ognuno è dominato dall' individualismo e si sente autorizzato a intervenire nei dibattiti secondo la propria individualistica percezione della realtà non rispettando più i saperi degli esperti delle varie discipline tecniche confondendo il diritto ad esprimere una opinione con l' arbitrio di imporre la propria opinione anche quando non è opportuno e anche quando questa opinione manca completamente di oggettività e scientificità. Con la distruzione del dibattito pubblico complesso si è distrutto anche il pensiero critico che è alla base della “ragione popolare”.
Attualmente anche il Presidente Napolitano il quale si è appropriato dello Stato, in funzione salvifica, parla, non più come persona super partes, ma come persona che ha perso l' oggettività ed è animata da interessi, emozioni e animosità particolari ( esempio sono i suoi interventi sul "caso Mancino" e sulla morte di Loris D' Ambrosio, consulente giudiziario per il Quirinale). Queste le parole presenti sul sito del Quirinale, espressione della retorica di parte: 

  • .... Insieme con l'angoscia per la perdita gravissima che la Presidenza della Repubblica e la magistratura italiana subiscono, atroce è il mio rammarico per una campagna violenta e irresponsabile di insinuazioni e di escogitazioni ingiuriose cui era stato di recente pubblicamente esposto, senza alcun rispetto per la sua storia e la sua sensibilità di magistrato intemerato, che ha fatto onore all'amministrazione della giustizia del nostro Paese.
Questa deriva anticulturale, antiumana e antistatale era stata descritta negli anni '90 del ' 900 da Régis Debray il quale ha messo in luce i paradossi di una democrazia che, confondendo la libertà, con lo spontaneismo, tende a distruggere la complessità dell' idea repubblicana basata sull' idea di eguaglianza e bene comune.
Lo Stato seduttore. Le rivoluzioni mediologiche del potere, 2003, Editori Riuniti è un libro scritto da Régis Debray, saggista di fama e autorevole esperto dei mass media, nel quale l'autore approfondisce le alterazioni del meccanismi di vita all'interno di una società in cui la presenza e l'importanza dei mass media è di fatto divenuta totalizzante.
In questo saggio, Debray studia le modalità attraverso le quali i messaggi simbolici che colpiscono il cittadino vengono assorbiti dalla società. Tra i messaggi più comuni vi sono il ruolo del corpo preminente nei messaggi costituiti da immagini, i nuovi segni e linguaggi, da quelli generazionali a quelli informatici, le nuove definizioni e i nuovi concetti politici di destra e di sinistra, i nuovi messaggi trasmessi da uno Stato inedito nella veste di educatore, i messaggi tesi a ridefinire il concetto di cultura. Lo Stato seduttore è quello in cui accadono alcuni processi particolari, come il declino dei sindacati a favore delle corporazioni, i partiti perdono consenso e diventano popolari formati da reti e movimenti, svanisce la separazione fra vita pubblica e privata, i giornalisti e i magistrati acquistano nuovi poteri di arbitraggio, la fascinazione avviene per vicinanza e non più per distanza, la banalizzazione dei capi è più efficace della loro eroicizzazione. L'introduzione dei mezzi televisivi ha desacralizzato l'immagine allo stesso modo in cui la stampa aveva agito sulla parola, ha reso traballante l'efficacia del simbolismo di Stato, ha consentito la nascita dello Stato culturale prima (anni sessanta e settanta), e di quello umanitario dopo (anni ottanta e novanta). La videocrazia, secondo l'autore, si manifesta con l'impiego sempre più massiccio di corpi, che sono stati sia un simbolo sia un prodotto sociale del Novecento, dapprima sotto forma di corpo-peccato ai tempi del cattolico di fine Ottocento, poi in quello di corpo-lavoro dell'operaio dei primi decenni del nuovo secolo, poi ancora in corpo-battaglia lanciato da Hitler e dai regimi dittatoriali e infine in corpo-piacere dell'ondata edonistica di fine millennio. La conclusione di Debray è che se uno Stato è impregnato di forti ideologie politiche, come quella comunista, oppure di forti legami con la sfera religiosa, come nelle teocrazie, il rischio per la popolazione è una repressione generalizzata; altrimenti il pericolo è sempre quello di cadere in una depressione generalizzata, nella quale predomina il potere della ricchezza e dell'immagine.
C' è ancora un margine di azione per gli intellettuali indipendenti e per il popolo? Speriamo di si!!
E' chiaro che non ci sono soluzioni salvifiche ma occorre riprendere a lavorare per costruire  sostanzialmente l' Italia e l' Europa dei cittadini rispettando e valorizzando le differenze dopo aver riconosciuto e rispettato le diversità: Auschwitz ci costringe alla memoria ma non può insegnarci niente se noi non vogliamo imparare. 
Si può provare a modificare la realtà gradualmente, ricominciando a pensare senza contrapposizioni, mettendo al bando, nella propria mente naturalmente, la chiacchiera-spettacolo vuota, conflittuale e distraente, lo stereotipo, il luogo comune, il revisionismo particolaristico fine a se stesso, riportando in primo piano la filosofia intesa come rigore di pensiero, capacità critica e riflessività. Pensare e riflettere prima di parlare e poi parlare con competenza, ognuno con le proprie competenze, mettendole in comune senza contrapporle, per iniziare una nuova emancipazione culturale dichiarando guerra al relativismo intellettuale, cercando di esprimere un pensiero critico originale e innovativo. I principi democratici non possono essere relativizzati!! Quello che la “ragione popolare”, seppure purtroppo, per strategia politica, non diffusa in maniera idonea, ha prodotto e produce in termini di bene comune, eguaglianza e libertà non può essere messo in discussione se prima non si è prodotto un' idea di benessere più efficace. La Storia, come esperienza dell' uomo, ci può venire incontro non come maestra ma come insieme di informazioni antropologiche per illuminare la libera azione dell' uomo, insieme con altri uomini, capaci di produrre cultura e progresso: prima viene l' azione dell' uomo e poi l' uomo sceglie la politica.
E' necessario che il modo di pensiero razionale si imponga con coraggio e pubblicamente per contrastare oscurantismi inediti che passano inosservati perchè mascherati dalla retorica che ci propone una nuova mistica e nuovi feticci: il mercato, la finanza, lo spreed, la dimensione provvidenziale dello Stato e delle Regioni, dei gruppi politici che hanno già fallito e ciò nonostante mettono in guardia e coniano il termine “antipolitica”.


Sono offese e oscurantismi politici:
  • la delegittimazione dei giovani definiti sfigati e bamboccioni dopo averli usati durante tutta la storia umana a scopo bellico e poi emarginati per non realizzare la mobilità sociale; 
  • l'impoverimento dei cittadini dopo averli sedotti e "arricchiti" ingannevolmente e trasformati in consumatori;
  • la definizione della disoccupazione come una fatalità dell' economia liberista e del progresso tecnico e tecnologico;
  • la demonizzazione del "posto fisso" dopo la costruzione ideologica taylorista;
  • il fatalismo e la noncuranza con cui si "perdono" colpevolmente le generazioni come se fosse una fatalità necessaria e non una colpa politica;
  • le offese verso i cittadini definiti fannulloni, irragionevoli e ingovernabili;
  • l' erosione dei diritti e la negazione della dignità della persona attraverso il suo allontanamento dalle opportunità democratiche e la sua riduzione in stato di bisogno. 

Per velare i nuovi oscurantismi reazionari  mascherati da operazioni salvifiche ci sono persone ritenute "eccellenti": i professori e il Presidente Napolitano. Possiamo dire e lo dico che, oggi, il più grande oscurantismo sono i provvedimenti della ministra Fornero che porteranno una stagione tragica per l' uomo  erodendo definitivamente lo Stato di diritto. 
E' contro l' attacco massiccio all' oggettività e alla distanza critica dell' uomo, in atto attualmente, con l' invenzione politica di una narrazione salvifica, nonostante tutto, che bisogna mobilitarsi con la proposta di una nuova “ragione popolare” che ci aiuti a decodificare i meccanismi di potere, anche grossolani ma ben mascherati, messi in atto per esercitare nuovi domini sull' uomo e per essere pronti alle nuove elezioni. Soprattutto dobbiamo resistere alla politica che ci trascina a se con false promesse pensando che i gruppi politici devono essere degli strumenti al servizio del cittadino e della democrazia, null' altro. Ora sono dei gruppi di potere capaci solo a controllarci e impoverirci per carpire il nostro voto: a turno prima ci insultano e ci impoveriscono e poi si propongono come nostri salvatori. Speriamo che la notte finisca ma finirà se noi pensiamo solo e semplicemente che non vogliamo più essere scelti e sedotti ma dobbiamo resistere,  ricostruire, in modo razionale, una nuova ragione popolare, imparare a riconoscere le nuove retoriche seduttive e riprenderci il diritto di scelta.

A rappresentare questo post ho scelto l' affresco di Raffaello: Scuola di Atene dove sono presenti i padri della nostra cultura basata sulla ricerca razionale; vi compare anche Ipazia di Alessandria.

Lorenza Cervellin, esperto di Pari Opportunità, cittadinanza di genere e integrazione sociale





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