29
giugno 2012, approvazione del disegno
di legge Golfo-Mosca -Atto Camera 2426-2956 B- che
obbligherà le società, anche in mano pubblica, a riservare alle
donne, dal 2012, una quota pari al 30% dei posti nei consigli di
amministrazione, legge che dovrà indurre necessariamente ad
un ripensamento in
chiave di promozione delle pari opportunità delle modalità di
accesso ai vertici in
tutto il settore pubblico.
12
agosto 2011: entra in vigore della legge 120/2011 - approvata grazie
all’ impegno delle On.li Lella Golfo e Alessia Mosca - è stata
stabilita una importante novità nell’ambito del diritto societario
italiano: gli organi sociali delle società quotate in scadenza
dal 12
agosto 2012 dovranno
essere rinnovati riservando una quota pari ad almeno un quinto dei
propri membri al genere meno rappresentato: le donne. Donne che,
a partire dal secondo e terzo rinnovo degli organi sociali, dovranno
essere pari ad almeno a un terzo,
per arrivare al 2022, data in cui si pone la seconda importante scadenza fissata dalla legge Golfo-Mosca: l’esaurimento della sua efficacia.
per arrivare al 2022, data in cui si pone la seconda importante scadenza fissata dalla legge Golfo-Mosca: l’esaurimento della sua efficacia.
La
legge ha, dunque, una validità temporale di soli dieci anni,
entro i quali si auspica di raggiungere l’obiettivo di rimuovere
gli ostacoli che sinora hanno limitato l’accesso delle donne a
ruoli di comando, favorendo un processo di rinnovamento culturale a
supporto di una maggiore meritocrazia e di opportunità di crescita.
In
questi dieci anni le donne che siederanno nei consigli di
amministrazione avranno la responsabilità di affermare le proprie
competenze e di essere in grado di contribuire alla creazione di
valore: l’obiettivo è quello di non avere più bisogno di una
legge e, dal 2023, di superare il tema del genere, candidando alle
cariche sociali chi ha le caratteristiche più adeguate per quel
ruolo, uomo o donna che sia.
Le
società si stanno attrezzando per adeguarsi alle novità che la
legge ha introdotto. Attraverso le associazioni di categoria (ad
esempio Assonime), molte hanno partecipato al dibattito e alle
consultazioni di cui Consob ha tenuto conto nella formulazione del
nuovo art. 144-undecies del Regolamento Emittenti. Tale articolo è
stato recentemente approvato con la delibera n. 18098 dell’8
febbraio 2012 e, in attuazione degli artt. 147 ter e 148 del Testo
Unico della Finanza, stabilisce quali modifiche le società quotate
devono apportare ai propri statuti per garantire l’equilibrio di
genere nei loro organi sociali.
Con
questa norma è stata data autonomia alle società di rivedere i
propri meccanismi statutari di nomina di consiglieri e sindaci. In
caso di riparto, comunque, l’arrotondamento dovrà avvenire a
favore del genere meno rappresentato per eccesso all’unità
superiore. Ciò significa che, nel caso in cui il numero complessivo
dei consiglieri sia, ad esempio, pari a 11 la “quota di un terzo”
riservata alle donne è pari non a tre, ma a quattro membri.
Il
processo di modifica degli statuti da parte delle società quotate è
un fattore che non deve essere sottovalutato. Le modifiche statutarie
in questione non hanno una mera valenza regolamentare, ma impattano
sulle politiche di governo societario delle aziende, mediante un
inevitabile rinnovamento di organi sociali, la cui composizione
spesso era consolidata da tempo.
Queste
modifiche promuovono un dibattito che coinvolge una pluralità di
interlocutori:
-
Gli emittenti, che devono adeguare la propria corporate governance a
criteri di equilibrio tra i generi;
-Tutti
i loro soci (di maggioranza e di minoranza) che sono chiamati a
candidare e a rinnovare gli organi sociali e a condividere novellati
meccanismi di voto complessi, come quelli di lista, che spesso devono
fare anche i conti con pattuizioni parasociali di pari complessità;
-
I consulenti tecnici, tra cui avvocati e notai, che devono supportare
soci e società in questo processo.
Vi
è poi un tema cruciale e delicato: selezionare le donne da candidare
a ruoli strategici, le prime delle quali già dovranno essere
identificate tra pochi mesi, appena dopo l’estate.
Per
questo evento i soci e le società cominciano ad attrezzarsi: entro
il 2015 le donne che dovranno sedere negli emittenti saranno circa
700 e circa 200 nei collegi sindacali.
Gli
investitori istituzionali (soprattutto internazionali) si stanno
muovendo, al pari degli azionisti di minoranza, nella direzione di
ricercare per tempo eccellenze femminili da inserire nei consigli
delle società dei quali sono soci. Meno percepibili, invece, sono le
azioni intraprese da soci di maggioranza delle società ad elevata
concentrazione familiare, in cui spesso si registrano situazioni di
sovrapposizione tra il management e titolarità del capitale.
Il
primo banco di prova è rappresentato dalle società il cui esercizio
scade al 30 giugno e che, dunque, per la fine di quest’anno
dovranno essere pronte a rinnovare i propri consigli e collegi
sindacali.
La
legge Golfo-Mosca non ha soltanto mobilitato il mondo delle società
quotate, ma anche e soprattutto quelle a partecipazione pubblica. Si
tratta di una realtà importante, ma che viene censita con
difficoltà. La stima è che debbano confluire nelle società
pubbliche, nei prossimi dieci anni, circa diecimila donne, tra
consiglieri e sindaci.
Al
riguardo, è prevista a breve la pubblicazione del regolamento che
disciplinerà la parità di genere in questa tipologia di società.
Il Ministro Fornero, nel corso della recente riunione dei ministri
europei, ha assicurato che non dovrebbe mancare molto e che non è
escluso che regole analoghe a quelle già in vigore per le società
quotate possano essere estese anche alle istituzioni pubbliche.
Pari
opportunità in politica
18
luglio 2012: discussione in Senato sul ddl di riforma costituzionale
in questa occasione viene bocciato l' emendamento Idv, a firma
Carlino, volto a introdurre la parità di genere nella rappresentanza
elettiva al senato.
PROBLEMATIZZAZIONE
Bene!!
Ancora una legge: Golfo-Mosca
Male:
ancora una chiusura politica con la bocciatura del' emendamento
Carlino.
Speriamo
che il cambiamento provenga dal mondo del lavoro e che la politica si
aggiorni.
Dove
può intervenire la legge Golfo-Mosca? Gradualmente, nel corso di 10
anni, potenzialmente, si dovrebbe riuscire a fare massa
critica ed abbattere il "soffitto di cristallo"
una barriera trasparente ma insormontabile per resistenza, una
immagine chiamata a rappresentare efficacemente la difficoltà
femminile nel raggiungere le posizioni apicali.
Noi
però non dobbiamo mai stancarci di porre e porci delle domande:
- siamo preparate a fare massa critica?
- Qualora le donne riuscissero a raggiungere le posizioni apicali sono consapevoli che dovrebbero abbandonare la cultura patriarcale omologante e impegnarsi per cambiare in senso solidaristico una realtà violenta e cinica?
Riflettendo
sui possibili futuri cambiamenti non posso fare a meno di riflettere
su come possa influire la legge Golfo-Mosca sulle realtà lavorative
femminilizzate per eccellenza: la scuola e la sanità. Mi soffermo
sulla sanità perchè è il settore che conosco meglio avendoci
lavorato per 40 anni e avendo assistito ai cambiamenti avvenuti nel
corso degli anni, che hanno portato, a mio avviso, un peggioramento
riguardo le condizioni lavorative delle dipendenti donne.
Io
ho lavorato in una ASSL del Veneto, dal 1992, con legge 502, azienda
deputata a risolvere i problemi di salute, controllata
direttamente dalla politica, attraverso il potere autocratico di un
Direttore Generale il quale interpreta, impersona e realizza una
forma di potere monolitica che dalla Regione si dirama in periferia
realizzando, appunto con la regionalizzazione della sanità, l'
obiettivo di controllo quasi perfetto sui clienti-utenti, sul
personale definito "risorse umane" e sulle risorse
finanziarie destinate ad alimentare il sistema sanità che
attualmente si caratterizza, non più dalla priorità del
bisogno, sulla quale era fondata la stesura della legge 883 del 1978
che istituiva il Servizio Sanitario Nazionale realizzando il dettato
costituzionale il quale sancisce all'art. 32 "il diritto
alla salute come fondamentale diritto dell'individuo ed interesse
della collettività", ma, viene data priorità assoluta al
contenimento dei costi e delle spese. Costi e spese che,
mancando spesso nei Direttori generali, le doti manageriali, vengono
razionalizzati mantenendo i privilegi di pochi e mortificando il
personale e gli utenti-clienti. Questi ultimi però devono avere l'
impressione che tutto funzioni per cui i soggetti più penalizzati
risultano essere i più deboli, i meno omologati, i meno protetti
"politicamente" perciò, quasi sempre, le dipendenti
subordinate donne. La legge Golfo-Mosca non può intervenire
sulle aziende sanitarie che sono aziende di diritto pubblico con
personalità giuridica ma mancano del consiglio di amministrazione
anche se funzionano, formalmente, con atto aziendale di tipo
privatistico e, sempre formalmente, sono gestite da tecnici, anche se
sostanzialmente, mai come ora, sono controllate in toto dalla
politica.
Per
quanto riguarda la condizione delle lavoratrici donne, all' interno
di queste aziende femminilizzate è proprio l' istaurarsi di questa
forma di potere grossolano e primitivo e questa ibridazione aziendale
strategica a questo tipo di potere che ha reso visibile la
regressione avvenuta dagli anni '70 del '900 e il precipitare
indietro di secoli dopo gli anni '80 del '900, della condizione
lavorativa delle donne. In queste comunità lavorative, causa la
mancanza di democraticità, di etica e di cultura si sono formati
ambienti psico-sociali inadeguati, particolari e pericolosi che
hanno portato a distruzione di complessità e di capitale umano e
sociale e mortificato la ragione critica del personale. Nella
mia esperienza lavorativa ho visto mantenere la continuità
ideologica con il passato basata sulla costruzione dell' inferiorità
culturale femminile e sul mantenimento delle disuguaglianze
tradizionali. La partecipazione delle donne al potere avviene
con meccanismi esasperati e rigidi di esclusione/inclusione per cui
è sempre subordinata al grado di omologazione e di obbedienza
che riescono ad esprimere; le poche donne che riuscivano a
raggiungere le posizioni apicali intermedie erano quelle donne che
riuscivano a esprimere un tasso di omologazione necessaria a chi le
nominava e dovevano obbedire agli ordini in un sistema privo di
ragione critica universalistica. Per quello che ho visto, dopo il
1980, il merito e la preparazione sono diventati degli handicap da
superare con una formazione obbligatoria rigida, omologante, amicale
e particolare con importante distruzione di complessità che ha
minato l' azione e il pensiero universalistico. L' azione degli
operatori, nell' ambiente lavorativo, è stata pesantemente ed
esclusivamente condizionata dal sistema clientelare: dall'
appartenenza allo stesso gruppo sociale, alla corrente politica al
potere e dalla capacità di esprimere comportamenti
“prevedibili”. La donna ha perso anche quel potere di
“influenza” che era frutto indiscutibile della sua capacità
personale di dare forma a strategie per modificare la realtà a
proprio vantaggio. La valorizzazione delle donne passa ancora
attraverso il fatto di essere moglie, figlia, amica, parente di... Le
norme sulla privacy non mi consentono di riportare esempi concreti ma
conosciuti nella realtà lavorativa in cui ho operato caratterizzata
da condizioni psico-sociali primitive con il "bisogno del capro
espiatorio". Ho visto peggiorare patologie in atto ed insorgere
disturbi da stress a causa dell' ambiente di lavoro socialmente e
psicologicamente inidoneo a causa di persone, spesso donne, che
detenevano incarichi avuti per clientela. A due anni dal
pensionamento ancora non riesco a darmi pace del fatto che una mia
collega e amica, dopo una malattia terribile, durata 5 anni, è
morta, collega che, prima della malattia, per anni, era stata
letteralmente “perseguitata” da una coordinatrice che aveva avuto
l' incarico per clientela e senza titolo specifico di caposala; un
intero gruppo sociale assisteva a quella persecuzione per antipatia
senza mai avere capito nemmeno il perchè e senza poter intervenire
visto l' enorme potere che esprimeva la coordinatrice che dialogava
direttamente con tutti i direttori generali. Probabilmente era per il
fatto che questa collega voleva lavorare in maniera critica e
responsabile, non si omologava, e questo non era consentito. La
coordinatrice era particolarmente capace nell' arte di incolpare le
sue vittime e manipolare, anche grossolanamente, l' ambiente di
lavoro i cui componenti spesso capivano ma si asservivano
spontaneamente, per paura, a un potere ambiguo e pericoloso perchè
non proveniente dalla legalità sostanziale ma solo formale; la
natura di “essere umano non omologato” della mia collega e amica
era messa a dura prova quando le sue differenze psicologiche e
culturali venivano ridotte e le si chiedeva un comportamento
asservito. Questo mio scritto probabilmente risente e riflette anche
questo dispiacere e scriverne mi serve anche per chiedere aiuto
nella comprensione.
Un
discorso a parte deve essere fatto sul personale, altamente
specializzato ma mortificato, che costituisce la massa subordinata e
femminilizzata che opera nelle ASSL e nelle aziende ospedaliere,
pressato da una dirigenza spesso inadeguata poichè nominata, non per
merito ma per appartenenza politica la quale deve continuare a dare
l' illusione formale del concetto universalistico del SSN come
motivo retorico e di consenso che continua ad alimentare l' idea
della felicità medicalizzata mentre nella realtà rimane solo
il controllo sul personale in stato di bisogno e sugli utenti. A
baluardo di questa mistificazione ci sono i corpi delle donne e di
uomini femminilizzati che devono rispondere ai bisogni degli
utenti-clienti-fruitori con disponibilità corporee, ammiccamenti,
amicalismi e maschere sorridenti, spesso per compensare il taglio di
servizi.
Io
ho lavorato per lungo tempo in front-office e, per un certo periodo,
in un call center sanitario e ho sperimentato personalmente l'
indirizzo formativo finalizzato a enfatizzare la funzione decorativa
e ammiccante di corpi femminili che dovevano essere messi a
disposizione dei clienti. La disponibilità corporea, che, andava
gradualmente a sostituire la competenza, ci veniva insegnata
attraverso dei corsi in cui imperava la retorica del sorriso e dell'
ammiccamento percepibili anche attraverso il telefono: ancora un
ammaestramento collettivo femminile ottocentesco finalizzato ad
ammansire un utente-cliente, spesso inferocito, perchè aveva
aspettato al telefono anche più di un' ora per poi sentirsi dire che
doveva attendere mesi per un appuntamento. I colleghi maschi o
erano "capi" o dovevano omologarsi al modello corporeo
richiesto ed esprimere doti "seduttive".
In
sintesi: le donne, con funzioni subordinate, non omologate e
stereotipate venivamo
sempre “minacciate” di trasferimenti, allontanamenti,
spostamenti, tenute a “disposizione”, in base al principio che
dovevamo essere “polivalenti” e “interscambiabili” viceversa
all' uomo veniva garantità la stabilità perchè la stabilità dell'
uomo corrispondeva anche alla stabilità del luogo di lavoro. Le
donne che raggiungevano Il potere erano perfettamente omologate per
cui non riuscivano ad esprimere modelli gestionali diversi
rispondendo esattamente a quel modello
di ruolo atteso e automatico che viene richiesto da chi le nomina; la
massa critica non si realizza.
Ancora
oggi, quando rivedo le mie colleghe, scherziamo sulla definizione che
avevo coniato del nostro posto di lavoro, chiamato “inferno
sociale”. Dipendenti
pressati da mansioni abnormi ed esorbitanti prigionieri nella
“contraddizione Brunetta” che li definisce fannulloni, coordinati
da persone non preparate per quel ruolo e in assenza di democraticità
che impedisce la critica e mina la dignità personale. Spesso,
in tutti questi anni di cambiamenti violenti che hanno generato
violenza, ho pensato a un modo “normale” e responsabile di
gestione dei servizi sanitari con uno “sguardo
onesto” verso la persona, che esuli dalla logica della "costruzione
ideologica dell' individuo sedotto dalla politica, omologato e
medicalizzato", che
riesca a chiedere responsabilmente la cura senza quel pietismo e
senza quella “paura” che costringe e genera, negli operatori, l'
ammiccamento e l' amicalismo di facciata come succede adesso, momento
storico, in cui la persona-cittadino è al centro, come mai era
stato, di controlli e di attenzioni per carpirne il consenso e
l' energia
vitale. Le donne sono sempre state tenute consapevolmente e
ideologicamente lontane dal potere e indirizzate esclusivamente verso
la produzione e la riproduzione ma oggi, nell' era della
globalizzazione ideologica la quale consente di avere una quantità
enorme di corpi a disposizione dei più ricchi, i corpi delle donne
sono andati verso la "schiavizzazione completa" che
permette di usarli ancora più del passato. Oggi
siamo scivolate in condizioni ancora peggiori e senza speranza. Io
confronto la mia esperienza con quella di mia figlia, precaria,
e nel suo caso, vedo una situazione ancora più difficile; occorre
mobilitarsi velocemente con azioni e iniziative culturali molto forti
per tentare di recuperare il terreno perduto poichè la distruzione
della fiducia sociale, dopo anni di parità solo formale, è stata
ampia e capillare mascherata da una finta libertà di accesso alle
opportunità mentre, di fatto, siamo scivolate pesantemente
nella mancanza di libertà dal bisogno.
Concludo
dicendo che la mia riflessione è, per definizione e per sostanza,
particolare e che ho imparato a non contare solo sull' ottimismo
normativo, per modificare una realtà anti-democratica, ma sull'
azione e l' iniziativa libera e responsabile delle persone, sulla
ragione critica popolare e su strumenti tecnici e culturali per
modificare sostanzialmente la condizione delle persone, attualmente,
sempre più deboli e impoverite. Un intero sistema organizzativo va
rivisto per il bene di tutti!!
A
rappresentare questo post ho scelto un dipinto di De Chirico: Ettore e Andromaca denso di
significati metafisici per invitare a riflettere ancora una volta,
dopo circa 100 anni, sulla condizione umana ancora e sempre tragica.
Dipinto nel 1917, con l' Italia in guerra e con la consapevolezza
della della limitatezza umana ben delineata da Schopenhauer
e Nietzsche i quali per primi insegnarono il profondo
significato del non senso della vita e come tale non senso potesse
venire tramutato in arte”, De Chirico ci parla come più
chiaramente non si potrebbe.
Ettore
abbraccia per l' ultima volta la moglie Andromaca perchè sa che va a
morire in conbattimento contro Achille. E' un abbraccio impossibile
poichè entrambi sono senza braccia e sono rappresentati come
manichini. Su di loro incombe un' ombra che è un presagio negativo, inoltre,le proporzioni spaziali, volutamente irregolari, aumentano il senso di straniamento e solitudine. Però abbiamo un motivo di speranza perchè Ettore è
inclinato verso Andromaca e questa inclinazione può generare fiducia
nel futuro. Questa inclinazione di Ettore ci parla di un uomo giusto,
non superbo e non dominatore. Poi storicamente l' uomo ha teorizzato
l' inferiorità morale, intellettuale e fisica femminile, è
diventato superbo e dominatore, lasciando l' inclinazione alle donne,
che, se non si fossero inclinate verso i figli l' umanità sarebbe
finita.
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