sabato 27 ottobre 2012

BASTA CON IL DICHIARAZIONISMO IGNORANTE

Il giorno 22 ottobre 2012 è stata emessa la sentenza, affidata al giudice monocratico Marco Billi, in seguito al processo in corso contro la commissione Grandi rischi che si riunì a l'Aquila il 31 marzo 2009. I componenti della commissione Grandi rischi sono stati considerati tutti colpevoli: di aver sottovalutato il pericolo, di aver fornito informazioni «imprecise e incomplete», di esser venuti meno ai loro doveri. Questa sentenza arriva a tre anni e mezzo dal terremoto che sconvolse L'Aquila e chiama a delle responsabilità precise gli scienziati che il 31 marzo del 2009, 5 giorni prima della scossa che distrusse la città e provocò 309 morti, parteciparono alla riunione della Commissione Grandi rischi, convocata appositamente dall'allora capo della Protezione Civile Guido Bertolaso per fare il punto della situazione e valutare le misure da mettere in atto in conseguenza dello sciame sismico che da giorni interessava la città. La  decisione "politica" che ne derivò fu quella di fare delle dichiarazioni pubbliche tese a rassicurare la popolazione convincendole della non pericolosità dello sciame scismico.  Molti media hanno fornito subito informazioni sbagliate facendo credere che i componenti della commissione Grandi rischi fossero stati condannati per non aver saputo prevedere il terremoto e pazienza, se i media non hanno capito subito lo spirito della sentenza,  ma non si può portare pazienza di fronte al dichiarazionismo ignorante dei politici e ne cito due: Corrado Clini e Gianfranco Fini.

Dichiarazione di Corrado Clini, ministro dell'Ambiente e della tutela del territorio e del Mare, a margine dell' incontro grandi navi a Venezia:
  • Aspetto di leggere le motivazioni della sentenza dell’Aquila, se la condanna agli scienziati fosse perché non hanno dato una previsione esatta sarebbe una condanna come avvenne molto tempo fa con Galileo Galilei. E' incredibile pensare che si possano condannare degli scienziati che lavorano su tematiche molto incerte e probabilistiche. 
Dichiarazione di Gianfranco Fini:
  • E' una sentenza che sta facendo il giro del mondo
  • - ha aggiunto Fini a margine dell'incontro al Cefpas di Caltanissetta - e con tutto il rispetto per chi l'ha emessa, contrasta con un dato scientifico: è impossibile prevedere la gravità di un sisma». «Ne stanno parlando negli Stati Uniti e in Giappone. Mi auguro - ha concluso il presidente Fini - che venga corretta in secondo grado».
Tralascio il commento sulle dichiarazioni scomposte, non pertinenti, conformiste e azzardate di Fini a cui si potrebbe dire che, piuttosto di fare queste brutte figure, avrebbe potuto stare zitto in attesa di informarsi.
Le dichiarazione più scandalose sono quelle del ministro Clini incentrate nella impossibile similitudine, anche se dubitativa, fra il processo contro Galileo e il processo contro i componenti la commissione Grandi rischi.
Premessa storica a Galileo
Noi attualmente siamo convinti di vivere nel migliore mondo possibile in base alle convinzioni positivistiche derivate dalla costruzione della linearità storica ma è così solo in parte e non per tutti. Per decodificare la falsità della similitudine processo Galileo/componenti Grandi rischi dobbiamo valutare la cultura, la politica, la ricchezza, il potere, l' informazione e la corruzione. Attualmente la nostra cultura e la nostra politica sono intrecciate con ricchezza, potere, informazione e corruzione e sono immerse in una contrapposizione conflittuale che vanifica la critica e il dibattito pubblico, procedono con la costruzione di stereotipi e bias di conferma finalizzati a una omologazione conflittuale che divora l' intelligenza e la critica. Ai tempi di Galileo non era così e il rapporto fra Galileo e l' autorità  della Chiesa risulta in effetti complesso e non riducibile alle facili schematizzazioni degli “opposti estremismi”. La contesa scientifica e culturale culminata con il processo  ci parla delle certezze scientifiche di Galileo ma anche del riconoscimento delle perplessità per gli esiti che il riconoscimento della teoria copernicana avrebbe potuto avere nella comunità degli uomini. Desiderio di conoscenza e dubbio animavano sia la chiesa che Galileo il quale pur essendo convinto della bontà delle sue ricerche capiva il limite del fatto che non riusciva a dimostrarle. In un primo tempo il problema delle implicazioni teologiche del sistema copernicano e delle scoperte galileiane semplicemente non si pose. Nel 1611 fu Galileo stesso a sollecitare  un pronunciamento dei Gesuiti del Collegio Romano, che si mostrarono interessati alle sue scoperte, compreso il cardinale Bellarmino  e lo accolsero nella Accademia dei Lincei. 
Quale fu la reazione ufficiale della chiesa agli studi di Galileo che comunque continuava a studiare?
  1. Nel 1616 la Congregazione dell’Indice condannò la dottrina copernicana in quanto teoria scientifica, consentendo che la medesima fosse proposta come ipotesi matematica e inserì nell’indice dei libri proibiti il “De revolutionibus orbium coelestium”, finché non fosse stato in tal senso corretto (donec corrigantur) eliminando la parte relativa alle Sacre Scritture
  1. Nel 1933 ci fu la condanna di Galilei  all’ abiura pubblica e alla prigione a vita, commutata successivamente negli “arresti domiciliari” nella sua villa di Arcetri, vicino a Firenze,  condanna motivata proprio con l’argomento che Galilei, pur ammonito a mantenere il silenzio sulla questione, proponeva il sistema copernicano non come mera ipotesi matematica, ma come una effettiva realtà fisica. Questo a dimostrare che galilei mantenne sempre intatta la sua capacità di giudizio e fu costretto a sottomettersi all' autorità.
Da questi due pronunciamenti e dalle parole del cardinale Bellarmino risulta che la Chiesa, certo non unanime sulla questione, non era, in definitiva, interessata a prendere posizione sul sistema copernicano in sé, ma solo nella misura in cui questo era proposto come unica descrizione scientifica dell’universo, tale da costituire criterio di interpretazione della Sacra Scrittura. I rapporti tra Galilei e la Curia romana peggiorarono nel momento in cui parve a quest’ultima che Galilei esulasse dalla sua competenza scientifica fisico-matematica e pretendesse di cimentarsi senza titolo nell’esegesi della Parola di Dio. Il problema era che Galilei non disponeva ancora di prove certe e inconfutabili a sostegno dell’eliocentrismo, adducendo tra l’altro come argomento l’esistenza delle maree, che invece gli astronomi gesuiti collegavano non alla rotazione della terra ma all’attrazione lunare. La Chiesa, d’altro canto, appariva, oltreché impegnata a tutelare un senso di stabilità, anche fisica, che l’uomo comune sembrava perdere dinnanzi allo sconvolgimento portato dal sistema copernicano, anche timorosa che la libertà di ricerca scientifica divenisse criterio di interpretazione e di giudizio della Sacra Scrittura. 
Galileo agiva all' interno del più grande  "laboratorio scientifico" del tempo che gravitava intorno alla chiesa e ai Gesuiti in base al Principio dell' armonia fra creazione e scienza e Galilei pur convinto dei suoi studi non voleva contrastare l' idea della Creazione. L’idea di una superiorità della ragione sulla rivelazione e sulla fede,  non è propria di Galilei e ancora meno di Copernico ed è una idea che si affermerà, in effetti, a partire da Spinoza come una delle tendenze di fondo del pensiero moderno. La rivendicazione della legittima autonomia della ricerca scientifica e del rigore del metodo matematico-sperimentale, d’altro canto, si accompagnava in Galilei ad una chiara consapevolezza, non da tutti avvertita, del danno che proviene alla fede dal coinvolgimento dell’autorità della Scrittura in questioni opinabili e legate al variare delle concezioni fisiche e cosmologiche. Già Tommaso d’Aquino, quattro secoli prima di Galilei, aveva messo in guardia,  dal rischio, per l’autorevolezza della fede, di appoggiare quest’ultima su verità razionali non sufficientemente fondate e argomentate, essendo preferibile in materia astenersi dal dire ciò di cui non si può parlare con certezza.

Sintesi finale
  1. Il processo a Galileo Galilei, sostenitore della teoria copernicana eliocentrica sul moto dei corpi celesti in opposizione alla teoria aristotelica-tolemaica, geocentrica, sostenuta dalla Chiesa cattolica, iniziò a Roma il 12 aprile 1663 e si concluse il 22 giugno 1633 con la sua condanna per eresia e con l'abiura delle sue concezioni astronomiche preceduto da  un dibattito pubblico che si svolse fra giganti della cultura, una cultura libera, originale, critica, rispettata, rispettosa della complessità e del dubbio che sospende momentaneamente la certezza per fare conoscenz
  2. Il processo alla commissione Grandi rischi è stato accompagnato, naturalmente all' esterno del tribunale, da un dibattito inesistente o inquinato dal clima di corruzione  generalizzato presente in italia, perlopiù all' interno di comparsate televisive,  fra nani della cultura, una cultura omologata, uniformata, acritica, semplicistica finalizzata a dare le certezze che non ci sono  che non sono le "certezze" della scienza ma della politica in una commistione totale fra cultura, scienza, politica, potere, ricchezza e informazione.
  1. Galilei fu condannato e costretto ad abiurare dopo una lotta culturale e decennale in difesa della scienza e della sua indipendenza dai poteri che ne cercavano il controllo ma non ha mai abdicato alla sua autonomia di giudizio e all' idea della morale. La "lotta fra la chiesa e Galileo fu una lotta fra ipotesi e verità.
  2. I componenti della commissione grandi rischi sono stati condannati perchè non hanno difeso la loro indipendenza, si sono piegati a logiche politiche pericolose per i cittadini, abdicando alla loro autonomia di giudizio e alla morale. Gli scienziati della commissione Grandi rischi hanno fatto prevalere una verità falsa su una ipotesi certa.
Oggi Il vaticano ha formalmente e pubblicamente riabilitata la memoria di Galileo liberando definitivamente la sua ricerca dal peso dell' illecito.

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