Lo
Stato Moderno viene concettualizzato nel Seicento, dopo la guerra dei
30 anni e dopo la prima rivoluzione inglese guidata da Oliver
Cromwell (1642-1651) e si afferma nel corso del 700, nella forma dell'
assolutismo illuminato. Lo Stato Moderno nasce con la giustificazione filosofica di
contenere la malvagità umana, di natura, portata al sopruso, sublimandola nella forma del contratto, per permettere le libertà economiche e salvaguardare i diritti di natura dell' uomo, sotto l' egida ambivalente del diritto, a cui vengono affidati gli interessi generali superiori dello Stato e gli interessi particolari dell' uomo. In Italia i principi dello stato Moderno si affermano contemporaneamente alla “Controriforma cattolica
romana” e in presenza di numerosi poteri che impediscono processi di
modernizzazione veri. Comune a tutta l' Europa sarà l' affermazione
e il consolidamento degli apparati di polizia, la formazione di una "classe" di magistrati e medici capaci di uno “sguardo nuovo sull' uomo” un
uomo che va salvaguardato, poiché è oggetto di diritto, all' interno dello Stato di diritto ma deve essere controllato perchè appartiene a sistemi
“irrinunciabili di utilità”: economia, ordine, disciplinamento, esercito, imposte. Tutto verrà
disciplinato e controllato in nome del diritto e chi si sottrae viene
rinchiuso indistintamente: malato, libertino, pazzo, sano, delinquente, ribelle, critici del potere. Le libere opinioni e il diritto di resistenza verranno puniti poichè la parola d' ordine sarà: ordine! Il potere centrale si
afferma a scapito dei poteri locali che vengono gradualmente
distrutti perchè di impedimento alla libera economia e alla
nascente agricoltura e industrializzazione. Uomini, ma soprattutto
donne, saranno vittime di questa nuova stagione di rinchiudimenti
collettivi per esigenza di disciplinamento. La stregoneria si spiega
come un immane sacrificio dovuto all' esigenza di affermazione dello
Stato moderno e dei conflitti che lo accompagnano:
- conflitto fra poteri centrali e locali
- conflitto fra il perdurare di libere opinioni e liberi mestieri e l' esigenza di omologazione di cui lo Stato moderno si nutre
Cosa
succede con l' affermazione dello Stato Moderno? Stato, Chiesa e
capitalismo scoprono degli obiettivi comuni: la possibilità di
appropriarsi di ricchezze enormi ma per fare questo devono
controllare in toto la società civile, dalla nascita alla morte,
corpi e psiche, mettendo a punto degli strumenti ideologici potenti:
sessualità e matrimonio dovranno coincidere per cui si esaspera la
sessualizzazione di tutte le persone in senso normativizzante
uomo/donna e le si porta naturalmente verso il matrimonio dominato
dal padre/marito.
Gradualmente
si diffonde anche l' idea della periodizzazione e della linearità
storica: la storia e una evoluzione che, da sistemi, primitivi porta
lineariamente a sistemi evoluti fino ad arrivare al progresso e al
benessere esteso a tutti. Il liberismo con Adam
Smith,
filosofo scozzese – docente di Filosofia morale all’Università
di Glasgow - vissuto nel ‘700, con l’opera
“Indagine sulla natura e le cause della ricchezza delle nazioni”
(1776), diventa un nuovo motivo di giustificazione economica dello
Stato insieme al liberalismo rappresentato da Charles-Louis
de Secondat, barone de La Brède et de Montesquieu (1689-1755). Con
Adam Smith si passa, dal paradigma dell' uomo malvagio di Hobbes, al
paradigma dell' uomo felice grazie allo sviluppo e al progresso
economico in presenza di “una mano invisibile” che avrebbe
guidato la diffusione dell' economia portatrice di ricchezza e di
progresso.
Montesqueu
Montesqueu
e un
protagonista dell’ Illuminismo europeo della prima metà del XVIII
secolo che occupa, nel campo della filosofia politica e nella storia del liberalismo una posizione universale grazie al suo
capolavoro, lo Spirito
delle Leggi,
un’opera monumentale, frutto di quattordici anni di lavoro e
pubblicata anonimamente nella Ginevra di Jean-Jacques Rousseau, nel
1748. Due volumi, trentadue libri, una vera e propria enciclopedia
del sapere politico e giuridico del Settecento capace di influenzare tutta la politica futura fino ad oggi. Per
comprendere appieno lo Stato Moderno bisogna conoscere assolutamente Montesqueu perchè lo Stato moderno si è immediatamente appropriato
delle nuove giustificazioni morali, fornite al potere, da Montesqueu,
dopo essersi appropriato delle giustificazioni morali, fornite all'
economia liberista da Adam Smith. Queste due ideologie, basate anch'
esse su una idea pura, come era una idea pura la concettualizzazione
dello Stato Moderno di Hobbes, sono, ancora oggi, utilizzate
strategicamente, dai politici colpevoli che attentano allo Stato,
come giustificazioni per supportare posizioni diverse e conflittuali,
dimenticando lo spirito innovativo di tutta la filosofia politica che
dava, nelle intenzioni formali, centralità all' uomo.
Montesqueu era avversario di ogni forma di oppressione
dell’uomo sull’uomo, filosofo della moderazione e
dell’equilibrio. A lui viene attribuita
la teoria della separazione dei poteri
che rappresenta uno dei princìpi necessari dello Stato di diritto e
una condizione oggettiva per l’esercizio della libertà che per
Montesquieu è Il
diritto di fare tutto quello che le leggi permettono: al
di fuori della legge non c' è libertà. Il pensiero di filosofia
politica di Montesqueu si forma guardando l’esempio costituzionale
inglese, ritenuto unica garanzia efficace al contenimento
del dispotismo il quale deve risiedere nell’equilibrio
costituzionale di cui godono i paesi in cui i poteri legislativo,
esecutivo e giudiziario sono nettamente separati e distinti, capaci
di controllarsi a vicenda. Tutto
sarebbe perduto se un’unica persona o un unico corpo di notabili,
di nobili o di popolo esercitasse questi tre poteri: quello di fare
le leggi, quello di eseguire le risoluzioni pubbliche e quello di
punire i delitti o
le controversie dei privati. L’idea
che la separazione del potere sovrano tra più soggetti sia una
maniera efficace per impedire abusi affonda le sue radici nella
tradizione filosofica della Grecia classica: Platone ne La
Repubblica sostiene
l’autonomia del giudice dal potere politico. Aristotele, nella
Politica,
delinea una forma di governo misto denominata politìa,
una condizione di equilibrio tra una democrazia temperata dalla
oligarchia. Aristotele, per di più, distingue tre momenti
nell’attività dello Stato: deliberativo, esecutivo e giudiziario.
Ma attenzione!! Tutta
la riflessione politica della Grecia classica non si può paragonare
alla riflessione sullo Stato moderno per stabilire una continuità
ideale evolutiva che non esiste
perchè avviene su presupposti contrari! L' uomo greco si vedeva
proteso verso l' eroicità e aspirava all' eroismo, non partiva dal
presupposto della malvagità, l' uomo greco tendeva alla distinzione
all' interno dell' armonia cosmica e non alla separazione come idea
pura per mettere il governo al di sopra dell' uomo con l' idea di una
sovranità superiore, l' uomo greco riconosceva come naturale dare
il governo a persone capaci e competenti, non certo per contratto di
non violenza peraltro non rispettato, l' uomo greco vedeva come
naturale la differenza per nascita e non l' eguaglianza. E' utile,
però, sempre riproporre la domanda universale posta da Socrate agli
uomini che ha dato inizio alla riflessione etica: come devo
comportarmi verso l' altro? Attualmente è urgente questa
riproposizione perchè pochi decenni di politica incapace hanno monopolizzato la cultura, annullato le opinioni, controllato in toto
la società mortificando la libera azione dell' uomo destrutturando
secoli di elaborazioni etiche e morali.
Montesqueu
e il potere politico
Nella
seconda metà del Seicento, John Locke sostiene la necessità di
affidare ciascuna funzione a soggetti diversi per conservare la
comunità, perchè è al suo interno che l' individuo agisce: Locke
crede allo Stato come forma politica superiore ma non pensa allo Stato capace
di essere totalitario anzi asserisce che la prima fondamentale legge
naturale consiste nella conservazione della comunità mentre
Montesquieu apre la strada alla politica moderna liberale,
perfezionando la teoria della separazione dei poteri già presente in
Locke in modo che garantisca le libertà dell' uomo. Il giurista
francese trasforma la sua ricerca scientifica e sociologica in un
programma morale e politico: come strutturare un sistema di leggi
che, nelle condizioni storiche date, produca il massimo di libertà
poichè la
libertà politica corrisponde a quella tranquillità di spirito che
la coscienza della propria sicurezza dà a ciascun cittadino e
condizione di questa libertà è un governo organizzato in modo tale
che nessun cittadino possa temere un altro.
Si può definire libera solo quella costituzione in cui nessun
governante possa abusare del potere a lui affidato, e, per
contrastare tale abuso, bisogna far sì che “il
potere arresti il potere”,
cioè che i tre poteri fondamentali siano affidati a mani diverse, in
modo che ciascuno di essi possa impedire all’altro di oltrepassare
il proprio limite, degenerando in tirannia. L' unione di tutti i
poteri, nelle stesse mani, siano esse quelle del popolo o del
despota, annullerebbe la libertà perché distruggerebbe la “bilancia
dei poteri” che
costituisce l’unica salvaguardia o “garanzia” costituzionale in
cui risiede la libertà auspicata dei cittadini. Una
sovranità indivisibile e illimitata è sempre tirannica” e
il dispotismo, anche se rappresenta una forma “naturale” di
governo, è il pericolo supremo da evitare, in quanto una sola
persona, senza
né leggi né impedimenti trascina tutto e tutti dietro la sua
volontà e i suoi capricci.
Montesqueu
e il diritto
Montesquieu
struttura un metodo di interpretazione delle leggi che supera
l’alternativa tra legge naturale universale e immutabile, a cui
faceva riferimento la riflessione del Giusnaturalismo, e
l’incertezza o l’arbitrarietà delle leggi positive su cui, dai
sofisti greci fino a Montaigne e Pascal, si basava il dubbio scettico
sulla stabilità della giustizia umana. Montesquieu cerca di
dimostrare come, nonostante la diversità e la complessità degli
eventi, la Storia abbia un ordine e manifesti l’azione di leggi
costanti in grado di superare i contrasti. Ogni Stato ha le proprie
leggi che non sono mai casuali o arbitrarie, ma strettamente
condizionate dalla natura dei popoli stessi, dai loro costumi, dalla
loro religione e dal clima e le leggi devono essere stabilite
metodologicamente attraverso dei principi regolatori che ne
determinino il carattere e la natura: le leggi, cioè, non si devono
formare a caso, o secondo il capriccio di qualche individuo, ma
seguire la direzione loro imposta da tutto un insieme di condizioni
che è compito dello studioso indagare. Lo “spirito” delle leggi
corrisponde all’anima dell’insieme di norme che regolano le
relazioni umane nelle diverse società. Poiché tali norme variano
nei diversi popoli, non è possibile valutarle in relazione a uno
schema di principi dotati di validità assoluta, ma ne va chiarita
caso per caso la dinamica interna, facendo uso di criteri costanti
riconducibili all’esprit
général che
rappresenta il collante, il tessuto connettivo di ogni sistema
giuridico, un principio non naturale e statico ma storicamente
dinamico, di cui ogni legislatore deve tener conto. La riflessione di
Montesquieu presuppone che i fenomeni sociali possano essere spiegati
con leggi scientificamente rilevanti come quelle delle scienze
naturali: le società umane, al pari di ogni essere vivente, sono
sottoposte all’azione che deriva dall’intreccio delle situazioni
e delle proprie caratteristiche fisiche e spirituali. Montesquieu
tenta di organizzare il Diritto in categorie semplici alle quali
ricondurre la grande varietà della struttura giuridica e sociale
mettendo in luce il grande ruolo assunto dalla Storia ed infine, sul
piano politico, tenta di strutturare un modello pratico di società
per salvaguardarla dai regimi dispotici. Seguendo le orme del Saggio
sul governo civile di
Locke, Montesquieu definisce le leggi “rapporti
necessari che derivano dalla natura delle cose” nonché
manifestazione della ragione umana. In una società civile le leggi
fungono da elementi regolatori in grado di mediare le tendenze
individuali, in vista del perseguimento di un obiettivo comune.
Dimostrato che il mondo fisico come il mondo dell’intelligenza
dipendono da rapporti intrinseci alla loro stessa esistenza,
Montesquieu esamina l’intreccio delle forze che agiscono nelle
varie società storiche per scoprire coerenze e discordanze
delle istituzioni e delle leggi rispetto alla loro essenziale
necessità, al loro “esprit”. Le leggi fondamentali dello Stato
prescindono dal principio e dalla natura del governo che per
Montesquieu può essere repubblicano, monarchico o dispotico, a
seconda che vi prevalga il principio della virtù, dell’onore o
della paura. La stabilità dello Stato dipende dal principio del
governo e si basa sulla coerenza delle sue leggi. Nella situazione
storica in cui le leggi si dimostrino aberranti dall’esprit
général che
le ha determinate e le sorregge è necessario individuare la natura e
la ragioni dell’errore. Quando il principio si corrompe, le
migliori leggi diventano distruttive. Il
principio della democrazia, ad esempio, si corrompe quando la nazione
perde lo spirito d’uguaglianza o lo interpreta arbitrariamente.
Nel
suo capolavoro Montesquieu si propone di estendere allo studio della
società umana il metodo sperimentale per fissare dei “principi”
universali volti ad organizzare logicamente l’infinita molteplicità
delle usanze,
delle norme giuridiche, delle credenze religiose, delle forme
politiche e per formulare, infine, leggi obiettive secondo le quali
si articola costantemente, sotto l’apparenza del caso, l’incostante
comportamento degli uomini. Non rifiuta la concezione machiavellica
della politica come forza, ma la integra con un’accurata analisi
delle molteplici “cause” – storiche, politiche, fisiche,
geografiche e morali – che operano negli eventi umani.
Le leggi positive formulate da Montesquieu riguardano principalmente:
il diritto delle genti (leggi che regolano i rapporti esistenti tra i
vari stati); il diritto politico (leggi che regolano i rapporti tra
Stato e società civile); il diritto civile (leggi che regolano i
rapporti tra i componenti della società civile). Rinuncia comunque
alla ricerca della miglior forma di Stato, cara alla letteratura
utopistica, e tenta di stabilire, concretamente, le condizioni che
garantiscono, nelle diverse forme di governo, l’optimum della
convivenza civile: la libertà. Il suo realismo e relativismo si
salda con un alto intento normativo: un invito
alla razionalizzazione delle leggi e delle istituzioni. Attualmente,
tutte le democrazie sono debitrici a Montesqueu ma, non tutte le
democrazie sono all' altezza della sua riflessione e mai Montesqueu avrebbe
pensato che gli individui sarebbero stati privati della loro
cultura, omologati e sarebbe stato fiaccato il loro diritto alla
resistenza sostenuta dalle opinioni. Montesqueu pensava che una volta
elaborato il soggetto giuridico isolando il soggetto deviante lo
spirito della legge avesse assolto il suo compito ma non sarà così
nella sostanza.
Kant
e la “dittatura” dell' ottimismo normativo e della superiorità
dello Stato
Locke
e Montesqueu mettono a punto la teorizzazione dello Stato Moderno,
delineata perfettamente Da Hobbes con l' intento di liberare l' uomo
dai poteri tirannici, dalla violenza e dalla guerra:
- Locke: il primato dell' azione evolutiva spetta alla comunità;
- Montesqueu vuole salvaguardare l' individuo fidando nel diritto ma riconosce le peculiarità delle comunità organizzate dall' uomo;
- Kant: l' azione dello stato e del diritto sono superiori.
L'
idea di Kant sull' uomo è la stessa di Hobbes:
gli uomini sono lupi per gli altri uomini, homo
homini lupus e
la natura li porta alla guerra continua. L' idea della costruzione
Stato all' insegna del diritto rende kant
ottimista sul futuro dell' uomo un uomo che, per il bene e la pace
deve piegarsi completamente allo Stato: il popolo è sacro ma deve
piegarsi al diritto. Kant
mantiene una posizione di tipo contrattualistico, ma mentre
in Hobbes il contratto conviene in nome della necessità in Kant il
contratto si deve fare per necessità, per dovere, per ragione e per morale. Kant
perfeziona ed enfatizza il ruolo del diritto il quale assurge, a
entità suprema incorporata allo Stato moderno sovrano. Kant tira le fila del pensiero moderno cinquecentesco e del
pensiero illuministico costruendo dei discorsi pubblici molto potenti
che ruotano intorno a: ragione, Stato, governo, diritto con l'
esigenza di piegare questi concetti alla morale.
Kant
specifica il suo pensiero politico, riguardo lo Stato, in un breve
saggio: Per
la pace perpetua
progetto
filosofico, breve
saggio in cui indica la strada per la pace che è competenza dello
Stato
Primo
articolo definitivo per la pace perpetua
La
Costituzione civile di ogni Stato deve essere repubblicana
La
costituzione fondata: primo, sul principio della libertà dei
componenti l’associazione (come uomini); secondo, su quello della
dipendenza di tutti (come sudditi) da un’unica legislazione comune,
e terzo, sulla legge dell’eguaglianza (come cittadini); l’unica
costituzione che nasca dal concetto di un contratto originario su cui
deve fondarsi ogni legislatura giuridica di un popolo, è la
repubblicana.
tutti
gli articoli seguenti è questo: Tutti gli uomini che possono
mutuamente agire gli uni sugli altri, devono appartenere a qualche
civile costituzione.
Ogni
costituzione giuridica però, in quanto concerne le persone che vi
sono sottoposte, è quella:
1)
conforme al diritto pubblico nazionale (Staatsbürgerrecht) di un
popolo (jus civitatis),
2)
conforme al diritto internazionale dei popoli in rapporto gli uni
agli altri (jus gentium),
3)
conforme al diritto cosmopolitico (Weltbürgerrecht), in quanto
uomini e Stati che stanno in relazione di vicendevole influenza gli
uni sugli altri vengono considerati quali membri di una società
umana universale (jus cosmopoliticum). Kant I. Per la pace perpetua
progetto filosofico, tr. A. Massoni,p.31, Milano, Sonzogno,1883
- Chi tiene afferrato il potere non si lascia prescriver leggi dal popolo. Uno stato che sia indipendente da leggi straniere non si lascerà imporre, da una sentenza di altri Stati, il modo migliore di far valere i proprii diritti; Kant I. Per la pace perpetua progetto filosofico, tr. A. Massoni, p.56, Milano, Sonzogno,1883
- Se è dovere, se v’è speranza fondata di realizzare il regno del diritto pubblico, benché con una approssimazione progrediente all’infinito, in allora la pace perpetua, che succederà alle tregue, chiamate falsamente trattati di pace, non è un’idea priva di senso, ma un compito che, risolto poco a poco, si avvicina costantemente al suo fine, poiché i progressi dell’umanità seguono un moto che diviene, col tempo, sempre più veloce. Kant I. Per la pace perpetua progetto filosofico, tr. A. Massoni,fine appendice Milano, Sonzogno,1883
kant
specificherà in modo molto approfondito anche il suo pensiero sull'
uomo all' interno dello Stato nell' opera: Idea
per una storia universale in un intento cosmopolitico, scritto nel
1784, diviso in nove tesi di cui riporto alcuni passi tradotti
dall'originale
tedesco da
Maria Chiara Pievatolo -bfp.sp.unipi.it/dida/kant-
Quinta tesi Per il genere umano il problema più grande alla cui soluzione la natura lo costringe è il conseguimento di una società civile che amministri universalmente il diritto.
- Poiché solo nella società, e precisamente quella che ha la massima libertà e quindi un pervasivo antagonismo dei suoi membri eppure la più precisa determinazione e assicurazione dei confini di questa libertà, perché possa coesistere con la libertà altrui, - poiché solo in essa può essere conseguito nell'umanità l'intento supremo della natura, cioè lo sviluppo di tutte le sue disposizioni, la natura vuole anche che essa debba ottenere da sé questo traguardo, come tutti gli scopi della sua costituzione; perciò una società nella quale la libertà sotto leggi esterne si ritrovi al massimo grado possibile connessa con un potere irresistibile, cioè una costituzione civile perfettamente giusta, deve essere il compito supremo della natura per il genere umano, perché la natura può raggiungere i suoi intenti ulteriori col nostro genere solo mediante la sua risoluzione e attuazione. A entrare in questo stato di coercizione l'uomo, altrimenti tanto favorevole a una libertà senza vincoli, è costretto dalla necessità, e precisamente dalla più grande di tutte, cioè quella che reciprocamente si infliggono gli esseri umani, le cui inclinazioni fanno sì che non possano esistere a lungo l'uno accanto all'altro in selvaggia libertà. Solo in un recinto come l'unione civile le medesime inclinazioni producono poi l'effetto migliore, come gli alberi in un bosco ottengono una crescita diritta e bella proprio in virtù del fatto che ciascuno cerca di togliere all'altro aria e sole e si necessitano a vicenda a cercarli sopra di sé, mentre quelli che, in libertà e separati l'uno dall'altro, gettano i loro rami a piacimento, crescono deformi, sbilenchi e storti. Ogni cultura e arte che adorna l'umanità, l'ordinamento sociale più bello, sono frutti dell'insocievolezza, che da se stessa è necessitata a disciplinarsi e così sviluppare pienamente i germi della natura con un'arte estorta
Kant
inizia a svalutare il diritto della persona a resistere a poteri
tirannici e legittima la forza dello Stato e la sua superiorità
rispetto anche alla comunità, fidando nella legge. Kant pensa che il
popolo può e deve riconoscersi solo all' interno dell' ordine
normativo e normativizzante dell' Istituzione Stato. Il popolo può
reagire a poteri ritenuti Ingiusti? Può reagire ma non come corpo
comune detentore di diritti, il quale deve sottostare all' autorità
Stato. Se il popolo si sottrae all' autorità Stato, unica
Istituzione di diritto ad agire per il bene comune, diventa massa
informe in rivolta che si pone al di fuori della legge. Questa idea
di un “ottimismo
normativo risolutivo” è
una proposta teorica pericolosa e presente ancora oggi tempo di
temperie morale, culturale e politica in cui si è compreso che il
diritto non potrà mai sostituirsi completamente alla cultura e
inibire la libera azione dell' uomo è stato pericoloso poichè ha
aperto la strada all' illegalità e alla corruzione dilagante. All'
interno del diritto si ricerca un avvicinamento alla verità che
rimane comunque una verità giuridica, non reale ed estremamente
limitata perchè la verità vera è complessa e multiforme sempre
affidata e dipendente dalla coscienza più che al diritto. La più
grande frustrazione collettiva dei nostri giorni è il non riuscire
a debellare l' illegalità e la corruzione interna alla politica e
portare azioni efficaci contro la mafia proprio perchè la battaglia
si svolge, come è previsto dallo stato di Diritto, nelle aule dei
tribunali con un principio di legalità ormai svalutato perchè ha
prodotto una mentalità legalistica diffusa e non la cultura della
legalità proprio perchè non ha avuto fiducia dell' uomo, lo ha
squalificato, reso debole e succube aprendo la strada a poteri
aggressivi contro cui il diritto non può poco. Se una comunità è
forte riesce a sviluppare anticorpi contro le “patologie sociali”
ma una comunità svalutata e costretta alla coercizione può solo
ripiegarsi su se stessa per limitare i danni.
Il
popolo
Bisogna
ricordare che quando Montesqueu e Kant parlano di popolo, come tutti
prima di loro, si riferiscono al popolo come comunità di cittadini
liberi che esercitano delle attività, che appartengono a una
determinata classe sociale riconosciuta come corpo sociale, distinta dai nobili; non si parla ancora del nascente proletariato industriale, dei
braccianti, delle donne e tantomeno degli schiavi i quali entreranno nella Storia
dopo la rivoluzione francese, e, in francia, con la consapevolezza del potere e dei cittadini, come principio, diventerà popolo a tutti gli effetti. In Italia questo popolo, poi definito, a fine Ottocento masse popolari da controllare,sfruttare in sistemi di utilità, la cui emancipazione sarà ritenuta pericolosa perchè accostata sempre alla delinquenza, diventerà popolo e verrà emancipato politicamente nel
Ventesimo secolo, dopo molte resistenze reazionarie da parte dello Stato.
Dopo la riflessione liberale di Montesqueu la schiavitù venne messa apertamente in discussione, ma si scontrarono due pensieri utilitaristico-economicistici: Un pensiero economico-politico intendeva eliminare questo impedimento al libero sviluppo delle forze umane produttive e trovò ampia risonanza soprattutto in ambito protestante in Gran Bretagna, contraddetta però dagli interessi concreti dei piantatori coloniali che portavano avanti una economia di tipo schiavile. Soppressa infatti nei territori metropolitani di Gran Bretagna, Portogallo e Francia già dal 1770, la schiavitù continuò a prosperare nelle colonie e anche negli stati del Sud degli Stati Uniti dopo l'indipendenza. Soltanto con la rivoluzione francese e dopo la rivolta ad Haiti, essa fu abolita nelle colonie francesi (1794), ma Napoleone la dovette ripristinare (1802) per non perdere il seguito della borghesia creola. La speranza che il divieto della tratta (Francia 1791, Danimarca 1792, Gran Bretagna e Stati Uniti 1807, Olanda 1814 ecc.) facesse scomparire il fenomeno per esaurimento si rivelò illusoria, anche dopo la solenne condanna del congresso di Vienna (1815), in quanto proseguì il contrabbando di schiavi. Quindi si giunse ai divieti alla schiavitù nelle colonie britanniche (1833), francesi e olandesi (1848), negli Stati Uniti (1863, durante la guerra civile americana), a Cuba e Portorico (1870), mentre gli stati latinoamericani adottavano negli anni cinquanta la politica del "ventre libero", per cui i figli di schiava nascevano liberi; così la schiavitù si esauriva progressivamente. L'ultimo stato ad abolirla ufficialmente fu il Brasile (1888). Nel 1861, in Russia ci fu l' abolizione della servitù della gleba. Non sempre e non velocemente le abolizioni formali si sono tradotte in pratiche di libertà sostanziali poiché tenere in situazione di servaggio le persone, per chi ha posizioni oscurantiste e reazionarie conviene. Attualmente, dopo il ripresentarsi delle politiche neo-liberiste degli anni '80 del '900 e dopo la globalizzazione ideologica, seguita alla caduta del muro di Berlino, la politica reazionaria e oscurantista si è ripresentata per ridurre una moltitudine di cittadini, ridiventati massa, in situazione di povertà per poterli utilizzare utilitiristicamente a scopo economico. Dal 1888 al 1988, in cento anni di abolizione della schiavitù, sotto forme occultate, il servaggio conseguente alla mancanza di libertà dal bisogno si è ripresentato.
Dopo la riflessione liberale di Montesqueu la schiavitù venne messa apertamente in discussione, ma si scontrarono due pensieri utilitaristico-economicistici: Un pensiero economico-politico intendeva eliminare questo impedimento al libero sviluppo delle forze umane produttive e trovò ampia risonanza soprattutto in ambito protestante in Gran Bretagna, contraddetta però dagli interessi concreti dei piantatori coloniali che portavano avanti una economia di tipo schiavile. Soppressa infatti nei territori metropolitani di Gran Bretagna, Portogallo e Francia già dal 1770, la schiavitù continuò a prosperare nelle colonie e anche negli stati del Sud degli Stati Uniti dopo l'indipendenza. Soltanto con la rivoluzione francese e dopo la rivolta ad Haiti, essa fu abolita nelle colonie francesi (1794), ma Napoleone la dovette ripristinare (1802) per non perdere il seguito della borghesia creola. La speranza che il divieto della tratta (Francia 1791, Danimarca 1792, Gran Bretagna e Stati Uniti 1807, Olanda 1814 ecc.) facesse scomparire il fenomeno per esaurimento si rivelò illusoria, anche dopo la solenne condanna del congresso di Vienna (1815), in quanto proseguì il contrabbando di schiavi. Quindi si giunse ai divieti alla schiavitù nelle colonie britanniche (1833), francesi e olandesi (1848), negli Stati Uniti (1863, durante la guerra civile americana), a Cuba e Portorico (1870), mentre gli stati latinoamericani adottavano negli anni cinquanta la politica del "ventre libero", per cui i figli di schiava nascevano liberi; così la schiavitù si esauriva progressivamente. L'ultimo stato ad abolirla ufficialmente fu il Brasile (1888). Nel 1861, in Russia ci fu l' abolizione della servitù della gleba. Non sempre e non velocemente le abolizioni formali si sono tradotte in pratiche di libertà sostanziali poiché tenere in situazione di servaggio le persone, per chi ha posizioni oscurantiste e reazionarie conviene. Attualmente, dopo il ripresentarsi delle politiche neo-liberiste degli anni '80 del '900 e dopo la globalizzazione ideologica, seguita alla caduta del muro di Berlino, la politica reazionaria e oscurantista si è ripresentata per ridurre una moltitudine di cittadini, ridiventati massa, in situazione di povertà per poterli utilizzare utilitiristicamente a scopo economico. Dal 1888 al 1988, in cento anni di abolizione della schiavitù, sotto forme occultate, il servaggio conseguente alla mancanza di libertà dal bisogno si è ripresentato.
Il popolo inteso come masse popolari fu studiato molto tardi,perchè non lo si poteva più ignorare e perchè bisognava "educarlo". Lo storico francese Lefebvre, Georges (Lilla 1874-Boulogne-Billancourt, Parigi, 1959). Prof. (dal 1935) alla facoltà di lettere di Parigi cominciò a studiare le masse per capire l' influenza che potevano avere avuto nella storia ma in realtà, oltre che, per le rivolte del pane, non ci si accorgeva di loro. Secondo Lefebvre, avere ignorato le masse, non averli coinvolti nella politica era stato, oltre che un' ingiustizia, un errore storico dagli esiti problematici ed era un errore su cui ci si doveva interrogare. Probabilmente il populismo contemporaneo, come strategia politica, nasce da qui: nel momento in cui si evidenzia il potenziale socio-politico delle masse popolari si studia come fare per orientare le masse a scopo politico, studio che darà i suoi frutti nel '900, secolo di guerre totali e dittature populiste. E' forse per questo che, in Italia la politica, non emanciperà mai definitivamente il popolo facendolo diventare un cittadino criticamente responsabile?
Lefebvre, già a partire dalla sua tesi di dottorato: Les paysans du Nord pendant la Révolution française (1924), e muovendo dall’ispirazione di J. Jaurès, L. guardò alla Rivoluzione ponendo al centro della sua indagine le masse popolari e, in particolare, quelle contadine. Nelle Questions agraires au temps de la Terreur (1932) studiò la mancanza di un’adeguata direzione politica della rivoluzione contadina; in La grande peur de 1789 (1932; trad. it. 1973) analizzò lo scatenarsi del movimento contadino in reazione alla paura dell’immaginaria «cospirazione aristocratica». Completano il suo riesame della Rivoluzione francese: La Révolution française (1930; trad. it. 1958), Napoléon (1935; trad. it. 1960), Les Thermidoriens (1937; trad. it. 1952), Le Directoire (1946; trad. it. 1952) e La Convention (1953; trad. it. 1960).
Lefebvre, già a partire dalla sua tesi di dottorato: Les paysans du Nord pendant la Révolution française (1924), e muovendo dall’ispirazione di J. Jaurès, L. guardò alla Rivoluzione ponendo al centro della sua indagine le masse popolari e, in particolare, quelle contadine. Nelle Questions agraires au temps de la Terreur (1932) studiò la mancanza di un’adeguata direzione politica della rivoluzione contadina; in La grande peur de 1789 (1932; trad. it. 1973) analizzò lo scatenarsi del movimento contadino in reazione alla paura dell’immaginaria «cospirazione aristocratica». Completano il suo riesame della Rivoluzione francese: La Révolution française (1930; trad. it. 1958), Napoléon (1935; trad. it. 1960), Les Thermidoriens (1937; trad. it. 1952), Le Directoire (1946; trad. it. 1952) e La Convention (1953; trad. it. 1960).
E pensare che lo stesso Kant in risposta alla domanda: che cos' è l'
illuminismo? Nel 1784 aveva risposto:
- Illuminismo è l'uscita dell'uomo dallo stato di nominorità che egli deve imputare a se stesso. Minorità è l'incapacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro, Imputabile a se stesso è questa minorità, se la causa di essa non dipende da difetto d'intelligenza, ma dalla mancanza di decisione e del coraggio di far uso del proprio intelletto senza essere guidati da un altro. Sapere aude! Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza! È questo il motto dell'Illuminismo
Kant credeva nella linearità storica, nel diritto, nella razionalità, nello Stato e nella morale credendo che questa soluzione teorica fosse risolutiva e molti ci hanno creduto ma, mentre era normale crederci nell' Ottocento, in cui, i reggitori di Stato tentavano la coerenza con i principi morali non è più normale crederci adesso, periodo storico, in cui, i reggitori dello stato si sono allontanati da tutti i principi morali e aspirano solo al dominio della persona, all' arricchimento personale e al mantenimento di una posizione di privilegio.
A rappresentare questo post ho scelto una rappresentazione dell' Italia preunitaria, post Restaurazione (1815). Il fervore repubblicano, dovuto all' esperienza delle Repubbliche giacobine (nuovi Stati che si costituirono tra il 1795 e il 1799 nell'Europa centro-settentrionale e nella penisola italiana a seguito dell'occupazione militare francese e che presero a modello le istituzioni della Francia rivoluzionaria),sarebbe rimasto nei principi ma avrebbe dato frutti politici molto tardi senza mai intaccare completamente gli istinti politici italiani reazionari e conservatori.
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