giovedì 6 settembre 2012

LA SALUTE AFFIDATA AI DIRETTORI GENERALI

Fin dall' Unità, il problema principale dell' Italia, ostacolo alla modernizzazione, è stata l' assenza di una classe dirigente idonea a gestire i cambiamenti:
dal 1861 il potere venne gestito “naturalmente” dal notabilato piemontese (come oggi) che lo divise, per esigenze politiche, con il notabilato dell' Italia Centrale e Meridionale: una spartizione del potere e dei privilegi.
Sostanzialmente la società era senza Stato ma lo Stato sarà capace di vessare la società e portarla in guerra, senza assolvere il suo “contratto” consistente nel perseguire il bene comune.
Dopo la Prima guerra mondiale inizia un lento processo di democratizzazione, senza emancipazione dei sudditi, in base a una massificazione lasciata a se stessa la quale porterà al fascismo: la società tentò di organizzarsi e di esprimere una alternativa politica al notabilato liberale, sempre più distante dalla realtà e incapace di coglierne i cambiamenti lasciando il territorio alle squadre fasciste di Mussolini il quale riuscirà a controllare e indirizzare la società come mai era stato possibile fino a quel momento.
Nel secondo dopoguerra, i Costituenti, riusciranno a proporre regole giuste ed evolutive ma la politica reazionaria e conservatrice, sempre in azione, riuscirà a monopolizzare i conflitti sociali e impadronirsi delle opinioni “giocando strategicamente” fra elargizione formale dei diritti e incapacità reale e sostanziale di estenderli impedendo, di fatto, la modernizzazione e la libera e responsabile azione del cittadino: la società è sempre stata senza Stato ad esclusione del breve periodo in cui ha governato De Gasperi.
Il periodo riformista si è dispiegato e concluso negli anni '70 del '900 all' interno di una doppia conflittualità: conflittualità strategica, interna alla politica, per meglio esprimere un potere di dominio sempre più efficace e conflittualità sociale monopolizzata, terminata quando si è realizzato il percorso di omologazione consumistica della società.
Oggi, per la Riforma sanitaria del 1978 (23.12.78 n. 833) , si può parlare di una grande e colossale mistificazione, una riforma “concessa dalla politica”, ai cittadini, ammantata di principi giusti che poi sono stati disattesi, strumento elettivo per controllare, omologare, indurre le persone verso l' idea della felicità medicalizzata, continuando l' occupazione sulla società, mentre in realtà le ASL diventarono: bacini elettorali, serbatoi di risorse finanziarie, luoghi di di cui, i politici, complice la regionalizzazione, sono diventati proprietari.

Come si è realizzato il potere di proprietà assoluta della politica sulle ASL ? Attraverso il potere monocratico dato ai Direttori Generali (Legge 502, 1992).

Il 5 settembre 2012 entra in Consiglio dei Ministri il Testo del decreto legge “Balduzzi”: "Decreto per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più alto livello di tutela della salute"

Nel preambolo al Decreto si dichiara:
  • ...”ritenuta la straordinaria necessità ed urgenza di adottare misure finalizzate ad assicurare e garantire la continuità, la funzionalità e lo svolgimento delle particolari attività connesse ai bisogni di salute, di qualità e appropriatezza delle cure ed economicità nell’impiego delle risorse....”
Nonostante la dichiarata straordinarietà il Ministro Balduzzi non va al cuore del problema: sottrarre le ASL al controllo totale della politica per renderle veramente efficienti e recuperare il patrimonio valoriale distrutto in 30 anni. Se non si mette mano radicalmente ai criteri che individuano la dirigenza non si potrà mai rendere una amministrazione giusta ed efficiente.

Il Direttore Generale verrà scelto ancora con i criteri precedenti, salvo piccole modifiche che non potranno essere incisive:
  • “3 La regione provvede alla nomina dei direttori generali delle aziende e degli enti del Servizio sanitario regionale attingendo obbligatoriamente all’elenco regionale di idonei, ovvero agli analoghi elenchi delle altre Regioni, costituiti previo avviso pubblico e selezione effettuata da parte di una commissione costituita in prevalenza da esperti indicati da qualificate istituzioni scientifiche indipendenti dalla regione medesima, di cui uno designato dall’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, senza nuovi o maggiori oneri. Gli elenchi sono periodicamente aggiornati. Alla selezione si accede con il possesso di laurea magistrale e di adeguata esperienza dirigenziale, almeno quinquennale, nel campo delle strutture sanitarie o settennale negli altri settori, con autonomia gestionale e con diretta responsabilità delle risorse umane, tecniche o finanziarie, nonché del requisito dell’età anagrafica non superiore a 65 anni, alla data della nomina....”
Questi requisiti impediscono, di fatto, di dare l' incarico a persone non omologate e realizzano una sostanziale continuità con il passato: Alla selezione si accede con il possesso di laurea magistrale e di adeguata esperienza dirigenziale, almeno quinquennale, nel campo delle strutture sanitarie o settennale negli altri settori,.. La scelta interesserà persone che sono già inserite nel filone dirigenziale della P.A. spesso incapaci poiché tali incarichi provengono da clientele, ma l' aggravante che più comprometterà l' efficienza, come è successo in passato, sarà l' omologazione, già in atto al momento del precedente incarico, aggravata con l' obbligo dei 5 o 7 anni richiesti per l' idoneità all' incarico nuovo. Questa continuità con il passato è una garanzia di sicuro fallimento manageriale più che di innovazione efficientistica.
In realtà, si comprende benissimo che al Direttore Generale, non si chiede capacità innovativa ma omologazione e obbedienza alla politica e questo decreto, che si preannuncia, come salvifico, non interviene per porre fine a questo legame di sudditanza.
Sostanzialmente “la politica” ha ormai definitivamente devitalizzato i Principi di gratuità e universalità, all' interno di una sanità pubblica, su cui si basavano le richieste dei cittadini negli anni '70 del '900. Nonostante questo fallimento sia grave ed evidente il nuovo Decreto Balduzzi non modifica l' apparato di potere esistente, consolidatosi in 20 anni di impero dei “Direttori”, finalizzato al controllo dei dipendenti e degli utenti, attraverso il consolidamento di strutture burocratico-biologiche ben precise: un unico grande organismo che ha il suo centro a livello regionale e si dirama in periferia dove troviamo una serie di strutture con un vertice che controlla direttamente una rete di uffici in subordine; la forma di potere è centrale, centralizzata, quindi monolitica e facilmente controllabile dalla politica, maschile nelle posizioni apicali, distante dai dipendenti, maschilista, classista e paternalista, come non lo è mai stata, nella gestione; la critica pubblica interna è bandita pena l' esser perseguiti per procurato allarme; il vertice controlla ed è controllato, il conflitto interno viene devitalizzato, ignorato e manipolato, i rapporti esterni (es. stampa) vengono gestiti con particolari abilità tendenti a rassicurare e persuadere. Il rapporto con i cittadini è “populista”: gli si tolgono servizi e si usa una retorica tranquillizzante per convincerli che in realtà la qualità aumenta. Una linea iniqua ed inefficiente ormai consolidata che non intacca mai veramente il potere apicale ma procede preservandolo e omologandolo. Non è così per il personale dipendente, quello a contatto diretto con gli utenti: medici e infermieri chiamati alla recita finale: dimostrare che tutto cambia in favore degli utenti mentre si aprirà definitivamente al privato!! Sarà un bene? Era quello che i cittadini volevano e vogliono?

Il Decreto Balduzzi si propone come salvifico ma i miracoli li farà sempre e solo il personale dipendente:
  • “...nell’ambito dell’organizzazione distrettuale del servizio, garantire l’attività assistenziale per l’intero arco della giornata e per tutti i giorni della settimana, ...”
  • “….le Regioni possono attuare, ai sensi dell’articolo 30 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, processi di mobilità del personale dipendente dalle aziende sanitarie con ricollocazione del medesimo personale presso altre aziende sanitarie della Regione situate al di fuori dell’ambito provinciale, previo accertamento delle situazioni di eccedenza ovvero di disponibilità di posti per effetto della predetta riorganizzazione da parte delle aziende sanitarie”

P. S. Questo mio scritto non riguarda la qualità della cura ma solo la gestione del potere.
Cervellin Lorenza

A rappresentare questo post ho Scelto la i frontespizio di un libro di Sabino Acquaviva Con questo libro l'autore affronta temi che oggi sono sulla bocca di tutti: il mutamento epocale, il disagio sociale, il primato della tecnica e dell'efficienza, la crisi della politica, il declino della partecipazione, la costruzione del consenso. Oggi viviamo nelle società dei consumi dove le leggi del mercato globale hanno distrutto i valori dominanti inaugurando una cultura del tutto indifferente. La democrazia è diventata un'utopia ma non vogliamo ammetterlo o non ce ne rendiamo conto perché tutto avviene in maniera silenziosa con il consenso di un mondo che fatica ad intuire quello che sta accadendo.


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