INTRODUZIONE:
PROBLEMATIZZAZIONE:
«Stato peggio
della mafia»: bufera su Grillo
La
“gaffe” di Beppe Grillo sulla mafia arriva domenica sera 29
aprile 2012 in una piazza di Palermo, dove il comico-blogger tiene un
comizio per sostenere la candidatura del rappresentante del Movimento
5 stelle, Riccardo Nuti, a sindaco delle città. Grillo pronuncia una
frase che scatena “l' informazione” contro di lui.
Parte
della della dichiarazione di Grillo:
- ...Un quarto del nostro stipendio va a pagare un debito che aumenta sempre. Un Governo di transizione doveva diminuire il debito, fermarlo. La mafia non ha mai strangolato il proprio cliente, la mafia prende il pizzo al 10%. Qui siamo nella mafia che ha preso un'altra dimensione, strangola la propria vittima....
Grillo usa un
paradosso iperbolico, un adynaton per esprimere e rafforzare la sua
idea la quale consiste nel ritenere dannosa, per l' Italia, la
classe dirigente di governo: quella che ha avuto il potere dalla
metà degli anni '60 del '900 fino ai nostri giorni; non ha detto che
la mafia è uguale o meglio dello Stato: l' equazione è stata fatta
dai media mentre nella realtà, con l' utilizzo dell' adyaton, si
vuole rafforzare la distanza da ciò che si mette in similitudine
proprio per segnarne chiaramente il contrasto. E ancora: Grillo,
viene accusato di populismo vero paradosso in un periodo storico,
quello attuale, in cui il populismo, dai tempi di Berlusconi e della
Lega è tornato prepotentemente alla ribalta, come mezzo di
persuasione al consenso, nella forma più grossolana, volgare e
demagogica, basato sullo slogan e la bugia, a tal punto, da avere
ucciso la politica vera. Una riflessione corretta dovrebbe avere
come argomento ed obiettivo la critica a tutto il linguaggio e le
parole usate nella dialettica della contrapposizione e
drammatizzazione politica che abusa di paradossi, slogan,
provocazioni, iperboli, metafore per portare a se le persone e
convincerle della bontà di quello che viene proposto.
Perchè si mettono
in atto, nella retorica, termini di paragone fra due entità
contrapposte: lo Stato e la mafia? Proprio perchè Stato e mafia sono
due entità, detentrici di potere, che dovrebbero essere chiaramente
contrapposte: il potere legale contro il potere illegale. Entrambe
hanno come obbiettivo il raggiungimento del potere sulla società,
territorio fisico e simbolico dove avvengono le relazioni umane,
luogo ed esito delle politiche di potere di entrambe.
Il
presidente del Consiglio precedente al governo Monti: onorevole
Silvio Berlusconi è stato vittima della mafia come riportato sul
sito: www.corriere.it- Il potere politico viene agito dallo Stato, legittima Istituzione autorizzata ad esercitare il monopolio del potere imponendolo dall' alto, attraverso la soggezione e la repressione, al fine di controllare il territorio, mantenere l' ordine, promuovere il benessere, garantire i diritti e le libertà dei cittadini, tutelare la proprietà privata e la libera impresa.
- Il potere mafioso prende forma dal basso, nella relazione elementare e primitiva che riesce ad avviare nella comunità di appartenenza con rapporti che garantiscono identità e creano schiavitù, struttura il suo potere con una organizzazione gerarchico-piramidale e inizia a svolgere le attività criminali per il controllo dell' economia e della finanza: inevitabilmente si scontra-incontra con lo Stato.
Storicamente la mafia si
sostituisce, di fatto, allo Stato nella gestione del potere
territoriale e lo Stato non riesce a dare forma a strumenti efficaci
a debellarla proprio perchè, la realtà mafiosa si presenta all'
inizio della relazione in modo sfumato e ambiguo, capace di catturare
la fiducia dei cittadini in modo, a volte, più efficace del potere
statale. Molte persone con esperienza, in questi ultimi 30 anni, non
hanno potuto fare a meno, vista la corruzione e il malgoverno, di
pensare che il “sistema di potere mafioso” o la
“mafiosità”, basato sulla relazione elementare e ambigua che
crea clientele, la protezione e lo scambio che crea “dipendenza,
sudditanza, subalternità e servilismo” abbia ormai permeato tutti
i comparti della vita politica e civile italiana, ma quando si parla
di “sistema mafioso” spesso nell' intenzione, si usa un termine
che può essere reale o “rappresentativo simbolico” che può
descrivere la mafia che uccide o la mafia, nello stadio: “azione
relazionale iniziale tendente alla mafiosità”, che si
rappresenta con una iniziale “gentilezza”, che protegge dalle
vessazioni, che procura lavoro e che tesse la sua tela per formare la
base su cui erigere la propria struttura piramidale finalizzata alla
gestione del potere sociale, politico e finanziario, cercando
contatti con chi pensa possa esserle utile e con chi “riconosce”
potenzialmente aggredibile per debolezza sociale o per avidità
economica. Nella fase iniziale della relazione mafiosa, per meglio
comprenderla, è utile approfondire la relazione sociale, in tutte le
sue dinamiche, poiché è nella relazione che la “mafiosità” si
sviluppa. La mafiosità si maschera nella relazione sociale: formale,
sostanziale, rappresentativa, segreta, pubblica e si ammanta di un
linguaggio: semplicistico, retorico, persuasivo, segreto, mimico,
ammiccante ed amicale. Per questo le relazioni sociali degli uomini
politici devono essere trasparenti ai cittadini perchè la forma si
traduce in sostanza e l' apparenza diventa specchio di un percorso
etico e coerente. La relazione mafiosa è sempre virile e permeata
di maschilismo poichè, la carriera mafiosa” richiede come prima
competenza la capacità di dominare e uccidere. La donna deve
obbedire all' immagine classica elaborata dal “familismo” o
aderire al modello della virilizzazione per diventare altrettanto
superba, egoista e crudele dell' “uomo”.
MILANO
- Il senatore Marcello Dell'Utri è stato il «mediatore»
dell'accordo protettivo per il quale Berlusconi, in «posizione di
vittima», pagò alla mafia «cospicue somme» per la sua sicurezza e
quella dei suoi familiari. Lo ha scritto la Corte di cassazione nelle
motivazioni della sentenza che ha annullato con rinvio la condanna
per concorso esterno in associazione mafiosa al politico palermitano.
Il processo di secondo grado, con questo rinvio, dovrà essere
rifatto a Palermo davanti ad altri.....
Sul
piano normativo e socio-culturale, una risposta veramente adeguata
alla criminalità organizzata può essere solo il frutto di un
comportamento quotidiano critico, legalitario, liberale, culturale e
anti-criminale che porti la vera rivoluzione e respinga ai margini il
“sistema relazionale mafioso” che ha reso immobile, inefficiente
e primitiva la società italiana, insomma, aspettiamo la
realizzazione compiuta della democrazia basata sui diritti, sulla
giustizia sociale, sulle opportunità: la democrazia matura dei
cittadini. E' bene infatti rendersi conto che l' ”atteggiamento
relazionale mafioso" va molto aldilà dei tradizionali confini
del costume meridionale, in quanto lo ritroviamo ovunque vi siano
clientele, protezioni, raccomandazioni, cooptazioni, minacce, ricatti
e corruzioni di vario genere che oscurano il merito, provocano
corruzione, minano lo sviluppo sociale producendo inefficienze e
povertà. Dare veste formale regolare a concorsi e appalti pubblici
“truccati”, dare incarichi di responsabilità a persone incapaci
e consulenze per “clientela” significa già diffondere la
“cultura mafiosa" per cui, in questi ultimi 30 anni di storia
italiana, ci si è dovuti abituare a riconoscere, decodificare ed
estendere il concetto di "atteggiamento relazionale mafioso"
a determinati comportamenti immorali e/o impolitici per preservare
la propria libertà intellettuale e continuare a sperare nella
democrazia. La mafia e il sistema relazionale mafioso che minano ogni
forma matura e responsabile di organizzazione sociale e politica sono
i nemici n. 1 della democrazia e il principale ostacolo alla
realizzazione delle pari Opportunità sostanziali basate sul
riconoscimento delle differenze e del merito in un sistema di
legalità.
-Introduzione di un saggio breve sulla mafia-
Cervellin Lorenza, Esperto di politiche di pari opportunità cittadinanza di genere e integrazione sociale
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