martedì 3 luglio 2012

PROBLEMATIZZAZIONE SULLA VIOLENZA


Prendendo spunto da una breve ma intensa riflessione scritta, con caratteristiche, di pamphlet, della filosofa Luisa Muraro, ritengo utile problematizzare l' uso, a mio avviso strumentale che, pubblicamente, si è iniziato a fare del breve saggio.
Dal sito: ilfattoquotidiano.it

ELOGIO DELLA VIOLENZA Per la filosofa Luisa Muraro il contratto sociale è morto, è l’ora della forza  









Il contratto sociale è un’idea morta”. Lo dice la filosofa Luisa Muraro in un pamphlet appena uscito per Nottetempo e intitolato “Dio è violent”. Non è un refuso. E’ la scritta letta su un muro di Lecce, con l’ultima vocale illeggibile, da cui parte il breve testo di una della più carismatiche esponenti del femminismo della differenza. Dobbiamo ripensare il tema della violenza, è la sua tesi, prendendo atto della fine delle illusioni sul potere salvifico del contratto sociale. Questo è il compito che tocca a chi, “senza inferocirsi o inselvatichirsi, constata semplicemente che è vano agire in nome di una fiducia nella cosa pubblica con l’aspettativa di un ritorno”.                                            
La filosofa legge in trasparenza “la positiva idea di una violenza giusta” in quella scritta sul muro di Lecce. La predicazione antiviolenza oggi è fallimentare, così come il patetico polverone dell’indignazione, perché favorisce “l’abdicazione ad agire, se necessario, con tutta la forza necessaria”. Quella stessa rispettabile predicazione “vorrebbe farci credere che la misura giusta la fisserebbe il confine tra forza e violenza”, quando invece “lo sconfinamento tra l’una e l’altra spesso è inevitabile”, e “separarle per definizione non fa che occultare un aspetto ineliminabile della realtà umana” (fa l’esempio di Srebrenica, dove la forza di pace dell’Onu, nel 1995, accettò di fatto il massacro di civili inermi quando avrebbe potuto evitarlo facendo il giusto uso della forza-violenza. Fa anche l’esempio, a dire il vero un po’ ridicolo, dei terremotati dell’Aquila, che a suo giudizio avrebbero dovuto prendere a fischi e sassate il premier Berlusconi che aveva usato la loro  città come “cornice massmediatica per la sua autopromozione”).  

Muraro non nega alla predicazione antiviolenza ben fondati argomenti morali. Ma il tempo (quel tempo) è scaduto, perché a mancarle oggi è “un punto di leva per sollevare le giuste 
pretese e abbassare l’arroganza dei potenti. Anticamente il punto di leva era la parola divina; modernamente è stato l’ideale del progresso. Che oggi è morto, al pari e forse più di Dio. Oggi, a causa della competizione globale, esasperata dalla crisi in corso, l’idea che sia possibile stare meglio tutti non agisce più; prevale quella che il meglio sia per alcuni a spese di altri”. E’ per questo che si impone “di riaprire il discorso sull’uso della forza. C’è una violenza nelle cose e fra i viventi che prelude a un ritorno della legge del più forte: dobbiamo pensarci”. Lei ci ha pensato ed è giunta alla conclusione che, a differenza di persone e gruppi che predicano e praticano la non violenza, “a chi detiene il potere quale che sia, io non mi presento dichiarando che ho rinunciato all’uso della forza fino alla violenza se necessario”.  
La novità, nella presa di posizione di Luisa Muraro (ne parlerà a Roma il 12 giugno, al Festival delle Letterature) è l’idea “che ci sia un rapporto diretto tra la questione della violenza, da una parte, e la morte della responsabilità politica, dall’altra” (un’intuizione da maneggiare con cura, per motivi evidenti, ma la filosofa ha scelto di non ricorrere a eufemismi). Guai a illudersi che la violenza sia un mezzo, piuttosto, “vedere nella violenza il manifestarsi di una potenza che gli umani non governano, per lo più cieca e distruttiva, che talvolta però, a sprazzi, prende senso e s’impone in chi ha il senso della giustizia, diventando violenza giusta, questa è una veduta più profonda”. Le donne, conclude Muraro, “sono in posizione per sapere tutta la parte di frode che c’è nel racconto moderno del contratto sociale e nel principio del monopolio statale della violenza”, per l’essere “dentro-fuori dal contratto sociale e per la frequentazione della violenza che le colpisce a causa del fatto che sono di sesso femminile”. Le donne possono quindi ragionare di violenza senza tabù: “Dell’agire efficace bisogna dire che esso comporta a volte una certa violenza: quanta, esattamente? Non lo so… La formula che ho trovato dice: quanto basta per combattere senza odiare, quanto serve per disfare senza distruggere”.

Fonte:
www.ilfoglio.it
Link:
http://www.ilfoglio.it/soloqui/13680
5.06.2012


DEMOCRAZIA E VIOLENZA
Data: Sabato, 16 giugno @ 17:10:00 CDT
Argomento: Varie 
DI MASSIMO FINI ilfattoquotidiano.it









Il Foglio ci informa che “la filosofa femminista” Luisa Muraro in un pamphlet intitolato “Dio è violento” riflette sulla legittimità dell'uso della violenza in democrazia, contro il potere democratico. Ne è nato un dibattito in cui sono intervenute soprattutto femministe, più o meno storiche, che disinvoltamente dimentiche dei loro mantra sulla “non violenza” con cui ci hanno fracassato i coglioni per decenni, propendono per una risposta affermativa, sia pur in termini sufficientemente contorti per poter ritirare la mano dopo aver scagliato il sasso. 
Per la verità questa questione io l'avevo già posta nel 2004 con un libro “Sudditi. Manifesto contro la democrazia” che ebbe un largo consenso di pubblico (150 mila copie, allo stato) ma fu silenziato dall'”intellighentia”. Non capisco (o forse capisco fin troppo bene) perché se certe cose le dice la Muraro meritano considerazione mentre se le dico io, magari con un certo anticipo, no. Ma lasciamo perdere. 

È indubbio merito della Muraro aver scelto il momento giusto. 

Perché dopo mezzo secolo di oppressione partitocratica che ci ha portato al punto in cui siamo, e non solo dal punto di vista economico, c'è in giro –è inutile nasconderselo –una gran voglia di menar le mani. La cosa è ovviamente delicatissima. Per ragioni legate alla nostra storia recente e per questioni teoriche. Già nel '68 si sosteneva che la violenza era legittimata dalla 'violenza del sistema'. Ma il '68 è stato una cosa 'comica e camorristica' per usare un'espressione di Luigi Einaudi a proposito della massoneria, di figli della borghesia che sciamavano per le strade urlando “Uccidere un fascista non è reato”, “fascisti, borghesi ancora pochi mesi”, ma che in realtà aspiravano solo a diventare direttori del Corriere della Sera o conduttori di qualche programma Tv. Più serio è stato
il
terrorismo ma, a parte che, come il '68, cavalcava un'ideologia morente, il marxismo-leninismo, non è certo questo il genere di violenza cui pensa la Muraro, ma a una violenza di massa, una violenza di popolo.

Questione teorica. Le democrazie non dubitano che sia legittimo abbattere i dittatori con la violenza (è una questione che si è posta fin dall'antichità, già Seneca si domandava “è lecito uccidere il tiranno?”). Tanto è vero che le 'rivolte arabe' sono state viste con grande favore e in alcuni casi (Libia) aiutate anche 'manu militari', per altro del tutto arbitrariamente. Ma in democrazia? Che bisogno c'è della violenza? C'è il voto. La Muraro sostiene che la violenza è diventata legittima perché, di fatto, si è rotto il 'contratto sociale'.
Interpellato a mia volta dal Foglio (vedi articolo più sotto, ndr) ho risposto “più che morto il contratto sociale non è mai esistito”. Perché la democrazia rappresentativa non è mai stata, fin dalle sue origini, democrazia, ma un sistema di oligarchie, di aristocrazie mascherate, di lobbies, di partiti, che schiacciano il cittadino che a esse non si adegua, che non ne bacia le babucce, riducendolo allo stato di suddito. Per quanto possa sembrare paradossale è stata proprio la democrazia rappresentativa a tradire il pensiero liberale che voleva valorizzare capacità, meriti, potenzialità del singolo individuo, dell'uomo libero che non accetta queste subordinazioni feudali e che sarebbe il cittadino ideale di una democrazia, se esistesse davvero, e ne diventa invece la vittima designata.  Contro questa truffa ben congegnata è lecita la rivolta, anche violenta se occorre. Del resto le Democrazie sono nate su bagni di sangue e non si vede ragione alcuna per cui, avendo tradito quella che doveva essere la loro essenza, non si possa e non si debba rendere loro la pariglia. 
Massimo Fini
Fonte:
www.ilfattoquotidiano.it
16.06.2012


Commento a cura di Cervellin Lorenza, esperto di Pari opportunità, cittadinanza di genere e integrazione sociale.
La filosofa Luisa Muraro è filosofa e non filosofa femminista, semmai filosofa esistenzialista, della differenza. Il breve saggio: Dio è violent non è un elogio della violenza per cui, non è corretto, piegare i contenuti di uno scritto a “esigenze titolistiche”: Elogio della violenza.
L' immagine che accompagna l' articolo di Massimo Fini e la scritta “bruciamo le chiese” non trova corrispondenza con lo spirito del libro di Muraro la quale non intende esprimere una violenza cieca, volgare e distruttiva basata sulla superbia, il pregiudizio, la cecità e il dominio di derivazione patriarcale. Muraro non auspica bagni di sangue ma la sua riflessione si rivolge a una persona libera che agisce all' interno della democrazia in modo critico. Ricorda i messaggi di rinnovamento morale auspicati dai vangeli e dall' etica laica dove si auspica il rinnovamento dello spirito usando simbologie "violentemente potenti". 
Paolo: Questo voi farete, consapevoli del momento: è ormai tempo di svegliarvi dal sonno, perché la nostra salvezza è più vicina ora di quando diventammo credenti. La notte è avanzata, il giorno è vicino. Gettiamo via perciò le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce. Comportiamoci onestamente, come in pieno giorno: non in mezzo a gozzoviglie e ubriachezze, non fra impurità e licenze, non in contese e gelosie. Rivestitevi invece del Signore Gesù Cristo e non seguite la carne nei suoi desideri. Romani 13, 11-14

Matteo: Ecco, io vi mando come pecore in mezzo ai lupi; siate dunque prudenti come serpenti e semplici come colombe. Ma guardatevi dagli uomini, perché vi trascineranno davanti ai loro sinedri e vi flagelleranno nelle loro sinagoghe. E sarete condotti davanti ai governatori e davanti ai re, per causa mia, per dare testimonianza a loro e ai gentili. 16-18

Tommaso MoroL'Utopia, pubblicata nel 1516 contiene il pensiero utopico di Tommaso Moro, statista e scrittore del XVI secolo, opera nella quale, critica la società e i costumi dell’Inghilterra cinquecentesca e fa il resoconto immaginario della vita nell’isola immaginaria di Utopia. Ogni proposta utopica di Moro nasce per rispondere ad una precisa situazione storica inopportuna. Nel periodo realistico quest’abbandono al sogno si spiega poiché svolge un ruolo d’impegno, critica e progettazione della città del futuro, quindi non è motiva dalle futilità della voglia di evasione e di fuga dalla realtà. L’esame del passato si sposta pertanto verso il presente, ed è dettato dai dubbi che sorgono verso la nascente società generata dall’economia di commercio. La progettazione di nuove società è però differente nelle varie opere utopiche poiché differenti sono i contesti nazionali in cui esse prendono forma: in ognuna di loro è comunque possibile rintracciare dei temi comuni come la valorizzazione del lavoro e, di contro, la critica riguardo all’ozio e al parassitismo. In queste opere è facile trovare anche i concetti dell’affidamento delle funzioni dirigenti in base alle capacità individuali e della religione ridotta a religione naturale ma proprio per questo motivo esaltata rispetto alla religione interpretata dagli storici. Tommaso Moro (1478-1535) si oppone alla politica imperiale di Enrico VII, ma diviene Lord cancelliere con Enrico VIII, ed è favorevole ad una riforma religiosa nell’ambito di una religione meno costrittiva e più naturale. Proprio Moro cade vittima dell’intolleranza e dell’odio teologico, e muore decapitato.
Friedrich Nietzsche: In Così parlò Zarathustra, scritto tra il 1883 e il 1885, ci offre l' idea di rinnovamento morale che si basa sul rifiuto dell' obbedienza, della debolezza, della mediocrità, della volgarità in favore dell' esaltazione della vita e dell' affermazione gioiosa della volontà, praticando l' arte del sospetto verso la cieca fiducia nella razionalità economica e scientifica.  E così parlò Zarathustra al popolo:
E' tempo che l' uomo si ponga un fine.
E' tempo che l' uomo pianti il germe della sua massima speranza. Il suo terreno è ancora abbastanza ricco.
Ma questo terreno un giorno sarà povero e isterilito e su di esso non potrà più crescere un albero alto.
Ahimè si avvicina il tempo in cui l' uomo non scaglia più la freccia del suo desiderio al di là dell' uomo, e la corda del suo arco ha disimparato a sibilare.
Io vi dico: si deve ancora avere del caos dentro di sé per poter generare una stella che danza. Io vi dico: avete ancora del caos in voi.
Ahimè! Si avvicina il tempo in cui l' uomo non genererà più stelle. Ahimè! Si avvicina il tempo dell' uomo più disprezzabile, quello che non sa più disprezzarsi.
E ancora:
Chi vuole ancora governare? Chi ancora obbedire? L' uno e L' altro è troppo molesto. F. Nietzsche, Così parlò Zarathustra, Milanostampa, CN, 1988, tr. Anna Maria Carpi, pp 24-25.
Luisa Muraro si pone sulla strada di questi grandi intellettuali, vuole contrastare le reazioni auspicando la violenza culturale e la radicalità del diritto della persona a cambiare i poteri “tirannici” moderni che hanno impoverito consapevolmente i popoli con il grande inganno classista che ha occultato la democrazia. Il Dio di Muraro è Dio razionale, di libertà, sia uomo che donna, la violenza è dell' uomo in nome di Dio. Noi dobbiamo “approfittare” di Dio per aprire strade nuove in virtù del fatto che con Dio vige la libertà per cui l' uomo deve essere e rendersi libero, anche con la violenza giusta.

Ma quale violenza intende Muraro? Per capirlo bisogna esercitare il criterio di esclusione.
Non è la violenza cieca e inutile della guerra, basata sui rapporti di forza, che lei critica radicalmente.
Non è la violenza del colonialismo economico e militare degli USA che Muraro esemplifica proprio con la vicenda della base militare USA proprio a Vicenza, una città con cittadini cresciuti credendo nella partecipazione democratica.
La Storia ha voltato pagina costringendo l' uomo, contro una morale teorico-dottrinaria millenaria, ad assoggettarsi a logiche antidemocratiche? Allora l' uomo-cittadino può “voltare le spalle”. In questo voltare le spalle risiede, come la Storia insegna, il diritto dell' uomo a cambiare. L' uomo ha vissuto all' interno del “contratto sociale” consapevolmente od obbedendo al “senso” e all' ordine simbolico materno non riconosciuto dottrinariamente. Il patto sociale è morto da tempo portando con sé il disordine simbolico che genera violenza e mina irreversibilmente la condivisione.
Dice Muraro: 

...non lasciamo che il significato e il valore delle nostre vite, come acqua preziosa messa in un secchio bucato dalla ruggine, siano risucchiate nell' agonia di forme politiche senza anima. L. Muraro, Dio è violent, ed. Nottetempo, RO, 2012, p. 22.
La politica è immersa in un “irrimediabile discredito” e onestà e disonestà ormai appartengono al dominio della giustizia penale e non alla politica come invece voleva una cultura millenaria. La politica, arte del possibile a garanzia dell' uomo, ha fallito. La Storia ci insegna che il “contratto sociale” non è mai esistito nella realtà ma è stata una elaborazione teorica che ha consentito lo sviluppo della borghesia e il controllo sull' uomo e la schiavizzazione sessuale della donna con il monopolio sul suo corpo a scopo produttivo e riproduttivo. Complementare a questo progetto è stata l' ideologia dei diritti e dell' eguaglianza, una leva che ha veicolato istanze di trasformazioni e cambiamenti ma sempre con rapporti di potere basati sul dominio. La democrazia compiuta non si è mai realizzata.
Muraro dice: 

a chi detiene un potere, quale che sia, io non mi presento dichiarando che ho rinunciato all' uso della forza fino alla violenza se necessario. L. Muraro, Dio è violent, ed. Nottetempo, RO, 2012, p. 28.
Muraro lascia la possibilità dell' uso della forza ma non la auspica anzi esalta la rinuncia all' uso della forza in favore dell' uso della forza morale e della determinazione politica come ad esempio la forza di Martin Luther King in presenza però di un residuo di fiducia nel vincolo fra governanti e cittadini. Oggi non è più quel tempo e quel mondo.
Oggi Dio e la fiducia nel progresso sono morti.
Muraro dice: 

Oggi, a causa della competizione globale, esasperata dalla crisi in corso, l' idea che sia possibile stare meglio tutti non agisce più; prevale quella che il meglio sia per alcuni a spese di altri. La costatazione che non siamo più animati dal sogno di stare tutti meglio, è un colpo mortale all' ideale dell' eguaglianza e alla politica dei diritti. E impone di riaprire il discorso sull' uso della forza. C' è una violenza nelle cose e fra i viventi che prelude a un ritorno della legge del più forte: dobbiamo pensarci. L. Muraro, Dio è violent, ed. Nottetempo, RO, 2012, pp. 29-30.
Io interpreto questo passo come presa d'atto di una realtà violenta in cui siamo tutti immersi ma che incombe e viene agita sull' uomo-cittadino impoverendolo togliendogli energie ed esponendolo a ritorni tirannici che devono far pensare al necessario e giusto contrasto: in questo contesto si deve poter parlare dell' idea di “violenza giusta”. Non guerra giusta e violenza di guerra ma violenza di matrice divina, una violenza che non è strumento di nessuno tantomeno del diritto che usa una violenza codificata e antistorica al servizio dei rapporti di forza formali che, nel momento in cui si applica, è già superato dalla Storia per cui non può mai avvicinarsi veramente alla verità ma solo stabilirla per legge. La violenza legittima non del diritto ma dell' uomo si riconosce e si giustifica di volta in volta a seconda degli scopi per i quali prende forma e si realizza. L' appannarsi dell' intelligenza collettiva, in Italia, corrisponde alla devitalizzazione dell' idea rivoluzionaria di uguaglianza sociale e giustizia che, per un periodo storico, si è identificata con l' ideologia comunista. Indispensabile all' idea di violenza giusta è la responsabilità, la consapevolezza e la prontezza per decidere di non usarla. Quando Berlusconi ha fatto violenza agli aquilani colpiti dal terremoto, imponendo la sua presenza a scopo demagogico e autopromozionale, gli aquilani però erano legittimati a reagire anche con violenza con fischi e sassate. 

Un nuovo racconto sull' uomo è possibile e lo dice la storia delle donne che da invenzione dell' uomo sono passate ad essere soggetto sociale autonomo.
La morte della responsabilità politica è un processo iniziato con la prima guerra mondiale causata dalla stupidità dell' uomo che non lasciò più speranza all' umanità e che rivelò i limiti della virilizzazione creando un legame assiomatico fra l' essere uomini e andare in guerra. Un legame costruito che rivelò la debolezza dell' uomo che, da quel trauma, non si è più ripreso e quel trauma occultato, costituisce i processi di neo-virilizzazione e il maschilismo arrivati ai nostri giorni che tanta violenza comportano che dovrebbe far comprendere che è sbagliato credere di fare quel che si vuole con la violenza. La violenza esercitata in guerra, si riversò massicciamente nel privato: una virilizzazione forzata, una maschera che ha generato violenza fino ai nostri giorni, anche e soprattutto in casa, la cui espressione più tragica è lo stupro verso la propria donna e verso tutte le donne.
Alla fascinazione della violenza, che esiste, bisogna reagire anche con la rabbia pur di non assistervi passivamente.
Oggi tocca alle donne riformulare la questione della violenza perchè storicamente sono i soggetti che più ne sono state colpite e sono state dentro/fuori il contratto sociale e dentro il contratto sessuale che le ha forzatamente introdotte nella frequentazione intima della violenza. Alle donne toccherebbe gestire la nuova narrazione umana imponendo l' indipendenza simbolica e la libera disponibilità delle proprie forze che libera, non l' azione violenta, ma l' azione possibile ed efficace, nei confronti del potere costituito e da chi gestisce ogni potere che non abbia a cuore l' umanità.

La formula della potenza dell' azione è “quanto basta”: “quanto basta per combattere senza odiare, quanto serve per disfare senza distruggere”.
Questa la riflessione preziosa e originale di Muraro, che non inneggia alla violenza, ma la indaga senza volgarizzazioni, la situa come possibile esperienza estetica nell' ambito delle azioni giuste solo quando è in gioco la sopravvivenza dell' umano e dell' universo di senso costitutivo la società civile. Muraro può essere accostata,  paradigmaticamente ai grandi pensatori occidentali, che si sono interrogati sul destino dell' uomo ma la sua riflessione risulta più completa poichè arricchita dall' esperienza di genere, prima imposta con la forza  e poi con la violenza simbolica. Uno straordinario esercizio di indagine dell' esistente e un riconoscimento e orgoglio di una differenza scelta come unico e privilegiato percorso soggettivizzante e ontologicamente valido ed auspicabile. 

Attenzione!! E' chiaro che oggi è uno di quei momenti storici in cui è necessario agire   ma soprattutto è necessario, prima ancora, pensare, discriminare, astrarsi per togliere incrostazioni omologanti e per riconoscere da che parte viene la verità o se non viene da nessuna parte e dobbiamo disfare tutto per ricostruire. Oggi tutto il dibattito pubblico manca di cultura ed è creato artificiosamente per distrarre, omologare, volgarizzare, impedire di decodificare ciò che potrebbe essere giusto da ciò che non lo è. La critica alla politica, la definizione di casta, la definizione di antipolitica, sono strumenti di una nuova retorica distraente che si rende complice del rinnovato classismo e che, inneggiando e radicalizzando le critiche, realizzano la reazione stessa. Dobbiamo farci trovare pronti e responsabili per esercitare la rabbia giusta che ci porta a scegliere percorsi non violenti ma ugualmente rivoluzionari.

Una raccomandazione per le donne: attenzione a pretendere il riconoscimento della differenza nella parità.
E' vero come dice Massimo fini che il patto sociale non è mai esistito ma è più corretto dire che non si è mai realizzato; la tragedia odierna è costituita dal fatto che la politica ne ha distrutto anche l' idea. 
Lorenza Cervellin, esperto di pari opportunità, cittadinanza di genere e integrazione sociale.


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