Il
sito del Fatto Quotidiano “ospita” vari Blog (Il blog di RSS) fra
cui quello del dott. Tinti il quale si presenta come: Bruno
Tinti Magistrato e scrittore
Questo
il post
Potere e responsabilità costituiscono
il fondamento della democrazia. Il sovrano assoluto non è
responsabile delle sue azioni: qualsiasi cosa faccia, giusta o
sbagliata che sia, resta lì dove l’hanno messo eredità e diritto
divino; ci va una rivoluzione per mandare via un re che esercita il
suo potere in danno dei suoi sudditi, di tutti o di una parte. Ma, in
democrazia, chi regge lo Stato deve rispondere delle sue
azioni ai cittadini; che, alle prime elezioni disponibili, lo
manterranno dov’è o lo sostituiranno con altri. Qualcuno
approverà, altri no; sarà la maggioranza a decidere.
Dunque
chi regge lo Stato deve adottare decisioni che permettano il massimo
bene per il maggior numero di persone; in questo sta il bene
comune, nel perseguire l’interesse dello Stato. Naturalmente
l’esercizio del potere è una cosa complicata; occorre tecnica,
professionalità, competenza; e, naturalmente onestà. Ma tutto
questo ancora non basta perché occorre soprattutto una conoscenza
approfondita della realtà sulla quale si opera; e dunque occorrono
informazioni. E poi, ovviamente, consigli; per quanto bravi e
sperimentati si possa essere.
Così
chi vuole esercitare democraticamente il potere di cui è stato
investito deve soprattutto chiedere aiuto. Però poi arriva
il momento di decidere; e nessuno può decidere al posto di chi
regge lo Stato; perché solo chi ha ricevuto dai cittadini questo
compito sarà sottoposto, alla fine, al loro giudizio; gli altri,
quelli che gli hanno fornito informazioni e consigli, saranno
dimenticati, nessuno se la prenderà con loro per decisioni
sbagliate. E poi, solo chi regge lo Stato ha l’obbligo di
perseguire il massimo bene per il maggior numero di cittadini;
gli altri, quelli che lo informano e lo consigliano, sono estranei
all’amministrazione; perseguono interessi settoriali; rappresentano
solo una parte di cittadini e dunque, per definizione, il loro
obbiettivo non può essere l’interesse comune. Fuor di metafora.
Il governo deve
adottare decisioni difficili in un contesto di crisi profonda che sta
mettendo in pericolo l’esistenza stessa dell’Italia quale
noi la conosciamo. Ha bisogno di informazioni e deve poter
confrontare le esigenze di molti gruppi di cittadini, spesso in
contrasto tra loro. Dunque la collaborazione delle parti sociali è
indispensabile, occorre dialogo e confronto. Ma la decisione
è responsabilità del governo, non delle parti sociali. Perché
è il governo, non le parti sociali, che deve rispondere
al parlamento e dunque ai cittadini dell’esercizio del
potere che gli è stato affidato; perché il governo rappresenta
tutti mentre le parti sociali rappresentano solo il settore cui
appartengono; perché infine il bene comune è responsabilità del
governo mentre le parti sociali solo sono responsabili del
bene del gruppo che rappresentano. E come si può affidare a chi non
è imparziale, a chi per definizione non è responsabile nei
confronti di tutti (tutti) i cittadini, il potere di decidere per
tutti? Non si può. Ecco perché dialogo e consultazione sì, sempre;
ma concertazione mai. Perché decidere significa esercitare il
potere; e il potere è democratico solo se è bilanciato dalla
responsabilità.
Il
Fatto Quotidiano, 13 luglio 2012
PROBLEMATIZZAZIONE
DEL POST
Questo
post a mio avviso è molto pericoloso (intellettualmente) perchè
nella forma di un linguaggio moderato e verosimile intende fare
passare una serie di concetti impropri, semplicistici e non veritieri
anche con una interpretazione personale della Storia.
Democrazia,
nel V sec. a.C., significava governo del popolo ma non il popolo come
lo intendiamo noi adesso cioè tutti gli uomini ma solo gli uomini
che riuscivano a raggiungere una capacità economica tale da renderli
cittadini attivi con doveri/diritti.
Il
primo esempio di democrazia lo troviamo nell' Atene del passaggio fra
il periodo Arcaico e Classico. La riforma Clistenica traghetta Atene
dalla tribalità e dalla tirannide a forme di organizzazione sociale
più evolute. (Attualmente succede il contrario: siamo ricaduti nella
tribalità post-moderna) Ad Atene, nel V secolo, si forma una
democrazia diretta (il dibattito pubblico incide sulle decisioni), di
classe, sublimata nella Polis, grandezza e limite politico: la
mancanza di capacità di superamento della polis, dopo l' esperienza
trentennale di potere di Pericle, porteranno Atene a cadere sotto i
colpi di Filippo di Macedonia.In quel periodo la popolazione di Atene si aggirava intorno alle 500.000 persone; di queste erano all’incirca 50.000 le persone che si fregiavano del titolo di Demos (popolo), pur essendo il 10% della popolazione. Cioè la parte ricca e maschile della società.
Un
esempio di istituzioni politiche “democratiche” indirette,
attraverso alcune istituzioni popolari ma sempre di classe, le
troviamo nella Roma repubblicana (dal V sec. a.C. al principato
augusteo del I secolo a. C.) Si dibatte ancora molto sulla vera
democraticità della Roma repubblicana realizzata
attraverso Il Tribuno della plebe (in latino tribunus
plebis) che fu la prima magistratura plebea a Roma. Il
nome deriva dalle antiche tribù formatesi fin dall'età
regia, magistratura che il patriziato tentò sempre di monopolizzare
e che Augusto devitalizzò avocando a sè la tribunicia potestas.
Il
terzo esempio è costituito dalla repubblica di Venezia retta da un
patriziato via, via sempre più ristretto.
Il
potere era pubblico, visibile, responsabile verso i corpi sociali
rappresentati, esercitato con una violenza volutamente esposta e
rappresentata ritualmente.
Democrazia
e monarchia erano antitetiche ma ugualmente il potere monarchico era
tutt' altro che facile e la responsabilità verso l' aristocrazia era
presente giocoforza: le lotte per la corona erano la norma.
In
conclusione: da sempre chi ha gestito il potere ha dovuto risponderne
con responsabilità personale: Alessanro Magno è stato “costretto”
a uccidere pubblicamente chi lo criticava. Il passaggio dinastico del
potere e l' ideologia dell' origine divina delle prime monarche
europee formatesi nel XIII secolo erano forma e sostanza di un potere
che doveva essere visibile e molto difficile a conservarsi: i
competitori erano molto numerosi.
Dall'
Età Moderna il potere è stato gestito, entro l' ideologia
contrattualistica di Hobbes organizzato nella forma coercitiva della
monarchia amministrativa con potere anche di dare la
morte con il supporto del Diritto pubblico. Con l' elaborazione dell'
ideologia del Diritto naturale, il Diritto, agendo in nome e per
conto dello Stato e dell' uomo, finisce per sovrastare l'
uomo stesso a cui non resta nulla per dispiegare la libera e
responsabile azione produttrice di progresso. Il suddito e poi il
cittadino delegano il potere, un potere sempre visibile, pubblico non
più "privato" ma molto più impegnativo di adesso. Fin
dall' Età Moderna il potere, deve anche rispondere e rendersi
trasparente, da quì l' esigenza di controllare i sudditi poi
cittadini. Paradossalmente si può dire che la responsabilità e l'
arbitrio personali, non la decisione giusta, erano più impegnativi
nelle società di ancien regime che nelle società contemporanee
ormai solo definite complesse.
Con
la democrazia contemporanea, basata sul principio di separazione dei
poteri e con le dinamiche elettive basate sul consenso, i cittadini
non riescono più a “vedere” il potere che arriva da ogni dove
poiché diviso fra gruppi che non interagiscono fra di loro, se non
nell' obbiettivo di controllo totale della persona, ma lottano per la
supremazia, dell' uno sull' altro, attuando non un bilanciamento fra
poteri, come la teoria vorrebbe, ma un isolamento corporativo
finalizzato a prevalere sugli altri. Il singolo componente onesto dei
vari gruppi che non si adegua viene isolato. Il gruppo di potere
che prevale controlla quasi completamente l' elettore a cui non resta
altro che la dinamica di conflitto/potere per veder riconoscere i
diritti. La democrazia contemporanea deve basarsi sul dibattito
pubblico e deve funzionare per tutti ma soprattutto per i deboli,
premiando i meritevoli e non demonizzando la ricchezza che deve
essere raggiunta onestamente e impegnata per il benessere
generale. Oggi I gruppi sociali sono gruppi di potere
complementari alla classe dirigente per cui danno forma a un potere
che si auto-annulla e si auto-replica creando le condizione per il
non sviluppo e l' immobilità sociale: è questo il problema!!! I
gruppi che veramente avrebbero bisogno di tutela non vengono
considerati rimanendo in una situazione schiavile di bisogno. Per
esemplificare: in ordine alfabetico: Berlusconi, Casini, Bersani,
Prodi si sono scelti il loro elettorato non è stato il contrario per
cui la responsabilità e l' essenza della democrazia vengono
annullate.
Ha
senso allora oggi parlare di concertazione? Certo che avrebbe senso
ma in presenza di una classe dirigente vera, onesta, legittimata che
agisca per aumentare le possibilità e le pari opportunità di tutti
anche e soprattutto di chi non ha potere concertativo e non per
devitalizzare il Diritto del lavoro come, di fatto, è avvenuto in
questi anni.
E'
sempre utile ricordare la Costituzione art. 39 conquistato dal
sindacalista Di Vittorio:
L’organizzazione
sindacale è libera.
Ai
sindacati non può essere imposto altro obbligo se non la loro
registrazione presso uffici locali o centrali, secondo le norme di
legge.
È
condizione per la registrazione che gli statuti dei sindacati
sanciscano un ordinamento interno a base democratica.
I
sindacati registrati hanno personalità giuridica. Possono,
rappresentati unitariamente in proporzione dei loro iscritti,
stipulare contratti collettivi di lavoro con efficacia obbligatoria
per tutti gli appartenenti alle categorie alle quali il contratto si
riferisce.
Ora
si vuole tornare dichiaratamente all' Ancien Régime con l' economia
di rendita, la schiavitù, il monopolio, la tirannia ma è questo il
metodo giusto? Dobbiamo prendere atto del fallimento della democrazia
rappresentativa? Dobbiamo rinunciare alla civiltà come è stata
narrata dal Trecento in poi?
N.B. E'utile ricordare che le "riforme" del governo Monti sono state approvate con una concertazione formale e non sostanziale.
N.B. E'utile ricordare che le "riforme" del governo Monti sono state approvate con una concertazione formale e non sostanziale.
Si
consigliano:
- Polibio (Megalopoli, circa 206 a.C. – Grecia, 124 a.C.)Storie
- Amartya Kumar Sen, vivente, Identità e violenza, Laterza, Bari, 2006
- Unità e libertà sindacale nella Costituzione di Giuseppe Di Vittorio. Il testo, tratto dalla relazione sull'ordinamento sindacale alla III sottocommissione della Costituente (Roma, 1946), è raccolto con lo stesso titolo in: Antonio Tatò (a cura di), Di Vittorio. L'uomo, il dirigente, vol. II, 1944-1951, Roma, Editrice sindacale italiana, 1969
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