Lo
Stato è una costruzione politica che risale a circa 300 anni fa
mentre la riflessione sull' uomo politico è molto recente e inizia
con Max Weber, dopo la rottura dell' unità culturale europea
avvenuta nel' Ottocento. Nella prima metà dell' Ottocento,
all' interno della ricerca della distruzione definitiva del mondo dei
privilegi della nobiltà europea, al fine di favorire la
realizzazione del Principio di Eguaglianza, arte e proletariato,
contribuiscono a rompere l' unità culturale, politica, spirituale ed
economica europea che si era sviluppata intorno al potere nobiliare.
La Restaurazione del 1815 sarà una Restaurazione apparentemente
nobiliare ma sostanzialmente borghese. Una volta raggiunti i propri
obiettivi, essenzialmente economici, la borghesia, da forza
innovatrice della società, si porta su posizioni conservatrici e,
dal 1948, addirittura reazionarie, imponendo i nuovi valori
positivistici che ruotano intorno a nuove ideologie imposte come
valori forieri di una nuova cultura al servizio del nuovo ordine
europeo: la fiducia nella tecnologia che si sarebbe sviluppata dalla cultura della produzione e della fabbrica. Il
nuovo ordine borghese, dopo la destrutturazione dell' ordine
culturale classico, e dopo l' iniziale forza innovatrice, sarà
reazionario, paternalista ed essenzialmente senza cultura.
Paradossalmente e fortunatamente questo nuovo ordine culturale e
produttivo borghese sviluppa, a causa della sua meschinità e del suo
cinismo, una risposta pressochè unitaria dell' arte in toto la
quale, delusa dai nuovi valori borghesi, inizia a presidiare il
percorso di civiltà e di evoluzione sociale interrotto dalla
borghesia. Il proletariato, mai riconosciuto come realtà sociale,
inizia ad avere consapevolezza politica e ad organizzarsi per
liberarsi dalla nuova e più rigida doppia sudditanza alla piccola
nobiltà e alla borghesia il cui potere ruota intorno alla produzione
intensiva e ai nuovi valori utilitaristici dettati dalla “fabbrica”.
Dopo
i fatti della Comune
di Parigi nel 1871
l'arte si fa avanguardia sociale e si politicizza come mai era
successo in precedenza.
Durante l'Ottocento l'arte e la cultura uropea vivono un periodo di forte dicotomia: da un lato devono celebrare i successi degli stati imperialisti e dall'altro c'è chi, attraverso l'arte, vuole esprimere l'angoscia di un Europa che poco a poco precipiterà verso la catastrofe della prima guerra mondiale alla quale si arriverà propri per inadeguatezza politica.
Durante l'Ottocento l'arte e la cultura uropea vivono un periodo di forte dicotomia: da un lato devono celebrare i successi degli stati imperialisti e dall'altro c'è chi, attraverso l'arte, vuole esprimere l'angoscia di un Europa che poco a poco precipiterà verso la catastrofe della prima guerra mondiale alla quale si arriverà propri per inadeguatezza politica.
La
situazione politica italiana sarà emblematica per studiare l'
incapacità delle classi
dirigenti ad accompagnare e gestire la futura società liberale
complessa. Gli sforzi politici saranno sempre tesi alla conservazione
e alla semplificazione forzata in omaggio, più allo Stato di polizia
che allo Stato per i cittadini. Nel 1861 la classe dirigente italiana
è formata da un notabilato aristocratico e alto borghese chiuso e
lontano dai cittadini, impegnato più a conservare i privilegi
censuari che ad estendere diritti, un notabilato che considerava
“pericolosa” l' emancipazione del popolo debole in base all'
equazione positivistica povertà/delinquenza. Poteva questa classe
dirigente italiana che gestiva il potere ancora in base a requisiti
naturalistici (questo sarebbe stato un bene se accompagnati
sostanzialmente dalla nuova cultura liberale) accompagnare l'
evoluzione dello Stato verso la democrazia matura? Oggi possiamo dire
di no.
La
prima riflessione unitaria e scientifica sull' uomo politico sarà di
Karl Emil Maximilian Weber, (Erfurt, 21
aprile 1864 – Monaco di Baviera, 14 giugno 1920) economista,
sociologo, filosofo e storico tedesco.
Max
Weber, nella conferenza "La politica
come professione" (1919),
chiedendosi cosa possa significare la politica come professione,
fornisce alcune categorie importanti per la definizione del politico.
Il titolo della conferenza, in tedesco, è "Politik als Beruf":
Weber gioca qui (ma anche altrove) col termine Beruf, che significa
tanto "professione/lavoro" quanto "vocazione",
cosicchè l'opera può intendersi tanto come "la politica come
professione/lavoro" quanto come "la politica come
vocazione". In qualunque caso questa riflessione è segno di
maturità e andava fatto in previsione dei cambiamenti sociali e
politici evolutivi che attendevano la politica dei nuovi stati
liberali europei. L' uso indistinto della parola “professione/lavoro”
e “vocazione” significa che la politica non può essere solo
professione ma deve sempre essere accompagnata dalla vocazione per
rendere possibile la priorità verso il bene comune ed attenuare l'
influenza negativa della gestione del potere che porta alla
corruzione.
- Tre qualità possono dirsi sommamente decisive per l'uomo politico: passione, senso di responsabilità, lungimiranza. Passione nel senso di Sachlichkeit: dedizione appassionata a una "causa" (Sache), al dio o al diavolo che la dirige. [...] Essa non crea l'uomo politico se non mettendolo al servizio di una "causa" e quindi facendo della responsabilità, nei confronti appunto di questa causa, la guida determinante dell'azione. Donde la necessità della lungimiranza - attitudine psichica decisiva per l'uomo politico - ossia della capacità di lasciare che la realtà operi su di noi con calma e raccoglimento interiore: come dire, cioè, la distanza tra le cose e gli uomini. La "mancanza di distacco" (Distanzlosigkeit), semplicemente come tale, è uno dei peccati mortali di qualsiasi uomo politico e una di quelle qualità che, coltivate nella giovane generazione dei nostri intellettuali, li condannerà all'inettitudine politica. E il problema è appunto questo: come possono coabitare in un medesimo animo l'ardente passione e la fredda lungimiranza? La politica si fa col cervello e non con altre parti del corpo o con altre facoltà dell'animo. E tuttavia la dedizione alla politica, se questa non dev'essere un frivolo gioco intellettuale ma azione schiettamente umana, può nascere ed essere alimentata soltanto dalla passione. Ma quel fermo controllo del proprio animo che caratterizza il politico appassionato e lo distingue dai dilettanti della politica che semplicemente "si agitano a vuoto", è solo possibile attraverso l'abitudine alla distanza in tutti i sensi della parola. La "forza" di una "personalità" politica dipende in primissimo luogo dal possesso di doti siffatte. L'uomo politico deve perciò soverchiare dentro di sé, giorno per giorno e ora per ora, un nemico assai frequente e ben troppo umano: la vanità comune a tutti, nemica mortale di ogni effettiva dedizione e di ogni "distanza", e, in questo caso, del distacco rispetto a se medesimi. La vanità è un difetto assai diffuso, e forse nessuno ne va del tutto esente. Negli ambienti accademici e universitari è una specie di malattia professionale. [...] Giacché si danno in definitiva due sole specie di peccati mortali sul terreno della politica: mancanza di una "causa" giustificatrice (Unsachlichkeit) e mancanza di responsabilità (spesso, ma non sempre, coincidente con la prima). La vanità, ossia il bisogno di porre in primo piano con la massima evidenza la propria persona, induce l'uomo politico nella fortissima tentazione di commettere uno di quei peccati o anche tutti e due. Tanto più, in quanto il demagogo è costretto a contare "sull'efficacia", ed è perciò continuamente in pericolo di divenire un istrione, come pure di prendere alla leggera la propria responsabilità per le conseguenze del suo agire e di preoccuparsi soltanto "dell'impressione" che egli riesce a fare. Egli rischia, per mancanza di una causa, di scambiare nelle sue aspirazioni la prestigiosa apparenza del potere per il potere reale e, per mancanza di responsabilità, di godere del potere semplicemente per amor della potenza, senza dargli uno scopo per contenuto. [...] Il mero "politico della potenza" (Machtpolitiker), quale cerca di glorificarlo un culto ardentemente professato anche da noi, può esercitare una forte influenza, ma opera di fatto nel vuoto e nell'assurdo. In ciò i critici della "politica di potenza" hanno pienamente ragione. Dall'improvviso intimo disfacimento di alcuni tipici rappresentanti di quell'indirizzo, abbiamo potuto apprendere per esperienza quale intrinseca debolezza e impotenza si nasconda dietro questo atteggiamento borioso ma del tutto vuoto. [...] E' perfettamente vero, ed è uno degli elementi fondamentali di tutta la storia (sul quale non possiamo qui soffermarci in dettaglio), che il risultato finale dell'azione politica è spesso, dico meglio, è di regola in un rapporto assolutamente inadeguato è sovente addirittura paradossale col suo significato originario. Ma appunto perciò non deve mancare all'azione politica questo suo significato di servire a una causa, ove essa debba avere una sua intima consistenza. Quale debba essere la causa per i cui fini l'uomo politico aspira al potere e si serve del potere, è una questione di fede. Egli può servire la nazione o l'umanità, può dar la sua opera per fini sociali, etici o culturali, mondani o religiosi, può essere sostenuto da una ferma fede nel "progresso" non importa in qual senso - oppure può freddamente respingere questa forma di fede, può inoltre pretendere di mettersi al servizio di una "idea", oppure, rifiutando in linea di principio siffatta pretesa, può voler servire i fini esteriori della vita quotidiana - sempre però deve avere una fede. Altrimenti la maledizione della nullità delle creature incombe effettivamente - ciò è assolutamente esatto - anche sui successi politici esteriormente più solidi. (Max Weber, La politica come professione)
Leggendo
queste considerazioni di Weber, applicate alla politica europea e in
particolare italiana, non si può non pensare a come si sia evoluta
veramente la politica, in senso contrario, a quello auspicato da
Weber la cui riflessione completa sulla politica è contenuta nell'
opera: La politica come vocazione all' interno dello Stato,
"un'entità che reclama il monopolio sull'uso legittimo
della forza fisica", una definizione divenuta
centrale nello studio delle moderne scienze politiche occidentali.
Quali
erano le preoccupazioni di Weber? Far coincidere la fiducia nello
Stato vicino alle persone con i principi della Democrazia di massa
per cui, delineare la figura del nuovo uomo politico, chiamato a
questo difficile e nuovo compito, era essenziale. Purtroppo i suoi
studi non ebbero successo e l' Europa precipiterà nei totalitarismi
a matrice populista. Di certo Mussolini, Hitler e stalin non hanno
letto Weber e non lo leggeranno neanche gli uomini politici al potere
in Italia dal 1990. Il berlusconismo è il contrario della politica
auspicata da Weber mentre contiene tutte le caratteristiche negative
da cui bisognava rifuggire.
- Tanto più, in quanto il demagogo è costretto a contare "sull'efficacia", ed è perciò continuamente in pericolo di divenire un istrione, come pure di prendere alla leggera la propria responsabilità per le conseguenze del suo agire e di preoccuparsi soltanto "dell'impressione" che egli riesce a fare. Egli rischia, per mancanza di una causa, di scambiare nelle sue aspirazioni la prestigiosa apparenza del potere per il potere reale e, per mancanza di responsabilità, di godere del potere semplicemente per amor della potenza, senza dargli uno scopo per contenuto. [...] Il mero "politico della potenza"
Conclusione
sintetica
Weber
è interessato allo studio della politica intesa come studio
dell'agire umano,in particolare vuole capire che cosa spinge
l'individuo a interessarsi della politica e come deve cambiare l'
idea del politico che dovrà affrontare le nuove sfide
liberali-democratiche. La riflessione sulla politica che osserva lo
porta a concludere che la politica è scontro e lo scontro, spesso, è
portato avanti senza morale ma con la priorità della competizione
per sconfiggere l' avversario e ottenere il potere che si deve
realizzare attraverso la responsabilità di compiere le scelte più
opportune per il bene generale. La politica si compie attraverso l'
esercizio del potere, una proposta la quale necessita di essere
legittimata. Storicamente esistono tre forme di legittimazione del
potere:
- legittimazione tradizionale del potere di origine divina, valida da sempre attraverso la teocrazia o la sacralità del re
- legittimazione carismatica che poggia sulla dedizione al carattere sacro o alla forza eroica o al valore esemplare di una persona. Il leader ha una missione, e i governati si convincono che sia così. Questa forma di potere attraversa tutta la Storia e si insinua in tutte le forme di potere. Furono leader carismatici: Pericle, Cesare, Napoleone per passare al XX secolo quando nascono i leader di massa i quali non sono leader veri, supportati da una virtù o capacità eccezionale, ma riescono a convincere di esserlo con il motivo retorico del “ruolo salvifico” o “liberatore” del popolo: Mussolini, Hitler, Lenin, Stalin. Nel secondo dopoguerra si sviluppa il Peronismo intriso della religiosità di Evita Peron e il Berlusconismo possibile attraverso l' omologazione dei media. Questo tipo di potere va inevitabilmente incontro alla disillusione, nel momento in cui la missione ideologica (a matrice magica o religiosa) del leader fallisce (Napoleone, Mussolini, Hitler) o al massimo nel momento della morte del leader (Stalin). In alcuni casi, tuttavia, il potere carismatico può essere istituzionalizzato: è il caso dell'Impero romano nato da Cesare e dell'Unione sovietica nata da Lenin
- legittimità legale-razionale la quale poggia sulla credenza nella legalità degli ordinamenti statuiti (per esempio la Costituzione), e sul diritto al comando di coloro che sono chiamati dal popolo a governare per diritto di rappresentanza; è una legittimità moderna, democratica ed impersonale. Il fondamento del potere non è più una virtù, una capacità eccezionale o una competenza specifica ma la legittimazione, l' importanza dell' autorizzazione di tipo contrattualistico.
Lo
studio sulla leggittimizzazione del potere di tipo legale-razionale è
stato introdotto proprio dallo stesso Weber il quale individua come
principio di potere: l'autorità della legalità normativizzata e
riconosciuta attraverso l' obbedienza alle leggi. Tutti e tre i
poteri si basano sul rapporto riconoscimento del potere/obbedienza.
Ma qui si pone un altro problema: l' esercizio del potere in modo
liberale e democratico che si deve liberare dalla sua natura
coercitiva e violenta esercitata negli stati di polizia. Per questo
era di importanza basilare delineare le capacità dei futuri uomini
politici che dovevano essere particolarmente capaci di realizzare la
democrazia evolutiva attraverso il potere della capacità, della
responsabilità e dell' autorevolezza. Weber auspica quindi che la
politica non sia il punto di arrivo per individui opportunisti ma che
sia data in mano a persone consapevoli e preparate, a persone che
devono raccogliere l' eredità della politica virtuosa unità alla
professionalità responsabile. Weber distingue tra politici
d'occasione e politici di professione: i primi siamo noi quando
mettiamo la scheda nell'urna; i secondi possono vivere per la
politica con regolare stipendio e devono praticarla con passione,
impegno e lungimiranza senza sfruttare la politica per costituire a
proprio favore delle rendite. L' impegno politico duraturo non
visto negativamente purchè non degeneri i vanità, superbia e
corruzione: i funzionari che vivono di politica, spesso, svolgono
egregiamente e onestamente il proprio lavoro. La politica non è
morale ma include anche un orientamento etico; ci sono due etiche che
muovono l'agire politico:
- l'etica dell'intenzione (o della convinzione): il politico che segue l'etica dell'intenzione agisce seguendo delle norme di valore in maniera pedissequa; ad esempio il politico cristiano indirizzato a quest'etica seguirà norme cristiane anche quando si dimostreranno inadatte al contesto del tempo: se il mondo va diversamente da come lui crede se ne lava le mani, continua a seguire i suoi valori, non è questo un modo adatto di ragionare.
- l'etica della responsabilità: il vero politico deve seguire (almeno in maniera preponderante) l'etica della responsabilità: ogni fatto che avviene nella società produce delle conseguenze, alle quali il politico si deve adattare; se ciò che sta accadendo si discosta dai suoi dogmi esso deve, in qualche modo, mediare. Chi agisce in questo modo fa politica in maniera realista; sa che la politica è anche fatta di azioni non morali (la politica non è moralità), sa che "bisogna sporcarsi le mani" e che la politica "non è nata ad Assisi". Macchiavelli non ci ha insegnato che "il fine giustifica i mezzi", frase mai presente nelle sue opere, bensì che di fine in politica ne esiste solo uno: il bene comune che deve coincidere con il bene dello Stato e dunque chi vuole perseguirlo non può avere remore nello sporcarsi l'anima. Le due etiche possono stare in commistione, ma di fronte a un problema il politico deve propendere preferibilmente per l'etica della responsabilità, al fine di trovare comunque una soluzione.
La
situazione italiana ci parla di politici che hanno danneggiato sia i
cittadini che lo Stato.
Weber scrive altri due saggi: Parlamento e governo e Sociologia del potere, dove sono contenute ulteriori riflessioni di interesse politico che ruotano intorno alla figura del leader carismatico.
In
Parlamento e governo Weber dimostra chiaramente la sua
posizione politica favorevole al sistema parlamentare contro l'
azione politica di Bismark “colpevole” di aver trasformato il
parlamento in un luogo esclusivamente burocratico mentre il
Parlamento doveva essere, formalmente e sostanzialmente, il luogo
fondamentale della Democrazia. Weber parla in termini di élite
politiche e il Parlamento è il luogo deputato a farle emergere: gli
uomini politici migliori si formeranno in Parlamento in base al
principio la centralità del parlamento deve essere assoluta. In
Parlamento si deve svolgere la lotta politica(pacifica), e si deve
formare il leader carismatico in virtù della capacità,
responsabilità, passione e competenza. Questo leader il quale si
forma in Parlamento può non essere antitetico al carisma. Il
parlamento è utile perché, una volta selezionato il leader
carismatico, si pone in atto il potere che limita, bilancia e
controlla la legalità costituzionale. La figura del leader
carismatico, formato in Parlamento, si può ricondurre benissimo alla
democrazia controllando la possibile degenerazione verso il
plebiscitarismo ma se il parlamento funziona bene continuerà a
svolgere il proprio ruolo di filtro tra popolo-massa e governo. Il
leader carismatico sarà colui che riesce a realizzare una sorta di
sintesi fra le diverse voci che gli provengono dalla collettività,
rappresentandole in parlamento con onestà. Weber vorrebbe
interrompere la legittimazione carismatica del potere che avviene
attraverso il legame, dannoso per la politica, che intercorre fra i
leader e il popolo, basato su una idea magica la quale supporta doti
che non esistono nella realtà ma sono immaginate, supposte o indotte
con la propaganda a fini di interesse di potere politico. La
legittimazione carismatica ha fatto i danni maggiori nelle democrazie
contemporanee proprio devitalizzando i principi democratici con la
proposta di un potere elementare, primitivo, dannoso e senza cultura.
Analizzando Sociologia del potere si possono trarre svariati
tratti caratterizzanti la forma di legittimazione carismatica. Il
popolo viene indotto verso la sottomissione affettiva al signore il
quale viene arricchito di doti immaginarie ed inesistenti. La
sottomissione avviene in maniera emozionale e non razionale poiché
il leader carismatico populista si presenta con un ruolo salvifico,
amicale e rassicurante: un capo-padre che impone, protegge, decide e
risolve dolce e tiranno in egual misura. Queste doti inesistenti ma
riconosciute dal popolo possono coesistere insieme, come nel caso di
Berlusconi, o essere imposte dall' alto, solo nella versione
salvifica, come nel caso di Monti. Appena perde le sue qualità,
supposte e immaginate, il popolo non obbedisce più all'ero
carismatico che perde di colpo il suo potere; se le masse non
percepiscono più come tale il suo potere, questo "duce"
cade immediatamente. Il posto lasciato libero dal leader, nel momento
in cui scriveva Weber, veniva occupato dai funzionari della
burocrazia che erano stati vicino al loro leader, per non perdere il
potere. Viene così meno sia il concetto razionale di competenza
(tipico della legittimazione legale), sia il concetto di privilegio
di censo (tipico della legittimazione tradizionale). Non c'è
razionalità nella scansione burocratica di uno Stato carismatico
poichè i compiti vengono tolti e affidati di volta in volta sulla
base della volontà e degli interessi personali del capo. Weber
qui è profetico perchè individua la dinamica di potere reale alla
base della legittimazione carismatica: è il popolo dominato che
sceglie il proprio dominante. Mussolini e Hitler andranno al potere
attraverso regolari elezioni ma poi, tutto avrebbe fatto supporre che
il popolo scegliesse definitivamente di legittimare il potere della
responsabilità e della competenza, invece del potere affidato al
leader carismatico di matrice populista ma così non è avvenuto.
Ancora oggi siamo a discutere
del berlusconismo e dei danni, forse irreversibili, arrecati alla
democrazia e allo Stato, da un potere, ancora una volta, supportato
da idee magiche e irrazionali le quali sono state il sostrato del
carisma essenzialmente basato sul denaro di Berlusconi. Storicamente
il carisma di Ancien regime era basato sull' idea religiosa o sull'
idea magica che si sviluppava dalla distanza fisica dal personaggio
considerato carismatico il quale alimentava un sogno individuale e
collettivo mentre il carisma esclusivamente magico di Berlusconi si
sviluppa, dopo la fine del percorso di individualizzazione, dalla
vicinanza costruita da Berlusconi stesso con l' amicalismo, le
barzellette, gli slogan e le battute, dando l' illusione all'
elettore di poter diventare come lui: una colossale operazione di
identificazione e di seduzione che ha ribaltato il principio della
rappresentanza politica. Questo tipo di potere ha tolto credibilità
allo Stato e non è stato in grado di preservare i cittadini dalla
tragicità di una crisi capitalistica tragica. Ora questo potere
reazionario e debole sopravvive solo attraverso il monopolio sulla
povertà ed è soverchiato a sua volta da potentati finanziari che
hanno sostanzialmente intaccato la sovranità statale.
Weber
continuava a mettere in guardia i cittadini dal potere personale che
si sviluppava al di fuori del Parlamento, istituzionale fondamentale
all' esercizio della rappresentanza con funzioni di ruolo e di filtro
alla formazione di poteri personali e personalistici.
Sono
tre i punti importanti che traspaiono dalla lettura di Parlamento
e governo:
- Frequenti critiche a Bismarck, primo Cancelliere dell' impero tedesco, dopo l' unificazione del 1871, il quale esautorava il ruolo del Parlamento per realizzare un tipo di potere autocratico, personalistico e autoritario. Weber affermava che chi dovesse andare al governo per governare la cosa pubblica dovesse vincere una leale competizione, considerata positivamente da Weber;
- Il Presidente della Repubblica o il monarca devono affidare il compito di governare a colui che è uscito vincitore dalla lotta parlamentare. Nel testo c' è un continuo ritorno dell'elemento della lotta politica, del conflitto evolutivamente positivo che deve svolgersi in Parlamento in modo che il contrasto si svolga nel campo delle idee e non della violenza: per il politico moderno la vera palestra è il parlamento";
- È fondamentale che i leader si formino in Parlamento: in esso si instaurerà un dibattito fra i leader, una élite progressista formata da figure, uniche figure fra tutti i parlamentari, a contare veramente per strutturare un tipo di potere che realizzerà il bene comune. Questo non è un fatto negativo: l'importante è che il leader sia tale in quanto lo merita ed ha competenza dimostrando di meritare l'appartenenza al suo status solo attraverso l'attività parlamentare.
La
riflessione di Weber sembra ancorata alla tradizione e invece è
straordinariamente moderna poiché individua la “fragilità”
della legittimazione del potere moderno il quale, formalmente, non si
basa sulla competenza per cui egli insiste particolarmente sulla
responsabilità che deve essere assunta come missione capace di
convincere sulla preparazione politica indirizzata verso la
competenza, atteggiamento assunto come imperativo etico. Non dobbiamo
mai dimenticare che, in quel periodo storico, la politica si
esercitava attraverso la reazione conservatrice e autoritaria e si
svolgeva al chiuso, in luoghi di potere e di incontro del notabilato
politico, altri dal Parlamento.
Alla
luce di come sono andate le cose bisogna rammaricarsi del fatto che
la lettura di Weber non sia stata abbastanza diffusa e che, la
descrizione del suo uomo politico, in Italia, raramente si sia
realizzata.
A rappresentare questo post le due strategie della costruzione del potere carismatico: la lontananza/distanza e la vicinanza/comunanza. Entrambe sono strategie dannose, irrazionali, emotive e magiche.
Nessun commento:
Posta un commento