Prendendo spunto
da una breve ma intensa riflessione scritta, con caratteristiche, di
pamphlet, della filosofa Luisa Muraro, ritengo utile problematizzare
l' uso, a mio avviso strumentale che, pubblicamente, si è iniziato a
fare del breve saggio.
Dal
sito: ilfattoquotidiano.it
ELOGIO
DELLA VIOLENZA Per
la filosofa Luisa Muraro il contratto sociale è morto, è l’ora
della forza
“Il contratto sociale è un’idea morta”. Lo dice la filosofa Luisa Muraro in un pamphlet appena uscito per Nottetempo e intitolato “Dio è violent”. Non è un refuso. E’ la scritta letta su un muro di Lecce, con l’ultima vocale illeggibile, da cui parte il breve testo di una della più carismatiche esponenti del femminismo della differenza. Dobbiamo ripensare il tema della violenza, è la sua tesi, prendendo atto della fine delle illusioni sul potere salvifico del contratto sociale. Questo è il compito che tocca a chi, “senza inferocirsi o inselvatichirsi, constata semplicemente che è vano agire in nome di una fiducia nella cosa pubblica con l’aspettativa di un ritorno”.
La
filosofa legge in trasparenza “la positiva idea di una violenza
giusta” in quella scritta sul muro di Lecce. La predicazione
antiviolenza oggi è fallimentare, così come il patetico polverone
dell’indignazione, perché favorisce “l’abdicazione ad agire,
se necessario, con tutta la forza
necessaria”. Quella stessa rispettabile predicazione “vorrebbe
farci credere che la misura giusta la fisserebbe il confine tra forza
e violenza”, quando invece “lo sconfinamento tra l’una e
l’altra spesso è inevitabile”, e “separarle per definizione
non fa che occultare un aspetto ineliminabile della realtà umana”
(fa l’esempio di Srebrenica, dove la forza di pace dell’Onu, nel
1995, accettò di fatto il massacro di civili inermi quando avrebbe
potuto evitarlo facendo il giusto uso della forza-violenza. Fa anche
l’esempio, a dire il vero un po’ ridicolo, dei terremotati
dell’Aquila, che a suo giudizio avrebbero dovuto prendere a fischi
e sassate il premier Berlusconi che aveva usato la loro città
come “cornice massmediatica per la sua autopromozione”).
Muraro non nega alla predicazione antiviolenza ben fondati argomenti morali. Ma il tempo (quel tempo) è scaduto, perché a mancarle oggi è “un punto di leva per sollevare le giuste pretese e abbassare l’arroganza dei potenti. Anticamente il punto di leva era la parola divina; modernamente è stato l’ideale del progresso. Che oggi è morto, al pari e forse più di Dio. Oggi, a causa della competizione globale, esasperata dalla crisi in corso, l’idea che sia possibile stare meglio tutti non agisce più; prevale quella che il meglio sia per alcuni a spese di altri”. E’ per questo che si impone “di riaprire il discorso sull’uso della forza. C’è una violenza nelle cose e fra i viventi che prelude a un ritorno della legge del più forte: dobbiamo pensarci”. Lei ci ha pensato ed è giunta alla conclusione che, a differenza di persone e gruppi che predicano e praticano la non violenza, “a chi detiene il potere quale che sia, io non mi presento dichiarando che ho rinunciato all’uso della forza fino alla violenza se necessario”.
Muraro non nega alla predicazione antiviolenza ben fondati argomenti morali. Ma il tempo (quel tempo) è scaduto, perché a mancarle oggi è “un punto di leva per sollevare le giuste pretese e abbassare l’arroganza dei potenti. Anticamente il punto di leva era la parola divina; modernamente è stato l’ideale del progresso. Che oggi è morto, al pari e forse più di Dio. Oggi, a causa della competizione globale, esasperata dalla crisi in corso, l’idea che sia possibile stare meglio tutti non agisce più; prevale quella che il meglio sia per alcuni a spese di altri”. E’ per questo che si impone “di riaprire il discorso sull’uso della forza. C’è una violenza nelle cose e fra i viventi che prelude a un ritorno della legge del più forte: dobbiamo pensarci”. Lei ci ha pensato ed è giunta alla conclusione che, a differenza di persone e gruppi che predicano e praticano la non violenza, “a chi detiene il potere quale che sia, io non mi presento dichiarando che ho rinunciato all’uso della forza fino alla violenza se necessario”.
La novità, nella presa di posizione di
Luisa Muraro (ne parlerà a Roma il 12 giugno, al Festival delle
Letterature) è l’idea “che ci sia un rapporto diretto tra la
questione della violenza, da una parte, e la morte della
responsabilità politica, dall’altra” (un’intuizione da
maneggiare con cura, per motivi evidenti, ma la filosofa ha scelto di
non ricorrere a eufemismi). Guai a illudersi che la violenza sia un
mezzo, piuttosto, “vedere nella violenza il manifestarsi di una
potenza che gli umani non governano, per lo più cieca e distruttiva,
che talvolta però, a sprazzi, prende senso e s’impone in chi ha il
senso della giustizia, diventando violenza giusta, questa è una
veduta più profonda”. Le donne, conclude Muraro, “sono in
posizione per sapere tutta la parte di frode che c’è nel racconto
moderno del contratto sociale e nel principio del monopolio statale
della violenza”, per l’essere “dentro-fuori dal contratto
sociale e per la frequentazione della violenza che le colpisce a
causa del fatto che sono di sesso femminile”. Le donne possono
quindi ragionare di violenza senza tabù: “Dell’agire efficace
bisogna dire che esso comporta a volte una certa violenza: quanta,
esattamente? Non lo so… La formula che ho trovato dice: quanto
basta per combattere senza odiare, quanto serve per disfare senza
distruggere”.
Fonte: www.ilfoglio.it
Link: http://www.ilfoglio.it/soloqui/13680
5.06.2012
Fonte: www.ilfoglio.it
Link: http://www.ilfoglio.it/soloqui/13680
5.06.2012
DEMOCRAZIA E
VIOLENZA
Data: Sabato, 16 giugno @ 17:10:00 CDT
Argomento: Varie DI MASSIMO FINI ilfattoquotidiano.it
Data: Sabato, 16 giugno @ 17:10:00 CDT
Argomento: Varie DI MASSIMO FINI ilfattoquotidiano.it
Il
Foglio ci informa che “la filosofa femminista” Luisa Muraro in un
pamphlet intitolato “Dio è violento” riflette sulla legittimità
dell'uso della violenza in democrazia, contro il potere democratico.
Ne è nato un dibattito in cui sono intervenute soprattutto
femministe, più o meno storiche, che disinvoltamente dimentiche dei
loro mantra sulla “non violenza” con cui ci hanno fracassato i
coglioni per decenni, propendono per una risposta affermativa, sia
pur in termini sufficientemente contorti per poter ritirare la mano
dopo aver scagliato il sasso.
Per la
verità questa questione io l'avevo già posta nel 2004 con un libro
“Sudditi. Manifesto contro la democrazia” che ebbe un largo
consenso di pubblico (150 mila copie, allo stato) ma fu silenziato
dall'”intellighentia”. Non capisco (o forse capisco fin troppo
bene) perché se certe cose le dice la Muraro meritano considerazione
mentre se le dico io, magari con un certo anticipo, no. Ma lasciamo
perdere.
È indubbio merito della Muraro aver scelto il momento giusto.
Perché dopo mezzo secolo di oppressione partitocratica che ci ha portato al punto in cui siamo, e non solo dal punto di vista economico, c'è in giro –è inutile nasconderselo –una gran voglia di menar le mani. La cosa è ovviamente delicatissima. Per ragioni legate alla nostra storia recente e per questioni teoriche. Già nel '68 si sosteneva che la violenza era legittimata dalla 'violenza del sistema'. Ma il '68 è stato una cosa 'comica e camorristica' per usare un'espressione di Luigi Einaudi a proposito della massoneria, di figli della borghesia che sciamavano per le strade urlando “Uccidere un fascista non è reato”, “fascisti, borghesi ancora pochi mesi”, ma che in realtà aspiravano solo a diventare direttori del Corriere della Sera o conduttori di qualche programma Tv. Più serio è stato il terrorismo ma, a parte che, come il '68, cavalcava un'ideologia morente, il marxismo-leninismo, non è certo questo il genere di violenza cui pensa la Muraro, ma a una violenza di massa, una violenza di popolo.
Questione teorica. Le democrazie non dubitano che sia legittimo abbattere i dittatori con la violenza (è una questione che si è posta fin dall'antichità, già Seneca si domandava “è lecito uccidere il tiranno?”). Tanto è vero che le 'rivolte arabe' sono state viste con grande favore e in alcuni casi (Libia) aiutate anche 'manu militari', per altro del tutto arbitrariamente. Ma in democrazia? Che bisogno c'è della violenza? C'è il voto. La Muraro sostiene che la violenza è diventata legittima perché, di fatto, si è rotto il 'contratto sociale'.
Interpellato a mia volta dal Foglio (vedi articolo più sotto, ndr) ho risposto “più che morto il contratto sociale non è mai esistito”. Perché la democrazia rappresentativa non è mai stata, fin dalle sue origini, democrazia, ma un sistema di oligarchie, di aristocrazie mascherate, di lobbies, di partiti, che schiacciano il cittadino che a esse non si adegua, che non ne bacia le babucce, riducendolo allo stato di suddito. Per quanto possa sembrare paradossale è stata proprio la democrazia rappresentativa a tradire il pensiero liberale che voleva valorizzare capacità, meriti, potenzialità del singolo individuo, dell'uomo libero che non accetta queste subordinazioni feudali e che sarebbe il cittadino ideale di una democrazia, se esistesse davvero, e ne diventa invece la vittima designata. Contro questa truffa ben congegnata è lecita la rivolta, anche violenta se occorre. Del resto le Democrazie sono nate su bagni di sangue e non si vede ragione alcuna per cui, avendo tradito quella che doveva essere la loro essenza, non si possa e non si debba rendere loro la pariglia.
È indubbio merito della Muraro aver scelto il momento giusto.
Perché dopo mezzo secolo di oppressione partitocratica che ci ha portato al punto in cui siamo, e non solo dal punto di vista economico, c'è in giro –è inutile nasconderselo –una gran voglia di menar le mani. La cosa è ovviamente delicatissima. Per ragioni legate alla nostra storia recente e per questioni teoriche. Già nel '68 si sosteneva che la violenza era legittimata dalla 'violenza del sistema'. Ma il '68 è stato una cosa 'comica e camorristica' per usare un'espressione di Luigi Einaudi a proposito della massoneria, di figli della borghesia che sciamavano per le strade urlando “Uccidere un fascista non è reato”, “fascisti, borghesi ancora pochi mesi”, ma che in realtà aspiravano solo a diventare direttori del Corriere della Sera o conduttori di qualche programma Tv. Più serio è stato il terrorismo ma, a parte che, come il '68, cavalcava un'ideologia morente, il marxismo-leninismo, non è certo questo il genere di violenza cui pensa la Muraro, ma a una violenza di massa, una violenza di popolo.
Questione teorica. Le democrazie non dubitano che sia legittimo abbattere i dittatori con la violenza (è una questione che si è posta fin dall'antichità, già Seneca si domandava “è lecito uccidere il tiranno?”). Tanto è vero che le 'rivolte arabe' sono state viste con grande favore e in alcuni casi (Libia) aiutate anche 'manu militari', per altro del tutto arbitrariamente. Ma in democrazia? Che bisogno c'è della violenza? C'è il voto. La Muraro sostiene che la violenza è diventata legittima perché, di fatto, si è rotto il 'contratto sociale'.
Interpellato a mia volta dal Foglio (vedi articolo più sotto, ndr) ho risposto “più che morto il contratto sociale non è mai esistito”. Perché la democrazia rappresentativa non è mai stata, fin dalle sue origini, democrazia, ma un sistema di oligarchie, di aristocrazie mascherate, di lobbies, di partiti, che schiacciano il cittadino che a esse non si adegua, che non ne bacia le babucce, riducendolo allo stato di suddito. Per quanto possa sembrare paradossale è stata proprio la democrazia rappresentativa a tradire il pensiero liberale che voleva valorizzare capacità, meriti, potenzialità del singolo individuo, dell'uomo libero che non accetta queste subordinazioni feudali e che sarebbe il cittadino ideale di una democrazia, se esistesse davvero, e ne diventa invece la vittima designata. Contro questa truffa ben congegnata è lecita la rivolta, anche violenta se occorre. Del resto le Democrazie sono nate su bagni di sangue e non si vede ragione alcuna per cui, avendo tradito quella che doveva essere la loro essenza, non si possa e non si debba rendere loro la pariglia.
Commento a cura
di Cervellin Lorenza, esperto di Pari opportunità, cittadinanza di
genere e integrazione sociale.
La
filosofa Luisa Muraro è filosofa e non filosofa femminista, semmai
filosofa esistenzialista, della differenza. Il breve saggio:
Dio è violent
non è un elogio della violenza per cui, non è corretto, piegare i
contenuti di uno scritto a “esigenze titolistiche”: Elogio della violenza.
L' immagine che accompagna l' articolo di Massimo Fini e la scritta “bruciamo le chiese” non trova corrispondenza con lo spirito del libro di Muraro la quale non intende esprimere una violenza cieca, volgare e distruttiva basata sulla superbia, il pregiudizio, la cecità e il dominio di derivazione patriarcale. Muraro non auspica bagni di sangue ma la sua riflessione si rivolge a una persona libera che agisce all' interno della democrazia in modo critico. Ricorda i messaggi di rinnovamento morale auspicati dai vangeli e dall' etica laica dove si auspica il rinnovamento dello spirito usando simbologie "violentemente potenti".
L' immagine che accompagna l' articolo di Massimo Fini e la scritta “bruciamo le chiese” non trova corrispondenza con lo spirito del libro di Muraro la quale non intende esprimere una violenza cieca, volgare e distruttiva basata sulla superbia, il pregiudizio, la cecità e il dominio di derivazione patriarcale. Muraro non auspica bagni di sangue ma la sua riflessione si rivolge a una persona libera che agisce all' interno della democrazia in modo critico. Ricorda i messaggi di rinnovamento morale auspicati dai vangeli e dall' etica laica dove si auspica il rinnovamento dello spirito usando simbologie "violentemente potenti".
Paolo:
Questo
voi farete, consapevoli del momento: è ormai tempo di svegliarvi dal
sonno, perché la nostra salvezza è più vicina ora di quando
diventammo credenti. La
notte è avanzata, il giorno è vicino. Gettiamo via perciò le opere
delle tenebre e indossiamo le armi della luce. Comportiamoci
onestamente, come in pieno giorno: non in mezzo a gozzoviglie e
ubriachezze, non fra impurità e licenze, non in contese e
gelosie. Rivestitevi
invece del Signore Gesù Cristo e non seguite la carne nei suoi
desideri.
Romani
13,
11-14
Matteo:
Ecco,
io vi mando come pecore in mezzo ai lupi; siate dunque prudenti come
serpenti e semplici come colombe. Ma
guardatevi dagli uomini, perché vi trascineranno davanti ai loro
sinedri e vi flagelleranno nelle loro sinagoghe. E
sarete condotti davanti ai governatori e davanti ai re, per causa
mia, per dare testimonianza a loro e ai gentili.
16-18
Tommaso
Moro: L'Utopia,
pubblicata nel 1516
contiene il pensiero utopico di Tommaso
Moro, statista e scrittore del XVI secolo, opera nella quale, critica
la società e i costumi dell’Inghilterra cinquecentesca e fa il
resoconto immaginario della vita nell’isola immaginaria di Utopia.
Ogni proposta utopica di Moro nasce per rispondere ad una precisa
situazione storica inopportuna. Nel periodo realistico
quest’abbandono al sogno si spiega poiché svolge un ruolo
d’impegno, critica e progettazione della città del futuro, quindi
non è motiva dalle futilità della voglia di evasione e di fuga
dalla realtà. L’esame del passato si sposta pertanto verso il
presente, ed è dettato dai dubbi che sorgono verso la nascente
società generata dall’economia di commercio. La progettazione di
nuove società è però differente nelle varie opere utopiche poiché
differenti sono i contesti nazionali in cui esse prendono forma: in ognuna di loro è comunque possibile rintracciare dei temi
comuni come la valorizzazione del lavoro e, di contro, la critica
riguardo all’ozio e al parassitismo. In queste opere è facile
trovare anche i concetti dell’affidamento delle funzioni dirigenti
in base alle capacità individuali e della religione ridotta a
religione naturale ma proprio per questo motivo esaltata rispetto
alla religione interpretata dagli storici. Tommaso Moro (1478-1535)
si oppone alla politica imperiale di Enrico VII, ma diviene Lord
cancelliere con Enrico VIII, ed è favorevole ad una riforma
religiosa nell’ambito di una religione meno costrittiva e più
naturale. Proprio Moro cade vittima dell’intolleranza e dell’odio
teologico, e muore decapitato.
Friedrich
Nietzsche: In Così
parlò Zarathustra, scritto
tra il 1883 e il 1885, ci offre l' idea di rinnovamento morale che si
basa sul rifiuto dell' obbedienza, della debolezza, della mediocrità,
della volgarità in favore dell' esaltazione della vita e dell'
affermazione gioiosa della volontà, praticando l' arte del sospetto
verso la cieca fiducia nella razionalità economica e scientifica. E
così parlò Zarathustra al popolo:
E'
tempo che l' uomo si ponga un fine.
E'
tempo che l' uomo pianti il germe della sua massima speranza. Il suo
terreno è ancora abbastanza ricco.
Ma
questo terreno un giorno sarà povero e isterilito e su di esso non
potrà più crescere un albero alto.
Ahimè
si avvicina il tempo in cui l' uomo non scaglia più la freccia del
suo desiderio al di là dell' uomo, e la corda del suo arco ha
disimparato a sibilare.
Io
vi dico: si deve ancora avere del caos dentro di sé per poter
generare una stella che danza. Io vi dico: avete ancora del caos in
voi.
Ahimè!
Si avvicina il tempo in cui l' uomo non genererà più stelle. Ahimè!
Si avvicina il tempo dell' uomo più disprezzabile, quello che non sa
più disprezzarsi.
E
ancora:
Chi
vuole ancora governare? Chi ancora obbedire? L' uno e L' altro è
troppo molesto. F.
Nietzsche, Così
parlò Zarathustra, Milanostampa,
CN, 1988, tr. Anna Maria Carpi, pp 24-25.
Luisa
Muraro si pone sulla strada di questi grandi intellettuali, vuole
contrastare le reazioni auspicando la violenza culturale e la
radicalità del diritto della persona a cambiare i poteri “tirannici”
moderni che hanno impoverito consapevolmente i popoli con il grande
inganno classista che ha occultato la democrazia. Il Dio di Muraro è
Dio razionale, di libertà, sia uomo che donna, la violenza è dell'
uomo in nome di Dio. Noi dobbiamo “approfittare” di Dio per
aprire strade nuove in virtù del fatto che con Dio vige la libertà
per cui l' uomo deve essere e rendersi libero, anche con la violenza giusta.
Ma quale violenza intende Muraro? Per capirlo bisogna esercitare il criterio di esclusione.
Ma quale violenza intende Muraro? Per capirlo bisogna esercitare il criterio di esclusione.
Non
è la violenza cieca e inutile della guerra, basata sui rapporti di
forza, che lei critica radicalmente.
Non
è la violenza del colonialismo economico e militare degli USA che
Muraro esemplifica proprio con la vicenda della base militare USA
proprio a Vicenza, una città con cittadini cresciuti credendo nella
partecipazione democratica.
La
Storia ha voltato pagina costringendo l' uomo, contro una morale
teorico-dottrinaria millenaria, ad assoggettarsi a logiche
antidemocratiche? Allora l' uomo-cittadino può “voltare le
spalle”. In questo voltare le spalle risiede, come la Storia insegna, il diritto dell' uomo a cambiare. L' uomo ha vissuto all' interno del “contratto sociale”
consapevolmente od obbedendo al “senso” e all' ordine simbolico
materno non riconosciuto dottrinariamente. Il patto sociale è morto
da tempo portando con sé il disordine simbolico che genera violenza
e mina irreversibilmente la condivisione.
Dice
Muraro:
...non lasciamo che il significato e il valore delle nostre vite, come acqua preziosa messa in un secchio bucato dalla ruggine, siano risucchiate nell' agonia di forme politiche senza anima. L. Muraro, Dio è violent, ed. Nottetempo, RO, 2012, p. 22.
...non lasciamo che il significato e il valore delle nostre vite, come acqua preziosa messa in un secchio bucato dalla ruggine, siano risucchiate nell' agonia di forme politiche senza anima. L. Muraro, Dio è violent, ed. Nottetempo, RO, 2012, p. 22.
La
politica è immersa in un “irrimediabile discredito” e onestà e
disonestà ormai appartengono al dominio della giustizia penale e non
alla politica come invece voleva una cultura millenaria. La politica, arte del possibile a garanzia dell' uomo, ha fallito. La Storia ci
insegna che il “contratto sociale” non è mai esistito nella
realtà ma è stata una elaborazione teorica che ha consentito lo
sviluppo della borghesia e il controllo sull' uomo e la
schiavizzazione sessuale della donna con il monopolio sul suo corpo a
scopo produttivo e riproduttivo. Complementare a questo progetto è
stata l' ideologia dei diritti e dell' eguaglianza, una leva che ha
veicolato istanze di trasformazioni e cambiamenti ma sempre con
rapporti di potere basati sul dominio. La democrazia compiuta non si è mai realizzata.
Muraro dice:
… a chi detiene un potere, quale che sia, io non mi presento dichiarando che ho rinunciato all' uso della forza fino alla violenza se necessario. L. Muraro, Dio è violent, ed. Nottetempo, RO, 2012, p. 28.
Muraro dice:
… a chi detiene un potere, quale che sia, io non mi presento dichiarando che ho rinunciato all' uso della forza fino alla violenza se necessario. L. Muraro, Dio è violent, ed. Nottetempo, RO, 2012, p. 28.
Muraro
lascia la possibilità dell' uso della forza ma non la auspica anzi
esalta la rinuncia all' uso della forza in favore dell' uso della
forza morale e della determinazione politica come ad esempio la forza
di Martin Luther King in presenza però di un residuo di fiducia nel
vincolo fra governanti e cittadini. Oggi non è più quel tempo e
quel mondo.
Oggi
Dio e la fiducia nel progresso sono morti.
Muraro
dice:
Oggi, a causa della competizione globale, esasperata dalla crisi in corso, l' idea che sia possibile stare meglio tutti non agisce più; prevale quella che il meglio sia per alcuni a spese di altri. La costatazione che non siamo più animati dal sogno di stare tutti meglio, è un colpo mortale all' ideale dell' eguaglianza e alla politica dei diritti. E impone di riaprire il discorso sull' uso della forza. C' è una violenza nelle cose e fra i viventi che prelude a un ritorno della legge del più forte: dobbiamo pensarci. L. Muraro, Dio è violent, ed. Nottetempo, RO, 2012, pp. 29-30.
Oggi, a causa della competizione globale, esasperata dalla crisi in corso, l' idea che sia possibile stare meglio tutti non agisce più; prevale quella che il meglio sia per alcuni a spese di altri. La costatazione che non siamo più animati dal sogno di stare tutti meglio, è un colpo mortale all' ideale dell' eguaglianza e alla politica dei diritti. E impone di riaprire il discorso sull' uso della forza. C' è una violenza nelle cose e fra i viventi che prelude a un ritorno della legge del più forte: dobbiamo pensarci. L. Muraro, Dio è violent, ed. Nottetempo, RO, 2012, pp. 29-30.
Io
interpreto questo passo come presa d'atto di una realtà violenta in
cui siamo tutti immersi ma che incombe e viene agita sull' uomo-cittadino
impoverendolo togliendogli energie ed esponendolo a ritorni tirannici
che devono far pensare al necessario e giusto contrasto: in questo contesto si deve
poter parlare dell' idea di “violenza giusta”. Non guerra giusta
e violenza di guerra ma violenza di matrice divina, una violenza che
non è strumento di nessuno tantomeno del diritto che usa una
violenza codificata e antistorica al servizio dei rapporti di forza
formali che, nel momento in cui si applica, è già superato dalla Storia per cui non può mai avvicinarsi veramente alla verità ma
solo stabilirla per legge. La violenza legittima non del diritto ma
dell' uomo si riconosce e si giustifica di volta in volta a seconda
degli scopi per i quali prende forma e si realizza. L' appannarsi
dell' intelligenza collettiva, in Italia, corrisponde alla
devitalizzazione dell' idea rivoluzionaria di uguaglianza sociale e
giustizia che, per un periodo storico, si è identificata con l'
ideologia comunista. Indispensabile all' idea di violenza giusta è
la responsabilità, la consapevolezza e la prontezza per decidere di
non usarla. Quando Berlusconi ha fatto violenza agli aquilani colpiti
dal terremoto, imponendo la sua presenza a scopo demagogico e
autopromozionale, gli aquilani però erano legittimati a reagire anche con
violenza con fischi e sassate.
Un nuovo racconto sull' uomo è possibile e lo dice la storia delle donne che da invenzione dell' uomo sono passate ad essere soggetto sociale autonomo.
Un nuovo racconto sull' uomo è possibile e lo dice la storia delle donne che da invenzione dell' uomo sono passate ad essere soggetto sociale autonomo.
La
morte della responsabilità politica è un processo iniziato con la
prima guerra mondiale causata dalla stupidità dell' uomo che non
lasciò più speranza all' umanità e che rivelò i limiti della
virilizzazione creando un legame assiomatico fra l' essere uomini e
andare in guerra. Un legame costruito che rivelò la debolezza dell'
uomo che, da quel trauma, non si è più ripreso e quel trauma
occultato, costituisce i processi di neo-virilizzazione e il
maschilismo arrivati ai nostri giorni che tanta violenza comportano
che dovrebbe far comprendere che è sbagliato credere di fare quel
che si vuole con la violenza. La violenza esercitata in guerra, si
riversò massicciamente nel privato: una virilizzazione forzata, una
maschera che ha generato violenza fino ai nostri giorni, anche e soprattutto in casa, la
cui espressione più tragica è lo stupro verso la propria donna e
verso tutte le donne.
Alla
fascinazione della violenza, che esiste, bisogna reagire anche con
la rabbia pur di non assistervi passivamente.
Oggi
tocca alle donne riformulare la questione della violenza perchè
storicamente sono i soggetti che più ne sono state colpite e sono
state dentro/fuori il contratto sociale e dentro il contratto
sessuale che le ha forzatamente introdotte nella frequentazione
intima della violenza. Alle donne toccherebbe gestire la nuova
narrazione umana imponendo l' indipendenza simbolica e la libera
disponibilità delle proprie forze che libera, non l' azione
violenta, ma l' azione possibile ed efficace, nei confronti del
potere costituito e da chi gestisce ogni potere che non abbia a cuore
l' umanità.
La formula della potenza dell' azione è “quanto basta”: “quanto basta per combattere senza odiare, quanto serve per disfare senza distruggere”.
La formula della potenza dell' azione è “quanto basta”: “quanto basta per combattere senza odiare, quanto serve per disfare senza distruggere”.
Questa
la riflessione preziosa e originale di Muraro, che non inneggia alla
violenza, ma la indaga senza volgarizzazioni, la situa come possibile esperienza estetica nell' ambito delle azioni giuste solo quando è in gioco la sopravvivenza dell' umano e dell' universo di senso costitutivo la società civile. Muraro può essere accostata, paradigmaticamente ai grandi pensatori occidentali, che si sono interrogati sul destino dell' uomo ma la sua riflessione risulta più completa poichè arricchita dall' esperienza di genere, prima imposta con la forza e poi con la violenza simbolica. Uno straordinario esercizio di indagine dell' esistente e un riconoscimento e orgoglio di una differenza scelta come unico e privilegiato percorso soggettivizzante e ontologicamente valido ed auspicabile.
Attenzione!! E' chiaro che oggi è uno di quei momenti storici in cui è necessario agire ma soprattutto è necessario, prima ancora, pensare, discriminare, astrarsi per togliere incrostazioni omologanti e per riconoscere da che parte viene la verità o se non viene da nessuna parte e dobbiamo disfare tutto per ricostruire. Oggi tutto il dibattito pubblico manca di cultura ed è creato artificiosamente per distrarre, omologare, volgarizzare, impedire di decodificare ciò che potrebbe essere giusto da ciò che non lo è. La critica alla politica, la definizione di casta, la definizione di antipolitica, sono strumenti di una nuova retorica distraente che si rende complice del rinnovato classismo e che, inneggiando e radicalizzando le critiche, realizzano la reazione stessa. Dobbiamo farci trovare pronti e responsabili per esercitare la rabbia giusta che ci porta a scegliere percorsi non violenti ma ugualmente rivoluzionari.
Attenzione!! E' chiaro che oggi è uno di quei momenti storici in cui è necessario agire ma soprattutto è necessario, prima ancora, pensare, discriminare, astrarsi per togliere incrostazioni omologanti e per riconoscere da che parte viene la verità o se non viene da nessuna parte e dobbiamo disfare tutto per ricostruire. Oggi tutto il dibattito pubblico manca di cultura ed è creato artificiosamente per distrarre, omologare, volgarizzare, impedire di decodificare ciò che potrebbe essere giusto da ciò che non lo è. La critica alla politica, la definizione di casta, la definizione di antipolitica, sono strumenti di una nuova retorica distraente che si rende complice del rinnovato classismo e che, inneggiando e radicalizzando le critiche, realizzano la reazione stessa. Dobbiamo farci trovare pronti e responsabili per esercitare la rabbia giusta che ci porta a scegliere percorsi non violenti ma ugualmente rivoluzionari.
Una
raccomandazione per le donne: attenzione a pretendere il
riconoscimento della differenza nella parità.
E'
vero come dice Massimo fini che il patto sociale non è mai esistito
ma è più corretto dire che non si è mai realizzato; la tragedia
odierna è costituita dal fatto che la politica ne ha distrutto anche
l' idea.
Lorenza
Cervellin, esperto di pari opportunità, cittadinanza di genere e
integrazione sociale.
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